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Francesco Domenico Guerrazzi Beatrice Cènci IntraText CT - Lettura del testo |
CAPITOLO III
Il Ratto
Ma tutto è indarno: chè fermata e certa
Piuttosto era a morir, ch'a satisfarli.
Poichè ogni priego, ogni lusinga esperta
Ebbe e minacce, e non potean giovarli,
Si ridusse alla forza a faccia aperta.
Il Conte, dato uno sguardo nell'anticamera, accennando all'altro gentiluomo favellò:
Il giovane dal pallido sembiante entrò nella stanza a guisa di smemorato: alla cortese proposta di sedersi o non intese, o non volle tenere lo invito. Solo, come se lo avesse colto la vertigine, con una mano si appoggiò al banco, e dalla parte più lontana del petto disciolse un sospiro lunghissimo.
- Che sospiri, quali affanni sono eglino questi? domandò il Conte con voce lusinghiera. - O come mai, alla età vostra, può avanzarvi tempo per farvi infelice?
E il Duca, con un suono che parve lene sussurre di acque, rispose:
- Io amo.
E il Conte, per dargli spirito, giocondamente soggiunse:
- È la vostra stagione, figliuolo mio; e fate ottimamente ad amare con tutta l'anima, ed anche con tutto il corpo: e se non amate voi, giovane e bello, o chi dovrebbe amare? Forse io? Vedete, gli anni mi piovono neve sopra i capelli, e mi stringono il cuore di ghiaccio. A voi parlano di amore e cielo e terra; a voi da tutta la Natura sorge una voce, che vi consiglia ad amare:
Le acque parlan d'amore, e l'ôra, e i rami,
E gli augelletti, e i pesci, e i fiori, e l'erba
Tutti insieme pregando ch'io sempre ami;
cantava quel dolcissimo labbro di messer Francesco Petrarca. Su, via, giovanetto, ella è cosa da vergognarsi questa? Predicatela dai pulpiti, banditela di sopra i tetti; chè buona novella è amore. Non si vergognava già confessare il Petrarca, che pure fu uomo grave e canonico, come amore lo avesse tenuto anni ventuno ardendo per madonna Laura mentre era in vita, e più dieci dopo che la si volava al cielo5. Misericordia! Amori erano quelli da disgradarne le querce. Nè per avere insegnato l'amore suo in mille rime si chiamava sazio, chè sul declinare degli anni desiderò averle fatte dal sospirar suo prima:
In numero più spesse, in stil più rare6.
A santa Teresa, vedete, fu perdonato molto perchè aveva molto amato; e vi ha chi dice anche troppo. La stessa santa chiamava infelicissimo il diavolo; e sapete perchè? perchè non poteva amare. Amate dunque totis viribus; chè altramente operando offendereste la Natura, la quale è, come sapete, figliuola primogenita di Dio.
Il giovanetto, turandosi il volto con ambe le mani, e tratto un altro lungo sospiro, esclamò:
- Ah! disperato è l'amor mio...
- Non dite questo, che senza speranza non sono neppure le porte dello inferno. Ragioniamo. Vi sareste per avventura invaghito della donna altrui? Avvertite, che allora incontreremmo uno inciampo; anzi due; il marito prima, e poi il Decalogo. E' pare che quando Dio promulgò la sua legge sul Sinai, si sentisse forte corrucciato contro la sua figliuola Natura; però che, a dirla fra noi, nè più nè peggio potevano contrariarsi gli appetiti di lei. Non pertanto confortatevi di questo: che quanto il Decalogo proibisce il cuore permette.
- Oh! no, signor Conte, il mio è diritto amore.
- E allora sposatela in facie Ecclesiæ, per filo e per segno, secondo il sacrosanctum Concilium Tridentinum, e non mi venite...
- Dio sa se io lo farei; ma, ahimè! un tanto bene mi è tolto.
- E allora non la sposate.
