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Francesco Domenico Guerrazzi
Beatrice Cènci

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CAPITOLO XXIX

 

LA GRAZIA

 

Onde tanta pietade in voi si alligna,

Sacerdoti crudeli.

Alfieri, Saulle.

 

Beatrice accostandosi a Padre Angelico, che genuflesso col volto celato fra le mani stavasene a pregare ed a piangere davanti la immagine della Madonna, lo toccò pianamente sopra la spalla, e gli disse:

- Padre mio, vorreste, di grazia, chiamarmi i fratelli della Misericordia? chè ad essi e a voi desidero commettere certe mie novissime preghiere.

- Volentieri, figliuola; e il frate andando, tornava presto in compagnia dei fratelli incappati. Essi tenevano il cappuccio tirato sul volto, sicchè di loro non apparivano altro che gli occhi, bastevoli a svelare le passioni dell'anima. Invano da cotesti fori sariasi senza fallo riconosciuto il fratello Aldobrandino, intervenuto costà meno per confortare, che per ispiare: i suoi sguardi si aggiravano attorno aridi, curiosi, micanti, e nondimeno inquieti.

Quando le si furono schierati dintorno, la Beatrice così favellò:

- Fratelli in Cristo! Dello ufficio caritatevole, che voi mi prestate, vi rendo col cuore quelle grazie che il mio labbro non può pronunziare, e prego Dio che vi retribuisca secondo i meriti vostri. Tanto più io mi sento poi penetrata di tenerezza per voi, in quanto che standovi incappucciati, epperò a me ignoti, volete significare con questo, che voi non sovvenite alla persona, bensì alla creatura che soffre. Ma io ho bisogno di maggiore aiuto da voi, che voi per ordinario non pratichiate dispensare; ed io ardisco supplicarne sì voi, che questo piissimo padre spirituale. La nuova mia inchiesta sia, io prego, argomento non d'indiscretezza per mia parte, bensì del bisogno. Mediante il notaro della Compagnia dello Sacre Stimate ho fatto il mio testamento. Ora dubitando che i tribunali vogliano mettere qualche ostacolo alla sua esecuzione, supplico voi affinchè v'interponiate con tutti i nervi presso Papa Clemente, e lo induciate a contentarsi che la mia dote venga impiegata nel modo che sta scritto dentro. - Voi procurerete eziandio farmi celebrare in suffragio dell'anima mia duegento messe, delle quali cento prima di essere seppellita, e cento dopo: a tal fine piacciavi ricevere questi quarantacinque ducati, che mi trovo ad avere addosso, e pel di più che potesse abbisognare piacciavi farne ricerca a messere Francesco Scartesio mio procuratore, che ve lo darà. Desidero che Andrea, Ludovico ed Ascanio, soldati che durante la mia prigionia ebbero per me viscere di carità, sieno ricompensati largamente, onde imparino che la misericordia adoperata verso i miseri, come sempre riceve la sua mercede nell'altro, così talvolta la trova anche in questo mondo; e ciò li conforti a continuare ad usarla anche a coloro, i quali mi succederanno in questo luogo di angosce. Rendansi a messere Carlo da Bertinoro quaranta ducati che m'imprestò. A Virginia, la quale con affetto più che fraterno mi ha servito, e sollevato nei giorni dolentissimi della mia tribolazione, oltre quanto le lascio nel mio testamento abbiasi tutti i miei panni lini, lani, e serici, ed ornamenti di oro, che si troveranno in questa carcere. Ma dov'è Virginia? Che fa ella, che non si vede?

E girati gli occhi intorno a se, poichè non la scòrse, continuò:

