Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Francesco Domenico Guerrazzi Beatrice Cènci IntraText CT - Lettura del testo |
CAPITOLO XII.
DELLO ASINO.
Sol l'Asino gentil, l'Asino fino
Lodar si debbe, e mi par che sia quello
Da scriverne in volgar, greco, e latino.
Gab. Simeoni, Cap. dell'Asino.
E Verdiana si era fatta venti volte alla finestra; altrettante si era posta ad annoverare i passi, che secondo i suoi calcoli la canonica distava da Roma. Scese sul prato; e comecchè tremolante su le gambe, si stese boccone, ed accostò le orecchie a terra per udire qualche lontano rumore, che le annunziasse il ritorno del Curato; - niente. Sorse, cantò le litanie, lo stabat Mater recitò dieci volte il rosario, e poi si spazientì.
- Oh! vedete, borbottava, quanto mai tarda quel benedetto uomo stamani.... ma che stamani? Ormai è passato vespro, e qui la minestra diventa tutta una pania. Io per me non so chi mi trattiene da desinare sola; e se poi giunge, e non potrà mangiare, suo danno. Ma forse sarà trattenuto da qualche faccenda.... o forse qualche malanno sarà capitato addosso a Marco (Marco era l'asino che cavalcava il curato)... od anche al povero reverendo. Ahimè! meschina, che cosa io vado immaginando? E perchè non potrebbe essere questo? Se male può incogliere a Marco, non ci è ragione perchè non possa succedere anche al curato. Santissima Vergine! pur troppo in fatto di disgrazie non corre differenza alcuna fra Marco e il Curato, e per tutti, o vogli uomini o vogli bestie, elleno stanno sempre apparecchiate come le tavole degli osti.
Qui tolse i suoi ferri dai quali pendeva una calza mezza fatta, e si mise a proseguirla con molta prestezza; ma chi l'avesse osservata poteva accorgersi di leggieri, che nella sua mente si formava un pensiero dolente come nei suoi occhi adagio adagio andavano crescendo due lacrime, e le lacrime e il pensiero proruppero in un medesimo punto; però che gittando smaniosa da parte e ferri e calza, esclamò:
- Sicuro eh! se qualche disgrazia fosse avvenuta a cotesto povero uomo, non avrebbe altrimenti bisogno di calze nè di solette.... E perchè non ne avrebbe più bisogno? o che forse tutte le disgrazie rendono inutili le calze?
E qui stesa la mano riprendeva i ferri, cacciandone uno dentro al bacchetto.
- E poi, proseguiva, o morto o vivo, le calze a qualcheduno saranno sempre buone...
Intanto riponeva in tasca il gomitolo del refe.
- Buone per qualche poverello di Dio,... ed anche per me...
Diciamolo a gloria del vero. Verdiana aveva pensato a se dopo il curato e la sua cavalcatura, dopo il prossimo, dopo di tutti; la sua carità si era estesa fin dove poteva estendersi, e dalla periferia ritornava al centro. Per altra parte col medesimo amore d'imparzialità dobbiamo aggiungere, che le sue mani non si erano mostrate mai tanto sollecite come quando ebbe avvertita la probabilità che le calze potessero rimanere per se.
Allo improvviso l'aria dintorno rintronò dei ragli di Marco. Verdiana corse alla finestra, e di là dalla siepe le comparvero entrambi i cari capi del Curato e dello Asino: non già che volesse mettere l'uno a fronte dell'altro; Dio ne liberi! Ma alla fine se al curato non potevano negarsi meriti grandi, anche l'asino aveva i suoi; e per di più il curato, come Marco, non aveva bevuto la luna.
Bevuto la luna? Così almeno crederono un tempo in casa del curato, e fuori; poi per le persuasioni di lui Verdiana incominciò a concepirne qualche dubbio; ma in quanto a Giannicchio non ci fu verso a farlo ricredere, e lo avrebbe giurato anche sotto la corda.
Giannicchio era un garzone più povero di Lazzaro; portava vesti di cui metà era mota, e l'altra toppe di ogni maniera, colore, e misura; una soprammessa all'altra come la calca degli accattoni si affolla su la punta dei piedi a sporgere la pentola alla porta del convento dove il cappuccino dispensa la minestra. Giannicchio era uno di quei poveri figliuoli, i quali dalla madre natura non hanno ricevuto altra benedizione, tranne uno schiaffo. Quanto si poneva a fare, tanto gli riusciva a traverso: se prendeva una stoviglia la rompeva; se correva per soccorrere, o urtava col capo nel muro, o andava a dare di cozzo nel naso della persona che intendeva sovvenire; a chiedergli acqua avrebbe portato fuoco. Il Curato affermò più volte, ch'egli doveva essersi trovato alla torre di Babele a fare da manovale. Nonostante ciò Giannicchio malanno, chè tale gli avevano appiccato nomignolo, era di così buona pasta, tanto serviziato e amoroso, che sempre stava per casa al curato, e da campare alla meglio ogni giorno rimediava.