- La donna, che amo, trasse troppo più che io non vorrei umilissimi i natali; ma se si consideri il portento delle forme leggiadre, o piuttosto l'altezza dell'animo, ella è in tutto meritevole d'impero...
- Alma real degnissima d'impero, lo ha detto anche messer Francesco Petrarca; e se così è, e voi sposatela.
- Freddo cenere ed ombra, durerà in me questo amore eternamente.
- Di quanto tempo comporrete voi questa eternità? Nelle donne, secondo i computi più accurati, la eternità di amore dura una settimana intera: in alcune, ma rare, si prolunga anche un poco al secondo lunedì, e basta.
Il giovane, tanto era sprofondato in cotesto suo amore, che accorgendosi allora del modo beffardo col quale gli favellava don Francesco, diventato in volto vermiglio per vergogna e per dispetto, rispose:
- Signore, voi mi fate torto; sperava trovar consiglio; - mi sono ingannato - scusate; - e fece atto di andarsene. Ma il Conte ritenendolo, dolcemente favellò:
- Piacciavi rimanere, Duca; io vi ho parlato così per provarvi: ora troppo bene mi accorgo, che vi accende passione veemente davvero, e per avventura fatale. Versate il vostro animo nel mio; saprò compassionarvi, e, potendo, ancora sovvenirvi. Io ho sepolto i miei amori; sessanta e più anni gli associarono alla fossa, e cantarono loro il miserere: per me amore è memoria, per voi speranza; per me cenere, per voi rosa che sboccia; ma non pertanto ravviso nel mio cuore i segni della fiamma antica, e ragionando meco, bene potete ripetere i versi del Petrarca:
Ove sia chi per prova intenda amore,
Spero trovar pietà, non che perdono:
Non ignara mali miseris succurrere disco; come disse Didone ad Enea, venuto da Troia a fondare Roma per la maggior gloria dei papi in generale, e di Clemente VIII in particolare.
Il Conte Cènci, malgrado la protesta, dileggiava; ma sarebbe stato difficile indovinare s'ei favellasse da senno o da burla, imperciocchè apparisse composto a gravità: solo stringeva gli occhi, e la pelle reticolata gli si aggrinzava dintorno come una nassa da pescare: le palpebre lungamente tremolavano: egli rideva con le pupille il riso della vipera.
- La fanciulla, che io amo, dimora in casa Falconieri. Quale per lo appunto sia il suo lignaggio io non saprei; ma comecchè la tengano in parte di congiunta dilettissima, pure appartiene a condizione servile. - Ahimè! Quando prima la vidi al Gesù, ornata di onestà e di leggiadria, io ne persi il sonno: ogni altra donna mi parve sozza e vile.
- Deh! parlate basso, Duca; guai a voi se le nostre superbe dame romane vi ascoltassero. Farebbero di voi una seconda edizione di Orfeo messo in pezzi dalle Baccanti, con note e appendici.
- Reputandolo facile amore, continuava il giovane infervorato, (e Dio sa se me ne prende rimorso) non trascurai veruno dei partiti che soglionsi usare per venire a capo degli amorosi desiderii. Me misero! Che queste male pratiche le devono di certo avere persuaso fastidio, e forse aborrimento di me. - Ella, chi sa, adesso mi odia; - e si fermava per timore di singhiozzare; poi con voce sommessa proseguiva: come mai devono aver suonato le vituperose proposte all'orecchio della castissima donzella?
E il Conte, riguardandolo attonito, pensava: più nuovo pesce di costui non vidi al mondo.
- I Falconieri, proseguiva il Duca, mi hanno fatto ammonire che io smetta dalla usanza di passare sotto il palazzo, però che la fanciulla non sia tale che io la debba condurre in moglie, nè quale ella possa consentire a diventarmi amica.
- E voi allora?
- Io scelsi il partito di chiederla in isposa...
- Non ci è rimedio: io avrei fatto come voi.