- Infelice! A lei non resse il cuore di contemplare quello che io sono destinata a soffrire. Povera fanciulla! degna in tutto che il cielo le desse o un'altra anima, od un altro stato! Non so se io deva, o no, desiderare di rivederla; ma nel caso ch'io non la rivedessi, salutatemela caramente per me, e ditele che spero rivederla su in paradiso dove gli angioli sono tutti uguali, e traggono origine unica, santa, ed immediata dal Sommo Dio. Quando - e si portò la mano al petto - quando questo cuore avrà cessato di battere, voi mi seppellirete nella chiesa di San Pietro in Montorio: colà il sole, sorgendo dalle cime di Montecavi, manda il primo saluto; e quantunque i morti non sentano calore, vedano la luce, purtuttavia consola, nella ora della morte, sapere che la tua tomba sarà visitata dai luminari del cielo. Sopra le medesime colline, più verso il mare, or fa quattro anni seppellirono Torquato Tasso. In San Pietro in Montorio si ammira la Trasfigurazione, ultimo quadro di Raffaello, che la morte gl'impedì condurre a fine. Io ben posso starmi con loro, perocchè essi fossero grandi per fama, e per isventura; ed io, nulla per ingegno, mi sia poi per isventura grandissima. Quando il tempo avrà logorato i dipinti di Raffaello, e fatto obliare i versi del Tasso, i nostri nomi non andranno dimenticati per virtù di amore, ed ogni anima vedova di felicità muoverà il passo per questi colli come in pellegrinaggio di passione. Raffaello, a modo dello antico Aci, annegò immaturo e glorioso nell'onda dell'amore; il Tasso venne respinto quasi nemico dal cuore superbo di donna reale, che senza cotesta ingiuria noi ignoreremmo perfino che fosse nata. Per me, amaro caso!, lo Amore invece di ferirmi il seno con i suoi strali, che i poeti dicono di oro, mi è venuto alle spalle come un traditore armato di scure. Ma questo non monta; e' sono favellii di femmina; perdonateli. già crediate che io il faccia per rammarico di vita: mai no, vedete; chè se ad acquistarmela ora bastasse il solo voltarmi addietro, io non mi ci volterei. Intanto che io torno a ragionare con Dio, concedete, carissimi fratelli in Cristo, ch'io mi confidi nell'assistenza delle vostre orazioni.

Lucrezia, imitando lo esempio della figliastra, dispose anch'ella di parecchie cose in beneficio dell'anima sua non meno che dei parenti, come si legge nello estratto del Giornale della confraternita di San Giovanni decollato in Roma.

 

*

* *

 

Prospero Farinaccio dormiva di un profondissimo sonno, rallegrato da gaie immagini di trionfi, di onori e di dovizie; e tutta questa piramide di rosee visioni gli appariva incoronata da un magnifico cappello da cardinale, ch'egli, per vezzo, scherzando depositava sopra le bionde trecce d'una femmina, la quale arieggiava nel sembiante il volto della Beatrice. Allo improvviso venne svegliato di soprassalto dal fragore di vetri stritolati, e da un picchio di sasso nelle finestre della sua camera. Al punto stesso una voce lugubre urlava giù per la strada:

- A che stai? A che stai? Mentre tu dormi, tutti i Cènci vengono menati a guastarsi.

Si precipita di letto, e spalanca la finestra. L'alba appena spuntava: tese gli occhi, ma non gli riuscì scorgere persona; la voce in lontananza tornò a ripetere la novella desolata:

- Tutti i Cènci vengono tratti al patibolo, e tu dormi?

Si veste smanioso; gittasi in carrozza, e, volato alla prigione di Corte Savella, udiva confermarsi la cosa: rientra in carrozza e si affretta al palazzo Quirinale. Ascende gli scalini a due, a tre per volta affannoso, e arriva nell'anticamera del papa. Qui giunto domanda con ansietà ai camerarii gli procurino accesso al sommo Pontefice per negozio urgentissimo; andarne di morte, e di vita: per amore di Dio facciano presto. E non sono partiti ancora?

Un camerario con molta pausa prendendolo per le braccia, e tenendolo fermo davanti a se in aria beffarda, ma perfettamente garbata, gli dice:

- Chiarissimo signore Avvocato, ella ha da sapere come qualmente Sua Santità tuttavia riposi.

- Ma io so che il Santo Padre si alza di buonissima ora.

In questa un altro camerario, tolto il Farinaccio pel braccio sinistro, gli faceva fare un quarto di cerchio a mancina favellandogli:

- Ma si assicuri, illustrissimo, che il Papa dorme sempre.

Un terzo camerario, stretto a sua posta per l'altro braccio Prospero, lo girava a destra, ed anch'egli lo cerziorava:

- Capisce, degnissimo signore Avvocato, Sua Santità vuol dormire - perchè non ha chiuso occhio tutta la nottata.

