Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Paolo Valera Il cinquantenario IntraText CT - Lettura del testo |
Il nostro cervello proletario non può scalcagnare per il cinquantenario che con una ripugnanza indicibile. L'Italia non ha diritto a sedere fra le nazioni civili. È troppo sanguinaria. È troppo subdola, troppo vile. Troppo infame. Al suo dorso non ci sono che delitti. Non si sa da che parte evitarli. La trovo bugiarda, ladra, vituperevole, assassina dovunque. Sui campi della miseria, sui campi della giustizia, sui campi coloniali, sui campi di battaglia, sui campi parlamentari. Essa è sempre darwiniana. Divora, finisce. Il suo ideale è la soggiogazione. Tutti i suoi rappresentanti alti e bassi sono stati al suo livello; bestiali. Non parliamo dei suoi ministri. È una collezione di malvagi. Non cito che quelli che vengono sulla punta della penna. Cavour. Chi è Cavour? Lascio rispondere Guerrazzi suo contemporaneo. «Non appena Garibaldi si mette in viaggio gli lancia dietro qualcuno per levargli di bocca la Sicilia, ed impedirgli di andare a Napoli; si serve perfino del re per sconfiggerlo; Garibaldi acquistò Napoli e allora più che mai intorno al generale per levargli Napoli con minacce e frodi d'ogni maniera. Io ho letto, diceva Guerrazzi, che bisognava pigliare Garibaldi e fucilarlo» È stato Acton, il futuro ministro della marina, che ha cannoneggiato il Lombardo e il Piemonte quando sbarcavano a Marsala. Rattazzi fa aggredire a fucilate i garibaldini ad Aspromonte per ringraziarli di avere arricchita la corona del reame. Garibaldi è compensato con una palla al piede, è trascinato al Varignano come un malfattore da un colonnellaccio come il Pallavicino, volgare e villano, ed è lasciato senza medici e senza il necessario per un ferito. È l'Inghilterra che si quota per mandare al generale delle camicie rosse, un letto e un chirurgo.
I nostri militari! I nostri funzionari! Non mi occupo dei mille e due.
Essi sono al disotto della mia considerazione. Al disopra di quella cifra sono tutti usurpatori odiosi, malandrini autorizzati al malandrinaggio legale, leghisti del male, malfattori in montura e in redingote, svaligiatori di classi e di masse.
State a sentire. Noi siamo andati in Sicilia. Abbiamo educato i siciliani coi massacri. Tutta la burocrazia avariata e cretina è stata mandata all'isola dei Vespri.
Gli isolani sono stati dichiarati dai generali Govone e Cervetto «conquistatori» e «barbari». E sapete perchè? Perchè non volevano assoggettarsi alla coscrizione. Per militarizzare l'isolano i rappresentanti dell'Italia dell'arrivismo si sono serviti della tortura. Cito un caso: il caso Cappello. Egli era un sordomuto. Lo si sottopose alla visita e non si credette nè al suo mutismo nè al suo sordismo. Lo si sottopose alla tortura dei bottoni di fuoco sulle carni. In meno di mezz'ora tutto il suo corpo non era che una vasta piaga. Perchè non andasse perduto il documento vivo, lo si è fotografato nudo.
Chi era il civilizzatore?
Uno dei tanti ufficiali che hanno insanguinato del sangue degli altri la Penisola. Certo Dupuy — un vero brigante che ha fatto scuola. Egli ha avuto milioni di imitatori. Il Dupuy era savoiardo e capiterà un'altra volta sotto la mia penna. Ma prima di abbandonarlo permettetemi di adagiarlo in un altro episodio. Egli con i suoi soldati, si è presentato di notte a una cascina del territorio delle Petralie, dove lo sgherro supponeva dei renitenti alla leva, dei briganti. Non s'è voluto aprirgli. Che cosa ha fatto il nostro tenente? Fece circondare la cascina di fascine, la fece incendiare e lasciò che tutta la famiglia vi morisse asfissiata.
