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Errico Malatesta – Francesco Saverio Merlino
Anarchismo e democrazia

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MALATESTA

ANCORA DEL PARLAMENTARISMO

 

Risposta del Malatesta:l’Agitazione del 2 dicembre 1897 pubblica un articolo dal titolo: «Ancora del parlamentarismo».

 

Saverio Merlino ha replicato sull’Avanti! all’articolo che pubblicò l’Agitazione n. 35 in risposta alla difesa ch’egli fece del parlamentarismo sull’Italia del Popolo. L’articolo dell’Agitazione non era firmato, ma Merlino, ben apponendosi, lo attribuisce a me, e ciò m’induce a rispondergli in nome mio, quantunque su questa questione siamo tutti concordi, non solo noi della redazione, ma tutti quegli anarchici che si vanno costituendo in partito organizzato, e sperano di poter mostrare coi fatti come si può sostituire una feconda ed educatrice azione popolare all’azione parlamentare, che, a parer nostro, abitua il popolo ad aspettare dall’alto la propria emancipazione, e lo prepara così alla schiavitù.

Merlino, ricordando ch’io convengo nell’esistenza del pericolo clericale e reazionario, dice che io rispondo che può darsi che la gente diventi anarchica. Niente affatto: io dico che il rimedio contro quel pericolo sta nel suscitare nel popolo il sentimento della ribellione e della resistenza, nell’ispirargli la coscienza dei suoi diritti e della sua forza, nell’abituarlo a fare da sè, a pretendere, a conquistare colla forza sua quanta più libertà, quanto più benessere è possibile – e non già nel rifare una verginità al sistema parlamentare, che poi ripercorrerebbe ancora la stessa parabola di decadenza che ha già percorsa una volta.

E perciò bisogna lavorare a che la gente diventi anarchica, o almeno che il numero e la potenza d’azione degli anarchici aumentino, ed i sentimenti e le idee del pubblico si accostino quanto più è possibile ai sentimenti ed alle idee degli anarchici.

E ancora: Merlino dice che il popolo non è convinto che bisogna abolire il governo. E chi pretende il contrario? Se il popolo ne fosse convinto, l’anarchia sarebbe un fatto. Ma noi che ne siamo convinti, abbiamo interesse e dovere di cercare di convincerne anche gli altri.

Il popolo non è convinto, per esempio che il cattolicismo è un ammasso di superstizioni, che i preti ed i borghesi lo sostengono perchè ottimo strumento di regno; il popolo non è convinto che si può fare a meno dei padroni; ma non per questo Merlino ci consiglierebbe di metterci a predicare, anzichè la distruzione, la riforma del cattolicismo e del capitalismo.

A parte quest’errore d’interpretazione, col quale mi si fa dare come un fatto quello che io dico che si deve fare, Merlino non risponde agli argomenti del mio articolo, ed io non ho che da rimandare i lettori a quell’articolo.

E invece egli insiste sulla necessità di una forma di governo e di parlamento, perchè la società possa vivere e funzionare. «Abolito il municipio, che è un piccolo governo», egli dice, «chi penserà alle strade, all’illuminazione, all’arginatura dei fiumi ed a tante altre opere d’interesse comune?». «Vi penseranno tutti? Ciascuno a modo suo? O non vi penserà nessuno? O s’incaricheranno alcuni di provvedere a questi pubblici servizi nel pubblico interesse? E saranno questi incaricati arbitri di agire a loro modo o saranno sottoposti al volere della popolazione? E la popolazione avrà un volere unico o possono sorgere fra essa pareri diversi? Ed in questo caso si dovrà scegliere tra l’uno e l’altro? E come? Si riunirà il popolo in massa per deliberare su ciascuna questione che si presenti? Ovvero si riuniranno soltanto i rappresentanti o delegati di vari gruppi?».

