DELLA FORMA DELLE MUSE,
CAVATA DA GLI ANTICHI AUTORI
GRECI, ET LATINI,
OPERA
UTILISSIMA
à Pittori, &
Scoltori.
COME non è soggetto
in cui soglia e più sovente, e con maggiore studio
adoprar l'arte sua ogni Pittore, e Scoltore industre di quello delle nove Muse,
per esser soggetto fra tutti e nobilissimo, e vaghissimo a vedere: così niuno
per aventura, è da ciascun di loro meno inteso, e conosciuto. Chiara pruova di
ciò possono esserci tante pitture, & scolture di Muse non sol moderne, mà
anco antiche, nelle quali si vede per lo più non esser servata la vera, &
propria forma loro, quale da buoni auttori ci è
descritta. Che se la forma è quella, che dona l'essere alle cose tutte, come
han detto i naturali, necessariamente convien dire, che ne
l'artefice intende ciò ch'elle siano, ne 'l riguardante può conoscere che sian
più tosto Muse, che altre donne, ò celesti, ò mortali. A questo havendo io
infin da i primi anni, che mi diedi allo studio della
pittura avvertito, mentre ch'andava rivolgendo le carte di tutti quei scrittori
onde giudicava potersi arricchir l'inventione del Pittore, molte cose intorno
alla Natura, & condition delle Muse osservai, le quali hora m'è parso di
raccogliere in questo picciol libro, con quell'ordine co’l quale furono da me
di tempo in tempo osservate, e divolgarle, accioche di qui possano i Pittori,
& Scoltori apprendere la vera forma,
nella qual le Muse debbono rappresentarsi. Et comminciando da
Esiodo antichissimo poeta Greco, egli fà che le Muse siano figlie di Giove,
& di Mnemosine, concette doppò l'essersi giacciuto con lei nove notti,
& che furono partorite in Pieria.
Pausania dice, che
secondo Mimnermo poeta le Muse più antiche furon figlie del Cielo, & l'altre più recenti di Giove.
Diodoro scrive, che
i più vogliono loro esser di Giove, & di Mnemosine figlie.
Alcmeone & altri
le fanno figlie del Cielo, & della Terra, mà altri tre, altri nove le fecero,
ma di nove vinse secondo Esiodo, & Homero. La più
bella di tutte a parer del medesimo Esiodo, e la più nobile fu Calliope. Ad
ogn'una di queste fu assegnato il suo ufficio, come la Poetica, i Balli, la
Melodia, i Chori, l'Astrologia, e 'l rimanente delle
dottrine. Molti dissero, che fur Vergini, perche la
disciplina delle virtù è incorrottibile. Sono dette Muse secondo Eusebio
dall'insegnar à gli huomini le cose buone, &
utili. Particolarmente Clio fu così nomata per la gloria, che nasce dalle lodi de Poeti. Euterpe pel
diletto, che si tragge dall'eruditione honesta. Talia perche si stenda in longo
tempo sempre verde la laude de Poeti acquistata.
Melpomene per la melodia che gustano gli auditori. Tersicore dal piacer che dà à gli ascoltanti per cagion de beni,
che provengono dalla dottrina. Erato perche gli huomini dotti sono
communemente amati. Polinnia perche con la soavità del canto rende i Poeti per
Gloria immortali. Urania perche gli scientiati inalzi sin' al
Cielo. Calliope perche trappassando l'altre di
soavità di canto, sia in gran prezzo appresso gli auditori.
