622. FAVE ALLA
ROMANA O DEI MORTI
Queste pastine
sogliono farsi per la commemorazione dei morti e tengono luogo della fava baggiana,
ossia d'orto, che si usa in questa occasione cotta nell'acqua coll'osso di
prosciutto. Tale usanza deve avere la sua radice nell'antichità più remota
poiché la fava si offeriva alle Parche, a Plutone e a Proserpina ed era celebre
per le cerimonie superstiziose nelle quali si usava. Gli antichi Egizi si
astenevano dal mangiarne, non la seminavano, né la toccavano colle mani, e i
loro sacerdoti non osavano fissar lo sguardo sopra questo legume stimandolo
cosa immonda. Le fave, e soprattutto quelle nere, erano considerate come una
funebre offerta, poiché credevasi che in esse si rinchiudessero le anime dei
morti, e che fossero somiglianti alle porte dell'inferno.
Nelle feste Lemurali
si sputavano fave nere e si percuoteva nel tempo stesso un vaso di rame per
cacciar via dalle case le ombre degli antenati, i Lemuri e gli Dei
dell'inferno.
Festo pretende
che sui fiori di questo legume siavi un segno lugubre e l'uso di offrire le
fave ai morti fu una delle ragioni, a quanto si dice, per cui Pitagora ordinò
a' suoi discepoli di astenersene; un'altra ragione era per proibir loro di
immischiarsi in affari di governo, facendosi con le fave lo scrutinio nelle
elezioni.
Varie sono le
maniere di fare le fave dolci; v'indicherò le seguenti: le due prime ricette
sono da famiglia, la terza è più fine.
PRIMA RICETTA
Farina, grammi
200.
Zucchero,
grammi 100.
Mandorle dolci,
grammi 100.
Burro, grammi
30.
Uova, n. l.
Odore di scorza
di limone, oppure di cannella, o d'acqua di fior d'arancio.
SECONDA RICETTA
Mandorle dolci,
grammi 200.
Farina, grammi
100.
Zucchero,
grammi 100.
Burro, grammi
30.
Uova, n. l.
Odore, come
sopra.
TERZA RICETTA
Mandorle dolci,
grammi 200.
Zucchero a velo,
grammi 200.
Chiare d'uovo,
n. 2.
Odore di scorza
di limone o d'altro.
Per le due
prime sbucciate le mandorle e pestatele collo zucchero alla grossezza di mezzo
chicco di riso. Mettetele in mezzo alla farina insieme cogli altri ingredienti e
formatene una pasta alquanto morbida con quel tanto di rosolio o d'acquavite
che occorre. Poi riducetela a piccole pastine, in forma di una grossa fava, che
risulteranno in numero di 60 o 70 per ogni ricetta. Disponetele in una teglia
di rame unta prima col lardo o col burro e spolverizzata di farina; doratele
coll'uovo. Cuocetele al forno o al forno da campagna, osservando che, essendo
piccole, cuociono presto. Per la terza seccate le mandorle al sole o al fuoco e
pestatele fini nel mortaio con le chiare d'uovo versate a poco per volta.
Aggiungete per ultimo lo zucchero e mescolando con una mano impastatele. Dopo
versate la pasta sulla spianatoia sopra a un velo sottilissimo di farina per
poggiarla a guisa di un bastone rotondo, che dividerete in 40 parti o più per
dar loro la forma di fave che cuocerete come le antecedenti.
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