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Alberto Cantoni Un re umorista IntraText CT - Lettura del testo |
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BattaglieLa lotta per la culturaMio povero popolo! Non ho che a rileggere quello che scrissi molti mesi sono qui dietro, per vedere come sia facile di pigliarsela con tutti, quando la si abbia forte con uno o due. Fino a quel momento le moltitudini mi erano apparse come semplici e bonarie, e non ci voleva meno di quello che mi era accaduto prima che andassi a fare le due parti in commedia alla finestra, perché tu mi potessi apparire così mutato e diverso. Ma fu per poco, e tu stesso mi perdoneresti il mio breve errore, quando sapessi in che larga misura l'abbia scontato poi, soffrendo per tua cagione più assai che non ti abbia ingiuriato prima, per mio conforto. Il mondo cammina verso l'ignoto, dicono tutti, e si sapeva da un pezzo, perché il domani è sempre stato in grembo a Dio. Ma cammina male, aggiungono, e la stessa civiltà, già fradicia, sta per inabissare come squagliata in un crogiuolo senza fondo e senza misura: una specie di mar morto, di dove i torrenti umani, rinovellati, partiranno un bel giorno alla conquista dei nuovissimi ideali. Allora sarà un bel nascere! Poetiche, sonore e confortevoli parole (specialmente quando si pensi che siamo nati adesso e non allora), ma perché cammina male il mondo, domando io? Ha una gamba di legno? — Sì precisamente! — E qual è?... Chi lo sa!? Per questi è la fede, per quelli la ragione. Ma una delle due gambe, e per questi e per quelli, rimane sempre di legno, e resterà, ho paura, anche quando l'umanità avrà fatto il suo terzo o quarto bagno lustrale dentro il «mar morto». — Vorrebbe significare che gli uomini farebbero meglio a lasciar correre ed a tirar via, ma sì, andateglielo a dire! E così accade troppe volte che il dissidio, di nominale che è, diventa acuto e si viene ai ferri corti. Non ne spiccia più sangue, no, ma che vale, quando si esacerbano gli animi e si fa strazio delle coscienze? Se non che, prima di seguitare, credo di dover dire — per la grandissima opportunità del momento — in che rapporti mi trovi con Sua Maestà Divina, come diceva quella buona lana di Benvenuto, quando gli pigliava il capriccio di essere timorato e pio. Sono cordialissimi, e mi brilla l'anima nel dirlo. Certamente che faccio anch'io come gli altri uomini, e me ne occupo più assai quando mi va male; ma da che parte, se non dagli stessi miei sudditi, mi è venuto il cattivo esempio? O forse che essi mi lisciano più volentieri, allorché hanno men bisogno di me? Ma quando me ne occupo, quando invoco l'aiuto di Dio nel silenzio e nella solitudine del mio pensiero, sarò sì più infelice del solito fin che volete, ma pur nonostante una sovrana certezza, che niente al mondo varrebbe a sradicare, m'invade il petto e mi sta d'intorno: quella di esserne udito, come se gli parlassi a viva voce, come se mi rispondesse presentemente. Questa è la parte lirica della mia fede in Dio, e me ne tengo, perché sono anche discreto e non mi sogno nemmeno di chiedergli ragione del male in terra, o di altre simili antichità. Mi basta che mi aiuti a sopportarle. Ma c'è anche la parte comica, e bisogna rassegnarsi a dirla, anche a costo di far ridere le pietre. È l'assoluta certezza in cui mi trovo che Domeneddio si debba occupare più assai di me solo che non dei miei sudditi, presi uno a uno, e che Egli non possa a meno di fare qualche differenza fra un re non ancora spodestato, come sono io, e il primo povero diavolo che vi venga in mente. Consento sì per prova che questo presunto vantaggio si risolva tutto in un grave danno per me, e che il Signore, visitandomi più spesso, mi debba mettere a ben più duri cimenti che non metta quello; ma che io non abbia ad essere, nemmeno per Domeneddio, un pover'uomo di qualità eccezionale, no, non mi va giù. Ridete pure, ma non mi va giù egualmente. Le prime avvisaglie furono occasionate da uno di quei fisiologi che sogliono abusare della vivisezione. Un predicatore in voga lo prese di fronte, gridando: — Galeno studiò anatomia sui cadaveri delle bestie, e poi si violarono le spoglie battezzate; ora