- Il mio parentado, appena venne avvertito del mio proponimento infuriò contro me, quasi fossi per commettere qualche gran sacrilegio; e chi mi chiamò a considerare la ingiuria del sangue, e chi la nobiltà della casa offuscata; taluno lo sdegno dei congiunti, tale altro la rabbia dei colleghi; sicchè con mille diavolerie mi hanno sconvolto il cervello in modo, che poco mancò che io non mi sia dato per perduto.
- Eh! la è faccenda seria; ed io avrei detto come loro....
- Ma quando Adamo zappava ed Eva filava dov'erano i gentiluomini?7
- Veramente; dov'erano? Io per me non lo so.
- Io vorrei che mi chiarissero in che cosa, noi gentiluomini, differiamo dai popolani. Forse noi non bagna la pioggia, o non riscalda il sole? Forse non ci toccano i dolori; la nostra culla non è circondata di pianto; il nostro letto di morte non è assediato dai singulti? Possiamo dire alla morte, come al creditore importuno, tornate domani? Dormiamo meglio l'ultimo sonno dentro un sepolcro di marmo, che il popolo sotto la terra? Io vorrei che mi chiarissero un po' se i vermi, prima di accostarsi a rodere il cadavere di un papa o di un imperatore, gli fanno di berretta dicendogli: si contenta, santità? si contenta, maestà? Il mio ducato semina, e raccoglie contentezze? Amore non toglie via ogni differenza fra gli amanti?
- Cosi è: Ogni disuguaglianza amor fa pari, dice il poeta. Qualche cosa di simile cantò con la solita eleganza il signor Torquato Tasso, nella sua favola boschereccia: ricordatevene Duca?
- Oh Dio! e che cosa volete che io mi ricordi? Io non ho più memoria, nè mente, nè nulla. Per pietà, umanissimo. Conte, voi che avete senno ed esperienza di mondo, siatemi cortese a indicare un rimedio a tanta molestia!
- Mio caro, riprese il Conte ponendo la mano familiarmente sopra la spalla del Duca, porgetemi ascolto. Voi avete ragione...
- Sì?...
- E i vostri parenti non hanno torto. Voi avete ragione, però che fumo di nobiltà non valga fumo di pipa8. I vostri parenti non hanno torto perchè essi vedranno, come io vedo, qui dentro l'artifizio di femmina, per disposizione naturale o per suggestione altrui, sparvierata. Non vi stizzite, Duca voi veniste a consultare l'oracolo, e i responsi si hanno ad ascoltare quantunque non garbino. Quella che sembra a voi ingenua ritrosia, a me pare repulsa studiata sul fondamento, che gli ostacoli irritano le passioni. Poichè le cose vietate tanto più si appetiscono, così conta per avventura la donna sopra l'ardore dell'animo vostro, onde precipitarvi colà dove ella vi aspetta. Insomma, qui apparisce la rete tesa per trarre guadagno dalla fiamma che vi accende. Umana cosa è amare; lasciarne vincere dai ciechi moti dell'animo appartiene ai bruti. Quando io era giovane, ed attendeva a siffatte novelle, non si badava così al minuto. Un gentiluomo come voi, quando lo prendeva capriccio di qualche bellezza plebea, la persuadeva con danari ai suoi piaceri. Se repugnava, e questo so dirvi che accadeva di rado, almeno ai tempi miei, rapivala. Se il parentado latrava gli si gettava un pugno di moneta in gola, e taceva; imperciocchè il volgo abbai, come Cerbero, per avere l'offa. Quando la donna diventava fastidiosa, e questo avveniva spesso, con alquanto di dote si allogava; nè di partiti si pativa penuria, sì perchè coteste creature compiacendo alle voglie di un gentiluomo non saprei vedere in che cosa disgradino, e sì perchè bocca baciata non perde ventura, ma si rinnuova come fa la luna....
