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Alberto Cantoni
Un re umorista

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Progressi

La...

Questa notte ho cavallato anche più del solito. Sono escito alle undici, dopo di una intera giornata passata coi miei satrapi ad imbastire un progetto di legge che tolga agli uni, sotto forma di balzelli, ciò che si deve dare agli altri, sotto forma di prebende, allorché, messo finalmente il cavallo al passo, mi ritrovai a poca distanza di una donna che parlava forte e gesticolava concitatamente fra sé e sé. Pensai:

— Ora che ho lasciato addietro una buona decina di leghe e che mi sento meglio, ora ho il dovere di sentire un po' che cos'abbia quest'altra povera creatura umana. Pare giovane. Vediamo se c'è modo di recarle conforto.

Le andai accanto adagio adagio e dissi con buona maniera:

— Dove andate, buona donna, così sola ed a quest'ore piccine? Quella mi guardò senza fermarsi e rispose solamente:

— Via.

— Vedo, ma dove?

Nessuna risposta.

— Ho capito. Mi prendete per un uomo pericoloso. Eppure v'ingannate assai. Vedo che non siete contenta e vorrei farvi un po' di compagnia.

L'altra stette soprappensieri e poi, venendomi fin presso alle ginocchia per vedermi un po' meglio, mi chiese a voce bassa ed allungando il collo:

— Ditemi prima dove andate voi.

— Non lo so.

— Come non lo sapete?

— No davvero. Sono poco allegro anch'io e me ne vado di carriera da due ore per farmi passare la malinconia.

— Come me. Ce ne sono dunque degli altri. Ed uomini, non donne.

— Lo sapete ora?

L'altra non rispose. Stropicciò gli occhi con ambo le mani e poi, come rinfrancata:

— Ebbene, poiché andiamo entrambi allo stesso paese, pigliatemi in groppa e parleremo.

Qui confesso che non ho risposto subito io. E quella:

— Non volete? Meglio.

E mi voltò le spalle per tornare addietro.

— No no. Qua! — presi a dire rincorrendola e porgendole una mano per salire. Essa mise un piede nella staffa accanto al mio e in un salto fu su, ma eccoti il cavallo a non volerne sapere in nessun modo e ci volle del bello e del buono per farlo stare a dovere. La donna mi prese per la vita e ci lasciò fare entrambi, uno a sbizzarrire e l'altro a tenere in briglia, senza mostrare di impensierirsene menomamente.

— Avete coraggio, — le dissi a battaglia vinta.

— Se ne avessi davvero, non sarei più qui.

— Dove sareste?

— Più giù.

Pensai discretamente che volesse dire all'infermo3 e mi misi un po' a guardare, così al buio, la sua bella persona. — O che ha fatto di male questa mia povera suddita per essere in tale stato? — pensai. — Pare giovane. Le forme sono ricche. Le membra agilissime. Ha l'alito fresco e i suoi denti vincono la notte. Non ci capisco nulla. L'unica è di seguitare a fare il giudice inquirente, coll'imputata in groppa. Purché risponda.

Infilai le redini nel braccio ed accesi un sigaro per vederla un po' più e perché so per prova che è una attitudine la quale si presta moltissimo a dare naturalezza alle domande, ma quella non me ne lasciò il tempo e si giovò dello sprazzo di luce per dire un po' più forte di prima:

— Avete il viso di buono.

— Sì? — le risposi freddamente, come indispettito della voce che non mi era piaciuta punto. — E voi? Vediamo. Non mi pare mica molto, veramente.

— Sarebbe bella che avessi anche il viso di buona!

— Perché no? — domandai sulle prime con troppa ingenuità. Ma poi, come avvilito io per lei, calai d'un tono e chiesi:

— Che?... Sareste?...

— Sì. Di tutti.

