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Errico Malatesta – Francesco Saverio Merlino Anarchismo e democrazia IntraText CT - Lettura del testo |
Nota secca di Merlino apparsa sull’Agitazione del 30 dicembre 1897.
Credevo che, non fosse che per l’amicizia che ci lega, Malatesta e io avessimo potuto polemizzare senza darci del farabutto e del mascalzone l’uno all’altro. Ma mi sono ingannato. La polemica appassiona e un uomo appassionato non riesce, fosse anche Catone in persona, a mantenersi giusto ed equanime. Malatesta poi è uomo di parte, è immerso dalla gioventù nelle lotte politiche, difende il suo passato, crede forse che sia in giuoco nella polemica tra noi impegnata, la sua posizione di capo morale del partito anarchico italiano, e quindi gli riesce meno che ad altri di discutere serenamente.
Il sistema da lui prescelto per combattermi e il seguente.
Mi dice un mondo di cortesie: io sono un uomo che cerco la verità, che rifuggo da’ cavilli, che non ricorro ad artifici retorici per mettere in imbarazzo l’avversario ecc. ecc.. Ma poi si meraviglia che io giro attorno alla questione, che cerco di impressionare il lettore con una certa apparenza di spirito pratico, e mi dà del reazionario a tutto pasto. «Merlino ragiona come fanno i conservatori». «M. si vede costretto a ricorrere alle barzellette dei reazionari». «Sembra proprio di udire un parruccone» ecc. ecc..
Queste invettive si capisce bene a che servono — Un proverbio dice: dà ad uno del cane e potrai sparargli addosso. Malatesta non lo fa ad arte, ma sente che se riesce a farmi credere reazionario da’ lettori del suo giornale, egli toglie ogni credito ai miei argomenti, e se anche io ho ragione ed egli torto, tutti daranno torto a me e ragione a lui. Egli quindi mi gratifica ad ogni pie’ sospinto dell’epiteto di reazionario. A forza di sentirlo dire e ridire, il lettore si abitua all’idea che io sono diventato un difensore accanito dell’attuale ordine di cose, e finisce per crederci fermamente e per appassionarsi contro di me in guisa tale da non potere più apprezzare serenamente i miei argomenti.
Io potrei valermi, verso Malatesta, dello stesso metodo: potrei, se volessi, valendomi di certe recenti sue dichiarazioni intorno alla necessità di lottare per i miglioramenti attualmente possibili, prendermi il gusto di dipingerlo agli occhi dei suoi amici per un reazionario, od almeno per un rivoluzionario che si avvia a diventare reazionario.
Preferisco di chiudere la polemica — rimandando il lettore, che abbia la curiosità di conoscere quale sia la soluzione, non collettivista‑autoritaria, nè anarchico‑amorfista, che io propongo al problema sociale, ad un volumetto che verrà pubblicato fra giorni dal Treves. [Si tratta de L’Utopia collettivista – N.d.r.] Quanto al Malatesta, lo avverto che la prima volta che egli pensando con la sua testa dissentirà da’ suoi amici, questi lo tratteranno, se già taluni non lo trattano, come egli tratta me; ed e gli non potrà dolersi di loro, perchè saranno stati educati alla sua scuola.