Per questo modo il Farinaccio, ora aggirato da quello or da quell'altro, si trovò ad avere descritto un cerchio intero con la propria persona, e, tranne un profluvio di melliflue parole, non avere ottenuto cosa che valesse. Tale correva allora il costume in corte di Roma, ed anche di presente credo che si usi così. - La fortuna volendo dare una mentita a cotesti nuovi farisei, fece che in quel punto il coppiere del papa si presentasse in anticamera con una tazza spumante di cioccolatte apprestato pel suo padrone, e se ne andava diritto verso la stanza cubicolare per ministrarglielo.

I camerarii, per non iscomparire così alla spiattellata, gli ammiccavano a sostare; ma quegli ingenuo disse:

- Io non vi capisco; dianzi mi avete chiamato come se fosse il finimondo, onde portassi il cioccolatte a Sua Santità, che da un bel pezzo era desta, ed ora volete ch'io mi fermi.

- Tu trasecoli; noi non gli abbiamo sentito suonare il campanello. Sua Santità dorme di certo.

- Se non udiste voi da vicino, o come va che lo sentii io da lontano? Voi m'incominciate a doventare di quelli, di cui dice il Vangelo: habeant aures, et non audiant.

In questa ecco udirsi squillante il tintinno del campanello, come agitato da persona spazientita di aspettare.

- Ve lo aveva pure avvertito, che siate benedetti! - Largo, proseguì il coppiero, che Sua Santità facilmente va in bestia, ed a me toccherebbe la prima lavata.

E si fece più oltre per sospingere gl'importuni, e passare.

Il Farinaccio allora, prontissimo imitando lo esempio del coppiero, in danno di questo gli tolse il bacile di mano, aperse la porta, e penetrò audace nella camera del pontefice. Il coppiere stette per gridare: al ladro! Ma subito dopo, non gli parendo verosimile che un ladro di tanto fosse ardito di penetrare dentro, e molto meno poi da rifugiarsi nelle medesime stanze del pontefice, rimase sbigottito; tanto più che il Papa stesso gli accennò con la mano si allontanasse.

Prospero, deposti sopra la tavola guantiera e tazza, si prostrava ai piedi di Papa Clemente dicendo:

- Non mi sia ascritto a colpa, Beatissimo Padre, io ve ne supplico in ginocchioni, di assumere le parti per me onoratissime del più umile fra i vostri servitori.

- Alzatevi...

- Deh no! Santità, lasciatemi così col capo nella polvere, tale dovendo essere lo atteggiamento di cui supplica sconsolato; e me adesso opprime inestimabile amarezza...

Ed aspettava che il Papa lo interrogasse intorno alla causa della sua venula, intendendo spiare dal suono della voce di lui che cosa fosse da sperarsi, e che da temersi; ma il sacerdote stava chiuso, e impenetrabile come sfinge di granito; per lo che Prospero ebbe a continuare con la più pietosa voce, che mai fosse udita nel mondo:

- Un grido, e in fede di cristiano vel giuro, un grido sinistro mi ha desto a l'orza gridando: Sciagurato! tu dormi, mentre tutta la famiglia dei Cènci sta per essere tratta al patibolo? - Io poi non saprei dirvi, Beatissimo Padre, se questa voce muovesse dal paradiso, o piuttosto dallo spirito delle tenebre.

- Perchè temete che uscisse dal maligno? Nella bocca del diavolo non riposa la verità.

- Ah! dunque la voce fu vera? E allora, Santità, grazia, grazia per tanto sangue innocente, che va a spargersi. Roma non avrebbe mai veduto, dacchè fu fondata, così spaventevole tragedia.

- Come innocenti? E non confessarono tutti il commesso misfatto?

