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Errico Malatesta – Francesco Saverio Merlino
Anarchismo e democrazia

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MALATESTA

CONCEZIONE INTEGRALE DELL’ANARCHIA

 

Risposta di Malatesta sull’Agitazione del 19 aprile 1897.

 

Merlino va imparando un modo curioso di discutere. Sceglie da quel che gli dite una frase staccata, la tira e la torce, e riesce, poichè non tiene conto del contesto, a farvi dire quello che piace a lui. Inoltre non risponde mai alle vostre domande e alle vostre confutazioni; ma si attacca ad un vostro esempio o argomento incidentale e discute quello senza ricordarsi più della questione principale, sicchè l’oggetto della polemica ad ogni replica diventa un altro.

Infatti, chi potrebbe indovinare che noi stavamo discutendo se il parlamentarismo è compatibile o no con l’anarchia?

Continuando così potremmo ben discutere un secolo, ma non riusciremmo a sapere nemmeno se siamo d’accordo o no.

In ogni modo seguiamo Merlino sul suo terreno.

Perchè dice Merlino che «ci veniamo avvicinando»?

Perchè noi ammettiamo la necessità della cooperazione e dell’accordo fra i membri della società e ci pieghiamo alle condizioni fuori delle quali cooperazione ed accordo non sono possibili? Ma questo è socialismo, e Merlino sa che noi siamo sempre stati socialisti e perciò sempre molto «vicini».

La questione ora è se il socialismo deve essere anarchico o autoritario, vale a dire se l’accordo deve essere volontario o imposto.

Ma se la gente non vuole accordarsi? Eh! Allora sarà la tirannia o la guerra civile, ma non sarà l’anarchia. Per forza l’anarchia non si fa: la forza può e deve servire per abbattere gli ostacoli materiali, per mettere il popolo nella condizione di scegliere liberamente come vuol vivere, ma più non può fare.

Ma se «un pugno di farabutti o di nevrotici o anche un solo individuo si ostina nel dir no, allora non è possibile l’anarchiaDiavolo! Non sofistichiamo. Questi individui sono ben liberi di dire no, ma non potranno impedire agli altri di far sì – e quindi dovranno adattarsi il meglio che possono. — Chè se poi «i farabutti o i nevrotici» fossero tanti da poter disturbare sul serio la società ed impedirle di funzionare pacificamente, allora... purtroppo, non saremmo ancora in anarchia.

Noi non facciamo dell’anarchia un eden ideale, che per essere troppo bello, si debba poi rimandare alle calende greche.

Gli uomini sono troppo imperfetti, troppo abituati a rivaleggiarsi ed odiarsi tra loro, troppo abbrutiti dalle sofferenze, troppo corrotti dall’autorità, perchè un cambiamento di sistema sociale possa, dall’oggi al domani, trasformarli tutti in esseri idealmente buoni ed intelligenti. Ma quale che sia l’estensione degli effetti che si possono sperare dal cambiamento, il sistema bisogna cambiarlo, e per cambiarlo bisogna che si realizzino le condizioni indispensabili al detto cambiamento.

Noi crediamo che l’anarchia prossimamente attuabile, perchè crediamo che le condizioni necessarie alla sua esistenza vi siano già negl’istinti sociali degli uomini moderni, tanto che essi mantengono come che sia in vita la società, malgrado la continua azione dissolvente, antisociale, del governo e della proprietà. E crediamo che rimedio e baluardo contro le cattive tendenze di alcuni e contro i pericoli d’interessi e di gusti di altri non sia un governo qualsiasi, il quale essendo composto di uomini non può che far pendere la bilancia dalla parte degli interessi e dei gusti di chi sta al governo – ma la libertà la quale, quando ha a base l’uguaglianza di condizioni, è la grande armonizzatrice dei rapporti umani.

Noi non aspettiamo per volere attuata l’anarchia che il delitto, o la possibilità del delitto, sia sparita dai fenomeni sociali; ma non vogliamo la polizia, perchè crediamo che essa, mentre è impotente a prevenire il delitto, o ripararne le conseguenze, è poi per se stessa fonte di mille mali e pericolo costante per la società; e se per difendersi vi fosse bisogno di armarsi, vogliamo essere armati tutti e non già costituire in mezzo a noi un corpo di pretoriani. Noi ci ricordiamo troppo della favola del cavallo che si fece mettere il morso e montare in groppa l’uomo per meglio dar la caccia al cervo – e Merlino sa bene che menzogna sia «il controllo dei cittadini», quando i controllati sono quelli che hanno in mano la forza!

Inesatto pure è Merlino quando si serve del nostro esempio del «Concerto europeo». Noi non abbiam detto che nei rapporti attuali tra gli Stati vi sia eguaglianza e giustizia, abbiam negato la necessità di una organizzazione, federativa e libertaria, degl’interessi internazionali. Noi abbiam detto solamente che alla prepotenza ed all’ingiustizia che prevalgono oggi nei rapporti tra gli Stati, non sarebbe rimedio un Governo ed un Parlamento internazionale. La Grecia subisce oggi la posizione delle Grandi Potenze, e vi resiste: se essa avesse un rappresentante in un Parlamento internazionale e si fosse impegnata a rispettare le risoluzioni della maggioranza di detto Parlamento, essa subirebbe un’eguale e maggiore prepotenza e non avrebbe il diritto di resistervi.