Ecco: io credo che gl’incaricati dei pubblici servizi saranno le associazioni di coloro che lavorano in ciascun servizio; che queste associazioni dovranno badare nello stesso tempo al benessere dei loro membri ed al comodo del pubblico, e che saranno impossibilitate a prevaricare dal controllo dell’opinione pubblica, dai legami di dipendenza reciproca colle altre associazioni e dal diritto di tutti ad entrare nelle singole associazioni ed usare dei mezzi di produzione che esse adoperano. Credo che non vi sarà divisione fissa tra chi dirige e chi esegue, e che la direzione del lavoro spetterà di diritto e di fatto ai lavoratori, i quali per ciascun lavoro si organizzeranno e si divideranno le funzioni nel modo che stimano migliore. Credo che dove v’è bisogno di delegare degl’individui per una data funzione, si darà loro un mandato determinato, limitato, soggetto sempre al controllo ed all’approvazione del pubblico, e sopratutto che non si darà mai loro una forza per obbligare la gente, e per compiere il loro mandato contro la volontà di una frazione qualsiasi del pubblico: il diritto di adoperare la violenza, quando se ne presentasse la dura necessità, dovendo restare sempre a tutto il popolo e non mai esser delegato. Credo che quando sopra una cosa da fare si hanno pareri diversi, se è possibile e conveniente si farà in modi diversi, e se ciò non è possibile o non è conveniente, si farà come vuole la maggioranza, salvo tutte le garanzie possibili in favore della minoranza – garanzie che si darebbero sul serio, perchè, non avendo la maggioranza nè il diritto nè la forza di costringere la minoranza all’ubbidienza, bisognerà bene che guadagni la sua acquiescenza a mezzo di condiscendenze e prove di buona volontà…

E poi credo, anzi son sicuro, che io non ho nè la capacità nè la missione di fare il profeta. Io voglio combattere perchè il popolo si metta in condizione di fare come vuole: ed ho fiducia ch’esso, pur facendo mille spropositi e dovendo spesso ritornare sui suoi passi, e sperimentando contemporaneamente e successivamente mille forme diverse, preferirà sempre quelle soluzioni che l’esperienza gli mostrerà più facili e più vantaggiose.

Merlino dubita che in fondo si tratti di una questione di parole. Egli si sarebbe accostato più alla verità (forse gliel’ho avvertito altre volte) se avesse detto che è una questione di metodo.

Quali saranno le forme sociali, dell’avvenire nessuno può precisare – e facilmente ci troveremmo d’accordo sui concetti generali che dovranno guidare una società di liberi e di eguali... dopo che essa sarà costituita. La questione è del modo come si può arrivare a costituirla. Gli autoritari vogliono imporre dall’alto, per mezzo di leggi, quello che essi credono bene. Gli anarchici invece vogliono, colla propaganda distruggere il principio d’autorità nelle coscienze, e colla rivoluzione distruggere ogni forza organizzata che possa costringere gli uomini ad agire contrariamente alla loro volontà.

A proposito, vorrà Merlino rispondere ad una domanda alla quale nessun socialista democratico ha voluto darmi una risposta esplicita? Io vorrei sapere, se, nell’opinione sua, quel tale governo o parlamento che egli crede necessario alla vita sociale, dovrà avere a sua disposizione una forza armata.

Nel caso che no, allora davvero che la differenza fra noi sarebbe poca cosa, poichè io sopporterei di buona grazia un governo... che non potrebbe obbligarmi a nulla.

Merlino non sa comprendere perchè l’Agitazione, che dice al popolo di farsi vivo e di servirsi dei diritti che ha, fa un’eccezione per il diritto elettorale. Noi ne abbiamo spiegato le ragioni varie volte.

Il «diritto» elettorale è il diritto di rinunziare ai propri diritti, e quindi è contrario allo scopo di noi, che vogliamo che il popolo s’abitui a combattere ed a vincere direttamente, colle proprie forze.

È stato detto che il diritto elettorale è il diritto di scegliersi il proprio padrone. In realtà non è nemmeno questo: ma è il diritto di concorrere per una parte minima alla nomina di una particella del proprio padrone, e di dirsi poi e credersi sovrano.

Noi che vogliamo che il popolo sia sovrano davvero, abbiamo ogni interesse ad impedire ch’esso prenda sul serio una sovranità da burla e s’acqueti in essa.

 

 




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