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Errico Malatesta – Francesco Saverio Merlino Anarchismo e democrazia IntraText CT - Lettura del testo |
CONCLUSIONE
Conclusione della polemica pochi giorni prima dello arresto del Malatesta. L’articolo è pubblicato dalla Agitazione del 13 gennaio 1898 e prende spunto da un’allusione alla polemica contenuta in un articolo che Merlino aveva pubblicato sulla Rivista Popolare diretta dal Colajanni.
Per una deferenza personale, che qualcuno ha voluto rimproverarci e di cui non ci pentiamo, e per l’onesto desiderio di far udire ai nostri lettori le due campane e metterli in grado di poter giudicare con piena cognizione, noi aprimmo a Merlino le nostre colonne.
Egli preferì dichiararsi offeso della critica del Malatesta e troncar la polemica... per andarci poi ad attaccare, incidentalmente, in nota ad un suo articolo pubblicato nella rivista del Colajanni.
E questo è nel suo diritto. Egli può attaccarci e criticarci quando e dove gli pare; ma però non dovrebbe credersi in diritto di falsare le nostre idee, che egli conosce, poichè non è ancora molto tempo che insieme a noi le professava e difendeva.
Nella nota sopraccennata egli dice: «Solo qualche anarchico amorfista può dire con Malatesta: Noi anarchici vogliamo che il popolo conquisti la libertà e faccia quello che vuole».
Lasciamo stare, perchè non importa alla questione, se si tratta di qualche o di molti o di tutti gli anarchici. Ma perchè mai Merlino ci chiama amorfisti?
Storicamente, questa parola è stata adoperata o per indicare un modo speciale di concepire le relazioni tra uomini e donne, o, più comunemente, per distinguere i partigiani di certe concezioni individualistiche della vita sociale, che ebbero voga negli anni scorsi fra anarchici e che a noi sembrarono, d’accordo allora col Merlino, delle aberrazioni. E in quel senso l’appellativo di amorfisti, in bocca a Merlino e diretto a noi non è che un gratuito insulto.
Etimologicamente poi, amorfista vuol dire che non ammette forme. Che cosa autorizza il Merlino a pensare che noi abbiam perduto il ben dell’intelletto al punto di creder possibile l’esistenza di una società, di una cosa qualunque, che non abbia una qualsiasi forma?
Amorfisti, perchè vogliamo che le forme che assumerà la vita sociale siano il risultato della volontà popolare, della volontà di tutti gl’interessati? Ma dunque il Merlino vuole che qualcuno le imponga al popolo contro o senza la volontà del popolo stesso? E le conservi con la forza anche quando avran cessato di rispondere ai bisogni ed al volere degl’interessati?
Discutiamo fin da ora dei vari problemi che possono presentarsi nella vita sociale e delle varie soluzioni possibili; facciam pure dei progetti sul modo di amministrare gl’interessi generali ed indivisibili del consorzio umano; prepariamo nelle associazioni e federazioni operaie gli elementi della riorganizzazione futura: tutto questo è utile, è indispensabile, perchè il popolo abbia una volontà illuminata e possa attuarla. Ma insistiamo perchè la riorganizzazione sociale si faccia dal basso all’alto, per il concorso attivo di tutti gl’interessati, senza che nessuno, individuo o gruppo, minoranza o maggioranza, despota o rappresentante, possa imporre con la forza alla gente quello che la gente non vuole accettare.
Merlino ci presenta una specie di schema di costituzione politica.
«Bisogna distinguere» egli dice, «le faccende più importanti e di cui tutti più o meno s’intendono, e, queste farle decidere direttamente dal popolo nei Clubs o Associazioni, i cui delegati si riunirebbero, come nelle Convenzioni americane, unicamente per concretare la soluzione definitiva in conformità dei mandati ricevuti. Per faccende meno importanti e per quelle che richiedono speciali cognizioni, costituire Amministrazioni speciali – senza legame gerarchico tra loro – soggette al sindacato popolare». «Avanti tutto il popolo deve concorrere alla nomina degli amministratori pubblici; poi questi devono offrire guarentigie di capacità, inoltre vi devono essere regole di amministrazione che impediscano gli arbitrii e i favoritismi; gli amministratori devono rimanere uguali a tutti gli altri cittadini e ricevere in compenso delle loro fatiche un trattamento approssimativamente uguale a quello che i cittadini tutti ricavano dal loro lavoro; infine gl’interessati devono potersi opporre agli atti ingiusti degli amministratori pubblici e chiamare questi ultimi a render conto pubblicamente dell’opera loro». «Bisogna, sulla base dell’uguaglianza delle condizioni economiche, elevare un sistema di amministrazione pubblica emanante direttamente dal popolo e non soggetto a nessun centro di governo».
Ma come si deve arrivare a questa e a qualsiasi altro modo di amministrazione degl’interessi collettivi? Ecco per noi la questione importante. Deve la nuova costituzione sociale esser formulata di getto da una costituente nazionale o internazionale, ed imposta a tutti? O deve essere il risultato graduale, sempre modificabile, della vita stessa di una società d’individui economicamente e politicamente eguali e liberi? Deve il popolo, dopo abbattuto il governo, nominarne un altro, il qual poi dovrebbe, secondo l’utopia dei socialisti democratici, eliminare se stesso; o deve distruggere completamente il meccanismo autoritario dello Stato e formare un regime libero per mezzo della libertà?
Questo Merlino non dice, e questo è il punto di divisione tra socialisti democratici e socialisti anarchici.
Nella sua conferenza di domenica a Roma, Merlino avrebbe, secondo il resoconto dell’Avanti! combattuto gli anarchici liberisti assoluti (ecco ancora degli appellativi di sapore equivoco), «perchè col loro sistema i prepotenti avrebbero modo di schiacciare i più deboli ed i più docili».
Dunque Merlino per mettere un freno ai prepotenti vorrebbe... mandarli al potere! O crede egli che al potere vi andrebbero i più deboli, ed i più docili?
O santa ingenuità!