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Paolo Valera
Mussolini

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XIX

 

INTORNO ALL'UOMO DI STATO

 

Benito Mussolini è fortunato. La stampa sua pare uscita da un ambiente di livragazione. È divenuta acefala. È mussoliniana. È docile, mansueta, ubbidiente. Nessuno osa infrangere l'imposizione. Non si discute che con il cervello presidenziale. Si è creduto per due minuti che il Corriere della Sera avesse conservata la sua indipendenza di borghese liberale pur restando nella zona dei facitori di fascismo. Illusione! Il più possente quotidiano della Penisola non ha potuto giungere a Bologna carico di dissensi con il governo senz'essere acciuffato e bruciato. Peggio! Non ha potuto neppure ribadire le sue critiche, senza correre il pericolo di essere arso come l'Avanti! Mussolini non vuole che gli si scompiglino i piani e i pensieri. Parla e scrive per tutti. Se qualcuno osa, è subito redarguito dal giornale dello stesso Mussolini. Il duce non scherza. O la maggioranza degli italiani il consenso alla sua politica o il consenso egli se lo prende con la forza. Per un anno è lui il padrone assoluto. La Camera gli ha concesso quello che ha voluto. O due giorni o due anni. Scegliete. La vita parlamentare è vostra per la completa legislatura se votate quello che vi chiedo. O chiudo bottega. O vi metto tutti alla porta. È stato provato un'altra volta che gli idioti alla Camera non hanno forza di resistenza. Nessuno ha fiatato. Hanno preferito il consenso di due anni. Non parliamo del linguaggio. Benito Mussolini ha fatto fischiare la sua veemenza fraseologica alle orecchie degli "Onorevoli" senza che uno di loro trasalisse o prendesse la via dell'uscita senza ritorno. La stampa di tutti i colori del novembre 1922 ha taciuto come gli "Onorevoli". Non ha fiatato. Ha portato in giro Benito Mussolini nelle narrazioni oggettivatemetodo furbesco che permette di rimanere invertebrato e di lasciare il personaggio della dittatura nella autorità e nella grandezza personale.

Perciò è ferma la concezione catastrofica. Coloro che pronosticano o annunciano o prevedono la caduta fascista sono gli imbecilloidi della politica. Non ne conoscono la organizzazione. Napoleone che ha ammazzata la Repubblica per le strade è stato su diciotto anni. E sarebbe stato su di più se non avesse avuto per avversario la penna di Victor Hugo. L'Italia non ha che scemenze di critici. Pennaiuoli che sono o smascolinati o obbligati a tener conto degli interessi dei loro quotidiani. Aggiungete che Benito Mussolini è andato al potere con un bagaglio di vita vissuta come nessuno dei soliti va al potere. Le masse hanno assistito all'avvenimento sbalordite! Molti proletari, forse, se ne sono compiaciuti. La marcia su Roma è stato uno spettacolo grandioso. Tutti avevano gli occhi sulla capitale. Si pensava a Cesare. Si disseppellivano gli episodi più celebri. Il Corriere della Sera dell'altro giorno ha suscitato delle speranze nei campi dei malcontenti che aspettano delle insurrezioni, delle congiure, come ai tempi di Blanqui e di Rochefort. È bastato un falò di giornali perché il pensiero del senatore si obliterasse. I rivoluzionari, in tempi fascisti non esistono. E se esistono scompaiono alla chetichella. O sono assorbiti dal nuovo ambiente o rimangono nell'ombra a insaputa gli uni degli altri.

Il Corriere della Sera continua a sciorinare le sue "scemenze", mettendosi tra i primi e più sinceri collaboratori dell'on. Mussolini, quando lo esorta a non inebriarsi della vittoria, a non superare più di quanto ha superato i limiti legali e a ricondurre gradatamente il governo entro questi limiti ed a restituire alla nazione quella coscienza dei suoi diritti e dei suoi doveri smarrita in un ventennio e più di degenerazione parlamentare. Inutile! Benito Mussolini non crede al senatore Albertini. Egli vede in lui un disfattista o un preparatore della sua catastrofe. Vengano i rivoltosi! Il Popolo d'Italia — che come sapete è l'organo massimo della stampa mussolinianaavverte che per le zucche che si rialzassero, ci sarebbero cinquecentomila manganelli, della buona mitraglia e delle bombe a mano.

