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Francesco Domenico Guerrazzi Beatrice Cènci IntraText CT - Lettura del testo |
LE VESTI.
Mi vestirai di quella veste nera,
Ch'io stessa di mia mano ho trapuntita.
Le parole hanno un confine, e più angusto di assai che altri non immagina: la penna non è, come pensano, il miglior conduttore della elettricità dell'anima. Quante sensazioni, scintillate potentissime dal cuore, vanno a morire languide sopra la carta! La carta sovente è il lenzuolo sepolcrale dei pensieri: però io non descrivo la ebbrezza dello amplesso di Beatrice con la matrigna Petroni, non l'amaritudine di toccarsi guancia con guancia, bocca con bocca, e sopra i volti confondere le mutue lacrime.
Si gittarono bramose le braccia al collo: - ahimè, le catene impedirono di stringerselo liberamente. Tralascio i singhiozzi convulsi, le parole desolate, i sospiri lunghi di fuoco; - tanto mi avanza a raccontare di queste miserie tuttavia, che a pur pensarvi l'anima affaticata trema.
Ma tutto ha fine quaggiù; anche il pianto, quantunque egli sia il più copioso dei retaggi lasciati dal vecchio Adamo ai suoi figliuoli: onde per ultimo entrambe si tacquero. Il cuore di coteste donne ha bisogno di riposo per sentire un nuovo dolore.
Beatrice osservando la matrigna donna Lucrezia con abito sfoggiato di stoffa a fiorami, guarnito di trina di Digione, le venne fatto di guardare anche il suo; e con somma maraviglia notò come, senza avvertirlo, anch'ella andasse abbigliata di un abito verde con lavorii a spinapesce di oro, ch'ella costumava, ai tempi della vita serena, portare a preferenza degli altri.
La memoria, amica troppo spesso importuna, le ricordava com'ella andasse di cotesta veste ornata quando prima vide Guido, e fu veduta da lui; e le ricordò eziandio come questi (pieno la mente giovanile dei canti del Petrarca) le dicesse sovente, che al primo comparirle davanti le parve Laura giovanotta.
Ma non correva stagione di accarezzare coteste liete rimembranze: onde cacciatele via da se, si pose a considerare quanto fosse sconvenevole cosa andare a morte con siffatti abbigliamenti sfarzosi. E pensando, come pur troppo era vero, che donna Lucrezia, immersa nel dolore, non vi avesse nè anche ella Badato.
- Signora madre, le disse, quando noi altre donne imprendiamo il viaggio della vita, i nostri censori dicono che per viatico prendiamo la vanità; e se il pericolo ci coglie, lasciamo anzi perire la nave, che gittar via il carico. E veramente affatto torto essi non hanno. Degli altri vizii le donne possono, volendo, emendarsi; della vanità no; perchè quelli si conoscono, ma la vanità difficilmente, o non mai; e neanche si può combattere perchè non sostiene punto l'assalto; ma cede, e fugge, e fuggendo si rimpiatta sotto la nostra persona come l'ombra a mezzogiorno.
- Beatrice non vi comprendo; per me queste le sono cose troppo astruse.
- Ve le renderà più piane uno sguardo che gittiate sopra di voi; vedete un po' come senza porvi mente vi siate abbigliata?
- O gran Madre delle misericordie, esclamò donna Lucrezia spaventata, vedendosi in cotesto arnese; - si direbbe che ho perduto la testa!
Beatrice notò le ingenue parole, e quasi sorrise; ma subito dopo contegnosa soggiunse:
- E poi mostrarci così, sarebbe per la parte nostra una jattanza a sfidare la morte, la quale è lontana dai nostri cuori. Noi la subiamo con rassegnazione poichè Dio ce la manda; non è vero, madre mia?
- Voi parlate da quella savia, e costumata fanciulla ch'io vi ho sempre conosciuta.
- Orsù dunque, Virginia, proseguì Beatrice: tu fa di provvederci una stoffa qualunque, che basti a formare due cappe; una per me, e l'altra per la signora madre: due funi, e due veli... Virginia, o che non mi rispondi?