Frà quelli che
dissero tre sole le Muse riferente il Pierio fur Eumilo Corintio, che le
nominò, Cesiona, Apollonida, & Euristenida, & le fece figlie di Apollo. Ma Arato le fece
quattro, Arge, Meletea, Telione, & Aete; & chi cinque le pose, le
denominò da cinque sensi. Epicarmo le fece sette, e figlie di Piero, & di Pimplea ninfa, de quali i
nomi sono Nile, Tritone, Asope, Eptoporta, Acheloa,
Titople, & Rodia. Ne i primi tempi da gli antichi
Teologi furon tenute se non due, l'una delle quali contemplando trovasse, &
l'altra, con certo giudicio disponesse l'inventioni. Mà perche ricacciavano da primi esordij delle cose opre non prima conosciute al
volgo, alcuni v'aggiunser la terza dalla memoria nominata, & quella gli
stessi non dall'operatione, mà dal canto, apellarono; mà lo Scaligero, più i
primi appruova. Quelli che le tre conchiusero, così divisero in tre l'ufficio
di questa terza: percioche hebbero la musica più antica triplice nella armonia, cioè, che constava nella semplice voce, in
aere, de gli stormenti, & nell'acque l'Idraulica. Più sottilmente dice lo
stesso Scaligero esser derivato il numero delle Muse da
quello de cantori, perche crescendo egli al quarto, v'aggiunsero la
quarta Musa; cresciuta poi l'arte de concenti con la varietà de li organi fur
dette sette; & finalmente à nove si fermarono. Et ciò non senza cagione,
sendo egli numero perfettissimo, & perciò le
dissero figlie di Giove quelli antichi Teologi; perche insieme co' principij
della vita nostra della quale egli è autore subito ancora nacque l'armonia; e
Mnemosine madre fecero, con la stessa ragione, che quegli altri una delle tre
la fecero, & è tolto dalla filosofia sendo, che da le attioni frequenti, si
fà l'habito, da gli altri la memoria, dalle memorie le propositioni, & da
queste le conclusioni. Or però l'arti fur dette, che furono
date per successione, & come di mano in mano, non usandosi appo loro
antichi gli scritti, mà per Sacramento in successione si lasciavano come i
Pitagorici, i Druidi, & i Caldei con la Cabala. Ne
con meno ragione fecero Eufeme lor nutrice sendo che 'l premio de saggi è la
buona fama, e come per il contrario statui Platone a mali la mala fama per
supplicio, nelle sue leggi.
Ne per altro fu creduto Piero Macedone esser
lor padre, se non che fù creduto il primo che facesse Poemi, & ci
ammaestrasse le figlie, alle quali pose
i nomi delle Muse, & alcuni credono lo stesso di Osiride Egittio che fanno
lo stesso anco con Apolline.
Hora Stefano Pighio
dice, che tre furono prima le Muse, come testifica Zezzes, & Arnobio di
mente di Eforo, & Eumelio, & Varone scrive lo
stesso. Perche ogni suono in tal numero si termina in voce, in fiato, come nel
flauto, & nel tatto come nella cetera. Mà fur poi dette nove, perche alcune
Città di Grecia ordinarono tre artefici, che ciascun d'essi
tutte tre le formassero, per dedicarle più belle poi al tempio d'Apollo. Fur fatte, & tutte piacquero, onde nove fur dedicate,
& nomate.
Mà Igino dice che
nacquero di Giove, & Moneta, delle quali Melpomene partorì le Sirene
d'Acheoo fiume.
Fornuto vuole, che
la cagione perche si dica, che Giove di Mnemosine hebbe le Muse sia, perche è
duce delle polite lettere, le quali non senza gran cura acquistar si possono,
& esse sono à bene, e beatamente vivere sommamente necessarie, & si
chiamano Muse dal ricercare secondo il detto, mà elle sono
nove in numero, perche quelli che vengono raccolti nel lor numero, vengon fatti
triangulari da loro, come alcun dice, perche è tale il novenario numero, che da
se, & di sua natura accenna certa generatione, & pare ch'e sia
partecipe della perfettione del primo numero. Mà sono stati alcuni che le dissero due, altri tre, altri quattro, & altri cinque;
Tre per la detta cagione della ternaria perfettione; overo che sieno tre i
generi delle speculationi, con quali si comprenda tutta la filosofia, due de
quali consistono nelle speculationi, & il terzo nelle attioni. V'aggiunsero
la quarta, & la quinta forse, perche i Musici strumenti hebber tanti suoni.