Passiamo. È ormai stabilito che gli italiani concedano volentieri quello che Mussolini vuole, o Mussolini se lo farà concedere con la forza, la nazione scelga.

Benito Mussolini ha poi un'altra fortuna. Non c'è mai stato Presidente che abbia potuto occupare la massima vetrina del quotidiano come lui. Egli è stato ed è acclamato tutti i giorni. È cittadino onorario di quasi tutte le città e di quasi tutti i villaggi d'Italia. È Duca di Roma. È dottore dell'Ateneo bolognese. È il primo oratore di tutti i comizi. Lo si mette alla testa di tutti i movimenti. Segue le prime rappresentazioni della Scala con l'ansia di un uomo che non può aspettare il giudizio di domani. Riceve doni da tutte le parti. Leoni e cavalli arabi. Dalla sua ascensione la sua figura non manca mai. Egli vi occupa due o tre colonne quotidiane. Non c'è giorno che non abbia un suo discorso nuovo. Sa di tutto. Insegna ogni cosa. Mette in conflitto i gruppi, i partiti. Troneggia su ogni argomento.

Le idee del Presidente del Consiglio sono un pochino quelle di Emilio Ollivier, Presidente del Consiglio di Napoleone III.

Ollivier non ha però avuto tanto lusso, tanta pubblicità, tanto subbuglio intorno a lui, pur essendo stato in mezzo a bande di giornalisti che lo insultavano e lo invelenivano ogni ora. Non c'è giorno senza parecchi decreti. Il re perde importanza. Si può dire tutti i giorni. Assume sempre più la sua funzione decorativa. Il duce ha sempre frasi spettacolose o scultorie. "Il denaro del popolo è sacro." Se qualcuna di queste frasi irrita, è accomodata dai suoi ministri o da qualche agenzia telegrafica incaricata di correggere. Non parlo della Camera. Mi è parsa domata o virtualmente morta. È il Corriere della Sera che lo ha detto.

Di tanto in tanto, in mezzo a tutti questi guazzabugli orali e scritti, capita il ricordo della Occupazione delle fabbriche. È sempre accompagnato dalla virulenza borghese. Lo meritano. Non ci voleva che l'imbecillità socialista per abbandonarle. È stata l'idea più sciagurata che potesse mettere in scena un partito. O si ha la coscienza di svolgerla fino in fondo o non la si mette in atto. Stupidi! Non avete mai meritato la rivoluzione. Benito Mussolini ha capito che eravate dei deboli. Leticoni! Sempre buoni a leticare. Cito l'ultima malefatta tra direttore e redattore capo dell'organo di partito. Per il loro interesse si sono accapigliati in faccia al pubblico. L'uno voleva scacciare l'altro.

L'ultima novità fascista è, invece, che finalmente l'organo mussoliniano ha biasimato i gaglioffi in camicia nera che si erano dati il compito di punire gli avversari, colpevoli o incolpevoli, perché con questi sistemi truculenti e barbari non si poteva andare avanti. Il direttore del Popolo d'Italia se n'è esasperato pubblicamente. "Da vario tempo, dopo un periodo di sosta che sembrava precedere il periodo agognato della tranquilla convivenza civile, sono tornati di moda gli sfregi, le bastonature ed i bandi." Ma è difficile trattenere le canaglie dal far male.

"I tre episodi riprovevoli sono stati questi.

"Nella provincia di Alessandria ad una maestra socialista vengono tagliati i capelli e pitturata la faccia di verde. Nella provincia di Ravenna si olio di ricino ed il bando a Benito Ceccarelli (una celebrità locale) e ad altri repubblicani.

"A Livorno, nell'aula di un tribunale si bastona e si strappa la barba all'on. Modigliani (deputato di tre o quattro legislature)."

Non si erano mai udite sentenze contro questi torturatori di socialisti. Stamane abbiamo letto nei giornali che tre fascisti sono stati condannati a due anni e mezzo di carcere per aver fatto trangugiare a un avversario un bicchiere da tavola colmo di olio di ricino. Ma quanti ne rimangono impuniti? Basterebbe citare il Farinacci di Cremona. La sua ferocia fa paura anche al "Duce".




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