L'UOMO-PALETOT
Questi, che vedi muoversi
Se per le vie ti
inoltri,
Son uomini o soprabiti?
Son soprabiti o coltri?
Uomini son,
dal lùgubre
Saio così sformati,
Che, a vederli, ti
paiono
Armadii impelliciati.
Un dì, se più farnetichi
Della moda il
capriccio,
Costor vedrem
per tunica
Vestire un
pagliericcio.
E son gli
elegantissimi....
Sono i liòns dei corsi!
Eh! via!
ribattezzatevi
Ippopotami od orsi!
Se d'uomo qualche pallida
Sembianza ancor serbate,
In voi tre tipi
adunansi:
Birro, bromista e frate.
Taluni, poi, che il bàvero
Sovrappongono e il
fiocco,
Dite un po': non vi
porgono
L'effigie di San
Rocco?
Cotanta mole d'abiti
È lusso od è
miseria?
O forse che in
Italia
Fa il gel della
Siberia?
Il Buon Dio, che dei tangheri
Talor si piglia scherno,
Quest'anno per deridervi
Quasi abolì
l'inverno;
E in gennaio, investendovi
Coll'afa della state,
Gridò dal cielo:
«bestie,
Mo', adesso....
soffocate!»
Buon Dio, la è troppa grazia
Se ridi e non ti sdegni;
Qual gente mai, quai popoli
Dell'ira tua più
degni?
Nè stupirei che all'impeto
Dei gelidi aquiloni,
Un dì per noi
mutassero
Il clima e le
stagioni;
Per noi, che nati ai limpidi
Raggi d'un ciel clemente,
In grembo a questa
Italica
Terra di fior ridente,
Invidïam, per stolida
Moda o per goffa
insania,
I ghiacci alla
Siberia,
Le nebbie alla
Germania.
E già di nebbia nordica
L'Italia è tutta
piena,
Nè i carmi un raggio vibrano
Di poesia serena;
Nè più dall'aspre musiche,
Gonfie di spurie
note,
Esce il sussulto e
il fremito
Che l'anima ti
scuote.
Divina Arte, che in Grecia
Ignuda eri sì bella,
Smetti tu almen fra gli itali
La nordica gonnella;
Cinta d'un vel
diafano,
Sciolta la chioma ai
venti,
Delle tue forme
vergini
Esci a bear le
genti. -
Ti acclamerem
qual nunzia
D'una invocata
aurora,
E direm che l'Italia
Del sol la terra è
ancora.
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