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Errico Malatesta – Francesco Saverio Merlino
Anarchismo e democrazia

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MERLINO

IL PERICOLO DELL’ASSOLUTISMO

 

Inizia la terza ed ultima parte della polemica. L’Italia del Popolo del 3‑4 novembre 1897 pubblica un articolo del Merlino dal titolo «Il pericolo» che riproduciamo integralmente.

 

Notiamo il fatto, che è sintomatico: nel paese e nella stampa la corrente anti‑parlamentare cresce. Si va facendo strada l’idea che senza il Parlamento si starebbe meglio.

Ma si va facendo strada – anche questo va notato – nella parte più reazionaria del paese e della stampa. Anche nelle questure del regno si parla male del sistema parlamentare. E si capisce! Se non vi fosse il Parlamento la polizia non dovrebbe render conto delle sue gesta che al ministro dell’interno, e allora... bazza a chi tocca!

I nostri amici dunque stiano in guardia contro il pericolo che sovrasta. In un vicino paese più facile ai mutamenti politici, noi forse avremmo avuto a quest’ora un colpo di mano imperialista o napoleonico. In Italia non si abolisce e non si abolirà il Parlamento, nè lo si degrada ufficialmente ad un tratto; ma lo si esautora poco per volta: il che fa lo stesso. La gente prima lo prende in uggia, poi lo guarda con indifferenza e finisce per voltargli le spalle.

Clericali, borbonici e altri partigiani di regimi tramontati da una parte, anarchici e altri socialisti dall’altra, aiutano la demolizione, credendo di combattere il governo, e non si accorgono che lo rendono onnipotente.

Quelli che non mi conoscono penseranno che, come tutti i convertiti, io voglio far mostra di zelo, difendendo la causa del parlamentarismo. Qualcuno sospetterà perfino ch’io voglia mettermi nelle grazie di questo o di quel partito e farmi largo, anch’io alla deputazione.

Si ricredano costoro. Io non solo ho fatto proponimento di rimanere al mio posto di milite, ma non mi dissimulo, e son lungi dal disconoscere i vizi del sistema parlamentare: vizi del resto che, chi bene osservi, sono il riflesso della società in cui viviamo, e si rivelano perfino nelle società operaie e nelle organizzazioni di qualunque genere.

Ora del parlamentarismo si ha ragione di dire tutto il male possibile; ma questo non si può negare, che esso val meglio del governo assoluto.

In un governo parlamentare qualche volta il pubblico ha ragione; qualche concessione di quando in quando l’ottiene; non foss’altro si ha la soddisfazione di rendere palesi certe turpitudini e prepotenze del potere pubblico e di metterlo alla gogna.

Giorni sono uno dei più noti e colti anarchici italiani mi diceva, a proposito della violenza fattaci a Siena, di obbligarci a discutere una causa per «detenzione di stampati sovversivi» a porte chiuse: — Fa fare un’interpellanza al Parlamento. — Io gli feci osservare l’incoerenza di questo suo desiderio colla sua professione di fede antiparlamentare, ed egli mi rispose confessandomi che non era poi assolutamente contrario al parlamentarismo.

Dai domicili coatti giungono tutti i giorni lettere di compagni, che denunziano gli abusi di cui son vittime e sarebbero felicissimi se almeno i loro lamenti avessero una eco nel Parlamento.

Insomma a me pare che, a meno di negare l’evidenza, non si possa negare che il Parlamento, se può essere ed è spesso adoperato dal governo contro il popolo, può anche essere adoperato dal popolo contro il governo.

Combatterlo a priori, coi soliti luoghi comuni – che non serve a nulla, che è corrotto, che fa la volontà del governo – mi pare un errore madornale e una grave imprudenza.

Domandare che sia abolito puramente e semplicemente è addirittura una follia, e significa fare il gioco della reazione.

Il governo si prevale appunto del discredito in cui è caduto il Parlamento, e della propaganda che noi facciamo contro di esso, per imporvisi.

Crispi non avrebbe trattato con tanta disinvoltura il Parlamento se non avesse avuto dietro di sè una parte notevole del popolo, che quasi lo incitava nella dittatura.

La dittatura di Crispi ha fruttato all’Italia Abba Garima e le leggi eccezionali del 1894.

Il Parlamento è, ad ogni modo, per cattivo che sia, un freno al governo. I maggiori arbitrii il governo li commette a Camera chiusa.

Bisognerebbe domandare che il Parlamento non fosse mai chiuso, o che almeno fosse facoltà di un certo numero di deputati di convocarlo direttamente di urgenza, che esso si rinnovasse più spesso, che gli elettori potessero licenziare il deputato fedifrago, che su certe questioni essi fossero chiamati a deliberare direttamente, ecc. ecc..

Insomma bisogna correggere i vizi del sistema ma non privarsi dei suoi vantaggi.

Il sistema parlamentare è cattivo, perchè è poco parlamentare, poco rappresentativo, perchè in esso sopravvive ancora troppo del vecchio regime. Il deputato è un despota in faccia ai suoi elettori: il governo è un despota verso i deputati. Bisogna invertire le parti, rendere al popolo le libertà che gli sono state tolte recentemente e aggiungerne altre. Bisogna perfezionare il sistema, non distruggerlo.

E badiamo specialmente in questo quarto d’ora di non lasciarci stordire dalle grida che si levano contro il parlamentarismo dalla parte più conservatrice e più reazionaria del paese.

Io sono stato anti‑parlamentare quando la «gente per bene» andava in visibilio per il sistema parlamentare. Oggi che essa mostra di volerlo abbandonare per tornare indietro io mi sento portato a difenderlo.

 

 




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