si fa scempio degli animali vivi, e presto, per lucro e per viltà, si farà segretamente il medesimo della carne umana. Le pinzochere si diedero l'intesa e strillarono tanto dovunque da levare di sentimento anche molti uomini, già ragionevoli, i quali non videro, o non vollero vedere, la perfidia dell'illazione. Io aveva un bello esprimermi in argomento dicendo: «In queste cose bisogna procedere per gradi. Voglio, per esempio, molto bene alle bestie più vicine all'uomo, e non voglio punto male a quelle più lontane e meno importanti, ma se mi chiedessero di martirizzare un centinaio di polli per dare molto probabilmente più vita e più salute ai cani ed ai cavalli, io non esiterei un minuto secondo, dico la verità. Medesimamente dobbiamo saper sagrificare dei cavalli o dei cani, allorché si abbia fondata speranza che ne possa venire qualche vantaggio a noi. E la scala dell'essere che bisogna considerare, e non lasciarsi mettere in sacco dalle capziose argomentazioni dei fanatici, i quali, pur di fingere di ignorare la legge, la saltano di piè pari. Vorrei che si toccasse il dito mignolo d'un uomo sano e vi farei vedere!». Fiato perduto. Il venticello di Don Basilio divenne presto un uragano, ed io, lo dico per mia vergogna, non sono punto riescito a salvare il fisiologo, il quale dovette portare altrove la sua carne viva e la sua grandissima mente, lasciandomi in eredità un paio di grosse controversie, combattute contro mia moglie, che, troppo assennata per darmi torto, pure mi rimproverò due volte acerbamente il mio scoprirmi troppo. Sicuro che mi sono scoperto troppo, ma io credeva anche di averla vinta, oh bella! Essa doveva dirmi, litigando, che non ci avrei cavato un fico secco; ma non me lo ha detto, perché non lo credeva nemmeno lei. È tanto facile sbagliare i pronostici quando ferve la lotta! E così lo spirito delle tenebre, imbaldanzito dal trionfo, mosse compatto alla conquista delle terre, come dicevano gli storici antichi, tentando di adunghiare tutto l'insegnamento, tutto l'indirizzo scientifico, tutta quanta la pubblica azienda. Non gli bastava più di affermarsi con vigore nella vita minuta e domestica della nazione, no, voleva ipotecar l'avvenire a suo solo profitto, quasiché Domeneddio ci avesse dato core e capo non per adoperarli entrambi a tempo e luogo, ma perché questo dovesse levar le castagne dal foco per amor di quello. E poi che core! Ce n'entrava tanto negli armeggiamenti dei goccioloni quanto c'entra Pilato nel credo. È il core della gatta che si lecca bene, quando, per sottrarre i suoi piccini alle peripezie della vita, se li mette in salvo dentro la pancia. Fatemi un po' il piacere! Ma fu qui che dovetti dar ragione a mia moglie, e che profittai dello scacco per non cader nella pania una seconda volta. Veramente il «caso» non era più soltanto concreto, era universale, e forse forse mi sarei regolato bene anche senza la prima lezione. Ma ho sofferto mille volte più che a regolarmi male! Almeno allora mi era sfogato a piacimento, ed ora invece... che pena a star zitto! Posso bene giurare che non ci voleva niente di meno per attenuare prima e per disperdere poi quasi affatto il ricordo di Katie. Grazie alle altalene che sogliono sempre aver luogo in tempo di rivolgimento generale, ho dovuto prendere alle coste e rossi e neri a vicenda, ma non ho mai sofferto, proprio mai, che si facesse meno di giustizia ai caduti, che non ai trionfatori, secondoché le improntitudini venivano di qua o di là. Non ci fu sottigliezza parlamentare con la quale non abbia dovuto battermi corpo a corpo, secondo i momenti, pigliandomela soltanto coi mallevadori al potere, e lasciando credere così ai «miei» come agli «altri» che io fossi caduto in una specie di letargia politica, la quale scemasse di nervi e di polpe ogni atto, ogni pio desiderio della corona. Figuratevi un povero re affannone come sono io, costretto a desiderare che le faccende vadano sempre bene bene, piane piane, liscie liscie, per non rimetterci la salute se non la pelle, figuratevi, dico, la fatica che ho dovuto durare a non far la figura del vaso di creta in mezzo ai vasi di ferro, con una doppia lanterna magica di matti da tenere