Si fanno poi femine, perche per ventura le discipline, & le virtù han nomi
feminili: del che argomento evidentissimo ci è la
cognitione abondante di molte cose, & quasi si potria dire ciò essersi
detto per la fertilità, la quale si fà con la cognition dell'animo oltre di ciò
stanno, & caminano insieme, per dimostrarci le virtù esser inseparabili, & unite, si dilettano
de gli hinni de Dei, e del lor ministerio, perche il principio, &
l'elemento d'ogni dottrina è tener sempre gl'occhi rivolti alle divine cose,
& ragionarne sempre come un essempio della vera verità. Mà in altro modo
s'intende Clio , che i letterati acquistino gloria à
s, & ad altri; Euterpe, che la conversation de i dotti sia dilettevole e
soave; Talia, ò perche la costor vita sia sempre verde e vivace, ò pur
c'havendo la virtù della mensa, dottamente, & accortamente dimorano ne'
conviti; Melpomene dal canto, & dalla soavità della voce che stà ne i
versi, sendo che i buoni sien da tutti celebrati, & essi celebrino gli Dei,
& gli huomini antichi; Terpsicore; sendo che la miglior parte della vita
essi dispensino con diletto, e con gaudio, overo ch'apportin diletto à quei che
pratican seco, ò pure che co’i versi composti da gli huomini dotti,
instituirono i balli a Dei gl'antichi, Erato fù detta dall'amore, ch'è presente
a tutto 'l genere della Filosofia, ò dalla potentia dell'interrogare, & del
rispondere, sendo chiaro, che gli studiosi dell'arte sono prattichi del
disputare. Polimnia, ò è celebrata virtù, ò pure celebrante molti, ò riassumente
quanto è stato detto, ò in Poema, ò in historia da altri è conservante, Urania
stà circa le celesti cose e però è scientia universale, & di tutte le cose;
perche gli antichi chiamavano il Cielo l'universo mondo; Calliope, e la
retorica eccellente con soave voce, & elegante parlare, con la quale si
reggono le rep. e si allettano gli huomini con le persuasioni, & con
l'essortationi, e non forzatamente gli conducono ove lor piace: e per tal
cagioni si dice ella esser compagna de Rè, & de
gli huomini buoni. Certamente à questa si attribuiscono
varie cose, cioè che dichiari le opere altrui, garbate, e consentienti, &
la vita de buoni esser quadrante, e corrispondente à se stessa. Nè mancarono,
chi dicessero quelle esser figliuole del Cielo, &
della terra, & per la perfettion del ternario fur dette tre; il qual numero
fù attribuito anco à Dio, & di questi fù anco Censorino, per le tre
intentioni grave mezzana, & acuta,
& chi disse sette alluse alle sette arti liberali, ò alle voci de
gli antichi istrumenti.
Altri vollero che
fossero stimate anticamente trè non per le tre maniere di canto, mà più tosto
perche le discipline fur tripartite, da Filosofi, Retorici & Matematici,
& di qui trè le lor gratie Muse dette; & quinci secondo Esiodo ogniuna
di queste in tre fù ripartita, la Filosofia nella
dialettica, morale, & naturale, la rettorica nella dimostrativa,
deliberativa e giudiciale, la Matematica, nella Musica Aritmetica, &
Geometria. Et altri le partiscono per le Stelle erranti, per le fisse, &
per le parti sottolunari, & corruttibili, & si dissero nove pel numero si perfetto; onde i Greci, & Latini talora
l'hebbero, e dissero per sommo, & consumato numero, come osservò Eustatio
in Omero, & i grammatici in Nicandro, & in Arato Leone. Et Esiodo
perciò disse nove perch'egli è numero buono ad ogni
cosa, & ugualmente eguale. E forse anco che Oratio,
quando diede per precetto che i nostri componimenti si dessero alla luce nel
nono anno, ciò volle; & fu imitato da Quintiliano, secondo il Giraldi;
leggendosi ora decimo. Et l'interprete di Arato
disse che perciò la lira di Orfeo hebbe nove corde, pel numero delle Muse; e
soggiunge Censorino molti essere stati di parere il settenario e 'l novenario
esser di gran valore nella vita nostra, il settenario al corpo e 'l novenario
all'animo, e quello fù attribuito alla medicina, & ad Apolline, e questo
alle Muse, perche la Musica suol raddolcire, e risanar gli animi infermi.
