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Paolo Valera Mussolini IntraText CT - Lettura del testo |
È un uomo nuovo. Egli ha conquistato il potere direi quasi senza opposizione. È bastata la sua volontà ferrea. Il suo grido di partenza per Roma aveva sollevate molte speranze e grande spavento. Egli partiva e il fatto era compiuto. Il ministero Facta non aveva più via d'uscita. Si era lasciato andare con l'acqua alla gola. Lo stato d'assedio ch'egli aveva fatto proclamare in tutte le prefetture, in tutte le caserme e in tutti i comandi militari era andato all'inferno. Era stato smentito dallo stesso sovrano. Vittorio Emanuele III si era convinto della lealtà monarchica di Benito Mussolini. "È risaputo", dice una rivista di Firenze, "che il sovrano era stato ragguagliato, nella maniera più formale, che la monarchia non avrebbe avuto nulla da temere dalla rivoluzione fascista, ma un particolare, a pochissimi noto, è questo: allorché, come al solito, la mattina verso le 8 S. M. Vittorio Emanuele III da villa Savoia in automobile si recò a Palazzo Reale non poté subito entrarvi, perché ai portoni del Quirinale erano stati collocati dei cavalli di frisia! Il conduttore della macchina fece un breve giro e le difese escogitate da chi sa quale stratega furono tolte. Il sovrano poco dopo entrò nella reggia e l'agenzia ufficiale, verso le 9,30 del 28 ottobre 1922 candidamente pubblicava questo comunicato: «L'Agenzia Stefani è autorizzata ad annunziare che il provvedimento della proclamazione dello stato d'assedio non ha più corso»."
Così gli italiani non hanno saputo che per tre giorni, dal 28 al 30 ottobre, ossia fino alla formazione del ministero Mussolini la nazione rimase senza governo, in balia, se non d'una vera anarchia, certo d'una baraonda generale.
Riproduco il
"L'ora della battaglia decisiva è suonata. Quattro anni fa, di questi giorni, l'Esercito nazionale scatenò la suprema offensiva che lo condusse alla vittoria; oggi l'esercito delle Camicie Nere, riafferma la Vittoria mutilata e, puntando disperatamente su Roma, la riconduce alla gloria del Campidoglio.
"Da oggi Principi e Triari sono mobilitati. La legge marziale del Fascismo entra in pieno vigore.
"Dietro ordine del Duce, i poteri militari, politici e amministrativi della Direzione del Partito, vengono riassunti da un Quadrumvirato Segreto d'Azione con mandato dittatoriale.
"L'Esercito, riserva e salvaguardia suprema della Nazione, non deve partecipare alla lotta. Il Fascismo rinnova la sua altissima ammirazione all'Esercito di Vittorio Veneto. Né contro gli agenti della forza pubblica marcia il Fascismo, ma contro una classe politica di imbelli e di deficienti che in quattro lunghi anni non ha saputo dare un governo alla Nazione.
"Le classi che compongono la borghesia produttiva sappiano che il Fascismo vuole imporre una disciplina sola alla Nazione e aiutare tutte le forze che ne aumentino l'espansione economica e il benessere. Le genti del lavoro, quelle dei campi e delle officine e quelle dei trasporti e dell'impiego, nulla hanno da temere dal Potere fascista. I loro giusti diritti saranno lealmente tutelati. Saremo generosi con gli avversari inermi. Inesorabili con gli altri.
"Il Fascismo snuda la sua spada per tagliare i troppi nodi di Gordio che irretiscono e intristiscono la vita italiana.
"Chiamiamo Iddio Sommo e lo spirito dei nostri 500 mila Morti a testimoni che un solo impulso ci spinge, una sola volontà ci raccoglie, una passione sola ci infiamma: contribuire alla salvezza e alla grandezza della Patria.
"Tendete romanamente gli spiriti e le forze. Bisogna vincere. Vinceremo.
"Viva l'Italia! Viva il Fascismo!"
Il proclama era Stato preceduto da un articolo uscito dalla penna di Benito Mussolini.
"La situazione è questa: gran parte dell'Italia Settentrionale è in pieno potere dei fascisti. Tutta l'Italia Centrale: Toscana, Umbria, Marche, Alto Lazio — è tutta occupata dalle Camicie Nere.
"Dove non sono state prese d'assalto le questure e le prefetture, i fascisti hanno occupato stazioni e poste, cioè i grandi centri nervosi della vita della Nazione. L'Autorità politica — un poco sorpresa e molto sgomentata — non è stata capace di fronteggiare il movimento, perché un movimento di questo genere non si contiene e meno ancora si schiaccia. La vittoria si delinea già vastissima, tra il consenso quasi unanime della Nazione. Ma la vittoria non può essere mutilata da combinazioni dell'ultima ora. Per arrivare a una transazione Salandra, non valeva la pena di mobilitare. Il Governo dev'essere nettamente fascista.