Ora è da sapersi come fuori della canonica si trovasse un pozzo, e accanto al pozzo la pila da abbeverare le bestie, e lavare i panni. Certa sera Marco tornò tardi a casa perchè il Curato lo aveva imprestato al Dottore, al quale in quel giorno la cavalla erasi azzoppita dalla terza gamba; e fu deciso che ormai nessuno potesse salirvi sopra, senza la quasi sicurezza di fiaccarsi il nodo del collo. Nè Marco tornò solamente a casa tardi, ma vi tornò trafelato. Trivia rideva nel plenilunio sereno, come dice Dante, e vagheggiava il tondo disco nella poca acqua avanzata nel fondo della pila come una ricca dama si contempla, in difetto di meglio, dentro uno specchio da quattro soldi. Giannicchio menò Marco alla pila, e volgendo gli occhi in giù vide la luna. L'Asino assetato bevve avidamente fino all'ultima stilla l'acqua raccolta nella pila, e la luna scomparve. Allora Giannicchio, preso da maraviglia e da spavento, si dette a gridare che Marco aveva bevuto la luna. Tale era Giannicchio.
- O cari! o desiderati! - esclamava la buona Verdiana, e si affrettava affannosa verso l'Asino e il Curato. Abbracciò Marco pel collo nè più nè meno con lo affetto di Sancio Panza; baciò la mano al Curato, e lo aiutò a smontare. Siccome nella povera gente il dolore della perdita si fa sentire più acuto assai che la speranza del guadagno, io non saprei ridire quali, e quante suonassero le lamentazioni della Verdiana vedendo la tonaca lacerata, e le altre cose più riposte sotto in pessimo arnese, fatte manifeste in virtù dello strappo della tonaca: molto più che dal volto nuvoloso del curato le pareva potere argomentare, che il viaggio fosse riuscito indarno.
- Già m'immagino, incominciò Verdiana, che anche per questa volta avrà fatto fallo la promessa del chiedete, e vi sarà dato: - e intanto che andava forbendo il curato dalla polvere, continuava: - il santo Evangelo avrà inteso parlare della grazia gratis data, non già dei ducati del sole.
- Silenzio, Verdiana; non mormorate contro la Provvidenza, ch'è peccato; ho bussato, e mi fu aperto; ho chiesto, e mi furono dati cento scudi...
- Cento scudi! E allora facciamo i fuochi...
Il Curato sospirò; si pose a cena; poco mangiò, bevve meno, e rispose rade e tronche parole alle frequenti domande di Verdiana, la quale standogli attorno non rifiniva mai d'interrogarlo così:
- Vi sentireste per avventura incomodato, Reverendo? - Vi è forse accaduto qualche malanno in cammino? - Avete avuto paura? - Benedetto uomo, ma parlate! Volete che io vi faccia un po' d'acqua di salvia col miele.... o piuttosto un cotogno cotto nel vino.... o veramente lo pezzette di aceto sopra le tempie? Un senapismo.... un pediluvio.... un semicupio.... un cristeo?
- Ouf! - soffiò il Curato, e disse poi: - fate tutta questa roba per voi, Verdiana, se ne avete bisogno; sto bene, prima Dio, ed ecco i cento ducati...
- Ve' belli... belli! E' non hanno mica torto a tenerseli stretti coloro che li possiedono.
- Date retta, Verdiana, questi sono cento ducati; ma non bastano a gran pezza per la canonica, per le masserizie di casa, e per la chiesa...
- Pazienza! Rifacciamoci intanto dalla chiesa; alle altre cose il buon Gesù provvederà...69
- Provvederà, sì; ma vedete bene, Verdiana mia, che se non prendiamo cura della canonica, un giorno o l'altro ci troveremo a nuotare in casa.
- Meglio nuotare noi in casa, che Cristo in chiesa.
- Sì; ma se il sacerdote annega, il servizio divino rimane interrotto con danno gravissimo dei parrocchiani.
- Già, in primis, non rimane interrotto per nulla, dacchè, e Dio vi faccia campare mille anni, morto un papa se ne fa un altro, come dice il proverbio; e poi in casa ci piove, è vero, ma non vi si nuota, nè vi si affoga, che io sappia...
- Sì; ma il savio Ippocrate insegna: principiis obsta sero medicina paratur; la quale sentenza sapete che cosa vuol dire, Verdiana? Vuol dire che se non si ripara in tempo, la buca diventa fossa. Inoltre la veste abietta fa cascare nello avvilimento chi la porta. Per colpa del sozzo servo talora venne in dispregio anche il padrone.
- Ma egli è troppo peggio, che prendano in odio il servo per la ingratitudine che mostra al suo signore; e pensate un po' voi di quale signore si tratta.
Al curato pareva giacere sopra la gratella di san Lorenzo, e sospirando ruminava fra se: come diascolo tutto ad un tratto è capitato tanto giudizio a Verdiana! - E Verdiana proseguiva:
- Io ho detto begli ai ducati, perchè davvero mi piacciono; ma non mi paiono più belli della mia coscienza, nè del mio obbligo, e molto meno poi del mio Gesù; chè se niente niente temessi che vi avessero a far prevaricare, vedete come io ne userei? - Verdiana ne prese due pugni, e mostrò volerli gittare fuori della finestra - io li butterei per granturco alle galline...
