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Errico Malatesta – Francesco Saverio Merlino Anarchismo e democrazia IntraText CT - Lettura del testo |
IMPOSSIBILITÀ DI UN ACCORDO
Risposta di Malatesta, sull’Agitazione del 19 agosto 1897, con la quale viene postillato il precedente articolo del Merlino.
Abbiamo pubblicato qui sopra la risposta che Merlino ci ha mandato alla critica che noi facemmo di un suo articolo pubblicato nella Revue socialiste, perchè i lettori possano più facilmente farsi un’opinione loro propria.
Replicherò il più brevemente possibile, per non cominciare una nuova e lunga polemica, nè per dar fondo ad argomenti sui quali dovremo ritornare continuamente, perchè sono la materia della nostra propaganda, ma semplicemente per rimettere a posto quelle cose, che Merlino, secondo noi, ha spostato.
Premettiamo un’osservazione.
Noi non sappiamo bene se Merlino continui o no a chiamarsi anarchico. Il certo è, e ce ne duole, che se egli si dice ancora anarchico, non intende più l’anarchia come l’intendono gli anarchici, fra cui egli militava fino a non molto tempo fa. E, perciò, il noi ed il nostro, che Merlino adopera ancora, va accolto con riserva.
Avevamo creduto che Merlino sarebbe riuscito a formare un terzo partito, intermedio tra i marxisti e noi – qualche cosa come gli Allemanisti francesi; e ce ne saremmo rallegrati, poichè ciò avrebbe dato una organizzazione propria a quegli elementi che stanno a disagio nel Partito Socialista Italiano, ed avrebbe segnato un passo avanti nell’evoluzione del socialismo in Italia, mentre d’altra parte quegli anarchici che avessero potuto aderire al nuovo partito non sarebbero stati, in generale, che degl’individui già sul punto di abbandonarci e che avremmo in ogni modo perduti. Ma incominciamo a temere, per sintomi molteplici e vari, che anche questa era un’illusione. Merlino, quando avrà perduto ogni speranza di convertire gli anarchici e di far loro accettare, con delle attenuazioni che secondo noi non hanno alcun valore pratico, le idee ed il metodo dei socialisti democratici, passerà senz’altro nelle file di questi ultimi. Ed allora forse, subendo la suggestione del nuovo ambiente, dirà che gli anarchici non esistono. Vorremmo ingannarci.
Ed ora rispondiamo a Merlino, cercando di seguire il suo scritto paragrafo per paragrafo.
Merlino dice che noi ci sforziamo di esagerare il nostro dissenso coi socialisti‑democratici.
L’accusa sarebbe ben altrimenti giusta se fosse invertita. Sono i socialisti democratici che continuamente – e disonestamente – si sforzano di travisare le nostre idee, per poter poi dire che noi non siamo socialisti, e negare la parentela intellettuale e morale che li unisce a noi. Ancora l’altro giorno l’Avanti! negava ogni rapporto tra anarchismo e socialismo, e diceva di noi quello che avrebbe potuto dire di un partito di piccoli borghesi che si rivoltasse violentemente contro l’aumento delle tasse e la concorrenza dei grossi capitalisti: così che uno potrebbe prendere per anarchici i padroni macellai e fornai di Napoli e Palermo, quando protestano e resistono contro il calmiere municipale! E l’Avanti! è ancora uno degli organi meno intolleranti che vanta il partito socialista democratico!
Noi vogliamo essere un Partito separato, non per il piacere di distinguerci dagli altri, ma perchè realmente abbiamo idee e metodi diversi dagli altri partiti esistenti. E respingiamo assolutamente la supposizione che noi esageriamo in un senso per fare equilibrio alle esagerazioni opposte degli altri. Noi sosteniamo quel che sosteniamo, perchè crediamo che sia la verità, e non per altra ragione. Se ci accorgessimo che nel nostro programma v’è una parte d’errore, noi ci affretteremmo a sbarazzarcene; e quando anche gli altri modificassero le loro idee in modo da incontrarsi con noi, allora... noi e gli altri costituiremmo naturalmente un partito solo. Ora come ora, le idee sono differenti, ed è giusto e necessario che vi siano Partiti differenti.
Noi non vogliamo soltanto resistere alla possibile tirannia dei socialisti al potere: noi vogliamo far si che il popolo si rifiuti a nominare o a riconoscere dei nuovi governanti, e pensi da se stesso ad organizzarsi localmente e federalisticamente, senza tener conto delle leggi e di decreti di un nuovo governo, e resistendo colla forza contro ciò che gli si volesse imporre per forza. E se, per mancanza di forza sufficiente, non potessimo raggiungere subito questo nostro scopo, allora in attesa di divenir più forti, eserciteremmo quell’azione, moderatrice o eccitatrice secondo i casi, che esercitano i partiti di opposizione quando non si lasciano corrompere ed assorbire. Il consiglio di Merlino, di entrare nel partito socialista democratico per poter prevenire la tirannia dei socialisti al potere equivale a quello di divenire, p. es. monarchici o repubblicani per evitare che la monarchia o la repubblica fossero troppo reazionarie. Quest’ultimo consiglio sarebbe giustificato, se dato a chi è disposto ad accomodarsi con la monarchia o la repubblica, come sarebbe giustificato quello di Merlino se noi accettassimo il principio di un governo socialista e ci dicessimo anarchici solo allo scopo di prevenire che quel governo fosse troppo autoritario. Ma quello non è il caso.
