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Errico Malatesta – Francesco Saverio Merlino Anarchismo e democrazia IntraText CT - Lettura del testo |
USO ED ABUSO DELLA FORZA
Controbatte il Merlino con una lettera che l’Agitazione pubblica il 16 dicembre 1897.
Roma, 5 Dicembre.
Cari amici,
Mi dispiace di usurpare il vostro spazio, ma devo rispondere alla domanda che mi rivolge E. Malatesta:
«A proposito, vorrà M. rispondere ad una dimanda, alla quale nessun socialista‑democratico ha voluto darmi una risposta esplicita? Io vorrei sapere se, nell’opinione sua, quel tale governo o parlamento che egli crede necessario alla vita sociale, dovrà avere a sua disposizione una forza armata».
Risponderò come rispose a me altra volta Malatesta.
— Se la gente sarà abbastanza ragionevole, non sarà necessario usar la forza, se no, ci si ricorrerà. Beninteso l’uso della forza dovrà esser riservato ai casi estremi e non dovrà essere ad arbitrio di un Governo o di un Parlamento di adoperarla contro i cittadini recalcitranti ad un dato provvedimento, anzi non dovrà essere adoperata contro i cittadini, come son oggi l’esercito e la polizia, ma solamente i cittadini stessi potranno essere chiamati in casi straordinari, come già usa in Inghilterra e negli Stati Uniti. Insomma bisogna regolare l’uso della forza, limitarne i casi, toglierlo all’arbitrio di un’amministrazione o autorità centrale qualsiasi: ma non si può escludere a priori la necessità che la collettività adoperi la forza contro l’individuo o contro la minoranza, nei casi in cui vi sia veramente conflitto di volontà e d’interessi e la secessione non sia possibile e non riesca un compromesso. Cioè, si può a parole promettere l’Arcadia, l’Eldorado e la pace perpetua, ma si manterrebbe poi la promessa?
Ecco come io rispondo a Malatesta, e a mia volta gli faccio una domanda:
Gl’individui useranno mai la forza l’uno contro l’altro? Se altri mi dà uno schiaffo, devo reagire o presentargli l’altra guancia?
La risposta sua, la prevedo, è che devo reagire. E se sono debole? Accorrerà la gente a difendermi. E come farà la gente accorrendo, durante una rissa, a sapere da quale parte sta la ragione, per mettersi da quella? Ci sarà probabilmente chi piglia parte per l’uno, chi per l’altro dei contendenti. Quindi il popolo dev’essere tutto in armi a ogni disputa, che si accende tra due individui, e si dividerà in fazioni, proprio come ai tempi dei Cerchi e dei Donati, dei Bianchi e dei Neri.
Io ho detto e ripeto che questo modo d’intendere l’Anarchia può esser passato per un momento per la mente di qualcuno, ma non è sostenibile: e più presto lo correggiamo, meglio è.
Malatesta dice che non fa il mestiere del profeta. Così dicono anche i socialisti democratici, quando si tenta di dimostrare loro gl’inconvenienti del Collettivismo. Dunque demoliamo, e non ci curiamo d’altro. Ma si può demolire, senza sapere che cosa realmente si deve demolire, e perchè? Si può andar innanzi alla cieca? No – tanto vero, che Malatesta ha le sue idee. Egli sa o crede che «incaricate dei pubblici servizi saranno le Associazioni di coloro che lavorano in ciascun servizio; le quali dovranno badare nello stesso tempo al benessere dei loro membri e al comodo del pubblico».
Dovranno – perchè lo dite voi? Ma voi che spesso notate, e giustamente, che l’Amministrazione collettivistica sarebbe portata ad abusare della sua autorità, e non potrebbe restar democratica, voi dovete anche sapere che un’Associazione incaricata di un pubblico servizio baderebbe prima al proprio interesse e al comodo dei suoi membri, e poi, se mai, a quello del pubblico. Le vostre Associazioni diverrebbero altrettanti corpi burocratici; e come mai potete voi credere che sarebbero nientemeno «impossibilitate a prevaricare dal controllo dell’opinione pubblica»? Come si eserciterebbe questo controllo? Quali forme assumerebbe? Quella forse di un’insurrezione popolare contro ogni Amministrazione che non obbedisse al volere del pubblico? Mettiamo che l’Associazione ferroviaria si rifiutasse di far correre un direttissimo tra Roma e Ancona: sarebbe chiamata a dovere dal popolo tumultuante? E se l’opinione pubblica fosse divisa? Se tutte le località percorse dal treno ne domandassero la fermata? Se l’Associazione fomentasse ad arte la discordia?
Ci sarebbero, aggiunge Malatesta «i legami di dipendenza reciproca tra le Associazioni». Quali legami? E di che specie? Patti, obbligazioni, deliberazioni collettive, Comitati federali, Congressi? Che vi abbia ad essere un Parlamento?
E da ultimo ci sarebbe «il diritto di tutti ad entrare nelle singole Associazioni ed usare dei mezzi di produzione, che esse adoperano».
Questo poi renderebbe impossibile alle Associazioni di funzionare un’ora sola. Immaginiamo un cantiere, dove si sta fabbricando una nave, invaso da gente che vuol metter le mani dappertutto e sostituirsi a quelli che lavorano – per essere, forse l’indomani lasciato deserto.
Figuriamoci una farmacia in cui si presentano a lavorare dei dilettanti farmacisti – e via discorrendo.
A me pare che noi dobbiamo intenderci sugli elementi del Socialismo – prima ancora di discutere dei metodi.