Il Duca fece un gesto di orrore. Il Conte, imperturbato, sempre più insisteva:
- No, figliuolo mio, non disprezzate il consiglio dei vecchi: io delle cose del mondo ne ho viste assai più di voi, e so come le vanno ordinariamente a finire. Badatemi, in grazia: io vi propongo un partito di oro. Voi vi mettete, per così dire, a cavallo al fosso. In primis voi riducete in potestà vostra la ragazza; e qui sta il tutto, o almeno la massima parte, e voi avete a convenirne; e poi, caso che la vi riuscisse o Clelia, o Virginia, o la Pantasilea, e allora sposatevela in santa pace, e buona notte, e buona guardia. Se potete schivare cotesto scoglio del matrimonio, fatelo per quanto le forze vi bastino; avvegnachè, sacramento a parte, il matrimonio sia proprio la fossa dello amore; l'acqua benedetta lo spenge: quel sì che egli pronunzia, ed è come il vagito dello imeneo, è anche a un punto l'ultimo sospiro dello amore in agonia: il matrimonio nasce dallo amore come l'aceto dal vino9; oltrechè fuggirete la indignazione dei parenti, e le dicerie del mondo, che non è poco guadagno. Voi mi direte che e' sono morsi di zanzare, ed io ve la do vinta; ma quando le zanzare si avventano a migliaia vi conciano il viso, che Dio ve lo dica per me; e non possiamo trarre guai delle ferite ridicole e non pertanto moleste: i quali tutti fastidii un uomo discreto cercherà sempre, potendo, evitare.
- No, Conte, no; io vorrei darmi piuttosto di un coltello nel cuore...
- Adagio ai ma' passi; a gittarci via siamo sempre in tempo. Prima di prendere il male per medicina, considerate prudentemente il negozio. Voi vedete come la mia proposta vi presenti due casi, e al tempo stesso due modi di risolverli. Voi, con quel sano giudizio che vi trovate, governatevi a seconda delle circostanze.
- Ma e se la fanciulla mi prendesse in odio?..
- Vi rammentate l'asta di Achille? Ella sanava le ferite che faceva: così amore sana la piaga di amore; e la bellezza ha la manica larga per assolvere i peccati, che per virtù sua si commettono. Perdonerà, non vi affannate, perdonerà; o che ha da cominciare adesso il mondo a procedere per ritroso? Non vogliate cascare sul vergone come uccello di passo. Le donne, più che non credete, sovente vi mostrano il viso dell'uomo d'arme per provare il valore dello amante. A Sparta se il marito volea trovarsi con la moglie l'aveva a rapire; nè ho rinvenuto storici che raccontino, che le mogli se lo avessero a male. Ersilia forse non amò Romolo? Dobbiamo spaventarci di un ratto noi altri romani, che nasciamo dalle rapite Sabine?
Confuso il giovane, e aggirato da cotesti ragionamenti, si trovò come strascinato giù per un terreno sdrucciolevole. La cupidità cammina sempre con le tasche piene di cotone, per cacciarlo nelle orecchie alla coscienza onde non senta i suoi spasimi. Nel delirio della passione, il giovane, senza pure pensarvi, rispose:
- E come avrei a fare io? Io non sono uomo da questo. Da qual parte incominciare? Dove trovare uomini i quali volessero mettersi per me a cotesto sbaraglio?
Il Conte pensò, che il dabben giovane senz'altri conforti si sarebbe rimasto in mezzo alla via; e poi gli venne adesso alla mente cosa, che non aveva avvertito avanti; onde si affrettò di soggiungere:
- E gli amici che stanno a fare nel mondo? In questo bisogno posso molto bene accomodarvi io. se non m'ingannava la vista. Così favellando si accosta alla porta della sala, e, apertala, chiamò:
- Olimpio!
Il villano, come bracco che all'appello del cacciatore leva il muso, drizzatosi in piedi, rispose con disonesta famigliarità:
- Ah! vi siete accorto finalmente che ci sono in esto mondo, Eccellenza; - e brontolando soggiunse sommesso: - senza fallo vuol mandare qualcheduno in paradiso.
- Vien qua.