Virginia si sentiva un peso sul petto, che non le dava balìa di formare parola; a singulti, dopo molto spazio di tempo, favellò:
- Ho un taglio di tela bambagina di colore scuro, ed un altro di taffettà pavonazzo, che mi comperò mio padre alla fiera di Viterbo; - ma non me ne feci mai vestiti... perchè il meglio per me è non essere osservata... nè conosciuta... se li volete?...
- Certamente; e ti darò da comperarne altri meno lugubri, dacchè una fanciulla da pari tuo non ha da usare colori foschi, nè neri; - lo vedi, io, quando vissi, li costumava verdi... E per le funi come si fa?
- E i veli?
- Vengono somministrati dai fratelli della Misericordia... e qui Virginia proruppe in uno scoppio di pianto.
Beatrice si posò la mano sul seno, come per comprimere l'affetto che ne prorompeva, e disse:
- Bene; così avremo a pensare a meno cose ch'io non temeva. Va, affrettati, Virginia, chè le ore ci sono misurate.
Virginia tornò co' panni, e Beatrice senza frapporre indugio si mise a tagliare la tela. Ella ne teneva un lembo, Virginia l'altro, e le forbici scivolavano con maravigliosa celerità rompendo i fili.
- Osserva, Virginia, come si taglia agevolmente questo filo di tela... la vita anch'ella è un filo. - Ora, vieni qua, aiutami un po' a cucire, - a filzetta lunga, s'intende: tanto per quello che ha da durare, basterà. Se io dovessi vivere quanto durerà il punto, ch'io sto per cucire, in verità non lo farei.
E le donne si misero in giro a cucire; ma Lucrezia e Virginia poco frutto facevano, avvegnachè versassero più lacrime che non mettessero punti. Beatrice con dolce rimprovero le ammoniva:
- Perchè piangete nello apparecchiarmi questo camice, che mi deve accompagnare nel sepolcro? Qui, in Roma, Papa Giulio piangeva quando allogava la opera del suo sepolcro a Michelangiolo Buonarroti? E dunque perchè piangeremo noi? Certo egli se la ordinava troppo più magnifica che queste cappe non sono; però ei non la vide terminare, nè all'ultimo ei la ebbe conforme al suo desiderio; mentre noi avremo la consolazione di terminarcele con le nostre mani, ed a seconda del nostro disegno.
E la Virginia raddoppiava il pianto.
- Credi, fanciulla mia, quello che ci rende amara la morte è la paura di morire: la morte in se io non reputa affanno, o almeno ella è breve affanno. I nostri vecchi, nei tempi antichi, per assuefarsi a considerarla come cosa ordinaria ornavano di sepolcri le pubbliche strade, e sovente i giovanetti sopra le tombe dei padri convenivano a favellare di amore. La morte tiene per mano la vita, e così in giro muovono alternativamente dinanzi al tempo. Anche nel discorso dimostravano la morte essere condizione di vita; conciossiachè eglino non dicevano mai: Caio è morto; ma Caio visse, Caio ha concluso il suo giorno supremo, Caio fu. Mi sovviene adesso aver letto come taluno, per tedio di malattia, avendo deliberato morire, astenutosi dal cibo venisse a sanare: non per questo però consentiva a rimanersi in vita; e fatta, secondo ch'egli diceva agli amici, i quali con preghiere si adoperavano ritrarlo dal suo proponimento, ormai tanta via verso la morte, non gli sembrava che la vita valesse il pregio di ritornare sopra i suoi passi. - Se la mia memoria non m'inganna, costui si chiamava Tito Pomponio Attico, ed era amico di Cicerone.
- E perchè dunque, interrogò Lucrezia, sentiamo dentro noi così veemente lo istinto della vita?
- Questo, a parere mio, fu provvidenza della natura; imperciocchè diversamente la creatura umana tanto proverebbe bisogno di disfarsi, che il fine della creazione andrebbe fallito. Vinta che abbiamo la paura, la morte scende sopra i nostri occhi come un sonno allo affaticato. E qual è lo stanco, che non desidera il riposo? Quale il travagliato, che non volesse addormentarsi per sempre?
- Ma invece di mettere tanta paura nella morte, non era meglio rallegrare con un poco più di contentezza la vita? Sempre terrore, sempre paura, e amore mai...
