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Alberto Cantoni Un re umorista IntraText CT - Lettura del testo |
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Le esposizioniCopio dal mio taccuino di tasca. E precisamente quello che pensai l'anno passato, quando mi esplodevano in viso parecchi discorsi, a base di entusiasmo economico e sociale, per l'apertura d'una mostra, più grande del solito. Come era fresco di memoria, perché ho scritto subito, così posso garantire che è tutta verità. Se gli oratori mi avessero visto, avrebbero ritenuto modestamente o che io facessi il sunto dei loro solenni periodi, o che mettessi giù le mie impressioni, per paura di scordarmene. Ecco invece a cosa ho pensato parola per parola: 1. Aveva quindici anni, e mi era abituato a dir bugie, tutte le volte che mi faceva comodo. Stava benone, come stanno bene costoro, che parlano presentemente, e che ne infilzano parecchie, una a una, cogli occhi volti al cielo, per testimonio. Poi ho capito da me la indegnità della cosa, e non me ne è più scappata mezza per nessun pretesto. Bene bene non sono mai più stato. 2. Che è l'umorismo? L'umorismo è l'arte di far sorridere melanconicamente le persone intelligenti. Nel pubblicare le mie memorie, dovrei mettere, come per motto, questa domanda e questa risposta, e poi dire ai lettori: Vediamo dunque di farvi sorridere... melanconicamente. Non sarebbe il medesimo come trattarli di brave persone? 3. Katie ed i clericali mi hanno finito mezzo. Come son dato giù! Cerco lo scemo, il contorto, l'assurdo da ogni parte. Basta che mi ritrovi in ottimo accordo con una nazione amica, perché la più piccola cosa mi faccia diventare insoffribile il ministro che la rappresenta a casa mia, e viceversa ora che sono un po' sul tirato con certi miei vicini, ora mi prenderei volentieri sotto braccio il loro Residente, che ho qui dinnanzi, e me ne anderei seco a passeggiare fino a mezzanotte. Sarà progresso, come si usa dire da molto tempo quando accade di vedere qualche cosa che vada assai male. 4. Da poco in qua allorchè mi càpitano dei giovinetti e delle verginelle che tremino verga a verga per il solo fatto di dovermi dire qualche parola, è precisamente come se mi dessero un gran colpo. Eppure una volta sapeva levarli di pena con tanta buona grazia! Eppure so di averne veduti crescere degli altri, ed arrivare meco piano piano alla più equilibrata disinvoltura! Ora invece è come se mi dicessero a gara: «Noi tremiamo perché tu sei solo, ed unico, su troppa carta geografica, e perché ti ritrovi fuori della legge... fuori, come dire, della misericordia umana. Ti si amasse anche, tu non potresti ricambiarci tutti, perché siamo troppi, dunque varrebbe meglio smettere, anche potendo. Ma non si può, e tremiamo». 5. Ciò non ostante, ho anch'io mia moglie, ho anch'io i miei veri figliuoli. E non me ne posso lagnare. Ma chi mi assicura che essi medesimi non mi amerebbero di più se ci si svegliasse una mattina sotto forme più modeste, più comuni, più accessibili a tutti quanti? Giurerei di sì. 6. Costoro seguitano coi loro discorsi, mandati a memoria, e non capiscono che la società umana rassomiglia ad un viandante, che si sia incamminato col cattivo tempo e coll'ombrello rotto, sapendo benissimo di non trovare un cane che glielo aggiusti lungo la strada. C'è qualcuno ancora che abbia fede in quel povero ombrello? C'è qualcuno ancora che abbia fede nel felice e fratellevole scioglimento della question sociale? Secondo me non rimane che bagnarci e tacere, o bagnarci... e parlare. Ma che brutte parole! 7. Fin che gli uomini saranno come sono, ciè in parte morigerati ed in parte voluttuari, le loro fortune dovranno di necessità atteggiarsi molto diversamente, e la question sociale tirerà avanti in eterno. Quelli che predicano gran bellezze, mi fanno l'effetto delle gentildonne di mia moglie, allorché debbono prendere il lutto ufficiale di corte, e che però si vestono di bianco. 8. Ho visto una volta Pierrot che stava serio da una parte e si scompisciava a ridere dall'altra. Io faccio peggio, ora. Sto serio per di fuori, e rido dentro di me. Ma rido male. 9. Un oratore che parli male in pubblico mi fa mille volte più pena d'un ammalato che triboli sul suo letto di dolore. Questo ha due maniere di guarire, ma quello, che maniera ha? Può tacere, direte, ma non basta: ha parlato, ed io ricorderò sempre che ne ho sentito ora una mezza dozzina e che non mi hanno mandato in capo una sola parola. Fossero baritoni, e stonassero, almeno vi passerebbero da parte a parte come una spada. 