349. PASTICCIO
DI MACCHERONI
I cuochi di
Romagna sono generalmente molto abili per questo piatto complicatissimo e
costoso, ma eccellente se viene fatto a dovere, il che non è tanto facile. In
quei paesi questo è il piatto che s'imbandisce nel carnevale, durante il quale
si può dire non siavi pranzo o cena che non cominci con esso, facendolo
servire, il più delle volte, per minestra.
Ho conosciuto
un famoso mangiatore romagnolo che, giunto una sera non aspettato fra una
brigata di amici, mentre essa stava con bramosia per dar sotto a un pasticcio
per dodici persone che faceva bella mostra di sé sulla tavola, esclamò: - Come!
per tante persone un pasticcio che appena basterebbe per me? - Ebbene, gli fu
risposto, se voi ve lo mangiate tutto, noi ve lo pagheremo. - Il brav'uomo non
intese a sordo e messosi subito all'opra lo finì per intero. Allora tutti
quelli della brigata a tale spettacolo strabiliando, dissero: - Costui per
certo stanotte schianta! - Fortunatamente non fu nulla di serio; però il corpo
gli si era gonfiato in modo che la pelle tirava come quella di un tamburo,
smaniava, si contorceva, nicchiava, nicchiava forte come se avesse da
partorire; ma accorse un uomo armato di un matterello, e manovrandolo sul
paziente a guisa di chi lavora la cioccolata, gli sgonfiò il ventre, nel quale
chi sa poi quanti altri pasticci saranno entrati.
Questi grandi
mangiatori e i parassiti non sono a’ tempi nostri così comuni come
nell'antichità, a mio credere, per due ragioni: l'una, che la costituzione dei
corpi umani si è affievolita; l'altra, che certi piaceri morali, i quali sono
un portato della civiltà, subentrarono ai piaceri dei sensi.
A mio giudizio,
i maccheroni che meglio si prestano per questa pietanza sono quelli lunghi
all'uso napoletano, di pasta sopraffine e a pareti grosse e foro stretto perché
reggono molto alla cottura e succhiano più condimento.
Eccovi le dosi
di un pasticcio all'uso di Romagna, per dodici persone, che voi potrete
modificare a piacere, poiché, in tutti i modi, un pasticcio vi riuscirà
sempre:
Maccheroni,
grammi 350.
Parmigiano,
grammi 170.
Animelle,
grammi 150.
Burro, grammi
60.
Tartufi, grammi
70.
Prosciutto
grasso e magro, grammi 30.
Un pugnello di
funghi secchi.
Le rigaglie di
3 o 4 polli, e i loro ventrigli, i quali possono pur anche servire, se li
scattivate dai tenerumi.
Se avete oltre
a ciò creste, fagiuoli e uova non nate, meglio che mai.
Odore di noce
moscata.
Tutto questo
gran condimento non vi spaventi, poiché esso sparirà sotto alla pasta frolla.
Imbiancate i
maccheroni, ossia date loro mezza cottura nell'acqua salata, levateli asciutti
e passateli nel sugo n. 4, e lì, a leggerissimo calore, lasciateli ritirare il
sugo stesso, finché sieno cotti.
Frattanto
avrete fatta una balsamella metà dose del n. 137 e tirate a cottura le
rigaglie col burro, sale e una presina di pepe, annaffiandole col sugo.
Tagliate le medesime e le animelle a pezzetti grossi quanto una piccola noce e
dopo cotte, aggiungete il prosciutto a piccole strisce, i tartufi a fettine
sottili, i funghi fatti prima rinvenire nell'acqua calda e qualche presa di
noce moscata, mescolando ogni cosa insieme.
La pasta frolla
suppongo l'abbiate già pronta, avendo essa bisogno di qualche ora di riposo.
Per questa servitevi della intera dose del n. 589, ricetta A, dandole odore
colla scorza di limone; ed ora che avete preparato ogni cosa, cominciate ad
incassare il vostro pasticcio, il che si può fare in più modi; io, però, mi
attengo a quello praticato in Romagna ove si usano piatti di rame fatti
appositamente e bene stagnati. Prendetene dunque uno di grandezza proporzionata
ed ungetelo tutto col burro; sgrondate i maccheroni dal sugo superfluo e
distendetene un primo suolo che condirete con parmigiano grattato, con pezzetti
di burro sparsi qua e là e con qualche cucchiaiata di balsamella e
rigaglie; ripetete la stessa operazione finché avrete roba, colmandone il
piatto.
Tirate ora,
prima col matterello liscio, poi con quello rigato, una sfoglia di pasta frolla
grossa uno scudo e coprite con essa i maccheroni fino alla base, poi tiratene
due strisce larghe due dita e colle medesime formanti una croce a traverso,
rinforzate la copritura; cingetelo all'intorno con una fasciatura larga quanto
gli orli del piatto e se avete gusto per gli ornamenti, fatene tanti quanti
n'entrano colla pasta che vi rimane, non dimenticando di guarnire la cima con
un bel fiocco. Dorate l'intera superficie con rosso d'uovo, mandate il
pasticcio in forno, e in mancanza di questo cuocetelo in casa nel forno da
campagna; infine imbanditelo caldo a chi sta col desiderio di farne una buona
satolla.
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