Non c'era da sbagliare e avrei stentato molto a rispondere se il cavallo non si fosse pensato di togliermi di pena, tempestando da tutte le parti anche più di prima. Lo fece di sua posta o mi mossi io involontariamente pel disgusto e per la maraviglia? Non lo so. So bene che di donne simili non ne aveva mai visto, e che ora mi ritrovava ad averne una in groppa, per non dire in braccio. Lasciai fare al cavallo, badando solamente a che non ci balzasse entrambi di sella e poi, quando fu esausto e si quietò da solo, chiesi... così per chiedere qualche cosa:

— Come è andata?

— Come va sempre. Sono stata ingannata da uno che mi piaceva e maltrattata dai miei, che non me lo seppero mai perdonare. Se mi avesse preso, andava benone. Scappai con un secondo che mi piantò sulla strada... e ci sono ancora.

— Ma non potreste escirne?

— Sì, colla polizia che mi ha già bollata da due anni e mi manda di guarnigione dove vuol lei. Occuparmi bene non mi riescirebbe più e gli ammalati degli ospedali mi farebbero stomaco. Non mi rimane, perché sono forte, che durare la mia vita, senza avere la speranza di morirne da giovane, come il più delle altre. Bella carriera, eh!? Ora capirete perché scappo talvolta delle nottate intere, quando non ne posso più.

Faceva il medesimo di me, con più ragione, veramente. Ma questo ragguaglio non poteva a meno d'intenerirmi un po' e dissi:

— Non ci sarebbe maniera di giovarvi?

— Come? Dandomi del denaro? Ora ne ho e quando mi cresce tutti me lo pigliano. Se ordino un paio di stivaletti, bisogna che li paghi più delle contesse.

— Perché?

— Perché il calzolaio che si degna di lavorar per me ci rimette di riputazione, dice, e mi pela viva. Così la sarta, così la stiratora, così tutti.

— Anche la fruttaiuola? — domandai a mezza voce ridendo a bocca chiusa.

— Anche. Tutti significa tutti. Quando meno ci si paga da una parte, tanto è maggiore la taglia che ci si pone dall'altra. Dunque val meglio che vi teniate i vostri danari e le vostre particolari miserie, se veramente ne avete, come diceste. Mi bastano le mie.

Qui durammo a tacere per un po' di tempo, quando mi venne la infelice idea di dirle:

— Voi pretendete di non avere più la forza di rialzarvi né col lavoro né col sacrificio, è vero?

— L'avessi anche, forse non potrei. Abbiamo cento sbarre per ricacciarci addietro e non una sola porticina per escire fuora. Bisognerebbe saltare dei muri, e son cinquanta a dir poco.

— Via, supponiamo pure che sia vero. Ma voi sapete, e sanno tutti, che c'è un proverbio il quale dice che non si dà al mondo malo mestiere nel quale, chi voglia, non possa fare meno male degli altri...

— Lo so. Ebbene?

— Ebbene, voi credete che il trivio non abbia uscita? Stateci, ma procurate di evitare quel molto maggior danno che potreste recare, volendo.

La donna si voltò con un brusco movimento ad affisarmi negli occhi e poi, scotendo un poco le belle spalle:

— Ho capito. Un altro predicatore come quello della settimana passata.

— Che vi ha detto?

— L'ha presa più lunga, ma in sostanza non ha concluso diversamente. Voi almeno non mi siete mica venuto a cercare, e se siamo qui insieme, ci siamo per combinazione, ma quello! Quello che veniva a trovarmi tutti i santi giorni!

La curiosità mi prese forte e sclamai un po' sul serio ed un po' ridendo:

— Fatemi il piacere di raccontarmi quel che vi ha detto.

— Volentieri, ma chi se ne ricorda bene, ora?!

— Provatevi.

— Ha detto che noi rappresentiamo una specie di brutta giravolta che la natura ha sempre preso, e prenderà sempre, per impedire che gli uomini diventino troppo fitti, e che senza di noi la società medesima non saprebbe come meglio proteggere i suoi innocenti, le sue pudiche vergini e le sue caste spose, almeno indirettamente.