10. Adornano il trono qui a me dappresso due vaghi ed impettiti ufficialetti: i più giovani fratelli di mia moglie, venuti espressamente per la cerimonia. Li aspettammo ieri alla stazione, dopo di aver previsto, dalla mattinata, che più tardi, vale a dire alle due e cinquantasette minuti, ci saremmo precipitati gli uni nelle braccia degli altri. Questo intervenire della più precisa aritmetica nei nostri rapporti affettuosi non mi è mai andato a genio. Mi pare che ognuno, tanto chi aspetta come chi arriva, sia tratto giuocoforza a ripassare mentalmente la sua prossima pantomima, e tanto più di core quant'è più imminente. Ieri il mio solo conforto era di pensare che accadrà il medesimo anche ai borghesi, quando non tarda il treno. 11. I miei giovani cognati stanno poco attenti anch'essi, e guardano militarmente, cioè a capo fermo, quante più possono dame d'onore. Ha avuto un grande ingegno mia moglie a procurarsene tante di belle! Deve aver capito che per me erano molto più pericolose le brutte simpatiche. Così invece io mi sono abituato a considerare la bellezza come cosa molto naturale, molto ovvia e frequente, e così abituato ho avuto campo di persuadermi a mio bell'agio come spesso e volentieri si accoppi alla più sciocca tenuità di spirito. Dico sciocca non per dire stupida affatto, ma per dire senza sale. Le belle salate sono quasi unicamente quelle che tentano di servirsi della bellezza per vivere, ma con7 tutte ci riescono, ed anzi la più parte ne muoiono. 12. Ho fra carne e pelle una buona dose di rabbia, pronta sempre a farsi sentire più o meno a seconda delle cause occasionali, che non mancano mai, basta averne bisogno. Quando sto benino, me la prendo soltanto con le persone più indifferenti, perché ci soffro meno, e quando sto peggio, colle più prossime e care, perché ci soffro il doppio, ma o leggiera o pesante, o di sera o di mattina, una certa dose di stizza bisogna che l'abbia ogni giorno. È cosa normale questa? No. È indizio di cervello svolazzatoio? Piuttosto. Val meglio dare in smanie un dato tempo senza punto saper di sé, e poi morire, ovvero seguitare a spizzico per cinquant'anni a sentirsi stravaganti un par d'orette il giorno senza poterci nulla? 13. Oggi devo stare assai bene, relativamente. Chi accende più di tutti la mia iracondia è un poeta sfatto, che sta parlando, e che si è dato alla vita politica da poco più di tre anni. Dice ad altissima voce: «Le grandi esposizioni sono come le colonne miliari della nobile via che ci siamo affidati di percorrere: la via del riscatto delle nostre plebi». Io invece le paragonerei alle persone di un villaggio che sbucano fuori in piazza a due o tre per volta, come se si fossero accordate prima. Perché solitamente la piazza non istà mai vuota un paio d'ore di seguito? Perché solitamente le persone non isbucano mai a frotte chi di qua e chi di là tutte in un momento? La risposta è facile: non c'è gran gente, e quella che c'è deve attendere ai casi suoi dovunque si trovi. Così le esposizioni fanno quel che possono per rianimare il lavoro, ma ci vuol altro, e la piazza rimane pur sempre quasi vuota, a meno che non si suonino le campane a stormo. Qui ad un tratto il poeta sfatto, vedendomi distratto, fece finta di diventar matto e principiò a tempestar l'uditorio con una serqua di rime stonate, perché gli si desse più retta. Non ho più potuto fantasticare a mio talento. Ora è scorso un anno e pur troppo devo dar ragione al mio taccuino di tasca. Le lustre sono lustre ed anche le esposizioni non canzonano, tant'è vero che gli operai, pagati allora con delle mercedi accordate senza criterio, si sono abituati assai male, ed ora scioperano a tutt'andare per mantenersele. Dovranno cedere, lo so, ma intanto soffrono, e tra qualche anno si tornerà da capo colle «colonne militari» e col «riscatto delle nostre plebi». |
7 Così nel testo, ma probabilmente "non". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio] |
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