Ho citato il Dupuy perchè è un tenente che troviamo in tutti i movimenti italiani.
Tutti noi ci ricordiamo dello spaventoso nome del Livraghi, tenente dei carabinieri, al quale era stata affidata la pubblica sicurezza in Eritrea. Egli seppelliva gli indigeni vivi che svaligiava. La descrizione dei suoi orrori è stata fatta in Parlamento da Cavallotti, da Colaianni e da Prinetti. I suoi assassini hanno arricchito il dizionario di un verbo: livragare vuol dire scomparire; essere sepolti vivi. Dupuy è sempre il prototipo. In Cina egli è stato rappresentato da Modugno, accusato al suo ritorno di uxoricidio. Brutta figura. In casa dei cinesi ha seppellito due fratelli nelle buche fatte scavare da lui e non li ha lasciati uscire che quando hanno rivelato dove avevano nascosto le loro piastre. Sotto la sua «tenda» scudisciava le sue ordinanze legate agli alberi.
Due delle vittime sono fra i nostri pompieri.
Di tenenti come il Dupuy ce ne sono delle migliaia. Cito, tanto per documentare, il tenente Lionello, quello del ponte Albersano. I «villani» andavano verso di lui con il cappello in mano, e lui li ha puniti dell'audacia con una scarica di piombo. Sono morti e per lui si trovò la scusa che nella notte prima aveva dormito con una delle sue ganze. Se volete rimanere nell'esercito, potete salire o discendere senza perdere la figura sanguinaria. Fra i marescialli dei carabinieri, registro il Centanni. È stato decorato con l'elogio parlamentare di Giolitti. Se salite trovate il Pallavicino, il De Villata — due Fra Diavoli che indossavano la montura dell'ufficiale italiano.
Nella colonia Eritrea i tradimenti dei grandi ufficiali, le vendette dei bassi ufficiali, le carneficine compiute sugli indigeni, sono infinite. Nei primi cinque anni di occupazione si sono compiuti dei macelli. Io mi ricordo in questo momento dei 18 «ribelli» fatti fucilare lì per lì, sulla spianata di Asmara, nel settembre del 1891. Mi ricordo dell'assassinio di Batho Agos, capo dell'Ocalè-Cusai — l'indigeno più rispettato dell'Eritrea, come scriveva Ferdinando Martini, colui che sopra tutti aveva dato una grande prova di fedeltà all'Italia. E perchè lo si è fatto assassinare? Perchè i nostri politici sono doppi, perchè tutto ciò che esce da loro è doppiezza. Batho Agos, uomo schietto, è divenuto nemico del nostro esercito quando ha saputo che il Baratieri aspettava il «momento risolutivo» per mandarlo all'altro mondo. Non c'è lealtà nè fra i funzionari nè fra i militari. Sono ancora nelle nostre orecchie i tormenti e le stragi inflitte agli indigeni nelle carceri del Benadir.
Gli ufficiali colpevoli sono stati assolti, come è stato assolto, con la fuga, il Livraghi. Non lo si è fatto estradare dalla Svizzera. Lo si è lasciato in pace. Gli si è permesso di farsi un'altra posizione come un qualunque galantuomo. Adesso è divenuto così sfacciato da tentare la propria riabilitazione con un processo di diffamazione. Non c'è giustizia, non c'è lealtà fra gli svaligiatori della terza Italia.
Crispi è stato il prototipo dei malviventi.
Come presidente dei ministri ha venduto a Cornelius Hertz una decorazione monarchica per 50 mila lire, ha mentito quando ha dichiarato il documento contro i Fasci «firmatissimo», come ha mentito quando ha finto di sposare Rosalia Montmasson. Egli è stato veramente un galeotto. Dal giorno che ha detto che la monarchia univa e la repubblica disuniva non ha avuto più ritegni. Ha innalzato la bandiera del paltoniere.
