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Pellegrino Artusi
La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene

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  • TRAMESSI
    • 241. MIGLIACCIO DI FARINA GIALLA I
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241. MIGLIACCIO DI FARINA GIALLA I

 

Questo è un piatto de' più ordinari, ma non è disgradevole a quelli cui la farina di granturco piace, e non produce acidi allo stomaco. I bambini poi salteranno dall'allegrezza se qualche volta la mamma lo darà loro caldo caldo per colazione nell'inverno.

La farina gialla è sempre bene che sia macinata piuttosto grossa.

Ponete in un recipiente qualunque quella quantità di farina di cui volete servirvi, salatela bene ed intridetela soda con acqua bollente; quando sarà mescolata in modo che in fondo al vaso non resti farina asciutta, unitevi uva secca o zibibbo in giusta dose; l'uva secca nostrale è preferibile, in certi casi, allo zibibbo perché conserva un acidetto che le grazia. Prendete una teglia di rame e mettetela al fuoco con lardo vergine in abbondanza e, quando questo comincia a grillettare, versate l'impasto, il quale, per averlo intriso consistente, fa d'uopo distendere e pareggiare col mestolo. Poi spalmatene la superficie con un altro poco di lardo e rifioritelo con ciocchettine di ramerino fresco. Cuocetelo al forno o tra due fuochi, fate che rosoli alquanto e sformatelo. Col detto impasto potete anche far frittelle, ma senza ramerino. La miglior farina gialla che io abbia sentito è quella d'Arezzo, ove il granturco viene curato molto e seccato in forno.

 

 




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