556. BISTECCA
ALLA FIORENTINA
Da
beef-steak parola inglese che vale costola di bue, è derivato il
nome della nostra bistecca, la quale non è altro che una braciuola col suo
osso, grossa un dito o un dito e mezzo, tagliata dalla lombata di vitella. I
macellari di Firenze chiamano vitella il sopranno non che le altre bestie
bovine di due anni all'incirca; ma, se potessero parlare, molte di esse vi
direbbero non soltanto che non sono più fanciulle, ma che hanno avuto marito e
qualche figliuolo.
L'uso di questo
piatto eccellente, perché sano, gustoso e ricostituente, non si è ancora generalizzato
in Italia, forse a motivo che in molte delle sue provincie si macellano quasi
esclusivamente bestie vecchie e da lavoro. In tal caso colà si servono del
filetto, che è la parte più tenera, ed impropriamente chiamano bistecca una
rotella del medesimo cotta in gratella.
Venendo dunque
al merito della vera bistecca fiorentina, mettetela in gratella a fuoco ardente
di carbone, così naturale come viene dalla bestia o tutt'al più lavandola e
asciugandola; rivoltatela più volte, conditela con sale e pepe quando è cotta,
e mandatela in tavola con un pezzetto di burro sopra. Non deve essere troppo
cotta perché il suo bello è che, tagliandola, getti abbondante sugo nel piatto.
Se la salate prima di cuocere, il fuoco la risecchisce, e se la condite avanti
con olio o altro, come molti usano, saprà di moccolaia e sarà nauseante.
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