- Verdiana! Verdiana! - gridò il Curato abbracciando forte la fantesca a mezza vita, e respingendola addietro, - ma che siete spiritata?
Quante fossero le parole dette dalla Verdiana, e come pungessero acerbamente il Curato io tralascio; basti sapere, che il Curato piegò il capo e pregò mentalmente che se poteva farsi quel calice amaro, cioè Verdiana, fosse rimosso da lui; sospirò; si pentì ripetendo dieci volte l'atto di contrizione; deliberò rendere i ducati. Allo improvviso fissandoli, gli parvero i trenta danari di Giuda; e, spaventato dal fine di cotesto traditore, guardò tutto rabbrividito il fico dell'orto della canonica, e si scostò dalla finestra; ma nel punto in cui stava per darsi in balìa della disperazione, ecco balenargli un pensiero nella mente: esultò come Archimede, quando ebbe trovato il modo di conoscere se nella corona di oro avessero mescolato rame; si sarebbe per l'allegrezza dato un bacio, se con le labbra avesse potuto toccarsi le gote; e sollevando la testa umiliata, a mo' di cervo che ripresa lena continua la corsa, egli disse:
- Uditemi, Verdiana; voi avete parlato molto e male, Dio vi perdoni. E chi vi ha insegnato a pensare tanto tristamente del prossimo... di un curato... di me?... Parvi essere io stato, per tutto il tempo che vivete con me, cosiffatto uomo da meritarmi simili rabbuffi? E se nol fui, come da un punto all'altro di vino sarei diventato aceto? Uditemi. Dal campo ha da uscire la fossa. Io e Giannicchio scerremo gli embrici e i tegoli sani dal tetto della canonica, e gli adatteremo sul tetto della chiesa: alla canonica gli riporremo nuovi: potremo tagliare sei camicie alquanto lunghe, e quando ne occorrerà bisogno per chiesa aggiunteremo una striscia di trina a qualcheduna di quelle, e serviranno per camici: dalla coperta di cataluffo ricaveremo due pianete; una gialla, e l'altra faremo tingere in rosso; le lampade e le ampolline si adoperano così in Chiesa come in casa: - farò ancora raschiare, ritingere, riconficcare, insomma riporre a nuovo il Crocifisso che tengo accanto al letto, e per le feste lo esporremo in chiesa.
Il buon prete col suo cervello aveva armeggiato in questa guisa: il patto fatto mi obbliga a non impiegare nemmeno uno scudo in chiesa. Maladetto quel patto! Ma se tolgo le tegole e gli embrici dalla canonica impedisco che l'acqua coli in chiesa, e osservo la promessa: bene è vero, che così mi tocca a rifare il tetto alla canonica; sia: ma potrò sempre sostenere, che per la chiesa non ho speso un papetto. e rifiutare addirittura il danaro. Ma no... perchè se non accettava non poteva sguarnire la casa per addobbare la chiesa. Quando il lenzuolo è corto, il capo o i piedi hanno da restare scoperti. Dunque ho fatto benissimo... benone!
E contento di se, si voltava sul fianco sinistro. Oh curiosa! Qui trovava tutt'altra opinione: una voce, che pareva nascosta nel capezzale, lo rampognava così: - garbuglione, imbroglione, cavillatore, tu vorresti servire mezzo a Dio, mezzo a Mammone. Signor no; o tutti a Dio, o tutti a Mammone: qui non vi ha strada di mezzo. Sono questi gli esempii che ti porgevano il profeta Elisèo e san Pietro? La tua sorte sarà quella di Simone Mago, che salì per aria in virtù del diavolo, e cascò in terra per virtù di Dio fiaccandosi le gambe; o per lo meno quella di Ghehazi, quando diventò bianco da capo a piedi di lebbra70. Bella figura se ti presentassi in pulpito come maestro Biagio il molinaro! E che cosa direbbe Verdiana? Le offerte presentate senza il cuore puro vengono respinte dal cielo: informi Caino; e tu accettasti danaro con patto espresso di non adoperarlo nel servizio di Dio. Non è questo peggio della simonia, e della geezzia? Chi non adora Dio egli è già diventato servo del Maligno. Levati... levati e va al letto di Verdiana, e chiedile perdono; cotesta donna ha tanta carità da vendertene. Levati... torna a Roma, magari in camicia; rendi i ducati al Cènci, e digli: lasciatemi la mia povertà con la mia innocenza; ricchezza col peccato non è affare che mi garbi. - Ouf! che caldo, esclamava ad alta voce il curato; stanotte non mi riesce a prendere sonno; e dando un gran voltolone pel letto tornò sul lato destro. Da questa parte lo aspettava sempre il suo buon Genio, e: - consolati, gli mormorava soavemente dentro gli orecchi, perchè la intenzione giustifica la opera, e in questo mondo chi è savio si governa secondo il vento e la corrente; chè se Verdiana continuasse a darti fastidio, tu le potrai allegare lo esempio degli Ebrei, i quali prima di uscire dall'Egitto tolsero in prestanza i vasellami di oro e di argento degli Egiziani, e verosimilmente gli adoperarono nella fabbricazione dell'Arca: e le potrai citare eziandio il caso dei figliuoli di Giacobbe, i quali per vendicarsi della sorella rapita persuasero i Sichemiti a tagliarsi71... ma no... cosiffatti esempii non sono da raccontarsi a Verdiana... gliene racconterai un altro più accomodato... e più decente. Insomma la intenzione giustifica le opere, se non presso gli uomini, almeno presso a Dio. - Dunque ho fatto benissimo, benone! E a cui non piace mi rincari il fitto; - e si addormentò.