E Olimpio andò. Quando fu entrato nella stanza, per quella soggezione che anche i più impudenti plebei risentono dalla vista di arnesi e di stanze signorili, si trasse il cappello, e giù per le spalle gli cadde copia di chiome nere le quali, mescolandosi co' peli della barba, gli davano sembianza di un fiume coronato di canne, come sogliono effigiarlo gli scultori. Volto duro come intagliato in pietra serena: occhi sanguigni infossati sotto sopracciglia irsute, più che ad altro somiglianti a lupi dentro la lana; voce cupa e arrotata.
- Siamo sempre vivi, nè gli domandò il Conte sorridendo.
- Eh! proprio per miracolo di san Niccola. Dopo l'ultimo ammazzamento, che commisi per vostra Eccellenza...
- Che vai tu farneticando, Olimpio? Che ammazzamenti, o non ammazzamenti ti sogni?
- Trasecolo io? Per Cristo santissimo! di conto, ordine e commissione vostra; - e battendo con la larga mano il banco. aggiungeva: qui mi contaste i trecento ducati di oro, che non furono troppi; - ma tanto è; io me ne contentai, e non ci è a ridire sopra. Se presi poco, mio danno. Qui...
E siccome il Conte con le mani e con gli occhi ammiccava, che si rimanesse da mettere più parole intorno a cotesto fastidioso argomento,
- Oh! allora egli è un altro paro di maniche, proseguì imperturbabilmente costui; potevate avvertirmi a tempo. Io credeva che stessimo in famiglia, don Francesco; scusate. Per tornare ai miei montoni, il Bargello mi si era fasciato intorno alla vita più stretto della mia cintura; la corda ha rasentato più volte il mio collo, che la mia bocca la foglietta: vedete, tutti gli alberi mi parevano cresciuti in forma di forca. Adesso, in questo arnese, io quasi non ravviso più me stesso; epperò mi sono avventurato a ritornare, perchè l'ozio, vedete, egli è propriamente padre de' vizii: ed io, non avendo a fare più nulla, mi era perfino ridotto a lavorare. Se in questo mezzo tempo a qualche vostro nemico fosse cresciuta qualche gola di più, che non vi piaccia ch'egli abbia, siamo qua agli ordini di vostra Eccellenza.
E con la destra fece un atto orizzontale al collo.
- Tu arrivi, si può dire, come le nespole in ottobre; e vedrò così adoperarti a trarre un fuscello, dacchè travi per mano a quest'ora non ne abbiamo; - ma, te lo ripeto, egli è quasi un nonnulla, una eleganza del tuo mestiero, - tanto per rimetterti in filo.
- Udiamo, via. - E il masnadiero usando della terribile domestichezza che il delitto suol porre fra i complici, si mise a sedere. La gamba destra accavallò alla sinistra, e il braccio sinistro puntò sul ginocchio alzato; sopra la mano aperta appoggia la faccia, e quivi, con gli occhi chiusi, il labbro inferiore sporgente in fuori, parve atteggiato a profondo raccoglimento.
- Questo giovane gentiluomo, ch'è il clarissimo signor Duca di Altemps..., incominciò a favellare don Francesco,
- Bè! - E senza schiudere gli occhi, appena fece il masnadiero un lievissimo cenno col capo.
- Ha concepito un furioso amore per certa fanciulla...
- Delle nostre, o delle vostre?
- E che so io? Una camerista...
- Nè nostra, nè vostra; notò Olimpio, alzando le spalle in atto di disprezzo.
- Ricercata di amore, si avvisa a starsi sul sodo. La proteggono i Falconieri, che se stessero a patrimonio come a superbia, a noi converrebbe far la sementa in mare. Ella ripara in casa loro, e questo le cresce baldanza; forse, e senza forse, vi sarà di mezzo qualche lussuria di prelato, la quale non ho voglia, nè tempo verificare adesso: comunque sia, ciò fa impaccio al signor Duca...
