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Paolo Valera Mussolini IntraText CT - Lettura del testo |
È un'organizzazione politica francese. Conoscerne le intimità è utile. All'esordio, ne era capo il generale Boulanger, morto sulla tomba della propria amante come un mantenuto d'alcova. Generale orgiastico. In esilio orgiava con il denaro realista e scarrozzava nel tiro a due della sua femmina da letto arciricca. All'estero era generale da soirées e da banchetti politici. Il camelot du roi dei tempi suoi era prezzolato, nel senso che doveva vivere. Serviva ottimamente i padroni durante le lotte elettorali. Era un camelot che aggrediva e spaventava gli avversari, cantando:
On peut braver tout danger
Quand on a pour chef Boulanger.
Un partito di intriganti, di bevitori di assenzio, di compagnons della gozzoviglia, di arrivisti e di affaristi insaziabili, di rifiuti del suffragio universale e di plebaglia giunta alla decadenza sociale.
Rochefort, la figura epica, era divenuto un servitore dei farabutti che ordivano colpi di Stato. Un uomo di paglia. La gente dei tempi di Dreyfus aveva perduta la testa. Successivamente Carlo Maurras, il pioniere degli strilloni del re, il frugatore degli armadi colmi di calunnie storiche, l'incoraggiatore di tutti i parassiti sulla piattaforma come grandi eredi delle case monarchiche perite nei nubifragi rivoluzionari, arava nei sotterranei della Parigi sottosopra per l'affare Dreyfus. Maurras incominciò a esumare. Fece credere ai suoi uditori che il compito della borghesia del suo tempo doveva essere quello di ripristinare le vecchie canaglie del '93, fra le quali era Luigi XVI. Nei suoi discorsi di sottosuolo esaltava il troiaio di quei giorni che aveva dovuto scontare i delitti sociali sotto la mannaia di Sanson. Dalle lezioni della "sventura", come diceva lui, faceva circolare i superstiti, i conti di Chambord, i conti di Parigi, i duca d'Orleans e gli altri devoti al trono dell'antica Francia dei realisti. I repubblicani ridevano di queste concioni che si svolgevano nelle cantine del badinage politico. Credevano fosse della pastura per gli squilibrati di un'epoca morta. Là là! Si è veduto come il lento lavorio delle formiche dei camelots du roi riuscisse a circondare i ripristinatori dello Stato di moltitudini sul lastrico dei fannulloni, irritati contro la Repubblica e i repubblicani. Fra le conquiste fatte da Maurras, con il suo bagou storico, va messo in prima linea Leone Daudet, figlio di quel pezzente della penna che si era lasciato pensionare dalla baracca sudicia di Napoleone III. Fu una conquista di grande giovamento. Medico, letterato di valore, polemista atroce e formidabile, superiore a Cassagnac, si rovesciò sulle cose e sugli uomini distruggendo rinomanze, mandando in galera e alla fucilazione, imperando dovunque durante la guerra, fino al giorno in cui divenne direttore dell'Action Française e deputato alla Camera, dalla quale ha sloggiato figure eminenti, come Malvy e Caillaux — due esiliati delle sue furiose denunce, amnistiati in questi giorni.
Carlo Maurras non faceva molto chiasso, ma passava per il maestro, per il dotto del partito. Giunto a Parigi, spiantato come Giobbe, non conosceva nessuno. Ma i suoi articoli alla Gazzetta di Francia e le sue conferenze di politica "realista" gli avevano attirato la jeunesse. La democrazia francese era per lui un male e un male che avviava al disfacimento. Sulle pedate di Zola aveva parodiato una storia naturale e sociale d'una famiglia di protestanti stranieri nella Francia contemporanea, piena di roba spiacevole per gli autori che avevano lavorato per la conservazione delle idee repubblicane. Egli spingeva la Francia alla coalizione dei gueux. I pitocchi dovevano servire di strato alla dittatura delle aspirazioni nazionaliste. Fra i collaboratori che gli si associarono con vigore e con entusiasmo fu Leone Daudet. Secondo lui la cosa pubblica nella patria di Jaurès era nelle mani dei più mediocri. Zola pontificava sul letamaio delle sue porcaggini. La Débâcle era il prodotto della sua vigliaccheria naturale. Nessuno aveva ammucchiato tanta immondizia. Come la Débâcle era stata scritta per inzaccherare la patria, così la Terre era un blocco di sterco fetente per appuzzare di più la campagna. Proruppe su Victor Hugo, che gli aveva dato in isposa la figlia, stroncandolo in tutti i sensi: come poeta, romanziere, politico. Non so se dell'uomo che aveva dato alla reggia imperiale un nemico implacabile, abbia lasciato in piedi il grande scrittore che ha intellettualizzato le moltitudini del suo secolo. Ricco di vocaboli di tutti i colori e di tutti i fiammeggiamenti, artefice sovrano del verbo, l'autore della Leggenda di un secolo non fu per Daudet che un confusionario o il bardo del suffragio universale. Le cose vedute sono pagine che nessun Daudet ha mai scritto e che la posterità intelligente continua a cercare. Venuta la conflagrazione dei popoli i due soci si circondarono di nemici. L'Action Française fu per loro una doppietta da banditi. Iniziarono il movimento di penna con gli omicidi civili. La Francia, secondo loro, nata in monarchia, non poteva vivere in repubblica. Cresciuta cattolica doveva rimanere difensora della chiesa. Dreyfus fu una creazione dei loro odi. Entrambi avevano bevuto largamente alla fonte di Drumont. Gli ebrei erano per loro saltimbanchi che battevano alle entrate dei baracconi la gran cassa con i bicipiti di cotone e dei pierrots che stormivano l'aria coi sonagli del pulcinella.