Ch'elle sien figlie di Giove, & di Mnemosine,
vien a dire che dalla memoria, & dalla cognition di se stesso partorì le
Muse, il che significa i concetti della mente; contemplatori delle cose eterne,
le quali cose con l'intelligenza sola posson farsi. Onde le
Muse da Platone fur dette indagatrici, quasi che per le vestigia della natura
sensibile, & Matematica vadan ricercando le superne, & le
celesti cose. Si legge appo Teocrito, e
gli espositori suoi appo i Lidi essere state alcune
ninfe peculiari & che Cario figliol
di Giove, & di Tortebia, come afferma Nicolò istorico, andando vagabondo
giunse ad una certa palude, senza nome per l'innanzi, & da lui chiamata poi
dal nome della madre, & ivi apprese i canti di quelle ninfe, le quali gli
habitanti chiaman le Muse. Et perciò fù autore poscia della melodia de Lidij,
come testifica anco Stefano de Vrbibus, Proclo Licio in un hinno le fa nove,
& altri confermano quelle esser generate dal congresso di nove notti, che
vien à dire, che negli studij notturni si fa maggior profitto, et è necessaria
la notte. Ne per altra cagione i Poeti chiamaron la
notte Eufrone, che perche di notte più accuratamente, & intensamente
contempliamo, & come dice Epicarmo se tu discorre alcuna cosa saggia, di
bisogno ti fa notturna consideratione, & ciò che pertiene alle lettere, si
pensano meglio di notte.
Suida dice ch'esse vengon dette dal ricercare perche son causa d'ogni
disciplina; il che testifica Palefato, & perciò talora fur dette da gli
antichi Mose.
Mà Eusebio stima che
sian dette Muse, che presso à Greci vien à dir maestro di buona, & honesta
disciplina, & per tal cagione Omero, & Proclo cantar ne
gli hinni, quelle inventrici, & dimostratrici à gli huomini della
religione. Alcuni altri quasi per concisione Meluse,
disserle, & altri per la concordia e simpatia delle dottrine, overo come
vuol Cassiodoro, che sien l'una all'altra necessaria, come le virtù.
Onde viene che da gli antichi alcuni sien dette nodo,
e collegamento delle dottrine, & delle scienze. Da prima
fur dette ninfe, come dice Acrone, sopra quel verso di Oratio Vidi
docentem credite posteri ninfasque; discentes, & Verg. ninfe
noster amor libethrides. E Varrone dice, che fur dette
prima Casmene, poi Carmene, all'ultimo Camene.
Furon tenute figlie
di Giove, & di Mnemosine, ò di Tespia ò di Antiope,
perche si disse la Musa esser la scientia, & l'ottimo affetto nel
riceverla, il quale non d'altronde che dal
Cielo à noi viene, & si conserva dal padre de' lumi, & accresce
dalla bontà della memoria, & dalla essercitatione: sendo che Mnemosine è
memoria, & Antiope essercitatione, ò più tosto emulatione facendoci altri
ogni sforzo per non esser superato: e Tespia non è altro che divinatione, &
divina cognitione. I nomi di quelle Muse che fur riverite dalle figlie di Aloco sono Melete cioè essercitatione Mneme memoria,
Aede, canto. Chi le dissero figlie del Cielo, &
più antiche di Giove, concludono lo stesso, se non che tirano all'historia non
à misterio, & la nutrice loro dissero Eufeme, cioè che l'honor, & la
gloria mantengono, & nutriscon l'arti liberali, non sendo stimolo maggiore,
ò più acuto alle cose ardue della gloria. Et chi le credette tre le pigliò per l'arti, con le quali si giunge alla cognition della
sapientia. la quale Eufeme fù madre di Croco che
diportandosi frà le Muse, & da lor in parato havendo la Musica, fù a lor
preci da Giove messo frà le stelle in Cielo, & tien or il nome di
Sagittario, & gli fù posta, come racconta Pausania, una statua in Elicone
nel bosco delle Muse.
