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Giorgio Cicogna Canti per i nostri giorni IntraText CT - Lettura del testo |
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A UN BAMBINO
O piangere di bambino monotono lamentare ripetersi senza tregua di un’unica triste nenia, insistere d’un frignare che pare debba durare eterno; pianto infinito tedioso senza riposo scandito tratto tratto dalle síncopi dei singhiozzi O piangere che vuoi dire? che chiedi? non c’è una mamma lì presso, piccolo bimbo che più non taci coi baci per il tuo dramma?
Non vedo ma t’indovino lì, roseo nella tua culla; un tenue piccolo nulla. Nessuno! Domani forse il mostro, che scanna, o il monaco che prega; o Cesare o Giuda; o l’uno che non ha nome nel gregge. Questa sarà la sorte tua. Piangi, piccolo tu che puoi; forte.
Ma se unico per la tua mala sorte per un cattivo gioco del tuo destino, con gli occhi che ora sgrani azzurri che ora volgi attoniti vorrai guardare, e il mondo tutte le cose intorno con l’arme nuda del tuo pensiero frugare vorrai nel fondo e nel breve giorno della tua vita scavare, con la sola forza delle tue dita, un sentiero che ascenda; se sei nato ricco del più greve dono — tu solo! — sotto cui piegarsi, e fiaccarsi, e brancolar perduta possa mente d’uomo,
bimbo allora ascoltami lascia questo piangere taci ed addorméntati serba le tue lagrime che te ne rimangano che tu n’abbia tante quando avrai davvero fame fame di giustizia che nel mondo non ha un pane bimbo, e sete sete di chi vede e sente scorrere la fonte per l’arsura di cui brucia e c’è una rete che lo serra, tutt’intorno... Perchè intorno — bimbo che piangi — già il mondo ti tesse guarda, una rete, una rete d’inganni frodi, astuzie, paure, promesse... Te la tessono stretta e fitta che tu non possa mai più liberartene; te la tessono, fitta e stretta tutti, a gara, per imprigionartene. Tutti, bimbo! t’inganna la madre che adesso ti canta la sua ninna nanna perchè t’addormenti; t’ingannerà uguale la voce del bene la voce del male l’amico, il nemico l’amore, il destino,... perchè non si vuole che tu ti ribelli insorga, ti scrolli, gridi alto, alto voli...
Bambino, potresti. Tuo è il mondo. Te l’offro se m’odi:
Ama l’uomo; non quello che sognan le favole, il buono pio, giusto; ma il vero che vive, è nel mondo, ti esalta sincero; sincero ti schiaccia, se può. Anch’egli crede d’amarti. Tu aiutalo. Parla — se parli — le piane parole del bene, perchè il bene è il clivo più breve; ma indulgi al sentiero tortuoso; anch’esso ànsima, in cerca di un vértice; e aiuta chi traccia la strada più grande per tutti; l’immenso tratturo che porta su il gregge, al futuro. Quando operi, accénditi e avvampa. Il mondo ama la fiamma. Ma il fuoco non stémperi il nitido ghiaccio giù in fondo, del cuore; diamante che hai teco. Non credere al sì. Per immenso che gridi a te intorno il consenso tu dubita. All’uomo chiedi oro; ch’è il premio degli uomini; non altro. Il tuo premio sia il chiudere sereno dei giorni, con l’animo placato, il tuo debito assolto. Guarda oltre; rivolto al domani. Il tuo ieri sia morto ogni giorno; ma guarda ove altri non vedono; i segni remoti; le mète lontane; i segreti strappati; gli spazi violati, i vergini astri raggiunti, l’urna orrida dei morbi infranta, la morte fiaccata, il primo alito infuso dall’uomo al primo essere — e, lungi più lungi, ai confini dell’opera grande, l’oceano azzurro, la foce...
E dì all’uomo — se parli dell’uomo — che il cielo è immenso; un’immensa voragine è l’atomo; il tempo anche è immenso; soltanto una cosa è più grande del cielo del tempo e dell’atomo; quel grappolo bianco e grigiastro striato di sangue e di siero ove arde il pensiero. |
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