Drumont fu una fiaccola antisemita. Spingeva quelli della sua tendenza ad abbominare la borghesia fanatica per la soppressione della Francia ebraica. Il Dreyfusismo fu l'avvenimento più clamoroso e più tragico di quei giorni. Di Alfredo Dreyfus hanno fatto fuori un traditore, uno spione, un venditore di segreti di Stato al nemico e una lurida creatura di ghetto.
Daudet e Maurras divennero di giorno in giorno più formidabili e terribili. I repubblicani ridevano di queste scempiaggini dei leghisti per la patria monarchica. Ma l'Action Française continuava a circondarsi di una gioventù bonne à tout faire. Vi accorreva, vi si dava, si prestava, compiva atti ignobili. Pubo ne era il suo leader. Daudet e i Maurras scrivevano, rinfocolavano, spingevano i tremanti monarchici, ma senza l'organizzazione degli strilloni non avrebbero potuto propalare il veleno e scatenare i livori per un rovesciamento di repubblica. Tutti i ratés del giornalismo, tutti i rinnegati della politica, tutti i versipelli delle organizzazioni repubblicane, tutti i ventraiuoli dell'arrivismo sociale accorrevano intorno ai Daudet e ai Maurras che diguazzavano nelle menzogne, nelle calunnie e nelle invettive. Hanno denunciato, denigrato, vilipeso, scuoiato. Coloro che capitavano sotto la loro penna erano trafficatori di patria, comunicatori di informazioni ai boches, venditori di segreti, assassini in agguato dell'avvenimento per i tumulti, per le perturbazioni, per i rovesci sociali. Alla vigilia della dichiarazione di guerra è caduto il più grande socialista del mondo. Jaurès era stato lo storiografo più possente delle guerre e delle turbolenze proletarie del secolo scorso. Il suo stile era smagliante. Sulla piattaforma orale non aveva uguali. Fu il primo direttore della Humanité. La sua sorte era stata preveduta da lui stesso alla Camera. I giornali dei camelots du roi lo chiamavano miserabile, tartufo, boche, traditore, amico dei tedeschi. Tredici giorni dopo le invettive di Maurras nell'Action Française sbucava l'assassino. Il 31 luglio 1914, verso le nove e quaranta, l'on. Jaurès cadeva tra gli amici di redazione al caffè del Croissant, dove convenivano a rifocillarsi, come tutte le sere. Egli sedeva con il dorso verso la strada, dove Raoul Villain lo aspettava. Era armato di due rivoltelle. Gliene è bastata una. Gli piantò una palla nel cranio e non mendicò scuse. Lo aveva ammazzato per la sua opposizione alla legge dei tre anni. L'assoluzione di Raoul Villain è il documento dell'atmosfera di quei giorni in cui imperversavano i camelots du roi. Per loro "Jaurès aveva tradito il suo paese!"
L'incitamento all'assassinio dei personaggi che avevano fatto storia dalla repubblica di Gambetta ai giorni della seconda invasione germanica, era stato continuo. Giuseppe Caillaux, ex ministro delle finanze, si era fatto odiare dalla borghesia opulenta con delle tasse onerose sulle classi fortunate. Egli aveva colpito i pescicani d'allora, che si erano impadroniti dei più grandi quotidiani del paese. Il monopolio dei giornali d'informazione era nelle loro mani. Si arricchivano e veicolavano il denaro pubblico ai loro forzieri. La dégringolade di Caillaux è incominciata con la morte di Calmette, direttore del Figaro, fatto stramazzare in redazione a revolverate dalla moglie dello stesso Caillaux. Egli aveva avuto la disgrazia di occuparsi di alcune intimità dei coniugi. L'opinione pubblica fu arcifredda per l'ex ministro delle finanze, anche dopo l'assoluzione della moglie. Cadde vittima dei camelots du roi. I leaders dell'Action Française lo sbranarono. Incriminarono il suo patriottismo. Lo misero tra i sospetti di coloro che trafficavano coi boches. Lo fecero vedere alla tavola di Bolo, avventuriero, agente internazionale del Kaiser, impiegatore di milioni nel Journal di Charles Humbert e di altri quotidiani, fucilato, come finale del dramma del tripotage di guerra, in Parigi, in un momento in cui tutti s'aspettavano grandi rivoluzioni.