Alcmeone Poeta disse
le Muse del Cielo, & della terra figlie.
Proclo
Diadoto, che perciò si dissero di Giove, & di Mnemosine, perciò che chi nel
corso, & nella vita letteraria si essercita, hà di bisogno della facoltà
d'intendere, & di capire, & poi di ritenere, & serbare. Appo gli antichi le Muse non furon più di
tre, Melete, Mneme, & Aede cioè meditatione,
memoria, & Cantilena, come dice Pausania.
Cicerone dice d'un
secondo altro Giove esser nate quattro Muse, Teliope, Mneme, Aede, &
Melete, & dal terzo Giove nove, & di Mnemosine, & dallo stesso,
& di Antiope le Pieridi di pari numero con le
superiori.
Mimnermo le pensò
del Cielo figlie, & più antiche di Giove, sendo che altre sien state di
poi, & altri le tennero di Memnone, & di Tespia.
Filione scrive che
non molto dopo la creation del mondo
nacque gente canora, & musica da una delle divine potenze, vergine
memoria, la quale da nome infleso, e detorto la chiaman Mnemosine.
E perciò secondo
Plutarco Giove generò molte Muse, accioche ogniuno potesse largamente
participarne, sendo che non tutti han bisogno della
militia, della caccia, della navigatione, & dell'arti meccaniche, ma si
bene del colloquio, & della dottrina tutti habbiam di bisogno.
Da luoghi sortirono
varij cognomi, o dove furon venerate e culte prima, o dove nacquero i poemi, o
furon coltivati, & limati meglio, percioche dicono che appo i Tespij il primo che cantasse fù Piero, & in Elicona Oto
et Efialte prima haver lor sacrificato: onde fur dette Tespiadi, &
Eliconiadi. Camene sono chiamate appo gli Epici dalle cantilene, & alate
dalla prestanza de gli ingegni, & dalla pronta mobilità, per la qual cosa
Homero disse le parole esser alate, benche alcuni vogliono che non dal luogo
Elicone, ma da uno stromento di nove corde sian dette Eliconiadi. Si dicono
Parnassidi da Parnasso monte di Focide, che fù detto anticamente anco Larnasso
essendone auttore Stefano e 'l commentator di Apolline
da Larnace, cioè da l'arca di Deucanione ivi portata. Da molti di Beotia Aonij
furon dette Aonidi, & da lor popoli Hiantij Hianti; Da poeti Citeriadi da
Citerone monte vicino a Tebe. Pieridi
dal monte di Macedonia ove nacquero. Il che stimò Greg.
Gnal esser finto, percioche Orfeo, primo fra Greci, & saggio Poeta, e
Teologo dimorò quivi, senza che voglion che sian nomate da quel Piero di sopra
antichissimo poeta, lor celebratore eccellente Pieridi, & in Greco son
dette Ippocrenidi, dal fonte del quale raccontasi le acque
esser vocali, onde Sidonio denomina i loquaci da quelle, quando dice, texerunt
vineae vado Ippocrenes tunc hac mersus aqua loquacis undae, e Statio, & de
Pierijs vocalem fontibus undam. Stefano riferisce da Illisso città esser dette
Illissiadi, & dalla città Tespia Tespiadi, ove erano in gran veneratione,
& dal fiume Ilisso di Attica, ò da Tespia lor madre, ò nutrice; libetridi furon
chiamate dal fonte di Magnesia à lor consecrato à giuditio di Plinio, &
Solino, ma Pausania racconta un monte Libetrio, nel quale ci era un fonte,
& i simulachri delle Muse libetridi.
Pimpleadi si dissero
dal castello, ò fonte di Macedonia, come dice
Porfirio, & come l'interprete di Apollonio dalla regione Pimplea presso à
Pieria, sendo che fanno mentione del castello, del fonte, & della montagna.
Pure par che Varrone le chiami Pimpleadi come anco
Acrone, che dice esser cosi nomate per alcuni dalla foggia del Peplo lor veste,
ò pure dal monte Pimpleo degli Orcomenij.