Queste parole favellò Virginia, la miseranda figlia di mastro Alessandro. La Beatrice la fisso dentro gli occhi. I predestinati si conoscono: anch'ella teneva su la faccia impressa l'orma della mano del fato. - Beatrice, rimastasi alquanto pensosa, le rispondeva:
- Il nostro intelletto, Virginia, non arriva a comprendere la ragione di tutte le cose; dov'egli manca aggiuntiamogli la fede, è allora giungeremo a toccare il paradiso. - Qui tirando il filo, le si ruppe; ond'ella, mostratolo così tronco a Virginia, soggiunse: - questo io so dirti, che in qualunque parte si tronchi il filo diventa capo di gugliata. Signora madre, avvertite che le cappe dalla cima hanno ad essere scollate; e se mostreremo il collo, ed in parte le spalle denudate, io spero che i discreti non ci vorranno tacciare d'inverecondia, pensando al festino a cui siamo convitate. Festino, sì, che Dio ne aiuti, dove il rinfresco sarà di capi recisi, e di bicchieri di sangue...
- Ed oh! fosse bastato il mio, che ormai sono vecchia, o sopra la terra più poco ho da stare; ma il tuo, povera figliuola, ma quello dello innocente fanciullo... ahimè! ahimè!...
E il pianto incominciava più procelloso di prima. Tanto soppraggiunse inopinato e nuovo cotesto assalto di dolore, che Beatrice si sentì sgomenta. La costanza, di cui ella aveva fatto procaccio mercè gli esempii e gl'insegnamenti dei filosofi, già stava per venire meno; allorchè, piegando la testa, la percosse il raggio della lampada accesa davanti la immagine della Madonna. Allora ella esclamò:
- Ah! è vero, ed io me ne scordava; quando manca ogni altro conforto, tu sei la stella di tutte le tempeste. La fede o la ragione delle sostanze spirituali, e noi oggimai tocchiamo la porta della Eternità.
E tutte quelle donne di subito levandosi, quasi spinte da un medesimo spirito, rifuggirono alla Immagine celeste come i cigni volano sotto l'ale materne, se gli atterriva lo strido del fulmine: e da quella sorgente inesausta avendo attinto acqua di consolazione, tornarono da capo ad apparecchiarsi le vesti funerarie.
Ecco le donne alternando preci e ragionamenti giungono all'alba del giorno supremo. Dalla plaga di oriente un chiarore roseo e diafano prometteva ai Romani una mattinata dorata e azzurra; - unico vanto, e forse ultima sciagura rimasta alla nostra terra senza fine sconsolata.
Adesso si presenta uno aiutante di mastro Alessandro; questi si astenne, o non potè venire. Lo aiutante era giovane di anni, e di sembiante duro, non però disaggradevole: costui aveva già da qualche tempo sollevato uno sguardo di amore verso Virginia, nè la lingua si era taciuta a domandare corrispondenza: ella gli aveva risposto abbrividendo da capo alle piante, ond'ei veduto ogni tentativo invano, si era rimasto... per allora, dacchè non aveva potuto abbandonare la sua speranza. Di fatti, egli pensò, quale uomo, per abiettissimo che fosse, avrebbe ardito salutarla col nome di sposa? Quale ostello ricovrarla amica? Quale convento monaca? E morto il padre, qual tenore l'avrebbe difesa dalla pubblica ingiuria, e dalla persecuzione della plebe? La infamia diventava pronuba necessaria a coteste nozze.
Lo aiutante stringeva nelle mani un rasoio. Egli guardò lei, e rimase come abbagliato da tanta bellezza; ella guardò lui, e sentì freddo; pure assicuratasi, incominciò a pensare: Una voce di misericordia avrebbe tocco per avventura le viscere del pontefice? Forse alla belva plebea si toglie lo spettacolo del sangue, che vale a renderla sempre più feroce? - Parlate!... Indi rivolta allo aiutante, gli favellò: - A che vi rimanete costà come trasognato? Perchè ci costringete a così lunghi discorsi, quando ci sono contati i momenti per vivere? Noi ci stiamo apparecchiate a tutto.
E l'altro, esitando,
- Illustrissima... lo sa... è costume... i capelli...
- I capelli! - ella esclamò, - e portandosi pronta la mano sul capo ne cavò il pettine, e la magnifica chioma d'oro le scese giù come un'onda per tutta la persona. Ora, ecco, questi sono i miei capelli; e voi che cosa volete farne?
