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Alberto Cantoni
Un re umorista

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  • Katie La lettrice
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Katie

La lettrice

Le persone di corte hanno sempre qualche cosa di comune coi soldati in rango. Ponetevi davanti a una compagnia allineata e vedrete che quei cento uomini non se ne vanno già paralleli fra di loro solamente nel passo e nei movimenti dei fucili, ma ben anco, e forse più assai, nel loro modo di esprimere al di fuori le cento anime che hanno dentro di sé. Che cosa importa se uno sarà bello ed uno brutto, ovvero se digraderanno via via nel colore della carnagione e dei capelli? La natura non può certo dare tanta somiglianza nei corpi quanto una sola disciplina e un solo genere di vita possono mettere di affinità, direi quasi di simmetria, nell'espressione delle faccie umane. In fatti io non ho che a veder bene una intera compagnia sotto le armi, per rilevare a un di presso in qual modo sia stata trattata dai suoi ufficiali e fino a che grado di calore vi sia stato coltivato l'amor della bandiera, come voi potete prendere il primo uomo di corte che vi venga sotto le mani, lo potete gettare fra quaranta persone diverse, prese alla rinfusa, eppure mi sentirei di scommettere che non gli passerei daccanto senza dirvi: «È questo!» anche se me lo presentaste il primo per imbrogliarmi meglio.

La sua è una certa guardatura particolare che tende a nascondere l'uomo interiore, i suoi gusti ed i suoi desiderii, per mettere in vista solamente la cura tra segreta e palese di indovinare quelli del Principale, ma circospettamente, con buona maniera, come farebbe una persona che cercasse di ricordare una cosa caduta in oblio, e non già all'usanza dei cani di leva, i quali, molto più sinceri, si fanno scorgere ad annusare più volte ogni fiatata, ansiosissimamente.

Questo sia detto per i soli uomini. Certamente che per le donne di corte è un po' più difficile, e che per ravvisarle in mezzo a molte altre, occorrerebbe un occhio più esercitato e più fine, il quale sapesse rimuovere dalle loro apparenze tutte le traccie lasciatevi dalla civetteria, se sono belle, ovvero dal rancore e dall'invidia, Se sono brutte. Or bene, io non credo punto di essere meno esercitato d'un altro, e pure confesso ingenuamente che c'è una donna al mondo la quale non avrei mai e poi mai riconosciuta per persona attinente a nessuna corte, ed è la lettrice di S.M. la regina.

Questa ne ha avuto bisogno anche prima di andare a marito, e se la è presa con sé, come i gioielli avuti in dono da bambina in su. La bellissima Katie appartiene ad una impoverita ma nobile famiglia russa, e pronuncia molto bene tutte le maggiori lingue d'Europa. Non ci voleva meno per contentare mia moglie, che vuole subito conoscere due sorta di pubblicazioni appena escite, e sono le monografie degli statisti, morti o vivi, e quelle delle donne che si occuparono per diritto o per traverso degli affari di questo mondo, più le lettere o le memorie degli uni o delle altre. Sono due mèssi molto abbondanti, specie quella del genere femminino, perché ci si è ora immischiata la moda, mercé della quale i testamenti politici di quelle belle donne rotolano giù a fasci nel cestone della storia, con gran fracasso di cipria e di polvere di riso.

Katie è molto bella; lo torno a ripetere ben consapevole di quel che dico, perché ho la pretesa di saper discernere la bellezza vera e durevole da quella finta o fugace. Avrà ora ventiquattr'anni e ne ha già otto almeno continuamente occupati nel servizio della sua alta signora. Tutti i principali caratteri della sua razza, fine e fortissima, si armonizzano in lei, contemperandosi a vicenda, e se pure ha qualche cosa che si tolga dal tipo natio, è solamente il naso, il quale, per grandissima fortuna, non pare punto venuto dal Caucaso, ma accenna ambiziosamente di accostarsi alla linea greca. Il profilo, così corretto, ne acquista molta fermezza di disegno; gli occhi, già grandissimi, paiono come suffusi di giorno in una luce che tiene del più cupo azzurro, per ingrandire maggiormente di notte e tramutarsi in occhi neri, dico neri, eppure più lucenti ancora. Aggiungete la bocca sensuale sì, ma non per questo men bene delineata, i capelli tra il fulvo ed il castano, lunghissimi e ricciuti, e sovrattutto un certo giro di spalle... sul quale il manto di Caterina II non avrebbe che ad appoggiarsi un attimo solo per ritrovare spontaneamente la più squisita leggiadria di pieghe e di partiti. Merito delle spalle, ripeto, ma anche del busto, il quale vivaddio, è altrettanto colmo, veduto di prospetto, quanto è flessuoso veduto... dall'altra parte.

Io la guardava poco, perché mi era accorto che mi bastava d'incontrarla un momento all'impensata, di quando in quando, per riceverne una assai benefica impressione di quiete e di serenità, e che questo vantaggio sarebbe scemato di molto quando mi fosse accaduto di guardarla spesso, deliberatamente. Perché — oramai non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo — il suo carattere particolare, così diverso, così opposto a quello di coloro che ci stavano intorno, era a parer mio l'equilibrio dell'anima, il vero equilibrio di chi, non avendo mai bisogno di gabellarsi né per più assiduo né per men premuroso di quel che è, sa stare naturalmente in contegno, senza mai procurare di farne mostra. La mostra! Che peste... a corte! E più ingrata e più odiosa che mai quando s'adoperi per nascondere il soverchio zelo. Almeno chi facesse il contrario, vale a dire chi si muovesse troppo, con una grandissima voglia di star fermo, si farebbe scorgere un po' meno, e sovrattutto non recherebbe intorno quella certa aria di ti vedo e non ti vedo della quale parlavamo poc'anzi. Un'aria che può decomporsi in tre elementi costitutivi, uno: di guardare in su quando il padrone ha gli stivali stretti; due: di stropicciarsi le mani quando egli ha caldo; e tre: di additargli a caccia, quando nevica, il cartellone dimenticato di un qualche caffè di campagna, con sopra scritto a lettere di scatola «Oggi sorbetti». Quando nevica, badiamo. Così apparisse una vera valanga sopra questa finta e sottosegnata disinvoltura, che è forse peggio della stessa adulazione!