Castalidi
diconsi dal fonte Castalio di Parnasso, la cui acqua si racconta esser dolce al
bere, benche presso à Stefano, Castalia sia una Città della Cilicia. Et Niceforo, & anzi à lui Clemente scrissero esser un fonte presso ad Antiochia, ove si rendean
gli Oracoli, & Niceforo lo dice sopra Sinesio.
Il
nome di Coricidi hebbero dall'antro Coricio in Parnasso presso à Delfo.
Di
Pateidi, secondo Festo da un fonte di Macedonia, di sottigliezza unica di
Liquore.
Di Ligie da Platone,
ò per la specie del canto, ò pel genere canoro
musicale detto Ligio.
Di
Olimpiadi, secondo
Varrone, da Olimpo monte, recitando quel verso, Musae quae pedibus magnum
pulsatis Olimpum che par levato da Homero. Mà il Terentiano
chiama le Muse Olimpiadi con questo modo Carmen suave dedistis Olimpiades
Musae, il che conferma Hesiodo.
Di
Ardalidi, da Ardalo
figlio di Vulcano che havendo riportato à Trezenij le Tibie, & le Muse,
cosi le nomò, seguendo Plutar. & Stef. Et aggiugne
Pausania, essere stato un altare presso a Trezenij; sopra il quale si
sacrificava alle Muse, e al sonno, riputando il sonno, ò il riposo secondo me
convenirsi alle Muse, & esser questo Dio lor grande amico.
Meonidi le chiama Ovidio dalla region Meonia, benche alcuni dissero dalla Città Meonia di Focide.
Habitarono anco in
Ascra come ci fan fede i versi di Egesino Poeta appo
Calippo.
Lo stesso dice
Pausania di Efialte, & Oto, & che i figli di
Aloco, statuirono trè le Muse, Melete, Mneme, & Aede, quasi meditatione,
memoria, & canto; poi Piero Macedone, da quale si chiamò il monte, ordinò
che si adorasser nove.
Pegasidi si dissero
dal fonte aperto dall'unghia del Cavallo Pegaso, di cui l'allegoria si dirà poi.
Pierie
dall'amenità, & dalla solitudine del Monte Pierio, ove nacquero
dilettandosi elle de luoghi secreti per gli studi liberali.
Fù posto loro un'Altare in Elide, & nell'Academia, & nel tempio di
Esculapio, appo i Messenij, & un tempio frà Tespij, et appo i Lacedemonij,
perche escono alle pugne, al suono, & canto, & di tibie, & di lire,
furono appo i Tespiensi i giuochi delle stesse, chiamati Musei, &
Alessandro Magno celebrò alle Muse, & à Giove i certami di nove giorni, ad
ogn'una particolarmente il suo, i quali molto prima havea istituiti il Rè
Archelao. In Roma fù il bosco delle Camene come narra T.