Ma il valletto del carnefice, imbarazzato più di prima, taceva; però che ella riprese:
- Ogni forza ha il suo diritto; - il diritto della scure è non rimanere impedita nel taglio: - ho capito - fa presto, - e taglia...
Beatrice rimase stupida a contemplarla sparsa sul pavimento; le lacrime le si affacciarono agli occhi, nè tanto valse a trattenerle, che non le sgorgassero per la faccia e pel seno. Fin qui nessun dolore le aveva passato l'anima come quello, dacchè nessuno tanto l'avesse umiliata. Quando anche adesso le concedessero la vita, come ricomparirebbe fra le gentili donzelle sue compagne, ella così tosata dalle mani del carnefice? Priva dei capelli, suo decoro e suo vanto, le avevano (si perdoni la stranezza della espressione in grazia della efficacia a manifestare il sentimento, che in quel punto assalse Beatrice) decapitato la testa.
Eccola in mezzo alle sue chiome splendide, come l'Angiolo della luce, nel giorno della maladizione, vide il serto di raggi che gl'incoronava la fronte disperso ai suoi piedi. Quante cure, o dalle sue mani stesse, o dalle altrui avevano ricevuto cotesti capelli? Come, ed in quante diverse guise, non sapeva ella acconciarsegli intorno alla testa? I poeti celebrando quella chioma nei loro canti, l'avevano detta più degna assai che quella di Berenice di splendere tramutata in astri per le volte dell'empireo. I più bei fiori la inghirlandarono, contenti di alitarvi sopra l'ultimo sospiro di profumo. Le gemme, forse esultando nel premerla, scintillarono più luminose. Amore pareva averla lisciata con le sue ale... E tutto questo dove aveva da finire? Per essere recisa dalla mano del carnefice. - Fatalità!
Beatrice raccolse la chioma recisa, e non le bastò a stringerla una mano. Guatolla un pezzo, e poi così, come se fosse persona, le rivolse la parola:
- Compagna fedele di ogni mia sventura! io avrei sperato che tu meco fossi discesa dentro al sepolcro. Dappoichè questo non ha concesso Dio, e tu nemmeno mi rimarrai superstite nel mondo, forse a celare la calvizie della età matura, o a crescere la lusinga della lascivia: nata, e cresciuta sopra capo di vergine, tu non diventerai arnese di menzogna... e poi tutto in te è pregno di disgrazia, e porteresti teco lo infortunio a cui ti usasse. Giova pertanto che tu ti disfaccia, come me, negli elementi che ci compongono; le nostre particelle fatali si sperperino nella immensa fatalità del mondo: insieme unite hanno fatto, e forse tornerebbero a fare prova troppo dolente. Solo ne separo questa ciocca, e tu ti consuma...
E la gittò nel fuoco che ardeva dentro al cammino. In breve della chioma magnifica avanza un pugillo di cenere bianca.
- A te, Virginia, prosegue Beatrice; io parto questa ciocca dei miei capelli in due, ed a te la consegno. Se un giorno mai tu incontrassi un uomo alto e bello, di capello biondo, col segno della fatalità marcato tra ciglio e ciglio... tu lo ravviserai perchè tutti gli sventurati presentano in volto certa rassomiglianza di famiglia; ed io, vedi, quando prima mi ti presentasti davanti ti riconobbi per mia sorella di dolore; e poi, senti... ( - e le sussurrò vergognosa una parola negli orecchi - ) tu gli darai questa ciocca qui: quest'altra serberai per te. Io posso lasciarti danari e robe e gioie, e te le lascerò; ma queste non fanno parte di me; col recarti addosso i miei capelli avrai sempre teco un frammento del mio ente... finchè dura almeno... poichè anche i morti si disfanno, e le reliquie non si trovano più. A te infortunio non possono recare davvero, perchè, poveretta! tu sei per disperazione fatta sicura. Se potessi mutare il tuo stato, Dio sa se lo farei; - comunque sia, ti desidero ogni bene: - chè se, come sembra pur troppo, anche tu ti debba struggere in giorni pieni di amarezza, ti giunga dolce la morte come questo ultimo bacio, che ti do sopra le labbra.