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Ippolito Nievo Antiafrodisiaco per l'amor platonico IntraText CT - Lettura del testo |
La campagna
Nulla di straordinario mi successe nel viaggio, a meno che non si voglia noverare nelle cose non ordinarie un bel tiro che mi giuocò il Commissario di Polizia delle Porte facendomi girare con un feroce guerriero al fianco da Caifas a Pilato per ottenere l'autorizzazione di dimorare in città. L'ottenni finalmente, e potei liberarmi della mia belligna compagnia per correr a godere di quella della mia Morosina. E se godere si chiama il conversare con un modello di plastica, io posso dire di aver goduto in quel giorno assai. L'unica cosa di qualche rilievo, che mi fu dato travedere tra le stucchevoli ciarle di cui si compose la conversazione, fu, che il Signor Filostrato volea trasportar la famiglia in campagna, e che la famiglia era dogliosa di questo suo divisamento; perché, dicevano, il Sole di Giugno scotta troppo, e non si potranno fare le belle passeggiate, senza di cui in campagna si sta come in sepoltura.
Io risposi che era vero — e il giorno dopo me ne uscii tutto allegro dalla città per fermarmi una quindicina di giorni in un fondo deserto, ove non si vedevano che buoi, e villani. Non trovai che il Sole di Giugno fosse un cattivo compagno a saperlo prendere pel suo verso — e le ore in cui egli cominciava ad esser prepotente le impiegava nello scrivere alla Morosina.
Vi parrà molto strano, ma pur la cosa è così. Prima che il mio affetto fosse corrisposto, era una mia continua occupazione il pensiero della Morosina — vi ho già detto che insensibilmente l'aveva anche foggiata a mio modo. Dopo che potei scriverle, tutte le mie fantastiche idee prendevano corpo sulla carta, e il mio pensiero si trovava libero dall'incubo amoroso, che dapprima pesava incessantemente sopra di lui.
Capisco ora che a poco a poco tutto il mio amore s'era convertito in un esercizio letterario, e si consolida questa mia opinione quando penso, che a quei tempi vedendo la Morosina non sentiva metà del piacere che provava dello scriverle, e che ora gettando sulla carta qualche mio capriccio sento dentro di me quel soddisfacimento dell'amor proprio, che allora mi teneva luogo di sentimento amoroso.
Immaginatevi se lordai carta in quel frattempo! ad ogni mia visita consegnava alla Morosina un fascio di lettere; a cui ella rispondeva sempre sentenziosamente con queste parole. — Ho letto la tua lettera — Come era felice durante quella lettura! — E sempre quella stupidissima chiusa!
Alla fine dei conti la volontà qualche volta furente del Signor Filostrato la vinse su quella del resto della famiglia, e la Signora Mamma e le Signorine dovettero accontentarsi di essere confinate in campagna. Anonimo era tutto contento di questo cambiamento, perché non avrebbe più avuto né Accademie, né inferriate che funestassero i suoi piaceri. Nella vastità dei campi è maggiore la libertà. Il Signor Filostrato ignorava completamente i nostri interessi, e la Signora Mamma fingeva d'ignorarlo pel bene delle figliuole, che ella riputava abilissime pescatrici di mariti.
In che inganno ella fosse caduta lo vedrete di qui a poco — senza contar il pericolo che c'era, che il pesce mangiasse l'esca senza restar appeso all'amo. Ma ella non contava questo pericolo, e si poteva fare qualche passeggiatina nel giardino, senza che gli occhi materni fossero là pronti a divorarci ad ogni atto un po' ardito. Il primo giorno che la famiglia si stabilì nella sua campestre residenza, fu a visitarla insieme con noi un Arciprete di quei dintorni, che predicava sempre contro l'ubbriachezza per distruggere la cattiva influenza del suo esempio. Egli tenne tanto a bada il caro Papà, che io, ed Anonimo potemmo mettersi in disparte colle nostre fiamme rispettive, e starsene inosservati da tutti un'ora buona! — Immaginatevi come la impiegai? Nello analizzare lo spirito della Morosina; e se è vero che l'Analisi è uno scandaglio, è pur vero che il mio scandaglio in quel giorno toccò subito il fondo. La Morosina balzava da questo argomento a quello, e sapeva tanto bene infiorarli tutti con una buona dose di strafalcioni, ch'io m'avrei sganasciato dalle risa, se il rispetto non m'avesse trattenuto per la mia futura metà. Ma il rispetto non mi trattenne dal riderne quando fui solo, benché la coscienza mi rimproverasse di maculare con quelle risa le creazioni della mia fantasia.
Le corse dalla città ai fondi di Anonimo, e da questi al nostro Paradiso erano il nostro pane quotidiano, — e l'abitudine mi aveva reso tanto pertinace scrittore, ch'io non andava mai dal Signor Filostrato senza uno scartafaccio, od una poesia in saccoccia.
Qui l'ordine cronologico mi ordina di trasportarmi a R...e, ove circa quel tempo io fui per ricevervi l'ultima vernice delle scienze filosofiche. Ma lasciando da parte la parte scientifica, vi dirò che trovai ne' miei compagni delle buone novità. Matusalem, prima di tutto, si aveva trovato un'amante, ed era arrabbiatissimo, perché non aveva ancora potuto convincersi ch'ella fosse una baldracca. Ma il peggior boccone era pel povero Baritola! La sua Corinna era diventata di punto in bianco la Corinna di dodici altri, e per occuparsi di questi, ella non aspettava più una sua assenza, ma aveva la sfrontatezza di occuparsene sotto i suoi occhi. Egli s'era quasi impietrito dal dolore, e se non era un'altra bella Signorina che ridonasse a suoi muscoli la primitiva flessibilità, egli avrebbe fatto la fine della moglie di Lot.
Ettorino era rimasto vedovo sul più bello, perché la generosissima Rosina aveva cambiato paese, e il Professore aveva piantato la sua macchina Pneumatica, e aveva fatto acquisto di una servotta. Non vi era che Zorz, che seguitasse il suo trottino a fianco della sua irregolarissima amante — tanto è vero che le irregolarità, compresa quella delle schiene, e quella dei Passaporti, vagliono benissimo all'ordine morale delle azioni.
Quanto a Meno-male egli non cantava; «perché, diceva, fa troppo caldo, e non vorrei che mi prendessero per una Cicala».
In mezzo a tutti questi parapigli amorosi, si rideva come ai tempi andati, si scherzava, s'ingojavano pillole gigantesche di scienze, e si facevano esami.
E siccome dopo la fatica viene naturalmente il premio, io tornai da Anonimo ove ripresi la parte di secondo amoroso sostenendola per quindici giorni filati con un accanimento degno di miglior sorte.