408. TARTUFI
ALLA BOLOGNESE, CRUDI, ECC.
La gran
questione dei Bianchi e dei Neri che fece seguito a quella dei Guelfi e dei
Ghibellini e che desolò per tanto tempo l'Italia, minaccia di riaccendersi a
proposito dei tartufi, ma consolatevi, lettori miei, che questa volta non ci
sarà spargimento di sangue; i partigiani dei bianchi e dei neri, di
cui ora si tratta, sono di natura molto più benevola di quei feroci d'allora.
Io mi schiero
dalla parte dei bianchi e dico e sostengo che il tartufo nero è il
peggiore di tutti; gli altri non sono del mio avviso e sentenziano che il nero
è più odoroso e il bianco è di sapore più delicato: ma non riflettono che i neri
perdono presto l'odore. I bianchi di Piemonte sono da tutti riconosciuti
pregevoli, e i bianchi di Romagna, che nascono in terreno sabbioso, benché
sappiano d'aglio, hanno molto profumo. Comunque sia, lasciamo in sospeso la
gran questione per dirvi come si preferisce di cucinarli a Bologna, Bologna
la grassa per chi vi sta, ma non per chi vi passa.
Dopo averli
bagnati e nettati, come si usa generalmente, con uno spazzolino tuffato
nell'acqua fresca, li tagliano a fette sottilissime e, alternandoli con altrettante
fette sottilissime di parmigiano, li dispongono a suoli in un vassoio di rame
stagnato, cominciando dai tartufi. Li condiscono con sale, pepe e molto olio
del migliore, e appena hanno alzato il bollore, spremono sui medesimi un limone
togliendoli subito dal fuoco. Alcuni aggiungono qualche pezzetto di burro; se
mai mettetene ben poco per non renderli troppo gravi. Si usa pure mangiare i
tartufi crudi tagliati a fette sottilissime e conditi con sale, pepe e agro di
limone.
Legano bene
anche con le uova. Queste frullatele e conditele con sale e pepe. Mettete al
fuoco burro in proporzione e quando sarà strutto versateci le uova e dopo poco
i tartufi a fette sottili, mescolando.
A tutti è nota
la natura calida di questo cibo, quindi mi astengo dal parlarne perché potrei
dirne delle graziose. Pare che i tartufi venissero per la prima volta
conosciuti in Francia nel Périgord sotto Carlo V.
Io li ho
conservati a lungo nel seguente modo, ma non sempre mi è riuscito: tagliati a
fette sottili, asciugati al fuoco, conditi con sale e pepe, coperti d'olio e
messi al fuoco per far loro alzare il bollore. Da crudi si usa tenerli fra il
riso per comunicare a questo il loro profumo.
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