- Chi mi chiama?.. interrogò il Duca riscuotendosi a un tratto.
- Povero giovane, ve' come lo ha concio la passione! Giuoco, che voi non avete inteso parola di quanto abbiamo favellato fin qui Olimpio ed io?
Il Duca abbassava la faccia, e arrossiva.
- Per concludere, Olimpio, bisogna che tu la levi, e la porti colà ove ti verrà indicato.
- Comandate altro, Eccellenza?...
- Per ora no. Tu farai d'introdurti nel palazzo; e, non potendo altramente, scasserai qualche porta, o ferrata terrena. Se anche questo non ti riuscisse, ti aiuterai con una scala di corda...
- Azzittatevi; voi portate la febbre a Terracina. Il calzolaio, salvo vostro onore, non ha a passare la scarpa. Queste cose io so bene da me, con qualcheduna altra ancora che non sapete voi. Lasciatemi contare... Uno... due... tre... mi vi abbisognano quattro compagni.
- E tu li troverai...
- Bisognerà procurarci pistole e cavalli. - Quanto avete disegnato spendere intorno a questa impresa?
- Ma! - Non ti parrebbe abbastanza un cinquecento ducati?
- No, signore, non bastano. Fatta la parte ai compagni, levate le spese dei cavalli e delle armi, mi riviene una miseria.
- Orsù; non ci abbiamo a guastare fra noi. Vadano ottocento ducati, oltre le grazie e i favori grandi, che puoi sperare da me...
- Farò ammannire le carra per portarmeli a casa. Fatta la festa si leva l'alloro. Don Francesco, diamo un taglio a queste novelle; aspettate a pascermi di rugiada quando vi apparirò davanti in sembianza di cicala. - Dove ho da portare la ragazza?
- Nel palazzo del signor Duca, o in qualcheduna delle sue vigne, che t'indicherà...
- Ecco un granciporro, Eccellenza. Se la Corte prende fiato della cosa, i primi luoghi che verrà a perquisire saranno le dimore del signor Duca. Procurate dunque prendere a fitto, o farvi imprestare da persona segreta qualche vigna remota in città; ma meglio sarà torla a fitto, impiegandovi persona che non sia punto dei vostri...
Il Conte aveva guardato in faccia Olimpio, e sorriso in modo strano, quasi schernendolo di non essere stato compreso: poi erasi accomodato al banco, e posto a scrivere. Il masnadiero mosse al giovane Duca alcune interrogazioni brevi ed aspre. Questi rispondevagli a modo di smemorato: sentivasi travolto come foglia dal turbine: era caduto sotto la potenza del fascino, che alcuni serpenti pur troppo gittano sopra gli animali vicini: voleva protestare, si provava a fuggire, e non poteva. Quando gli sembrava esser prossimo a rompere lo incantesimo con lo aiuto di Dio, ecco affacciarglisi al pensiero la immagine dell'amata donna, ch'ebbra anch'essa di amore gli gittava le braccia al collo... Allora un diluvio di fuoco gli scorreva le vene; le arterie gli battevano così, che per poco non gli si spezzavano; e se il ratto fosse avvenuto subito, non gli sarebbe parso presto abbastanza. La gioventù, il desiderio e la speranza ordiscono tale una catena, dentro la quale l'anima onesta e appassionata spesso si dibatte, ma di rado la spezza; se poi vi si aggiungano eccitamenti, non è cosa umana potere resistere. Il cattivo genio aveva vinto, e il buono si allontanava cuoprendosi il volto con le ali. Il Conte, quantunque attendesse a scrivere, pure sentiva la vittoria del vizio su la virtù dello ingenuo giovane; sicchè soffermatosi ad un tratto, domandò sbadatamente:
- A quando la impresa?
- Facendo i miei conti, ormai vedo che fino a domani notte non ci posso entrare, - rispose Olimpio.