Katie non ha mai avuto bisogno di ricorrere a queste commedie. Semplice e raccolta nella sua compostezza, bada soltanto a conservare intatto, mercé del silenzio dopo le lunghissime letture, il gran tesoro di voce che ha in gola: una voce fatta sonora dall'esercizio, ma non per questo né meno agile né meno insinuante. Io credo che mia moglie abbia preso a volerle assai più bene di quello che non sia mai per riceverne in contraccambio, ma è anche certo che la russa mette molto scrupolo e molta coscienza nel più compiuto adempimento del debito suo. Se l'autore che sta leggendo sa il suo mestiere, essa tira via speditamente, non badando ad altro che alla chiarezza ed alla perfezione della propria pronuncia; se non lo sa, pare quasi che essa glielo stia insegnando, mentre lo legge, tanto di brio, di colore, di efficacia gli sa trasfondere, dove più gli mancano. È una vera maraviglia, ed io non m'imbatto mai a visitare mia moglie, durante una lettura, che non mi ci fermi più che posso a raccogliere un po' di quella musica intellettuale, come io la chiamo, che si giova di tanta prontezza d'ingegno nell'afferrare i lati deboli degli scrittori, e di una così ricca tavolozza di toni per rialzarli. L'ascolto più che posso, ripeto, e mi copro gli occhi per non essere condotto in distrazione da quel suo viso di marmo pario, mentre penso, da star seduto, quanto pagherei per darle a leggere queste povere e segretissime carte, e per sentirmele ravvivare da quel suo garbo di porgere, da quel morbidissimo tessuto di voce... in una parola da tutto quello che essa ci metterebbe di suo.

Ora, o sbaglio, o mi pare di avere già bastantemente presentato la bellissima donna. Posso dunque parlare subito di quello che è accaduto ieri.

Essa stava leggendo alcune lettere della signora di Staël, appena disotterrate e rimesse in luce, quando apparvi io in punta di piedi, come secondo uditore, e mi sedetti in un cantuccio ad ascoltare. A un certo punto mia moglie interruppe un momento la lettura per fare una osservazione, diretta a me, e , da una parola all'altra, si seguitò un pochino, finché mi si porse il destro di sfoderare uno dei miei argomenti favoriti: che cioè i buoni re sogliono essere spesso ben più liberali dei loro parlamenti, per la semplice ragione che di qua ci sono troppi interessi materiali da contentare, mentre di , volere o volare, non ce n'è che uno solo. Sarà vero, sarà falso, sarà un liberalismo poco meritorio perché derivato dalla scarsità degli indugi, non vuol dire; il fatto è che mia moglie non ama di ascoltare da quella orecchia, e quando ci si casca, non ci si quieta più. Di fatti siamo andati avanti anche questa volta... non saprei, una mezz'ora buona, finché, forse per la persuasione che non si avrebbe mai mutato parere né l'un né l'altra, ci voltammo entrambi verso la russa, come per invitarla pulitamente a seguitare, e vedemmo...

Cioè no, mia moglie non vide nulla, perché era seduta dalla parte opposta: ho visto io solo, e sia pure per la cinquantesima parte d'un minuto secondo, i grandi occhi azzurri di Katie, già fermi sa Dio da quanto tempo sopra di me, scontrarsi un attimo negli occhi miei, e fuggire subito la mia vista per riparare sulle righe del libro. Ma come mi stava guardando, Dio possente! Io non capisco in che maniera non mi sia sentito prima quello sguardo addosso. Pareva che tutta l'anima sua si fosse affacciata alla finestra, dopo un secolo di reclusione, e che , colla intensità magnetica delle razze feline, volesse fare un boccone solo di tutto me.

Un boccone misterioso, del resto, perché più ci penso e meno capisco qualche cosa. Infatti che ho visto io in quel fugacissimo sguardo di sfinge? Né iradolorerimpiantocupidigia propriamente no, ma forse come un tumulto, come un turbinio di tutte queste cose insieme. E perché tanta roba? Pei discorsi che facevamo mia moglie ed io? Erano innocui. Perché non le ho mai fatto capire di tenerla in gran conto e come donna e come bella donna? Io non aveva nessun obbligo di andarle a raccontare che impressione mi facesse e del resto la ho sempre trattata urbanamente le poche volte che ci ho parlato insieme. Perché le do noia? Perché le sono uggioso? Tanto peggio per me. Andrei compianto, non mangiato.

No no, non intendo nulla, ma so di certo che a vederla ogni qual tratto così serena e bella, io ne traeva come un senso di riposo che mi faceva bene, e che ora invece, per quanto essa possa ritornare la medesima di prima, pure avrò sempre innanzi quel baleno di orgasmo e di passione che i suoi grandi occhi fatali mi saettavano contro in quel momento.




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