Caillaux non fu perduto di vista. All'Action Française c'era Leon Daudet, una specie di Père Duchêne del trono e dell'altare. Violento e atrabiliare, diffonditore di veleni, demolitore d'uomini e aggressore di gente a colpi di menzogne. Egli non dimenticava l'ospite della tavola di Bolo, in quell'attimo di vita pubblica, creduto il più vituperevole affarista in relazione con la Germania. Con Daudet c'era il narratore Maurras che pedinava i cosiddetti disfattisti e suscitava la guerra civile. Tutti e due furono al lavoro delle insinuazioni. Dopo Bolo lo accomunarono con il direttore del Bonnet Rouge, per alcuni biglietti di nessuna importanza. Gli accusatori erano entrati nell'atmosfera del terrore. Caillaux era pure accusato di essere corso a Roma per indurre l'Italia a una pace separata col nemico. L'Action Française era considerata la bocca della verità. Era la bocca del leone. Guai a chi cadeva sotto le sue delazioni. Il governo di Clemenceau non ebbe parole di protezione per Caillaux. Finì in prigione. La mattina del 14 gennaio 1918 venne agguantato in casa e condotto alla Santé. La cosa si era aggravata. Si era venuto a sapere che Caillaux aveva un forziere a Firenze, dove si erano trovati dei documenti politici, dei telegrammi, due milioni in titoli e cinquecentomila franchi di bijoux. Si è dunque concluso che aveva rapporti e stava trafficando col nemico.
Il lavoro dell'Action Française merita un posto eminente. È stata fondata a Parigi il 21 marzo 1908. Fra i massimi collaboratori dei camelots du roi va ricordato Andrea Gaucher, entrato il giorno della sua fondazione. Gaucher, ricco di campagne politiche, non ha evitato di assumere le responsabilità del quotidiano di partito, pieno d'avventatezze e di aggressioni e di ardite manifestazioni di una gioventù turbolenta. Gioventù che invadeva le scuole, fischiava i maestri repubblicani o democratici, terrorizzava i teatri con gli schiamazzamenti contro i lavori degli antimonarchici, disapprovava con lo strepito i magistrati che sedevano nei loro seggi a condannare gli esumatori di monarchie e infuriava contro i ministri bloccati nei loro gabinetti, come ha fatto con Briand.
I restauratori della Francia alla Luigi XIV apoteosavano i tipi alla Gregori che avevano portato l'azione diretta sulla pubblica piazza. Gaucher, gerente dei camelots, ha tramutato il periodo in agitazioni bollenti. Non stava dietro le quinte. Andava in prigione tutte le volte che era necessario. L'Action Française per tutti gli strilloni del re era le drapeau. La guardia repubblicana non aveva tregua. Dovunque si iniziava la bagarre dei camelots irrompeva e legava. La prima condanna, toccata al gerente dei camelots du roi, fu di due anni per ingiuria al Tribunale correzionale. Questo capo di camelots era violento. Diceva ai giornalisti che loro volevano un re, esigevano di essere lasciati in pace. Comitati di azione francesi si diffusero in provincia. Le adesioni alla lega si moltiplicarono. Le sottoscrizioni divennero un fiotto continuo. Gli abbonamenti diedero un lavoro amministrativo agli uffici della Chaussée d'Antin da obbligare l'azienda a triplicare gli impiegati.
Andrea Gaucher fu il tipo dei camelots du roi più virulenti. Ha schiaffeggiato per la strada un prefetto del "banditismo repubblicano". Ha chiamato falsari i giudici di diverse Corti e di diversi Tribunali. Ha svillaneggiato un presidente di Tribunale. Ha detto insolenze al processo Gregori — colui che aveva tirato su Dreyfus. Si è battuto più volte con gli antimonarchici. Ha scritto Sua Eccellenza il Sig. Merlou parodiando un romanzo di Zola. Ha cavato la pelle al ministro delle finanze del gabinetto Rouvier ed ha lavorato con le frotte dei suoi camelots per la risurrezione del re.
Il camelottismo francese ha avuto molti sovventori: Jules Lemaitre, il senatore Le Breton. Fra le donne la marchesa di Mac Mahon. Fra le birbe di penna: Cassagnac.
I camelots du roi andarono dentro e fuori dalle prigioni. La maggioranza della jeunesse aveva ed ha per grido: "A noi, giovani!" "Per salvare la Francia facciamo il Re. Come? Con tutti i mezzi, con la forza. La monarchia è pronta. Il Re è là."
L'Action Française, con questi tumulti ha fatto del ventre ed ha perduto le forze muscolari. Un suo segretario è stato accoppato giorni sono da una anarchica che lo ha scambiato per Daudet. Daudet è ora il centro dell'odio, direi quasi, francese. È stato punito con il suicidio del figlio diciottenne, suicida per non vivere col padre. Politicamente è in frantumi. Non è più deputato. L'Action Française sta naufragando. Il disastro è in vista.
Mi sono voltato indietro. Negli strilloni del re dei Boulanger, dei Maurras e dei Daudet vi si trovano impronte che poi ho rivedute nelle camicie nere di Mussolini. L'eco dell'a noi, giovani! rivive. Dunque, i fascisti sono passati sul corpo dei camelots, si o no?