Quel che dice Merlino che molti anarchici si dicono oggi genericamente socialisti e non già comunisti o collettivisti non perchè vogliono un sistema misto quale lo desidera Merlino, ma perchè, o sono incerti o non danno importanza alla questione, o non vogliono farne una ragione di divisione, è vero. Noi stessi siamo propriamente comunisti, alla sola condizione (sottintesa, perchè senza di essa non potrebbe esserci anarchia) che il comunismo sia volontario ed organizzato in modo che ammetta la possibilità di vivere secondo altri sistemi. Ma siccome il collettivismo dei collettivisti anarchici è anch’esso (necessariamente, se no non sarebbe anarchico) sottoposto alla stessa condizione, la differenza si riduce ad una questione di organizzazione pratica che deve esser risolta mediante accordi, e non può dar luogo alla costituzione di due partiti separati ed avversi. Questo però, come dicemmo, non ha nulla da fare colle differenze tra anarchici e democratici, che sono quelle che qui c’interessano.
Il «collettivismo» dei socialisti democratici, a differenza del collettivismo dell’Internazionale, non pregiudica la questione del modo di distribuzione dei prodotti, poichè vi sono molti democratici che si dicono collettivisti, e vogliono che detta distribuzione sia fatta in ragione dei bisogni.
Merlino dice che noi confondiamo i socialisti democratici con i socialisti di Stato, e noi infatti crediamo che tali essi siano, quantunque non li confondiamo certo con quei borghesi che si chiamano anche socialisti di Stato e vogliono fare solamente un po’ di «socialismo» a scopo fiscale, o a scopo di allontanare o scongiurare il pericolo del socialismo vero. I socialisti democratici combattono questa specie di falso socialismo; e se, per evitare equivoci, respingono (e non tutti) il nome di socialisti di Stato, ciò non toglie che essi vogliono che la nuova società sia organizzata e diretta dallo Stato, vale a dire dal governo.
Merlino ha un modo curioso di conciliare le opinioni. Esprime quello che dovremmo pensar noi e quello che dovrebbero pensare i socialisti democratici, ed arriva facilmente all’accordo, poichè in realtà egli dice ciò che pensa lui secondo che si piazza da differenti punti di vista, e non già quello che pensiamo noi o i democratici.
Così egli dice che «i socialisti democratici hanno il torto di accreditare il sospetto che essi vogliono nè più nè meno che un grande Stato», ecc.. Ma è proprio soltanto un sospetto? Noi ameremmo sentirlo dire dai socialisti democratici autentici.
È così pure, egli dice che noi non rappresentiamo il principio di libertà, perchè egli (Merlino) crede che «volontarietà, libertà, consenso sono principii incompleti che non ci possono dare da sè soli, nè ora nè per molti secoli avvenire, tutta l’organizzazione sociale». Fino a che egli dice che noi ci sbagliamo, sta bene; ma dire che noi non pensiamo in quel dato modo, che noi non rappresentiamo le idee che difendiamo, perchè egli le crede sbagliate, è di una logica singolare. Il fatto è che noi crediamo appunto che tutta l’organizzazione possa e debba – ora, non tra molti secoli – uscire dalla libertà, e che quindi la differenza tra noi ed i democratici resta intera, fino a quando Merlino non ci abbia persuasi che abbiamo torto, e fatto abbandonare il programma anarchico. Per ora la differenza diminuisce solo fra Merlino ed i democratici, a misura che aumenta fra Merlino e noi.
Bisogna che gl’interessi collettivi indivisibili siano collettivamente amministrati: siamo d’accordo. La questione sta nel modo come quest’amministrazione può esser condotta senza ledere il diritto eguale di ciascuno, e senza servire di pretesto e di occasione per costituire un potere che imponga a tutti la propria volontà. Per i democratici è la legge, fatta dai deputati eletti a suffragio universale, quella che deve provvedere alla necessaria amministrazione degl’interessi collettivi; per noi è il libero patto tra gl’interessati, o, all’occasione, la libera acquiescenza alle iniziative che i fatti mostrano utili a tutti. Noi non solo non vogliamo, ma non crediamo possibile un metodo di ricostruzione sociale intermedio, che non sia nè l’azione libera delle associazioni che si vanno man mano accordando e federando, nè l’azione dittatoriale di un governo forte.
Ma Merlino c’invita a scendere dalle «empiree sfere dei principii astratti» e discutere le modalità della organizzazione sociale. Noi non domandiamo di meglio, e perciò volevamo cominciare dall’assodare quale deve essere praticamente il punto di partenza della nuova organizzazione: l’elezione di una Costituente, o la negazione di ogni potere costituente delegato? La «conquista dei pubblici poteri», o la loro abolizione?
I socialisti democratici mirano ad un futuro Parlamento, o ad una futura dittatura, che abolisca le leggi esistenti e ne faccia delle nuove; – e perciò sono logici quando abituano la gente a considerare il voto come un mezzo onnipotente di emancipazione. Noi invece miriamo all’abolizione dei Parlamenti e di ogni altra specie di potere legislativo, e perciò vogliamo, per gli scopi attuali e per i futuri, che il popolo si rifiuti di nominare e di riconoscere dei legislatori. Se Merlino riesce a metterci d’accordo avrà fatto una fatica d’Ercole... ma noi crediamo ch’egli perda il tempo.
L’accordo coi socialisti‑democratici, ed anche coi semplici repubblicani, lo vorremmo anche noi, ma non nel senso di rinunziare ciascuno ad una parte delle sue idee e fondere i vari programmi in un programma intermedio. Vorremmo l’accordo in quelle cose in cui i vari partiti possono agire insieme senza rinunziare alle loro idee particolari, quali sarebbero, nel caso concreto, l’organizzazione economica, la resistenza degli operai contro i capitalisti, la resistenza popolare contro il governo.
Su questo terreno Merlino ha già reso dei servizi e, se rinunciasse alla fisima di convertirsi al parlamentarismo (poichè, in fondo in fondo è sempre quella la questione) potrebbe renderne di ben più grandi.