Ha mantenuto un esercito di pennivendoli, molti dei quali sono ancora vivi, a mille, a duemila, a quindicimila lire il mese. Megalomane, ha lasciato che il Baratieri conducesse al macello un esercito di 40 o 50 mila uomini contro Menelik. Si è servito largamente del domicilio coatto. Se ne è servito per delle vendette politiche, per disfarsi dei socialisti che non poteva più ammucchiare nelle prigioni, perchè, come diceva Felice Cavallotti, le vittime erano già «accatastate nei carnai della nuova Italia». Non parliamo della sua azione nel processo Lobbia, del plico Lobbia, contenente le lettere rubate a Paolo Fambri. Ci basti citare i suoi ultimi traffici inclusi nella inchiesta dei sette e le sue ultime ruberie colla compiacenza del Favilla, il direttore della Banca di emissione di Bologna. Non è più un mistero che un uomo come lui — ed è stato detto quando era in vita — si è servito a piene mani dei fondi segreti — come è stato detto di Nicotera — i due rivoluzionari che hanno massacrato più giornali di tutti gli altri ministri, che hanno sciolte più organizzazioni politiche e operaie di tutti gli statisti lungo un secolo di vita sociale, che hanno messo in prigione più sovversivi o sobillatori di tutti gli altri ministri messi assieme.
Siamo così poco avanzati nella civiltà che ogni alito di opinione libera agita i nostri statisti: i quali non si sentono più sicuri senza ricorrere alle leggi eccezionali, agli stati d'assedio, agli imprigionamenti, agli scioglimenti di associazioni, alle soppressioni della stampa, ai pedinamenti polizieschi, ai domicilii coatti.
Non c'è regione italiana che non sia stata dominata, a periodi, dai Lamarmora, dai Cialdini, dai Govone, dai San Marzano, dai Morra di Lavriano, dai Nestore Malacria, dai Bava Beccaris, tutti militari spietati che hanno lasciato dietro loro cataste di cadaveri, moltitudini di galeotti, gente mutilata, sconciata, orribilmente sconciata.
Generali e ammiragli di cartone, stupidi, vigliacchi davanti ai veri nemici. Cito il Persano che non si è mosso dalla nave ammiraglia che per fuggire su un'altra senza la bandiera ammiraglia che rivelasse la sua presenza al nemico. Cito Baratieri, vero cacone in guerra, che non ha saputo neanche trovare la via del suicidio, che non ha trovato che la via della fuga a pancia a terra. Cito il generale Corvetto che ha negato di avere calunniato la Sicilia e i siciliani con una lettera anonima al Dario Papa dell'Arena di Verona, azione biasimata in Parlamento.
Le vittorie dei nostri generali brutali e sanguinari sono tutte fatte di «combattimenti» contro popolazioni inermi, disarmate, senza idee insurrezionali. In altri paesi i nostri gros bonnets non avrebbero avuto neanche l'onore di essere considerati degni della fucilazione. Sarebbero stati squartati e appesi alle porte cittadine. Essi non sono mai stati uomini. Sono stati dei briganti.
Un ras qualunque, come l'Aluea, li ha messi in fuga. A Dogali si sono lasciati trucidare. I nostri ufficiali erano buoni di tramutare o alterare i trattati con Menelik per suscitare una guerra, che avrebbe conquistato loro delle promozioni. Ma ad Abba Garima lo stato maggiore del quartiere generale non solo non si è valso degli apparecchi ottici o degli eliografi per le segnalazioni che avrebbero potuto comunicargli a 96 chilometri di distanza, il numero dei nemici, non solo si è contentato di essere senza informazioni, ma si è lasciato sorprendere come un mucchio d'imbecilli e come un corpo d'imbecilli si è precipitato di burrone in burrone, di valle in valle, per salvare la propria pelle. Erano i nipoti dei generali di Novara e di Custoza.
Sua eccellenza il tenente generale Oreste Baratieri merita una pagina speciale. Perchè mentre si è lasciato aplaudire in Parlamento e si è lasciato portare in trionfo per le città italiane per delle supposte vittorie, come quella di Sanafè, egli ha poi dimostrato di non sapere neppure trovare il coraggio di morire come morivano i generali napoleonici nei momenti della disperazione e dell'impotenza.
