23 I giornali milanesi, nell'anno 1877, quando Adelina Patti cantò
alla Scala, non la chiamavano altrimenti che col titolo di Diva.
L'incenso delle adulazioni e delle iperboli ammirative fu lautamente pagato dai
preti-appaltatori, che lucravano sull'idolo, Non apparvero mai, sotto forma di giudizii critici, le più scempie ampollosità. La Patti è
una brava cantante. L'ho udita nella Aida; mi parve insuperabile nella
espressione plastica del personaggio; non ugualmente atta, per insufficienza di
energia vocale, a tradurre tutti gli accenti della musica, L'ambiente della
Scala mi parve troppo vasto per una Diva nella quale il talento
soverchia troppo spesso la voce Ho udito, ne' miei giovani anni, quando in
Italia l'arte del canto fioriva, non meno di venti prime donne superiori o pari
di merito alla Patti, Non si chiamavano Dive; per udirle alla Scala si
pagavano tre lire austriache, e talvolta cantavano alle panche. Non si
conosceva ancora in Italia l'arte della gran blague
americana, e il pubblico era avezzo a sentir cantar
bene. Una cantante che sappia ancora esprimere correttamente un periodo di
musica senza guastarlo di gargarismi, di singulti, di ventosità tracheali,
oggidì può passare per un miracolo.
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