Livio di cui fù facitore Numa Pompilio lor Rè con un fonte nel mezzo, pur di
quel nome, & secondo Plut. fù presso al
tempio della fortuna, per dinotare che à Poeti sia opportuna la fortuna, &
per ricambio che alla fortuna sia opportuno il Poeta, quasi sua tromba. Quivi
spesso si riducea Numa solitario, & i prati e i
luoghi intorno dedicò à loro ove cadde dal cielo l'Ancile. Dionigi Alicarnasseo
aggiugne che Egeria moglie di Numa fù tenuta una Musa da molti, & ci fa
fede Diogene Laertio, come che i Metapontini, ove solea habitar Pitagora chiamaron
luogo delle Muse, & Licurgo, accioche l'essercitio della guerra procedesse
con miglior ordine, & con più convenienza vi mischiò lo studio della
Musica, & per aggiugner maggior vehemenza al combattimento innanti ch'uscisse alla pugna sacrificava alle Muse. Il che conferma
ancor Mart. Capella, & accioche si sforzassero gli Spartani di far opre, degne di lode, &
di memoria. Et Tolomeo Filadelfo scrive Vitruvio, dopo haver posta in piede
quella nobilissima libreria in Alessandria, haver fatto i giochi alle Muse,
& ad Apollo, ove davano i premij à vincitori, e Pitagora si dice che sacrificò alle Muse il Bue, perche havea ritrovato
non sò che in Geometria, & gli Ateniesi solean chiamare la lor Minerva
Musa, per lasciar di dire che molti distinsero, & intitolarono i lor
componimenti da le Muse, come riferisce A. Gellio, & altri come Erodoto,
Opilio, Bione, & à nostri tempi il Pontano, & ciò come Presidenti
stimate delle dottrine, & delle eleganze, e tanto in pregio l'hebbero, che
per converso, i rozzi, & gli ignoranti, con proverbio antico, gli burliamo,
chiamandoli dalle socie Muse, & dalle gratie aborrenti, & perciò si
accompagnano le gratie seco sendo necessaria al Poeta la gratia, & la
venustà. I luoghi ove studiamo si dicono anch'essi Musei, & Stefano recita
secondo Polibio, che in Olimpo monte ci fù un Museo, & Filostrato racconta,
che fù un Tempio detto Museo, ove fur adorate le Muse,
& dieder responsi, il che conferma anco Polluce, appò il quale si legge,
afflato dal nume delle Muse, & à nostri tempi il Giovio alzò quello in
Como. Et fù una legge appò gli antichi ne conviti, che nel bere si cominciasse
nelle gratie, & si terminasse nelle Muse, onde gli spositori di Apollonio dicono quelle esser Presidenti de conviti,
& delle celebrità, onde son dette di esser coronate di fiori, & frondi,
come adoprano anco i Poeti, & ci fù un proverbio Greco per infiammarci alli
studij, & alla sapientia, che dice, le porte e i luoghi delle Muse esser
sempre fuor d'invidia, & di livore aperti, e Museo si dicea secondo lo
Scaligero un huomo erudito, & che dicesse le cose quasi che tratte dalla
più intima parte dell'antro delle Muse, & secondo Filostrato fù appò gli
Egitij una mensa chiamata Museo, alla quale concorreano tutti gli huomini dotti
di Egitto, e Senofonte eloquentissimo fù detto Attica Musa.
Si descrivono da Luciano col volto pudico, e
riverendo, sempre à studij, e sempre à canti intente, & per la ben
voglienza loro sororia sendo sempre insieme furon dette, secondo Plut. Musae,
quasi Homusae. Si fecero alate gioveni, e belle come Ninfe vaghe, come nota
anco il Cartari, coronate di diverse frondi, talora di
palma, & con una penna in capo, per alluder alla vittoria delle piche
raccolta frà gli altri da Ovidio, ò delle Sirene, come si veggono anco in Roma
i Simolachri antichi, & di palma secondo Fornuto, per la denominatione,
sendo le lettere invention de Fenici, mà più conforme à ragione perche è
delitiosa, e bella e sempre verde, & difficile d'ascendere, & di dolce
frutto. Con le chiome nere le scrive Pindaro, il che benche si rifferisca alla
forma, & bellezza nondimeno si può intender per gli
reconditi sensi, & oscuri de Poeti. Il Lauro, secondo G. Giraldi, si
attribuisce, ò perche quell'arbore conferisca
all'inspiration, e all'afflato, e come i Greci Entusiasmo, come c'insegna Sofocle,
ò perche gli antichi credettero col gusto di quella acquistar la facoltà
Poetica, come dice Lisopone, che chiama il Poeta Dafnofago, & di se stesso
canta Esiodo, & perciò disse Iuvenale, (e) morse il Lauro, mà più tosto
perche 'l Lauro è sempre verde, & in simil modo si dicono i versi de buon
Poeti verdeggiar perpetuamente nelle bocche de gli huomini dotti, & per la
stessa cagione fù costume antico di coronar i Poeti vincitori ne certami delle
Muse, & d'Apollo, di Lauro quasi come degni di certa immortalitade.