Da noi, con noi, contro di noi, sono eroi. Assumono tutti l'aria dei Napoleoni, dei Wellington e dei Moltke. Sembrano tutti reduci da Austerlitz, da Waterloo o da Sédan.
Il generale Corsi ai tempi dei fasci ha paragonato la Sicilia a una mina preparata da secoli. Non vi ha veduto che un inferno di odii in fiamme. Il generale Morra di Lavriano è partito da Napoli alla testa di 40 mila soldati, tanti quanti se ne mandarono più tardi in Africa contro le «orde» di Menelik. È partito salutato come un Garibaldi liberatore. Con lui è stato proclamato (4 gennaio 1894) lo stato d'assedio — vale a dire il flagello che anticristeggia sulla gente assediata.
Ecco l'amnistia di Crispi. Il macello, la carneficina, lo sfollamento delle carceri. Deputati in prigione, ribelli in prigione, tribunali di guerra, terrori polizieschi, terrori bianchi e rossi. Condanne selvagge.
A Bernardino Verro, 16 anni di galera per reato di «sobillazione». A Giusepe Sparango, tre anni di reclusione per avere «favoreggiato» la fuga di Bosco, di Verro e di Barbato. Spatiglia — sordo-muto — condannato per grida sediziose. Rosalia Perrone per occultazione di armi (un fucilda caccia).
Al tenente dei carabinieri Colleone, medaglia al valore militare per avere ordinato il massacro del 5 gennaio. Reazione trionfante. I ribelli erano dediti a ogni sorta di delitti. Saccheggi, incendi, assassini, rapine. Arresti in massa di contadini e di lavoratori ignoti. Sprigionamenti dei delinquenti comuni per lasciar posto ai sabotatori. In quindici giorni si sono arrestati quasi tutti i giovani di settantasei paesi.
Mille sono stati inviati al domicilio coatto senza processo. Venivano solo casellati per malviventi, pregiudicati, ammoniti. Favignano, Pantelleria, Lampedusa, Ponza, Ustica, Lipari, Tremiti, Porto Ercole, rigurgitavano di odiatori di cappedda. Sequestri di telegrammi, censura preventiva di giornali. La punizione più umana era fatta di bastonate. Bastonate ai vecchi e ai giovani, ai ragazzi e alle donne.
Tutto sommato il lavoro di Morra di Lavriano, con i tribunali militari, è stata una distribuzione di 800 anni di prigione. I delinquenti siciliani erano saliti nelle bocche militari a 1645. De Felice, il capo della congiura per vendere l'isola alla Francia e alla Russia, diciotto anni di galera.
Roba da matti. Un semplice delegato con il sedicente trattato di Bisacquino «firmatissimo» ha potuto compiere una rivoluzione a rovescio — ha potuto popolare i tribunali di alti spallinati incaricati di schiacciare la «sedizione». Il generale Heusch, nella Lunigiana, non è stato inferiore a Morra di Lavriano.
La sua massima condanna è stata di trent'anni, per delitti retroattivi, all'avvocato Molinari.
Italia di farabutti, di ladri, di statisti manicomiali, tu mi fai riabilitare Ninco Nanco, Cipriano e Giona, La Gala, Domenico Papa, Giovanni D'Aveizo, Girolamo Sarno, Crocco, Caruso, Cappa di San Fede, Pilone, e voi tutti lavoratori di bosco. Voi siete stati più onesti. Voi siete nella storia criminosa meno feroci dei nostri generali che hanno avuto il petto coperto di decorazioni e che sedettero al Senato.
Scellerati!
È giunta anche per voi l'ora del giudizio. Il proletariato incide i vostri nomi sul frontone nazionale del cinquantenario per additarvi ai posteri come mostri del nostro tempo.
Il vostro posto è nel museo degli orrori umani. Voi siete passati da noi come una peste bubbonica.
Avete compiute più stragi della malattia pestifera.