Egli era un bel pezzo che dormiva, quando allo improvviso gli venne rotto il sonno dalla testa da non so quale insolito rumore: balzò a sedere sul letto, e gli parve udire un lieve imprimere di orme sul pavimento; ond'egli ritenendo che il gatto di casa avesse inciampato in qualche masserizia, allungò un braccio fuori della sponda del letto, e presa una scarpa grave di chiodi di ferro e per le fibbie d'argento, la gittò dalla parte donde gli parve che il rumore muovesse; la scarpa colpì in pieno uno armario, che suonò come un tamburo, perchè era vuoto. Verdiana destatasi allo strepito, incominciò a strillare dalla stanza accanto:
- Reverendo, reverendo. Trista moneta è quella che disturba i sonni, e Dio le mandi il mal giorno, e il male anno: quando eravate più povero riposavate fino a giorno; adesso non dormite, nè lasciate dormire.
Il curato messe il capo sotto le lenzuola, e si turò le orecchia con le coperte per non udire cotesta persecuzione.
La mattina don Cirillo, quando si levò, guardò prima il cielo, e poi sott'occhio Verdiana; quello gli prometteva una buona, questa una trista giornata. Si pose a cantare a mezza voce matutino e le laudi, e prese a darsi grandissimo moto per provocare qualche parola amica; ma e' fu tutto uno: a colezione, così per rompere il ghiaccio, incominciò a domandare con disinvoltura il prezzo ora di questa, ora di quell'altra cosa, e poi bravamente, con un tratto da disgradarne ogni più arguto diplomatico, allo improvviso osservò, come per tanta roba centocinquanta ducati gli paressero pochi. Verdiana, colta alla sprovvista sul tasto delle biancherie, per le quali ogni buona massaia sente tanta passione, dimenticata la origine degli scudi, si pose a fare i conti con don Cirillo. - Questi, sebbene fosse non mediocremente istruito, pure di conti non sapeva nulla; onde la somma non tornava mai. Verdiana annoverava toccandosi i labbri con le dita, ma anch'ella in abbaco andava poco innanzi. Allora il curato divisò prendere i ducati, e separarli in tanti mucchii quante erano le cose da provvedere, giudicando ad occhio: propose, insomma, lo scacchiere72.
Don Cirillo ebbe a congratularsi del trovato strattagemma, imperciocchè riuscisse a mansuefare l'umore della Verdiana, e a sollevare se stesso; chè la vista del danaro letifica il cuore dell'uomo. Di ciò porgono testimonianza gli stessi testoni di Clemente XII, dove si trova la leggenda: videant pauperes, et laetentur73. Ora i poveri vorrebbero introdurre nella leggenda una variante, intorno alla quale fin qui non se la sono intesa co' ricchi, e credo che vogliano stare ancora un pezzo prima d'intendersi. La variante consisterebbe nel surrogare habeant al videant; e certamente bisogna confessare che, non ostante la leggenda di Sua Santità, i poveri dalla sola vista del danaro non pare possano avere motivo di menare sterminata allegrezza.
E per mettere in pratica il consiglio, il curato si avviò alla camera seguìto da Verdiana, la quale gli andava dietro ripetendo:
- Vedrete che al conto, che fate voi, ce ne mancheranno una diecina... o una ventina.
- Ed io sostengo, ch'essi hanno a bastare, - e piegò la persona per sollevare il coperchio dello inginocchiatoio; ma ad un tratto si raddrizzò interrogando:
- Verdiana, che diamine mi diceste ieri sera? - Che la farina del diavolo se ne va in crusca?
- E' lo dicevo, perchè in gioventù sentii raccontare da un frate predicatore, che il Demonio fece il patto con un contadino di comprare la sua anima per mila scudi: sottoscritto il foglio e pagato il danaro, il contadino andò a casa col sacco; ma la mattina fu trovato morto nel letto, e il sacco pieno di carbone: così perse l'anima e i quattrini.
- State sicura, Verdiana, che questa moneta non mi viene da parte del diavolo, bensì da un fiore di gentiluomo romano: però io so una storia di scudi volati senza opera diabolica; e se a voi piace ascoltarla, io ve la racconterò.
- Giusto! ho tempo di ascoltar novelle! A mano a mano siamo a mezzo giorno, e non ho anche messo la pentola al fuoco...
- Ci è più di un'ora a mezzodì, Verdiana; e poi la è storia breve... storia, intendete bene, non novella...
- Via, fate presto, che io vi ascolterò.