Per rincalzare le sue ragioni ha notato che molte donne appariscono da per tutto col genio dell'arte dentro le ossa, che non sarebbero buone ad altro neanche se volessero, ed ha concluso, a un di presso come voi, raccomandandomi di non adescare i giovinetti, di non turbare la pace delle famiglie e di custodire la mia sanità come cosa molto preziosa... a lui. Il tutto lardellato di complimenti agrodolci a me, come quella che essendo un po' meno peggio delle altre, doveva capire certe cose un po' meno male di tutte.

— Lo credo anch'io. E voi che rispondeste?

— Oh quello sì che me lo ricordo bene!

— Brava. Dite.

— No, voi non mi parete punto un libertino ragionatore e non avete bisogno che ve ne dica quattro di salate, come ho detto a lui. Piuttosto vi esporrò le medesime cose famigliarmente...

— Eh!?!

— Sì, m'intendo alla buona, senz'enfasi, senz'ira, senza scotervi forte per ambo le braccia, come ho scosso lui, quel tisico, quell'allampanato, e gli sta bene! O mi avete già preso per tanto abbrutita da aver bisogno di attaccar baruffa per ritrovarmi qualche cosa in capo, per esprimere quello che penso?

— No davvero. Tutt'altro. Dite pure a modo vostro.

— Non dico nulla: domando solamente se la società abbia diritto di metterci... lì a mercare di baci per l'altrui salvezza? Ma salviamo veramente qualcuno? Allora siamo utili e che ci si rispetti. Facciamo peggio? Non siamo buone a nulla? Allora tutte le pari nostre a paro a paro con noi, e che non ci si umili per amore di tante pudiche vergini e di tante caste spose, ché son più casta e più pudica io. Dopo i due primi, i miei non furono più peccati, furono tutte penitenze, e per mangiare, non per altro.

— Capisco. Ma appunto perché le povere ci hanno a cavar da vivere, debbono procacciarsi una maggiore clientela e per conseguenza dare maggiore scandalo. Van dunque riguardate più.

— Sì, lo so, questa è la nenia della polizia e l'ho sentita friggere in tutte le salse. Ma forse che riguardarci più delle altre, non riguardate punto, significa di mettere noi a porte chiuse, spalancandole per tutti i briachi di lascivia che ci passino accanto? Significa di imporre la gabella sul nostro povero corpo come se fosse carne macellata? Voi crederete forse che io parli per invidia di tante altre, le quali non pagano nulla, perché riescono ad eludere i regolamenti, o perché trovano, più fortunate ancora, degli imbecilli che se ne incaricano, ovvero degli svergognati che se le sposano. No davvero, già la più parte finiscono male egualmente. E poi quella, in ogni modo, è questione di fortuna, e poteva e può capitare anche a me. No, io guardo le cose più in generale, e se qualcuno mi desse retta, mi porrei a gridare per le piazze che non è giusto di mettere delle persone mezze dentro e mezze fuori dalla legge, che le prigioni si chiudono davvero e che i prigionieri, sfamati dal pubblico, non si abbandonano al disprezzo di coloro stessi ai quali si crede che giovino. Dicono delle schiave! Ma le schiave hanno un padrone solo, il quale ha tutto da guadagnare a tenerle bene; noi invece passiamo per le mani di cento farabutti, uniti in lega fra di loro, e che arricchiscono tanto più presto quanto più presto ci fanno logorare. È un vitupero, credetelo. Come non bastasse, mi doveva anche venire fra' piedi quell'altro mio padrone d'un quarto d'ora ogni dì, quello spigolistro di cui vi parlava poco fa, con la sua predica! Ah sì difatti allorché sono in bisogno e mi tocca la notte di far le mostre di avere la tosse quando passa gente, posso proprio sapere se chi passa abbia moglie e figli, ovvero se sia ancora troppo giovinetto per militare meco nei campi della salvazione sociale. Non mi ci sono già messa da me dietro quella persiana chiusa, dove non vedo nulla ed odo appena il rumore dei passi; mi ci ha messa il regolamento, perché mi protegga, dice, e perché mi mandi il medico. Povero padrone mio d'un quarto d'ora ogni dì! Vorrei averne del male, non per ammorbare te solo, ché non ne varrebbe la pena, ma per tutta quanta la società, finché ne strisciasse tutta come le serpi, finché si riconoscesse per quello che è: di altrettanto più civile da un lato, quanto più selvaggia e più feroce dall'altro.

