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Ippolito Nievo
Antiafrodisiaco per l'amor platonico

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VI

 

Dialogo

della Signora Ottavia

con Mastro Gionata Beccafichi

 

— Più leggiera quella mano, Signora Ottavia! — più leggiera quell'ombra! — così! — basta! — va bene! — Ah cari i miei due allievi!

— E chi sono di grazia questi due allievi? — perché io conto per uno! almeno credo!

— E il Signor Anonimo è il secondo. Che buona volontà! — Durar sette ore alla tavoletta — non c'è altro che lei capace d'imitarlo. Io voglio un bene dell'anima a quel giovane! — mi getterei nel fuoco per Lui. — Più marcata quella penombrava benissimo. Ella riuscirà una egregia disegnatrice — ed il Signor Anonimo un famoso architetto.

— Non iscopersi mai in quel giovine tanta passione pel disegno.

— Come, come! — Ah! sarà perché è tanto modesto! — ei fa la vista di non intendersene. E poi non gli avanzerà il tempo di spiegarle la sua passione pel disegno. Caro quel Signor Anonimo! Io sono il suo Segretario. Per lui mi faccio ammazzare! — Carichi quella tinta. Egregiamente.

— Si dice, che sia piuttosto ricco questo Signor Anonimo!

— S'immagini! Figlio unico! e poi cosa c'entra questo! è il suo cuore che supera ogni prezzo. Ma già cosa ciarlo con Lei di tali cose! Ha abbastanza penetrazione per iscoprirle da sé, non è vero?

— Mi raccontano che suo padre sia un uomo bravo, e di buonissima pasta; e ch'egli non contrasta menomamente alle voglie del figlio.

— Una persona aurea quel suo padre. Egli desidera di vedere il più presto possibile accasato il suo beniamino: lo dice sempre che dopo sarebbe contento per tutta la vita.

Davvero! che buon padre.

— Un angelo! e aggiunga che egli non pretende che Anonimo badi alla dote — egli bramerebbe una donnetta di garbo che suonasse il pianoforte, che disegnasse un pochino: una ragazza bene educata. Del resto, al diavolo quel maledetto interesse! Che bel quadro di famiglia, egli va dicendo, vedere il mio Anonimo accompagnare col flauto una romanza che la sua sposina suona al pianoforte!

— Che Creatura Angelica: e Anonimo?

— Oh! Egli vuol secondare appuntino i divisamenti di suo padre! S'immagini ch'io sono il suo consiglier intimo! Di lui mi sono palesi fin le pedate! Che cuor amoroso! Io darei anima, e corpo per coadiuvare alla felicità di quel cuore! Poiché il secondare affetti così puri è un merito presso Dio. Non sarò mai contento se non gli potrò rendere un qualche servigio, per dire poi a suo tempo: Anch'io ho cooperato a tanta beatitudine!

— Oh gliene renderà! Stia sicuro!

— Lo credo anch'io, poiché egli mi racconta tutto come al suo confidente — ed io sarò contentissimo di poter fargli piacere: perché pel Signor Anonimo mi getterei nel fuoco, mi ammazzerei, e non so cosa farei di più.

 

* * *

 

Questo fu il primo dialogo fra Mastro Gionata, e Madamigella; l'interesse dei susseguenti andò sempre crescendo. Ma io prescelgo di lasciarveli indovinare, perché abbiate il vostro merito nel racconto.

Non vi meraviglierete dunque se Mastro Beccafichi aggiunse all'alta sua professione quella del Portalettere.




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