Il curato appoggia i reni al saccone, e punta entrambi i piedi sul pavimento: poco oltre, davanti a lui, Verdiana stava ritta ad ascoltare: in mezzo ad essi era lo inginocchiatoio.
- Dovete dunque sapere, incominciò don Cirillo, che ci fu una volta un vecchio avaro, il quale quando del danaro prestato prendeva l'usura del cinquanta per cento gli sembrava regalarlo. Ora costui non volendo per la sua tristizia fare la spesa di un forziere di ferro, comprò una cassa da morto; la cerchiò da se, come seppe meglio, di bandelle di ferro, e vi adattò una vecchia serratura; poi la nascose sotto il letto, e di mano in mano andava a depositarvi la male acquistata moneta. Quantunque poco temesse di ladri, per essere casa sua guardata diligentemente, pure onde allontanare ogni sospetto quando mai pervenissero nella stanza, scrisse sopra la cassa «Hic est Christus Dominus meus»74: quasi volesse dare ad intendere che quella fosse una reliquia, e così rinforzare la debolezza della serratura con la reverenza della religione. La Provvidenza, certamente per punirlo della sua cattiveria, gli dava un figliuolo sprecone quanto egli era avaro, e bevone da vincere il palio con le spugne; giuocatore poi - da mettere su lanzichenetto in mezzo alla brace accesa; nè qui si fermava; che possedeva certe altre taccherelle, le quali, voi capite Verdiana mia, che le si vogliono tacere honestatis causa, et caetera. Se il vecchio spigolistro tenesse il figliuolo allo stecchetto non importa dire, e se questi lo avesse in fastidio importa dire anche meno. Il figlio spiando il padre, un giorno lo vide entrare in camera, chiudersi dentro, e, messo l'occhio al foro della serratura, vide ancora com'egli aprisse la cassa, e vi riponesse dentro buona quantità di danari. Al giuocatore venivano a un punto i sudori caldi e freddi addosso: appena il vecchio uscì di casa, ecco quel tristo con suoi ferri e grimaldelli arrovellarsi intorno ai serrami; aperti che gli ebbe si empiva le tasche, e prestamente si allontanava, non senza però avere scritto prima sotto la cassa questa altra iscrizione «Resurrexit, et non est hic»75; e così il malvagio vecchio imparò a sue spese a profanare i testi del santo Evangelo.
- E fosse finita qui!, aggiunse la divota Verdiana; ma il peggio tocca di là, e pochi ci pensano...
- Sicuramente; e quando se ne avvedranno sarà tardi... Dunque voi persistete a sostenere, che ne manca una diecina...
- O dieci... o venti...
- Ora lo vedremo... Io tengo per fermo, che devano arrivare...
E sollevò la predella... Il danaro era sparito.
Don Cirillo rimase giù curvo della persona, con la predella sollevata, la testa e il collo volti verso Verdiana. Verdiana chiuse gli occhi, e allungò ambedue le braccia con le mani giunte sul capo a sesto acuto: parevano colpiti da catalessi. Così stettero lungo spazio di tempo, senza dire parola, senza battere palpebra. Una molto acerba battaglia si combattè nell'animo di don Cirillo mentre tenne curvata la persona. In quel turbinìo di passioni grande era il dolore della somma perduta, grandissima la maraviglia di vederla sparita, ma fuori di misura più grande il rimorso di averla accettata a condizioni sicuramente non pie. Don Cirillo raddrizzandosi lentamente, parve avere vissuto dieci anni in un minuto: però senza amarezza alcuna disse alla serva.
- Verdiana mia, voi siete stata profetessa.
- O meschina me! non avessi mai parlato...
- E adesso, che cosa ci avanza a fare? - domandò il Curato dandosi della palma aperta sopra la fronte.
- Rassegnarci ai voleri di Dio...
- Donna, voi avete parlato una savia parola. - Però, e notatelo bene, Verdiana, qui dentro non ci ha a vedere il demonio. Queste orme polverose per la casa, la finestra che dà su l'orto rotta, e il rumore che stanotte ci ha desti, chiariscono apertamente che qualche ladroncello del vicinato ci ha fatti tristi. Dio gli perdoni, e possano cotesti danari giovargli meglio che a me.
Ma oh! come l'affanno di queste povere creature toccò il limite estremo quando, scese nella stalla, non rinvennero più neanche Marco! Di quali pianti non risuonò la canonica, di quali disperati guai? Marco co' più dolci nomi chiamavano, Marco invocavano, Marco dal cielo con ardentissime preci e con supplici voti chiedevano, e i campi intorno si sentivano risuonare: Marco! Marco!
Si univa al lamentevole coro anche Giannicchio, il quale provandosi consolare quel supremo dolore si era adattata al collo la cavezza dell'Asino, e postosi davanti alla mangiatoia, proprio nel luogo già occupato da Marco, andava dicendo così:
- Don Cirillo non piangete, Verdiana mia asciugatevi le lacrime; - io vi terrò luogo di Marco, vi servirò come Marco. Reverendo, quando vorrete andare a Roma io vi porterò a cavalluccio su le spalle comodamente come Marco.