- Mea culpa, prosegue il Farinaccio forte percuotendosi del pugno chiuso il petto; mea culpa, mea maxima culpa. Dio ha voluto umiliarmi. Dio ha voluto mandarmi causa di piangere, finchè, come a San Pietro, le lacrime non mi abbiano fatto il solco per le guance. Il senno dell'uomo presuntuoso della sua scienza, a paragone dello intelletto di amore della vergine è stato rinvenuto insania, e laccio di morte, Io fui quegli, Santità, che persuasi la gentil donzella Beatrice Cènci a confessarsi, comecchè innocentissima, colpevole del parricidio: ella era prossima, e disposta a morire fra i tormenti per testimonio del vero; fui io che la ritrassi dal suo proponimento; io che le promisi come, se incolpando ed escusando gli altri, avrebbe di leggieri procurato salvezza a se ed a loro: a quelli, come inconsapevoli del parricidio; a se, come da suprema necessità costretta a difendersi dalla incestuosa violenza. Ella contrastava; ella sosteneva la difesa migliore per la innocenza consistere nel dire la verità, e niente altro che la verità! O parole santissime, inspiratele da Dio! Ma io la scongiurai; con le lacrime agli occhi le feci forza; vi adoperai lo assalto dei domestici affetti, la generosità del sagrifizio, la virtù della carità; ed io ed i suoi parenti, genuflessi intorno al letto dove giaceva con le ossa rotte, e le carni straziate per l'atrocità delle sofferte torture, tese supplici le mani non la lasciammo finchè, vinta, ella suo malgrado e nonostante i sinistri presagi, non ebbe promesso di confessarsi rea nel modo che ha fatto, e nella guisa che alla tradita fanciulla io stesso dettai. Grazia dunque, Padre santo, pietà. Oh! s'ella avesse a morire così per mia colpa, l'anima mia desolata dispererebbe della sua eterna salute.

- Non vi sgomentate per questo; troveremo ben noi la via di mandarvi in paradiso.

- E dalla mia coscienza, chi mai mi salverà?

- La vostra coscienza.

Queste parole, profferite con senso inenarrabile di scherno, caddero sul capo del Farinaccio come una falda di fuoco infernale: levò gli occhi per fissare in volto Papa Clemente: e il volto di Papa Clemente gli apparve di pietra:

- La mia coscienza, riprese Prospero avvilito, mi dice che non avrò più pace.

- L'avrete, - credete a me, che me ne intendo - l'avrete. Meritissimo signor Consultore, io vi conosco per uomo di molta perspicacia, e nella professione vostra singolare. Voi, e di ciò vi tributo la lode meritata, adempieste il nobile ufficio vostro con zelo e perseveranza, che appena potevano rinvenirsi uguali, maggiori non mai. Ora, poichè tanto sapete fare il vostro dovere, soffrite in pace che altri faccia il suo.

- E appunto, Santo Padre, perchè non solo il sentimento del dovere, ma l'affetto, la necessità della vostra angusta natura vi persuadano la giustizia, io mi feci ardito ammonirvi di tutto quanto vi ho esposto, onde con eterno carico del vostro nome poniate mente a non isbagliare la strada.

- Noi abbiamo rispettato (e qui la voce del papa si fece sentire un cotal poco tremante) in voi lo ufficio dell'avvocato; adesso rispettate in noi quello di giudice.

Il Farinaccio, prostrato sempre ai piedi del pontefice, aveva sembianza di uno di quegl'isdraeliti, che a piè del monte Sinai stavano in aspettazione della parola di Dio, e, come loro, egli udiva formarsi sopra il suo capo la parola in mezzo a fulmini ed a tuoni. Però non si dette anche per vinto, e tentando uno sforzo disperalo insistè:

- Dove non giunge la giustizia arrivi la misericordia...

- Bisogna che muoiano!... - concludeva tagliente il pontefice, e col piè premeva il pulvinare di velluto.

- Bisogna! - esclamò il Farinaccio levandosi in piedi. Ah! se bisogna, allora la faccenda è diversa. Perdonate, Beatissimo Padre, se per me siffatta necessità s'ignorava, e concedete ch'io mi allontani con la morte nel cuore.

Il Papa si accorse aver detto troppo, e conobbe essere mestieri emendare, come meglio potesse, la incauta parola.

- Sì; - certamente, mio malgrado, - bisogna, Il genio del popolo, la fama di Roma. la sicurezza dei cittadini, la religione del papale ammanto impongono a chiudere le orecchie alla misericordia...

- Impongono che tutti muoiano attanagliati, mazzolati, e squartati?

- Voi, come uomo di molta dottrina, sapete, signor Consultore, come gli Egizii condannassero il figlio parricida ad essere trafitto da infiniti taglientissimi stecchi, e poi arso sopra un mucchio di spine: il padre che uccideva il figlio, a guardare per tre giorni continui il cadavere dell'ammazzato. - Qui in Roma, nei primi tempi del paganesimo, non si conobbe legge contro i parricidi: crescendo poi la malizia degli uomini a tanto eccesso, il supplizio orribile della legge Pompea parve mite a punirlo. Ai tempi nostri piacciavi volgere lo sguardo ai reami di Spagna, Francia, ed Inghilterra, e voi non troverete pene punto più dolci. Se noi facciamo mozzare la testa al semplice omicida, ragion vuole che corra divario di pena fra il parricida e lui. Tuttavolta, in grazia vostra, noi assolveremo le donne dall'attanagliatura e dallo squarto; ferma stante però la decapitazione.

