11.
PANATA
Questa minestra, con cui si solennizza in Romagna la
Pasqua d'uovo, è colà chiamata tridura, parola della quale si è perduto
in Toscana il significato, ma che era in uso al principio del secolo XIV, come
apparisce da un'antica pergamena in cui si accenna a una funzione di
riconoscimento di patronato, che consisteva nell'inviare ogni anno alla casa
de' frati di Settimo posta in Cafaggiolo (Firenze) un catino nuovo di legno
pieno di tridura e sopra al medesimo alcune verghe di legno per
sostenere dieci libbre di carne di porco guarnita d'alloro. Tutto s'invecchia e
si trasforma nel mondo, anche le lingue e le parole; non però gli elementi di
cui le cose si compongono, i quali, per questa minestra sono:
Pane del giorno avanti, grattato, non pestato, gr.
130.
Uova, n. 4.
Cacio parmigiano, grammi 50.
Odore
di noce moscata.
Sale, un pizzico.
Prendete una cazzaruola larga e formate in essa un
composto non tanto sodo con gl'ingredienti suddetti, aggiungendo del
pangrattato se occorre. Stemperatelo con brodo caldo, ma non bollente, e
lasciatene addietro alquanto per aggiungerlo dopo.
Cuocetelo con brace all'ingiro, poco o punto fuoco
sotto e con un mestolo, mentre entra in bollore, cercate di radunarlo nel mezzo
scostandolo dalle pareti del vaso senza scomporlo. Quando lo vedrete assodato,
versatelo nella zuppiera e servitelo.
Questa dose può bastare per sei persone.
Se la panata è venuta bene la vedrete tutta in
grappoli col suo brodo chiaro all'intorno. Piacendovi mista con erbe o con
piselli cuocerete queste cose a parte, e le mescolerete nel composto prima di
scioglierlo col brodo.
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