Un'angoscia cupa subentrò, come avviene, allo affanno clamoroso; nè sembra che le consolazioni di Giannicchio trovassero grazia presso don Cirillo, nè presso Verdiana. Non si parlò di mangiare: non già che Verdiana omettesse apparecchiare; ma nel servire a tavola il Curato di tratto in tratto voltava altrove la faccia per non mostrargli qualche lacrima, che suo malgrado le scappava dagli occhi. Don Cirillo guardava fisso il piatto, ma non toccava la vivanda; o se pure ne prendeva un boccone con la forchetta per recarselo alla bocca, appena aveva alzato il braccio lo riposava, e poi con un grosso sospiro rimoveva da se intatta la pietanza. Ah pur troppo è amaro a inghiottirsi il pane bagnato di pianto! Don Cirillo si levò, scese, e si mise a sedere sopra il muricciòlo a destra della porta di casa; e per fare qualchecosa, si pose con un bastoncello a segnare di linee il terreno. Si vedeva chiaro che cotesti erano moti puramente macchinali, e il suo pensiero galoppava le mille miglia lontano di là; ma o sia che la passione non abbia sede particolare, o sia che le membra conservino spontanee il moto che in loro impresse lo affetto, fatto sta, che le mani del curato tracciarono su l'arena il profilo di Marco. Verdiana sul muricciòlo a sinistra guardava le galline, - le guardava; ma con le mani in tasca non udiva la costoro petizione collettiva, che domandava il solito sussidio di grano turco. Giannicchio seduto sotto il pagliaio piangeva, e si sfogava col pane dandogli tali morsi da far temere anche pel pagliaio, caso che il pane non gli fosse bastato.
Il pensiero del prete dopo avere viaggiato per diverse regioni, si fermò finalmente su Giobbe: considerò innanzi tratto ch'egli non aveva moglie, e questo gli parve un primo argomento di consolazione; poi pensò che non aspettava amici, e conobbe, che se uno solo di quei di Giobbe, o il Temanita o il Suhita, gli fosse cascato addosso sarebbe bastato a farlo gittare a capo fitto nel pozzo: e finalmente la coscienza questa volta, sgombra da passione, discorrendo schietta e senza garbugli, gli dichiarava ch'egli aveva commesso peccato grave contro Dio, e che doveva ringraziarlo di cuore se lo sottoponeva a cotesta ammenda leggiera: onde si levò da sedere con volto mestamente sereno rimanendogli dentro una umiliazione, la quale se avessimo voluto decomporre nei suoi elementi avremmo trovato per lo appunto: che per un quarto vi entrava il rimorso della mala accettata moneta; per un altro quarto la vergogna delle parole scandalose adoperate con Verdiana, e per una buona metà il dolore della perdita del povero Marco.
- Dio me lo ha dato, sospirò don Cirillo, Dio me lo ha tolto; sia fatta la volontà di Dio: pel peccato che ho commesso, la tua mano, o Signore, mi punisce soavemente.
Appena il buon curato aveva posto fine a coteste parole, come se la Giustizia divina soddisfatta volesse aprirgli di nuovo la fonte delle misericordie, ecco rimbombare dintorno per le valli e pei colli il raglio glorioso e trionfale, che pareva - o voluttà celeste! - ed era certo di Marco; e appena ebbero tempo di dirselo, che Marco, incoronato di verdi fronde la testa, scavalca secondo l'usato costume la siepe, e come saetta volante corre verso il padrone. O come incoronato? domanda il lettore, e aggiunge: queste le sono bizzarrie di romanziere. Sì signore, incoronato; e il come vi sarà detto poi. Intanto compiacetevi, signor lettore, meco di contemplare Marco incoronato; non dico di alloro perchè, voi lo sapete, di questo
Per coronare o Cesare o Poeta,
Colpa, e vergogna delle umane voglie76;
ma di varia maniera fronde corbezzolo, e quercia; e la quercia era pure nobile corona da stare a petto con l'alloro, imperciocchè nell'antica Roma si destinasse a colui che salvava in battaglia la vita a un cittadino romano, e si chiamasse civica. A questo pensa, lettore, e riponti in mente, che là dove si onora la virtù vera, supremo ufficio civico è salvare un cittadino in battaglia, e non tradirlo in pace. - Marco pertanto apparve con la corona civica, ed era un Asino.
Gli abbracciamenti, i baci, e i colpi lieti77,
i risi, i pianti di tenerezza, i parlari confusi, e simultanei erano una pazza cosa. Marco anch'esso si sentiva commosso come gli altri; non affermerò che ancora egli piangesse e ridesse, quantunque con l'autorità di scrittori gravissimi io potrei sostenere anche questo, e la commozione interna egli manifestava con voce potente a superare ogni altro grido. Marco era il Lablache di cotesto coro. Don Cirillo lo liberò dalla sella e dalle bisacce, senza avvertire se fossero vuote, o piene. Giannicchio prima di tutto lo abbracciò e lo baciò; poi lo stregghiò, lo lavò, gli rinettò la coda dai pungitopi e dai pruni. Verdiana gli apparecchiò paglia fresca ed erbette; anzi volgendo gli occhi da un lato dell'orto vide un magnifico cavolo cappuccio, che pareva un senatore: stette fra due se lo dovesse serbare per una minestra di riso pel curato, o darlo a Marco; ma vinse amore per questo, e risolutamente lo svelse, lo lavò, e lo sminuzzò nella mangiatoia di Marco. Era il ritorno del figliuolo prodigo, ed ella uccideva la vitella grassa. Cotesto giorno, si può dire che l'Asino facesse pasqua.