- Domani notte, eh! Ma tu non sai, che l'orologio a polvere, col quale la passione misura il tempo dello aspettare, è la sua fiaccola, di cui gitta le gocciole accese sul cuore del povero amante? Tu invecchi. Olimpio, nè sei più quel desso. Prima potevano stamparti sul viso: cito ac fidelis, ch'è la impresa delle Decisioni della sacra Ruota Romana, la quale impresa però non impedisce che le liti non durino quanto lo assedio di Troia, e sieno traditrici da disgradarne Sinone. Dunque dopo il trotto contentiamoci del passo: a domani. Brevi istanti appresso, piegando il volto verso il Duca, domandava di nuovo:
- Quantunque per natura io rifugga da ogni maniera di indiscreta curiosità, pure non posso resistere alla voglia di conoscere il nome della vostra innamorata. Vorreste essermi cortese di compiacermi, signor Duca?
- Lucrezia...
- Oh! Lucrezia. È par fatale, che queste Lucrezie abbiano a mandar sempre sottosopra i nostri cervelli romani. Questa volta però non farà cacciare i re da Roma: vi stanno i papi, e con bene altre radici, che Dio li prosperi, e con bene altre virtù, che non erano quelle di Tarquinio; e Rodrigo Lenzuoli basti per tutti. - La Italia può fare a meno piuttosto del sole, che del Papa; senza quelle benedizioni urbi et orbi non crescerebbero i baccelli. - E riprendendo a scrivere, quasi per eccesso di brio mormorava: - Crezia, Creziuccia, Crezina, - ardo per voi la sera e la mattina... - Terminato lo scritto, si levò in piedi dicendo:
- Olimpio, io mi figuro che tu abbia a recitare i tuoi rosarii; sicchè sarà bene che tu te ne vada. Avverti che non ti veggano uscire di casa mia; perocchè, quantunque tu sii meglio del pane, e onesto a prova di maglio, tu capisci bene che si possono avere amicizie migliori delle tue. - Marzio!
- Marzio, accompagna questo evangelista, per le scale di ritirata, all'uscio del giardino che sta sul chiasso. Addio; mi raccomando alle tue sante orazioni.
*
* *
- Come va, compare? - mentre Olimpio andava, così, battendo sopra la spalla di Marzio, lo interrogò.
- Come piace a Dio, - rispose Marzio un po' duramente. E l'altro:
- Oe, che non mi ravvisate, Marzio?
- Io no...
- Guardatemi meglio, e vedrete che parrà a voi quello che pare a me.
- E che par egli a voi?
- Pare che noi saremmo un magnifico paio di gioie attaccati alle orecchie di donna forca.
- Olimpio, siete voi?
- Lo spirito della forca ci fa come lo aceto nel naso; rischiara lo intelletto, e richiama la memoria...
*
* *
- Conte, prese a dire il giovane Duca esitando; io temo mostrarmi ingrato al consiglio ed aiuto vostri... e non pertanto sento non vi poter ringraziare. Dio... (ma io faccio male a invocare il suo santo nome in questa trista faccenda, - sarebbe meglio ch'ei non ne sapesse nulla). La fortuna dunque operi, che non vada a finire in pianto.
- E la fortuna è per voi; perocchè, come femmina, ella ama i giovani, e gli audaci. Se Cesare non passava il Rubicone, sarebbe diventato Dittatore di Roma?
- Sì; ma neppure gl'idi di marzo lo avrebbero veduto trucidato sotto la statua di Pompeo.
- Ogni uomo porta, nascendo, l'ascendente della sua stella. Avanti dunque. Voi non potete fallire, che vi sovviene copia di autori volgari, greci e latini. D'altronde perchè repugnate commettervi alla fortuna? Ella governa il mondo. Vedete Silla, che più di ogni altro seppe accomodare le differenze con la scure, le dedicò il bel tempio di Preneste.
