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Ippolito Nievo Antiafrodisiaco per l'amor platonico IntraText CT - Lettura del testo |
Altre lezioni di filosofia
Parlavano delle leggi delle scienze strettamente naturali, e per incidente del modo di determinarsi di esse leggi nei rapporti immediati fra i due sessi dei bimani.
Confesso che non trovai molta profondità nelle loro diverse opinioni su tal delicato argomento, ma vi notai invece un certo ironico scherzo che promoveva le più belle risate. E il Professore non cedeva agli scolari nel motteggiare come non cedeva a nessuno del paese nel vuotare bicchieri. Pranzammo insieme, e alla salsa dell'appettito, indispensabile ad ogni vero studente fu aggiunto il condimento della buona compagnia.
Quando ci portarono sul desco quattro ciliegie, ed un bottiglione di vino bianco, che rappresentavano alla nostra tavola il desert, Baritola prese tacitamente il suo cappello e fece motto di avviarsi verso l'uscio. — Piano piano! gli gridavano le nostre bocche un po' avvinazzate (mentre egli si sentiva l'ala del vestito tirata da più mani, che non bastarono per istracciarlo) — Dove si va?
— Mi congratulo — egli rispose — che da oggi in poi abbiate intrapreso il mestiero onorevole di Commissarii di Pulizia!
— Non solamente! saltò a dire Matusalem; ma quello dei Birri, e dei Gendarmi!
— Niente di tutto questo; io soggiunsi, qui si tratta di sapere ove vai, perché se fosse un luogo di tentazione ti forniremmo di saggi consigli pel bene dell'anima tua!
— E dove lasci il corpo! — osservò freddamente Ettorino.
— Stando alle apparenze si dovrebbe ancora lasciarli alla Signora Corinna — perché giova credere pel buon costume ch'ella non siasi finora impossessata che dello Spirito.
— Dello Spirito; gridò Matusalem — Ma tu non sai che le donne son tutte sgualdrine!
— Sì certo — almeno quelle che tu conosci!
— Sì eh! domandate ad Ettorino, che ha per rivale tutto il sesso mascolino del circondario! e che la stesse lì!
— Zitto! interuppe il Professore — avanti tutto la logica! — se le donne sono sgualdrinelle, cosa saran gli uomini se non che o puttanieri, o figli di baldracche?
— E questo non è male — gridò Matusalem — una condizione generale non può menomare la fama dell'individuo.
— Dunque — riprese trionfante il Professore; se danno non proviene all'individuo da un vizio inerente a tutta l'umanità, ne deriverà, che benché le donne sieno in complesso non donne ma donnaccie, pure singolarmente dovrà loro serbarsi rispetto, e stima.
— E poi questo - seguitò Zorz - si prova a meraviglia coi fatti. Come troverai tu ombra di peccato nella mia Carolina?
— Il suo peccato, mi dimandi? rispose Matusalem che voleva cedere il campo da veterano. Il suo peccato lo trovo nella schiena.
Tutti risero di questa tirata, e Zorz insieme con noi.
— E cosa dirai della mia Corinna?
— Dirò che è una ragazza che non ama l'ozio, e vuole occuparsi anche quando tu sei lontano da Lei.
— E cosa dirai della mia Rosina?
— Dirò quello che ho detto: ch'ella ti ha costituito rivale di tutto il paese!
— Ciò prova i suoi meriti, non le sue debolezze!
— Ciò prova — tornò ad urlare Matusalem (infiorando il suo discorsetto di qualche mezza bestemmia) ch'ella sa contentar tutti. E sì, tu sai che vi sono molti che nutrono desideri piuttosto spinti!
— Credea di essere io uno di quelli — Sì! uno di quelli che desideravano molto! e uno dei molti che trovarono nella Signora Rosina una larga appagatrice.
— Sparlereste forse anche della mia Morosina?
— Ne sparlerei con tutto il piacere, se avessi l'onore di conoscerla, ma nella mia inscienza mi contenterò di dirti, ch'ella deve essere stata una gran furba, se ti ha cotto a questa maniera di Lei.
— Oppure ch'io sia stato un gran gonzo!
— Presso a poco; a te la scelta del dilemma.