E poi, che intende Merlino quando dice che noi siamo a mezza strada tra l’individualismo ed il Socialismo?

L’individualismo, o è la teoria della lotta: «ciascun per e periscano i deboli»; oppure è quella dottrina che sostiene che pensando ciascuno a se stesso e facendo a suo modo senza preoccuparsi degli altri, ne risulta, per legge naturale, l’armonia e la felicità di tutti.

Nell’un senso e nell’altro noi siamo agli antipodi degl’individualisti, tanto quanto vi può esser Merlino. La questione tra noi e lui è questione di autorità, o libertà; e, francamente a noi pare ch’egli stia – o, meglio, sia ritornato – a mezza strada tra l’autoritarismo e l’anarchismo.

Ed ora alla questione di tattica.

Merlino si meraviglia che noi ci siamo rallegrati del trionfo dei socialisti. La meraviglia ci sembra strana davvero.

Noi ci rallegriamo quando i socialisti democratici trionfano sui borghesi, come ci rallegreremmo di un trionfo dei repubblicani sopra i monarchici, ed anche di uno dei monarchici liberali sopra i clericali.

Se avessimo potuto convertire all’anarchismo coloro che hanno votato pei socialisti ed ottenere che questi non avessero avuto nemmeno un voto, ne saremmo stati felicissimi. Ma nel caso concreto, se i centomila e tanti elettori che han votato pei socialisti non lo avessero fatto, non è perchè sarebbero stati degli anarchici, ma è perchè sarebbero stati o dei conservatori di vari gradi, oppure gente che si asteneva per indifferenza, o che indifferentemente votava per chi pagava o prometteva o minacciava di più. E Merlino si meraviglia che noi preferiamo saperli socialisti, o mezzi socialisti?

Il bene e il male sono cose relative; ed un partito per quanto reazionario può rappresentare il progresso di fronte ad uno più reazionario ancora.

Noi ci rallegriamo sempre quando vediamo un clericale che diventa liberale, un monarchico che diventa repubblicano, un indifferente che diventa qualche cosa; ma da ciò non deriva che dobbiam farci monarchici, liberali o repubblicani noi, che crediamo di star più avanti.

Per esempio, visto lo stato presente delle province meridionali, sarebbe stato un ottimo sintomo se avessero trionfato sopra larga scala non fosse altro che i cavallottiani; e noi ce ne saremmo rallegrati, come crediamo se ne sarebbero rallegrati anche i socialisti democratici. Ma non per questo socialisti ed anarchici avrebbero dovuto nel Mezzogiorno difendere i cavallottiani. Al contrario, i socialisti mettono dappertutto le candidature loro, anche se questo debba diminuire la probabilità di riuscita del candidato meno reazionario – e noi predichiamo dappertutto l’astensione cosciente, senza preoccuparci se essa possa favorire un candidato o l’altro. Per noi non è il candidato che importa, perchè tanto non crediamo nell’utilità di avere dei «buoni deputati»; quel che importa è la manifestazione dello stato d’animo del pubblico; e fra i tanti curiosi stati d’animo in cui può trovarsi un elettore, il migliore è quello che gli fa comprendere la inutilità ed i danni della deputazione al Parlamento e lo spinge a lavorare per quel che desidera, direttamente, associandosi a tutti quelli che hanno gli stessi suoi desideri.

Infine, perchè mai Merlino ha voluto chiudere la sua lettera con delle insinuazioni, che, viste le relazioni in cui in questo momento egli si trova con gli anarchici, sono almeno di cattivo gusto? Merlino si dice sempre anarchico e si sforza per farci concepire l’anarchia come l’intende lui e per farci accettare la tattica sua; ed è suo diritto. Ma perchè piglia un tono che si può forse usare coll’avversario che non ci importa di offendere, ma non conviene con compagni che si vuole convincere ed attirare?

Già tempo fa, rispondendo nel Messaggero al Malatesta che aveva parlato della «incipiente riorganizzazione» del partito anarchico, Merlino ne faceva le beffe, quando egli sapeva che gli anarchici si riorganizzavano davvero, ed avevano già ottenuto dei risultati modesti sì, ma ben reali. Ora poi viene a tirar fuori gli anarchici che si dicono astensionisti e votano, e ci butta sul viso l’Azzaretti, che noi stessi abbiamo denunziato in queste colonne.

Ebbene se vi sono degli «astensionisti» che votano – e sappiamo che ve ne sono di fatto – ciò vuol dire o che non hanno coscienza completa delle opinioni che professano, oppure che non trovano in mezzo agli anarchici la forza sufficiente per resistere alle influenze dal di fuori: ed il rimedio non è di rinunziare tutti al programma, o di aumentare le cause di confusione e di debolezza ma di accrescere la coscienza degl’individui e di rinforzare l’organizzazione del partito.

E se poi vi sono anche dei farabutti, che si vendono, non c’è che da scoprirli e cacciarli.

 

 




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