641. TORTA DI
PATATE
Trattandosi di
patate, non ridete del nome ampolloso perché come vedrete alla prova, non è
demeritato. Se i vostri commensali non distinguono al gusto l'origine plebea di
questa torta, occultatela loro, perché la deprezzerebbero.
Molta gente
mangia più con la fantasia che col palato e però guardatevi sempre dal
nominare, almeno finché non siano già mangiati e digeriti, que' cibi che sono
in generale tenuti a vile per la sola ragione che costano poco o racchiudono in
sé un'idea che può destar ripugnanza; ma che poi, ben cucinati o in qualche
maniera manipolati, riescono buoni e gustosi. A questo proposito vi racconterò
che trovandomi una volta ad un pranzo di gente famigliare ed amica, il nostro
ospite, per farsi bello, all'arrosto, scherzando, uscì in questo detto: “Non
potrete lagnarvi che io non vi abbia ben trattati quest'oggi; perfino tre
qualità di arrosto: vitella di latte, pollo e coniglio”. Alla parola coniglio
diversi dei commensali rizzarono il naso, altri rimasero come interdetti,
ed uno di essi, intimo della famiglia, volgendo lo sguardo con orrore sul
proprio piatto, rispose: “Guarda quel che ti è venuto in capo di darci a
mangiare! almeno non lo avessi detto! mi hai fatto andar via l'appetito”.
A un'altra
tavola essendo caduto per caso il discorso sulla porchetta (un maiale di
50 a 60 chilogrammi, sparato, ripieno di aromi e cotto intero nel forno), una
signora esclamò: “Se io avessi a mangiare di quella porcheria non sarebbe
possibile”. il padrone di casa piccato dell'offesa che si faceva a un cibo che
nel suo paese era molto stimato, convitò la signora per un'altra volta e le
imbandì un bel pezzo di magro di quella vivanda. Essa non solo la mangiò, ma
credendola fosse vitella di latte, trovava quell'arrosto di un gusto
eccellente. Molti altri casi consimili potrei narrare; ma non voglio tacere di
un signore che giudicando molto delicata una torta, ne mangiò per due giorni;
saputo poi ch'ella era composta di zucca gialla non ne mangiò più non solo, ma
la guardava bieco come se avesse ricevuto da lei una grave offesa.
Eccovi la
ricetta:
Patate grosse e
farinacee, grammi 700.
Zucchero,
grammi 150.
Mandorle dolci
con tre amare, grammi 70.
Uova, n. 5.
Burro, grammi
30.
Una presa di
sale.
Odore di scorza
di limone.
Lessate le patate
(meglio cotte a vapore), sbucciatele e passatele dallo staccio quando sono
ancora ben calde. Sbucciate e pestate finissime, insieme collo zucchero, le
mandorle, versatele nelle patate cogli altri ingredienti, lavorando il tutto
con un mestolo per un ora intera e aggiungendo le uova una alla volta e il
burro sciolto.
Versate il
composto in una teglia unta di lardo o burro ed aspersa di pangrattato,
cuocetela in forno e servitela diaccia.
|