Dopo questa cicalata uscimmo dalle stanze, e il Professore propose di accompagnare Baritola al paese della sua Corinna, ove avremmo veduto alcuni fenomeni fisici della macchina Pneumatica presso lo speziale.
Accettammo la proposta, e pieni di brio ci mettemmo in cammino. C'erano quattro, o cinque miglia, che ci parvero brevissime, poiché Baritola ci confidò, che anche il Professore aveva qualche tenera passione nel luogo per cui eravamo diretti.
Non ci volle altro — fu un continuo scherzare dalla una banda e dall'altra, e non mancò chi fece delle maligne allusioni alla macchina Pneumatica.
Le esperienze di fisica furono le prime nostre occupazioni appena arrivati; ma il destino scongiurato dal Baritola, e dal degno Ingegnere aveva spostate le pompe, per cui si convenne differire il trattenimento ad altra giornata.
I due innamorati colsero il momento di battersela, e lasciarono noi poveri minchioni sulla piazza, a misurare l'altezza del campanile. Matusalem maledì le donne, che ci avevano fatto fare una sì inutile passeggiata. Meno-male cantò con alquanta stizza la canzone del Gnor-Rabbin. Zorz giurò d'indenizzarsi nel ritorno con una visita alla sua innamorata, io, ed Ettorino avevamo calcolato intanto, che il campanile era alto né più né meno cento venti piedi, e che questa straordinaria longitudine era segno di buono augurio pei due nostri amici, che avevano le loro belle in quella borgata.
Nel ritorno si volle scendere il fiume in barchetta e bevendo, e cantando e remando arrivammo a casa colle teste calde, colla voce roca, e colla schiena sudata.
In quella stessa sera mi capitò una lettera della Morosina — in cui mi diceva pochissime cose, e alla quale io risposi coll'imbrattare d'inchiostro bleu quattro bei foglioni di carta. E parendomi cosa sciocca per un amante misterioso com'era io, confidare i miei arcani agli occhi freddissimi del distributor delle lettere, o alle mani villane d'un vetturale, significai ai miei compagni qualmente avessi intascato abbastanza di scienza, e come desiderassi di tornarmene alla città.
Tutti mi diedero il buon viaggio, mi raccomandarono di far loro un'altra visita prima degli esami, ed io mi avviai verso la campagna d'Anonimo.
Invece d'Anonimo trovai il tranquillissimo Signor Grisostomo il quale fumava un zigaro assicurando, che egli non trovava nulla di migliore del tabacco, se non forse la Signora Melliflua. Io gli dissi che ciò poteva essere, perché io stesso preferiva la vita angosciata di questo mondo alla beatitudine del Paradiso; ma che la proposizione non cessava perciò d'essere un'antilogia.
Pure di quando in quando Grisostomo si sgravava il petto da qualche sospiro degno di S. Girolamo — ed io dolcemente gli domandai la causa delle sue amarezze.
— Ah! mi rispose — maledetto a chi s'impaccia negli affari degli altri: ecco che uno stupido garzoncello, che non ha niente di particolare fuorché un collo da grua, ed un ciuffo da beccajo procura rubarmi il cuore che io mi aveva appropriato!
— Cos'è, cosa è! lo interuppi io. E venni a sapere come la Signora Melliflua (che probabilmente da vera filosofessa non faceva distinzione fra uomo, e uomo) guardasse con certa compiacenza non solamente il Signor Grisostomo, ma sibbene ancora un altro giovanotto che praticava sovente in sua casa, per la qual cosa il Signor Grisostomo non cessava dal maledire quel tal giovinotto, e Melliflua, e me, e voi, e tutto il resto del genere umano — Dio sa con qual ragione!
— Io poi chiesi qual diritto avesse egli sul cuore verginale della Signora Melliflua.
— Il diritto del primo occupante! ei rispose — ma per quante istanze io gli facessi di confessarmi le armi, con cui aveva attuato quella conquista, non fu possibile il ridurlo a tal confessione, e mi dovetti limitare a sapere: che la forza d'inerzia non consentendo una grande attività alla Melliflua essa aveva dato carta di procura alla sorella minore la quale discuteva con Grisostomo i di lei interessi.
Io augurai maggior tranquillità d'animo a colui che ne aveva anche troppa, e mi misi in viaggio per la città.