E così confortando accomiatava il male arrivato giovane, il quale uscendo andava a balzelloni; tanto scompiglio gli avevano messo nella mente le parole del Conte, e le cose alle quali egli aveva assistito. Sentiva il male, presagiva peggio; ma ormai spinto sul pendio del misfatto, non sapeva ritrarsene. La passione, il boa feroce dell'anima, lo stringeva sempre più veemente, e soffocava in lui l'ultimo alito di virtù.
Il Conte, appena partito il Duca, recatosi in mano il foglio vergato poc'anzi leggeva, soffermandosi di tratto in tratto per ridere clamorosamente:
«Reverendissimo, et illustrissimo Monsignore. - La maggiore empietà, che abbia mai inquinato questa sede augustissima et felicissima della vera nostra religione, sta per succedere. Il duca Serafino D'Altemps, per compiacere a sfrenatissime voglie, trama rapire domani notte, armata mano, dal palazzo dei Falconieri la onesta fanciulla Lucrezia, camerista in casa dei prelodati clarissimi signori. Accompagnano il Duca, complici del delitto, tre o quattro dei più solenni banditi capitanati dal famoso Olimpio, cercato da due anni dalla Corte per ladronecci e assassinamenti, con la taglia di trecento ducati di oro. State su l'avvisato, che si tratta di gente usa a mettersi ad ogni sbaraglio, e il pericolo aumenta la fierezza. - Di tanto vi avvisa un osservatore del buon governo, e zelante dell'ordine, e della esaltazione di santa Madre Chiesa. Roma li 6 agosto 1598.»
- Va bene: la scrittura non può conoscersi per mia: questa fra un'ora sarà nelle pietose mani di monsignor Taverna. - La piegò, e la suggellò improntandovi sopra una croce, e scrivendovi: A Monsignore Ferdinando Taverna governatore di Roma.
- A tutto signore tutto onore: egli è Duca, e va proprio trattato da pari suo. A cotesta perla del Principe Paolo penseremo più tardi. E poi ci liberiamo da Olimpio, se pure non giunge anche per questa volta a scamparla. La rete è tesa nelle regole dell'arte; ma
Rade volte addivien, che alle alte imprese
Fortuna ingiuriosa non contrasti.
Lieto nel foco, e nel duol pien di speme:
Poichè Madonna, e il mio cor seco insieme
Salirò insiem dieci altri anni piangendo.
Fossin le voci dei sospir miei in rima,
Fatte io le avrei dal sospirar mio prima
In numero più spesse, in stil più rare.
When Adam delv'd, and Eve span
La pratica del comunismo ha preceduto di gran lunga la teoria. Il popolo in cotesta occasione, come sempre, chiese troppo; i possidenti, rappresentati allora dal Re, concessero quanto ei volle; e se più domandava, e più gli davano, rilasciando delle concessioni fatte patenti solennissime. Passata la burrasca il Re, ricercate in prima diligentemente le carte delle patenti le abolì, e ritolse ogni cosa; e quello, che parve duro in quel tempo, e non pertanto si è veduto ripetere perpetuamente, ricercò, e spense di mala morte i miseri popolani, che fidandosi in lui avevano posate le armi. Per modo che sembra oggimai doventato assioma nei rivolgimenti umani: chiedere troppo, e male; promettere tutto, e attender nulla; donde la necessità di nuove agitazioni. Vicenda perpetua di violenza, e di frode! E quando il popolo torna alla catena, se Salomone lo percuoteva co' flagelli Roboamo lo strazierà con li scorpioni. Tuttavolta varia apparve la ragione dei tempi: nei barbari, come vedete, i possidenti o privilegiati attesero a raccogliere i documenti, e distrussero questi molesti testimoni della frode: negli altri, celebrati civili, carte, documenti e giuramenti lasciansi stare: invece di sgombrarne la strada, par cosa più spacciativa saltarci sopra a piè pari, e tirare innanzi pel suo cammino. Se veramente siasi progredito, lascio che altri giudichi; però, in fatto di pudore, lo scapito è sicuro.
bevanda sobria, acida, e dispiacevole». Byron, Don Giovanni. Canto III.