546. GALLINA DI
FARAONE
Questo gallinaceo
originario della Numidia, quindi erroneamente chiamato gallina d'India, era
presso gli antichi il simbolo dell'amor fraterno. Meleagro, re di Calidone,
essendo venuto a morte, le sorelle lo piansero tanto che furono da Diana
trasformate in galline di Faraone. La Numida meleagris, che è la
specie domestica, mezza selvatica ancora, forastica ed irrequieta, partecipa
della pernice sia nei costumi che nel gusto della carne saporita e delicata.
Povere bestie, tanto belline! Si usa farle morire scannate, o, come alcuni
vogliono, annegate nell'acqua tenendovele sommerse a forza; crudeltà questa,
come tante altre inventate dalla ghiottoneria dell'uomo. La carne di questo
volatile ha bisogno di molta frollatura e, nell'inverno, può conservarsi pieno
per cinque o sei giorni almeno.
Il modo
migliore di cucinare le galline di Faraone è arrosto allo spiede. Ponete loro
nell'interno una pallottola di burro impastata nel sale, steccate il petto con
lardone ed involtatele in un foglio spalmato di burro diaccio spolverizzato di
sale, che poi leverete a due terzi di cottura per finire di cuocerle e di
colorirle al fuoco, ungendole coll'olio e salandole ancora.
Al modo istesso
può cucinarsi un tacchinotto.
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