E per Asino, bisogna aggiungere, che Marco ebbe in cotesta solennità convivale quasi gli stessi onori di papa Bonifazio VIII al banchetto della sua incoronazione; conciosiachè se lui servirono due re, l'Ungherese e il Siciliano, in regio ammanto, e la corona in capo, il Curato e Verdiana ministrassero a Marco. Vero è bene che il curato non vestiva il piviale; ma in compenso Giannicchio gli fece da coppiere, conducendolo alla pila dov'egli già bevve la luna. Sazio, non stanco, di mangiare, Marco sentì alfine il bisogno di riposarsi: egli veramente non disse: buona notte a nessuno; ma lo fece capire abbastanza stendendosi sopra la paglia, chiudendo gli occhi, e declinando il capo. Usciti dal presepio, il curato raccolse le bisacce; e questa volta essendo sgombro da passione, notò come pesassero gravissime, e v'immerse dentro la mano. Potere del mondo! Sognava, od era desto? Gli parve toccare moneta: le rovesciò per terra... scudi! ducati! - e quanti! Don Cirillo e Verdiana si stesero sul prato; e fatto cumulo del danaro, parve loro che fosse quattro e cinque volte tanto quello di prima. Oro, argento da mandare in visibilio ogni cervello sano: conta e riconta, vennero a capo di conoscere che dovevano essere circa quattrocento cinquanta ducati.
- Ora mi sembra, che c'incastri ogni cosa - disse don Cirillo; ma Verdiana, alzando il dito, rispose:
- Egli è ben nostro questo tesoro? Badiamo, Reverendo, badiamo che Dio non ce lo abbia mandato per provarci una seconda volta.
- Verdiana, dapprima ho pensato come voi; ma poi mi sono persuaso che questo danaro ha da appartenere al ladro; egli non può essere qui del vicinato, ma sarà sicuramente qualcheduno dei banditi che bazzicano per la campagna. Ora voi capite, che renderlo a lui sarebbe peccato, e ai derubati impossibile. Io proporrei - e questo disse con esitanza - che per noi spendessimo un cento cinquanta di ducati, ed ogni rimanente per la chiesa, e pei poverelli di Dio; - sicchè faremmo restaurare ambedue i Crocifissi - quello di chiesa, e l'altro di canonica.
Parve che la proposta garbasse a Verdiana, perchè soggiunse senza obiezione:
- E lasceremo stare la coperta di cataluffo sul letto, e compreremo le pianete di bel damasco nuovo.
- E le camicie non trasformeremo più in camici.
- E i tegoli della canonica rimarranno alla canonica, e quelli della chiesa alla chiesa.
- È giusta; a Cesare quello ch'è di Cesare, a Dio quello ch'è di Dio.
- Ma ieri non aveva ad essere così...
- Non ci pensiamo più, via. Il Signore ha perdonato, e voi volete conservare amarezza? Verdiana, sareste meno misericordiosa del Signore?
- Me ne guardi Maria Santissima! Voi avrete due tonache nuove; una per la state di cammellotto, e l'altra pel verno di panno; e ancora due para di calzoni, perchè ieri... mi parve veh! di vedere quelli che portate ridotti in pessimo arnese...
- E voi due gonnelle; una di stame, e l'altra di lana.
- E le stoviglie?
- E gli asciugamani?
- Le stoviglie sono proprio necessarie - perchè, ora che ve lo posso dire senza affliggervi, avete a sapere, che da un pezzo in qua voi mangiate sempre nel medesimo piatto; e quando andavo in cucina io lo lavava presto presto, e ve lo riponeva su la tavola per modo, che non ve ne poteste avvedere.
- E con gli asciugamani lasceremo stare in riposo il gatto.
- O Signore, come siamo poveri! Io non me n'era mai accorta come adesso, che, avendo danaro da spendere, penso a provvedere le cose che mancano.
- Così è; il danaro fa come il sole; scuopre la miseria, e la rallegra.
- Ma a noi abbiamo pensato anche troppo.
- Giannicchio avrà di una stoffa sola la prima vesta, che abbia portata nel mondo.
- Anzi... gran benedetta bestia è quel Marco! - e voi, Verdiana, la benedetta cristiana, perchè ambedue mi porgete occasione di fare un'opera buona. Veronica, la povera lavandaia, ha perduto il suo asino, ed ora se ne sta maninconiosa non sapendo a qual santo votarsi. Ella non può andare a Roma pei panni, e i suoi garzoni non guadagnano più il pane con la carretta. Orsù; datemi una ventina di ducati, che io me ne andrò senza porre tempo fra mezzo a consolare la desolata, e nello stesso viaggio menerò meco i suoi figliuoli, ed il suo cane perchè ci facciano un po' di guardia stanotte. Voi capite, Verdiana, che se il ladro venne pei miei danari, molto più si proverà a tornare pei miei e pei suoi; ed è bene ch'ei sappia, che quaggiù non tira vento buono per lui.