in briglia a pochi mesi di distanza gli uni dagli altri! E lo stento continuo di rimanere il medesimo uomo di prima con questi e con quelli, perché la doppia sofistica degli uni e degli altri non mi si appiccicasse nella testa, nemmeno di passata e per semplice contagio. Figuratevi!! Doppia sofistica? Perché doppia? Perché io non faccio nessuna differenza fra i due partiti estremi, e credo anzi che si tocchino più assai di quel che non dica il proverbio: che sieno cioè d'un pelo e d'una lana. Così si potessero mettere entrambi in un paiolo e poi soffiare, con legna sotto, fino al giorno del giudizio. Ma non si può. E intanto noi uomini di buona volontà, con la schietta imagine di Dio nel cuore, e col vero intendimento in capo di rialzare, per quanto è possibile, i poveri di spirito e i poveri di pane, noi, stretti di qua dai dogmi, di là dalle frenesie rivoluzionarie, dobbiamo spesso stare a vedere e dire miseramente: — Il tempo è galantuomo. Passerà anche questa. Quando le innumerevoli raffiche principiarono a smettere, mi son preso fra le ginocchia il mio maggiore figliuolo (non a sedere, intendiamoci, perché pesa già bene) e gli ho detto: — Figlio mio caro, hai a stare bene attento a quel che ti dico oggi. È la prima volta che ti parlo molto sul serio, e non dovrebbe essere troppo presto, con tanti bei libri che ti sei già docilmente mandati dentro. M'ascolti bene? — Sì davvero. Gli si poteva credere, perché, per sua fortuna, tiene da sua madre, e non ha nessuna fibra di artista in tutto lui. Piuttosto il secondo, poverino. — Or bene! — seguitai. — Io non ti domando che cosa tu abbia pensato di questi ultimi tempi, perché la risposta non sarebbe ancora dalla tua età. Bensì ti dico di conservare più che puoi nella memoria i molti fatti che ti sono ora passati innanzi, per riandarli a tempo e luogo, colla scorta di maggiori studi e di maggior consiglio. Ma non occupartene mai, specialmente allora, senza ponderare bene se tu non possa accogliere, come base d'ogni tuo giudizio, ciò che ora sono per dirti e che è la più esatta rappresentazione della mia politica... celeste: Credi in Dio e credi nella ragione umana, come nella più forte opera sua: fin dove questa arriva, lasciala arrivare volentieri aiutandola; dove non arriva più, inchinati senza falsa modestia e senza ipocrite restrizioni. Avvalora anzi colla parola e coll'esempio il rispetto della fede, ma come di cosa inestimabilmente preziosa, a tutti gli uomini, perché tutti a quando a quando infelici, e non già come se fosse una valvola di sicurezza, che ti convenisse di tenere aperta più qui, dove hai sudditi e beni e lista civile, che non altrove, dove non hai che vedere. Lascia andare in frantumi la tua corona, avanti di consentire che si faccia della fede uno stromento di parte, per rincalzarti il trono, e tieni a mente che se la religione è la sola medicina a noi conceduta per condurre gli uomini a vivere ed a lasciar vivere, cioè per tenere in sesto i rapporti umani, non c'è invece forma di governo, la quale, reggendosi politicamente per essa o mediante di essa, non si riveli subito per ulcerata e decrepita. Lasciala cadere; tanto non ne caveresti nulla, nemmeno se ti giovasse di ritardarne la caduta. — Tu dirai che Roma fa eccezione, perché ha sempre campato di politica munita dalla fede, ed è pur così viva e forte. È vero. Ma troppe altre ragioni si sono riunite, nel corso dei tempi, per risarcirle a mano a mano la tiara, e lo Stato moderno, scostandosene sempre più, è divenuto troppo da lei diverso, perché nessun paragone possa valere nemmeno sofisticando. E però appunto ti dico di andar colle buone con essa, come ho fatto io dopo la prima lezione, se non altro per tema che pigliandola di fronte non ti si attacchi qualche parte dell'antico errore, di cui essa sola può vivere. Credo per ultimo che fin quando ci sarò io, non si tornerà più da capo, e poco male se, avendo vinto, sono invecchiato tanto a prendermela troppo, ma tu sei giovine, e però farai bene a studiare il terreno più presto che puoi, a raccogliere le tue forze ed a prepararti così una più facile e men tormentosa vittoria. |
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