"Il Fascismo non abuserà della sua vittoria, ma intende che non venga diminuita. Ciò sia ben chiaro a tutti. Niente deve turbare la bellezza e la foga del nostro gesto. I fascisti sono stati e sono meravigliosi. Il loro sacrificio è grande e dev'essere coronato da una pura vittoria. Ogni altra soluzione è da respingersi. Comprendano gli uomini di Roma che è ora di finirla coi vieti formalismi mille volte, e in occasioni meno gravi, calpestati. Comprendano che sino a questo momento la soluzione della crisi può ottenersi rimanendo ancora nell'ambito della più ortodossa costituzionalità, ma che domani sarà forse troppo tardi. L'incoscienza di certi politici di Roma oscilla tra il grottesco e la fatalità. Si decidano. Il Fascismo vuole il potere e lo avrà!"
Mussolini ha avuto indubbiamente coraggio ad indossare la camicia nera del duce e ad avviare l'esercito delle camicie dello stesso colore alla conquista del potere, ma non si è mai dato nella storia d'Italia un Parlamento così floscio, con alla testa uomini di una meschinità intellettuale così povera. Fu un'ora tremenda. Da questo punto di vista Benito Mussolini ha trionfato su tutto. La vecchia società è andata in frantumi. Il proletariato che aveva raggiunte le fabbriche e che possedeva quasi tutti i comuni e una bella zona parlamentare non ha saputo più riaversi. I rivoluzionari hanno avuto momenti tragici, momenti piangevoli, ma la vittoria è come se li avesse abbandonati. Le loro organizzazioni, i loro leaders furono inferiori al momento. Se mai riparleranno di rivoluzione dovranno ricominciare la preparazione da capo.
Benito Mussolini aveva un grande disprezzo per la vita parlamentare. L'Italia non conosceva che voltafaccia, paltonieri. Tipi finiti nella corruzione. Qualche volta egli aveva gridato nei giornali: bruciamo la Camera! buttiamo giù il Senato! defenestriamo i deputati a quindicimila lire l'anno! Era un paese il nostro che legislativamente avrebbe dovuto essere distrutto. Ha avuto per teste direttive dei Giolitti, dei Pelloux, dei Salandra, dei Bonomi, dei Facta. Fu turpe il nostro Parlamento. La storia parlamentare è affollata di eccidi. I ladri maggiori sono le nostre sommità delle zone elettorali. Abbiamo avuto figure scandalose come Crispi che ha finto di sposare la Montmasson, che ha svaligiato lo Stato, che è stato sulla piattaforma con Felice Cavallotti come un brigante del denaro statale, che ha figurato come uno svenatore di operai e di contadini siciliani, che ha fatto massacrare i nostri soldati in Africa da Menelik e da quel vigliaccone di Baratieri, maestro ai Caneva di caconeria. Nicotera è stato un altro ladro, un altro farabutto. Di Rudinì, un altro sanguinario. Pelloux un altro cane che imbrogliava la Nazione e chiamava Umberto alla Camera "il mio re". Un birbante peggiore di Bava Beccaris, andato al diavolo l'altro giorno. Zanardelli un fintone, un fautore della democrazia cristiana che si è lasciato costruire e ammobiliare una villa dagli amici appaltatori di Stato. Nasi, predone, filibustiere, ministro e ladro sfrontato, Roberto Macaire ministeriale. Giolitti, che tutti li riassume, un gaglioffo fognoso. Nella casa statale lasciava le impronte digitali del delinquente politico. Si è servito di tutti gli alti ladri della finanza italiana. Ha elogiato parlamentarmente tutti i Centanni. Ha corrotto la vita nazionale e centuplicati i malfattori alla Camera.
Molte canaglie, molti scriteriati, molti prezzolati, molti venduti, molte fedine criminali sporche. Mussolini davanti a tutta questa geldra si sentiva orgoglioso. L'orizzonte politico gli sorrideva. La gente sua lo riteneva superiore. Lloyd George aveva ambito l'onore di cenare a Cannes con lui. Vittorio Emanuele III lo aveva chiamato. Egli era in viaggio. Giungeva a Roma in camicia nera. Loro due si conoscevano. Si erano veduti in guerra, in una infermeria. Il sovrano simpatizzava per lui, per la sua energia, per il suo tono marziale, per la sua volontà di riuscire.
È salito fino dove nessuno credeva di vederlo. Vittorio Emanuele III gli ha affidato la vita ed il benessere di quaranta milioni di individui. Io ne sono ancora qui intontito.