E come disse fece il dabbene don Cirillo; nè male gl'incolse essersi armato di provvidenza, imperciocchè durante la notte successiva il cane non cessò mai di brontolare e latrare: in seguito fu pace.
Marco diventò vecchio; e il Curato e Verdiana, com'è da credersi, non ringiovanirono certo. Un giorno il curato, dopo cena, levò la mano, secondo il suo costume quando voleva annunziare qualche solenne novella. Verdiana incrociò le mani sul petto per udirlo più raccolta. Giannicchio si rimase a mezza stanza con un piatto in mano che riportava in cucina, tenendo il corpo rivolto verso la porta e il capo indietro verso il curato per non perdere le sue parole. Don Cirillo incominciò così:
- I nostri antichissimi progenitori...
- Quanti anni sono?...
- Più di millanta.... ma non m'interrompete, Giannicchio...
- Mandarono in Grecia savii ed avvisati uomini perchè prendessero notizia delle leggi con le quali si governavano costà, essendo predicate dalla fama giustissime e religiosissime, per reggere con rettitudine pari questa nostra contrada...
- Ma Grecia non è paese di Turchi?
- Verdiana non m'interrompete... In cotesti tempi non si conoscevano Turchi... non sapete che io parlo di quando Virginio ammazzò la sua figliuola honestatis causa? I Greci pertanto come somministrarono ai progenitori nostri notizia delle ottime leggi, così dettero a noi esempio umanissimo del modo da praticarsi verso il nostro antico compagno Marco. Gli Ateniesi, dopo avere fabbricato un magnifico tempio, chiamato Ecatompedone, a Minerva, ch'era, come sarebbe a dire, una santa per cotesti tempi...
- O adesso, che cosa ne hanno fatto di cotesta santa?
- Giannicchio, non m'interrompete... i Greci affrancarono da ogni fatica gli Asini e i Muli che si erano travagliati intorno a quel lavoro, e li dichiararono signori e padroni di vagare e pascere dove meglio venisse loro talento; e si legge eziandio in certo libro stampato, come uno di cotesti Asini vivesse interi ottant'anni78.
- Quasi quanto noi...
- Che maledetto vizio! Ma Verdiana non...
- Sarà stato un miracolo di santa Minerva...
- Ma Giannicchio non m'interrompete. Minerva non poteva operare miracoli - perchè adesso ella sarebbe, come dire, un diavolo.
- Come un diavolo? O a Roma non ci è pure Santa Maria della Minerva? Possibile che, secondo voi, vi fosse adesso una Santa Maria del diavolo?
- Ma Verdiana, per l'amor di Dio, lasciatemi parlare; queste altre cose vi spiegherò a suo tempo per filo e per segno...
- Purchè facciate presto...
- Omnia tempus habent, cara mia; ogni frutto ha la sua stagione.
- Sì, ma ponete mente che noi abbiamo anni quanto lo Asino di Atene...
Don Cirillo, per liberarsi da cotesto fastidio delle interruzioni, male oggimai diventato incurabile in casa sua, precipitò il discorso, aggiungendo:
- Per le quali considerazioni ed esempii io propongo che si abbia a giubbilare Marco, facendogli le spese come buono e fedele servitore finchè a Dio piaccia di tenerlo fra noi.
- Sentitemi, don Cirillo, io non leggo libri stampati come leggete voi; ma la ragiono così: vecchi siamo anche noi, pure per la grazia di Dio non impediti in verun membro, o sentimento del corpo: però, finchè la Provvidenza ci mantiene destri, vuol dire, che secondo le facoltà nostre intende che qualche cosa facciamo. Tempo per riposarci, Reverendo, ce ne avanzerà anche troppo quando anderemo a dormire nel campo santo. Contro alla opinione di vostra Reverenza io dichiaro, che Marco essendo vecchio può affaticarsi nei lavori che convengono ai vecchi; non più sassi egli deve portare, nè mattoni, nè calcina; non più grano al molino, nè some di vino al mercato; non più il Dottore, ch'è più peso di tutte queste robe; ma gli basteranno molto bene le forze per portare erbe in Roma, e ritornare carico di qualche coserella che ci potesse abbisognare. Ciò lo conserverà sano, e a noi sempre gradito; perchè vedendolo ozioso a ingrassare, chi sa che non ci cadesse in disgrazia come un disutilaccio mangiatore di pane a tradimento.
- Verdiana, voi siete la erede vera della Sibilla Cumana.
Come poi successe il caso dell'Asino tornato, e del danaro cresciuto potranno sapere tutti coloro, i quali si compiaceranno leggere il veniente capitolo.
crescono i gigli della campagna; essi non faticano, e non filano. E pure io
vi dico, che Salomone stesso con tutta la sua gloria non fu vestito al pari
di uno di loro».
Evangel. di San Matteo, C. VI, nn. 28, 29.
Tace la casta Musa, e vergognosa.
Tassoni, Secchia Rapita. C. VI.