- Anche il putto ha da avere mozza la testa?

- Qual putto?

- Bernardino Cènci, Santo Padre; voi lo sapete, non tocca eziandio il suo dodicesimo anno, e anch'egli dovrà subire la pena dei parricidi? Io lo difesi appena, pensando che il migliore avvocato per lui fosse la fede di battesimo; e m'ingannai.

- Ma o che forse non confessò anch'egli avere partecipalo al misfatto?

- Confessò, certo, confessò; ma a cotesta età può egli sapersi parricidio che sia, e confessione che importi? Non confessò egli perchè i tormenti cessassero, e dopo la promessa che lo avrebbero salvo? Padre santo! anche una volta porgete ascolto alla voce del cuore, che vi persuade a misericordia; porgetele ascollo: anche noi un giorno avremo bisogno di pietà.

- Voi mi mettete uno scrupolo circa a Bernardino Cènci. E il Papa declinò il capo in atto di meditare. Poichè si fu rimasto alquanto in cotesta positura, proseguiva:

- Ordinariamente la tristizia non supera la età; qualche volta anche si, e di questo se ne leggono esempii; la età salva nei delitti atrocissimi; - tuttavolta, dacchè da questa parte mi viene scrupolo, e potendo vorrei satisfarvi, meritissimo signor Prospero; onde non ve ne andiate sconsolato, anzi rimaniate persuaso del molto conto che facciamo di voi, intendiamo, e vogliamo graziare della vita Bernardino Cènci. Adesso andate in pace, e lasciateci a stendere e spedire il placet, affinchè non arrivi tardi. Ora voi vedete, signor Prospero, che per noi istà, che voi non abbiate a chiamarvi contento.. Andate in pace.

A Farinaccio pareva di vedere rinnuovato in se il caso del patriarca Giacobbe, quando i figli traditori gli posero nelle mani la vesta insanguinata di Giuseppe, ed egli ebbe a dir loro: grazie! Partiva col cuore lacero, e il prete mascagno presumeva avergli dato ad intendere che lo aveva vinto. A capo basso, con voce fioca rese grazie al Pontefice per la sua degnazione, mentre questi, in sembianza di affettuosa premura, gli andava ripetendo:

- Ora subito vi spediremo il placet, e vi autorizziamo ad annunziare spacciatamente averlo noi concesso ai meriti di vostra signoria...

- Ex ore leonis - mormorava il Farinaccio scendendo dal palazzo Quirinale: - i nostri antichi consacravano agli Dei i lacerti dell'agnello riscattato di bocca al lupo.

E così allora pensò; molto più dopo, quando conobbe di qual sorte grazia avesse fatto al garzoncello Bernardino il Papa Clemente. Tuttavolta, coll'andare del tempo, col sentirselo ripetere dallo universale, e col riceverne grazie fervidissime, non che da altri, dallo stesso Bernardino, e trovando inoltre il suo tornaconto a credere così, terminò col credere davvero di aver sottratto cotesto fanciullo alla morte. I facili amori, le alterne vicende del giuoco, la plebea gozzoviglia lenirono in prima, poi resero ottuso affatto in lui il senso del rammarico. L'agiatezza che ricavava dallo ufficio di consultore, il credito grande che godeva in corte lo persuasero più tardi ad astenersi dalla difesa dei Cènci per la rivendicazione dei beni fidecommissarii infeudati in benefizio della Camera Apostolica. Si scusava col dire che egli, in quanto a se, aveva fatto assai: adesso altri si provasse: anche Gesù Cristo aver chiamato il Cireneo a sollevarlo dal peso della croce.

Queste ed altre cose diceva con sembiante di vero, ma ell'erano false. Vero unicamente l'atroce presagio del sacerdote scettrato, quando a Prospero Farinaccio, che lo interrogava chi lo avrebbe salvato dalla propria coscienza, rispose: «la vostra coscienza


 

 

 




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