280. TORDI COLLE OLIVE
I tordi e gli altri uccelli minuti in umido si possono fare come i
piccioni n. 276; anzi ve li raccomando cucinati in quella maniera che sono
buonissimi. Le olive indolcite, state cioè in salamoia, si usano mettere intere
coi loro nocciolo quando i tordi sono a mezza cottura. Il nocciolo però è
meglio levarlo: con un temperino si fa della polpa un nastrino, che, avvolto a
spirale sopra sé stesso, par che formi un'oliva intera.
Una volta furono regalati sei tordi a un signore, il quale, avendo in
quei giorni la famiglia in campagna, pensò di mangiarseli arrostiti a una
trattoria. Erano belli, freschi e grassi come i beccafichi e però, stando in
timore non glieli barattassero, li contrassegnò tagliando loro la lingua. I
camerieri entrati in sospetto cominciarono ad esaminarli se segno alcuno
apparisse e, guarda guarda, aiutati dalla loro scaltrezza, lo ritrovarono. Per
non la cedere a furberia, o forse perché con essi quel signore si mostrava
soltanto largo in cintura, “gliela vogliamo fare” gridarono ad una voce; e,
tagliata la lingua a sei tordi dei più magri che fossero in cucina, gli
prepararono quelli, serbando i suoi per gli avventori che più premevano. Venuto
l'amico coll'ansietà di fare in quel giorno un ghiotto mangiare e vedutili
secchi allampanati, cominciò a stralunare gli occhi e voltandoli e rivoltandoli
fra sé diceva: - Io resto! ma che sono proprio i miei tordi questi? - Poi,
riscontrato che la lingua mancava, tutto dolente, si dette a credere che
avessero operata la metamorfosi lo spiedo e il fuoco.
Agli avventori che capitarono dopo, la prima offerta che in aria di
trionfo facevano quei camerieri, era: - Vuol ella oggi un bellissimo tordo? - e
qui a raccontar la loro bella prodezza, come fu narrata a me da uno che li
aveva mangiati.
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