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Paolo Valera
Il cinquantenario

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Un episodio repubblicano.

 

È un episodio che rivela il sistema governativo di tutti i cinquant'anni.

L'ho già detto. Dove c'è alito di opinione libera eccoti un'ondata di mercenari dell'ordine, che vi si precipita sopra e lo soffoca.

Ministri di destra e ministri di sinistra, al potere erano tutti forcaiuoli.

Documento.

Nel 1870 era al potere il gabinetto più lurido e più efferato di tutto il cinquantenario. Era presidente dei ministri Marco Minghetti e ministro dell'interno Cantelli, il più esecrabile del regno italiano.

L'uno e l'altro sono stati così svergognati, che hanno dichiarato in Parlamento che avevano diritto di presentare e raccomandare agli elettori i candidati amici del ministero.

La loro insensibilità morale era così alta che scarceravano i detenuti per farne degli elettori; che mandavano all'urna tutti gli impiegati di questura, tutti i carabinieri, tutti i questurini, tutti i soldati di residenza nei collegi.

Cose inaudite! Le liste elettorali venivano mutilate, alterate, manomesse, tramutate all'ultima ora, alla vigilia delle elezioni, quando era già pubblicato il decreto delle elezioni generali.

L'ingerenza ministeriale nelle elezioni ha il compito di additare pubblicamente i prediletti del ministro A o del ministro B; era un principio governativo.

L'impiegato che contravveniva a questo assioma, veniva licenziato o mandato al domicilio coatto.

Nel '74 la sinistra diveniva possibilista di giorno in giorno.

Il ministro Minghetti aveva incominciato a sentire che non c'era più che la violenza che potesse trattenerla o frenarla.

E allora, non appena ha saputo che i repubblicani si dovevano radunare a Villa Ruffi, in aperta campagna, ha messo sottosopra l'esercito e la pubblica sicurezza.

Li ha messi in agguato. I giornali erano tutti prezzolati. Il ministero era l'opinione pubblica.

Ha fatto circolare che in quella regione era il focolare dei congiurati. Tutti vedevano facce «sospette».

I «congiurati» non erano ancora all'esordio della discussione che nella villa c'è stata una irruzione di poliziotti e di soldati al servizio della polizia. Non ne ricordo bene il numero, ma gli aggressori legali ne hanno arrestati trentasei.

Fra i trentasei erano Aurelio Saffi e Fortis, divenuto più tardi presidente dei ministri d'Italia.

Aurelio Saffi era uno dei repubblicani più eminenti e più venerati.

Gli arrestati vennero trattati da malfattori. I prigionieri sono stati chiusi in uno stanzone della Villa per 36 ore, senza mangiare e poi vennero ammanettati e condotti a piedi, in mezzo a nugoli di carabinieri, di agenti di P. S. e di soldati, dalla Villa Ruffi a Spoleto e chiusi nella Rocca di quella città, come se fossero stati i peggiori malfattori d'Italia.

Il ministero, per spaventare il corpo elettorale, ha diffuso nella penisola che gli arrestati erano giacobini in giro col petrolio, con la dinamite e col coltello.

Non si sono processati. Sono stati trattenuti in fortezza per cinque mesi.

La discussione in Parlamento è stata iniziata da Benedetto Cairoli. Egli allora ha detto la verità. Gli arresti di Villa Ruffi erano stati ordinati per ragioni elettorali. Si voleva indurre gli elettori a stringersi intorno al Governo, contro i facinorosi.

— Sì, o signori, diceva l'on. Luigi Miceli, io posso parlare perchè ero presente. Noi c'eravamo radunati alla fine del gennaio 1870 a San Verano, in casa di Aurelio Saffi, presenti molti di coloro che sono stati arrestati. La nostra discussione è stata sulle elezioni generali. Noi non ci siamo occupati che del contegno che doveva tenere il partito democratico, che di provvedere alla pubblicazione dell'organo di partito e di trovare i modi più acconci per non essere più confusi con l'Internazionale.

È inconcepibile. Il Cantelli è stato peggiore del Maupas francese. È stato uno sgherro borbonico. Non si è tolta la maschera. Si è sottratto alla responsabilità degli arresti con la scusa dell'assenza, ma li ha giustificati dicendo che senza di essi si sarebbe compiuto un disastro nazionale.

Dopo il Cantelli c'è il Vigliani, guardasigilli, che ha difeso i magistrati che hanno speso cinque mesi per venire alla conclusione che non c'era sufficiente materiale per processarli.

La tornata alla Camera sui fatti di Villa Ruffi pare una pagina dei nostri tempi. Al potere sono tutti Cantelli, all'opposizione sono tutti Cavallotti.

Il Cairoli, prima di diventare presidente dei ministri, presentava questo ordine del giorno:

«La Camera, considerando che la libertà individuale e l'inviolabilità del domicilio consentita dallo Statuto, furono offese dagli arresti di Villa Ruffi, passa all'ordine del giorno». Crispi è rimasto fino allora repubblicano nella zona legalitaria. «Voi vedete, o signori, quello che fecero i repubblicani dopo il '51. Io ne vedo a sinistra, ne vedo a destra e ne scopro uno anche sul banco dei ministri. I repubblicani si sono battuti sotto la bandiera monarchica. Questa bandiera non l'abbiamo tradita e non la tradiremo. Ma non a questa bandiera soltanto date tutta l'efficacia di quello che è avvenuto dal '50 in poi; datene anche una parte a coloro che si unirono a voi e che fecero con voi e col principe quelle istituzioni delle quali noi tutti godiamo. Il partito repubblicano è sempre stato di aiuto al regime attuale e dell'opera sua ha dovuto anche sentire le dolorose censure degli antichi amici, coi quali aveva aspirato e accanto ai quali si era battuto».

Tuttavia la mozione Cairoli è stata respinta con 232 voti contro 121.

Così gli arresti di Villa Ruffi sono stati giustificati. Non era possibile che avvenisse altrimenti.

L'Italia è il paese degli sbirri. Tutti gli sbirri sono stati i padroni dei cittadini.

Da colui che era questore con Morra di Lavriano, al questore novantottesco di Milano, noi non abbiamo avuto che briganti nello stifelius dei capi della pubblica sicurezza.

Del Prina, dei Festa, dei Livraghi, gente che ammazza a fungate, capace di denunciare il proprio padre, di denunciare la propria madre, di assassinare il più intimo dei propri amici.

I nostri padri sono stati dei sudditi.

Noi siamo dei dipendenti. Un mascalzone a tre mila lire l'anno ci può sopprimere.

Questo, è la gloria del nostro cinquantenario.




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