— Buono che volevate parlarmi senz'enfasi e senz'ira! — sclamai, per non lasciarle capire che i singhiozzi, da lei repressi, non mi erano punto sfuggiti e che la sua commozione stava per invadere anche me. — Voi esagerate, voglio sperare.

— Speratelo pure. Buon segno. Vuol dire che scantonate alla larga dai nostri vicoli e dai nostri chiassi. Ma io ci sto... e ci vedo. Lasciatemi scendere.

— Dove andate?

— Là.

E mi additò a braccio teso una piccola città munita non molto distante. Poi disse:

— Ora, se non mi salva il caporale di guardia, vuol andare molto bene col contrabbando che ho addosso, vale a dire con queste poche ore di libertà, prese fuggendo. Vado. Addio.

— Un momento. Che facevate prima di principiare?

— Nulla. Era giovane assai e studiava ancora per far la maestra. Anzi vi voglio dare una lezione.

— Quale?

— Di fare come fan tutti: cioè di onorare profondamente quante sono le brave donne disinvolte che si abbatteranno sul vostro cammino e di non degnare nemmeno d'un pensiero le pari mie. Non merita. Siamo troppo poche, al paragone.

E saltò giù lesta, senza quasi darmi tempo di fermare il cavallo, che si voltò a guardarla bene, in segno di gratitudine. Colei prese subito per un sentiero laterale e se ne andò a gran passi, agitando le braccia, come per dirmi nuovamente addio.

Rimasi male, lo confesso, Né il mio sagace amico mi giovò gran fatto prendendo a correre di suo capriccio come non l'aveva veduto correre mai, quasi avesse voluto scostarmi al più presto da quella umiliazione, da quella ignominia. Noi andavamo a rotta di collo, ripeto, eppure il mio pensiero se ne stava fermo, immobile sopra di quella disgraziata, come se fossi stato seduto qui, al mio tavolino.

— Ecco la vita! — pensava. — Troppo facile e però uggiosa per alcuni pochi, troppo difficile e però durissima per troppi altri. Costei mostra di non essere ancora del tutto pervertita e niente mi sarebbe più facile che di aiutarla indirettamente, senza punto tradirmi con essa, ma le altre? Sicuro che ce ne saranno delle altre come lei, e forse meglio ancora! Sarebbe giusto di stanarne una sola, perché è capitata meco, ed ha avuto occasione di levare il grido della umanità offesa in tante povere creature, ufficialmente condotte a vendersi al minuto le dieci volte il giorno? Saranno poche, dice lei, a proporzione di quelle o più fortunate o più ricche le quali non pagano nemmeno le tasse, ma disgraziatamente ce ne vogliono sempre troppe e tutto quello che ci vuole... c'è. Il meglio che posso fare è di rivedere io stesso i così detti regolamenti sanitari4 e di tirare bene le orecchie ai miei pudichi ministri, perché mi aiutino a cavarne fuori qualche cosa di meno empio, di meno furibondo. Chi sa che non ne tragga partito anche lei!

Mi ci metto subito, ma voglio prima osservare, con tutta la mestizia di cui sono capace, che si può avere dell'energia, si può avere dell'intendimento come quella donna, e non pertanto si può finire... così.




3 Così nel testo: probabilmente "inferno" [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



4 Qui in Italia abbiamo la soddisfazione di avere già provato, e di avere già visto che s'andava meno peggio di prima.






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