Da Aganippe, furon
chiamate Agappico Coro, dal fonte posto in Elicona, cosi nomato dalla figlia di
Tecmesso fiume ivi vicino, & Fulvio Orsino racconta, che in medaglie
d'argento antiche, & ne' marmi sono
differentemente scolpite, di maniera (è)
dice ch'è difficile giudicare quai nomi, ò quale inventione propriamente à
ciascuna si attribuisca, perch'è forse Calliope, che porta un volume in mano,
come inventrice della Poesia, Clio con la cetera, come inventrice di quel
suono, mà Erato co' capegli sciolti come inventrice dell'Elegia flebile, come la chiama Ovidio; Flebilis
indignos elegeia solve capillos, Ah nimis ex vero nunc tibi nomen erit; Urania
si finge co’l coro delle stelle, e i lor giri signate con questa imagine, con
un bastone in mano toccante un certo triangolo, & in cima di esso vi è una
certa palla, che non bene si discerne; Euterpe come inventrice della Tragedia,
col capo coronato; Talia con faccia ridente tenente con ambe le mani la clava
di Ercole, perche è dedicata la Comedia a quello; Melpomene con la lira, la
quale da Oratio si dà anco a Polinnia, si necque; tibias Euterpe cohibet, vel
Polhymnia lesboum refugit tendere barbiton; Tersicore tien la fistola, o
zampogna; Calamis, & Polinnia le tibie, o tromboni, o i flauti. Et di più
si fanno cantanti, sonando Apollo la lira. In lor compagnia si figura la Dea
Pitho, o persuasione, secondo Quintiliano, la quale attento
un limpidissimo liquore dal fonte Orcomenio delle gratie, ne dava a bere ad
alcuni cantanti, la quale Pitho ora suadela, ora Lepore detta, che perciò si
dice far come di sopra, perche più efficacemente si fa con le gratie i
componimenti.
Si da loro per compagni da molti Greci, secondo
Strabone Bacco, Apolline, & Ecate, & fù Apollo nomato Musagete, quasi
conduttor delle Muse. E nello stesso modo alle Muse, & à Cerere si facevano
i sacrificij, le baccationi, i cori, le solennità, & le ceremonie sacre,
& fanno le presidenti de chori, & i ministri loro son tutti i dotti,
& spetialmente i Musici, E secondo il gran Ficino, i Sacerdoti delle Muse
son quei soli, che sono investigatori & della verità, del sommo bene, Et
Apollo oltre quando si dirà nell'allegorie alte, si
aggiunge socio, perche si ricorda, che fù perito musico, & citaredo, &
ne' monti cacciatore, perciò che hanno in costume di menar solitaria vita,
& lontan dal volgo quei che dan opra alla Filosofia, senza la quale,
secondo il Comico, nihil honesti in solitaria vita inveneris, & à ciò disse
Aristotele, che 'l solitario era o Dio, o bestia, Et Apollo nel mezzo secondo
Servio dinota il lume superiore
illustrante il nostro intelletto humano, Et dice Esiodo ch'esse
dilettano Giove, e tutto 'l cielo con lor canti, perche celebrano i Dei, &
gli huomini. In lor compagnia ci stan le Gratie, e Cupidine, benche Luciano
dica ch'esse non sono soggette à cupidine, ciò
interpreto io per la castità, e verginità loro, e soggiugne ch'egli tuttavia
sta lor presso sovente tratto dalla soavità del lor verso. Oltre di ciò secondo
Plutarco, fù lor dato Ercole, & fù fatto un Altare ad ambi commune, e dice
la cagione perche Ercole insegnò le lettere ad Evandro, & appresso à
Svetonio, & Ovidio leggiamo che Martio Filippo ne
fù d'un tempio lor comune edificatore, & dice Eumenio, che Fulvio nobiliore
nel circo Flaminio fece lor un simil tempio della moneta Censoria, non so’l
mosso dall'amicitia d'un Poeta, & dall'amor ch'e' portava alle scienze, ma
perche havea inteso in Grecia, mentre che ci fù generale nominar Ercole
Musagete, come guida, e compagno, E lo stesso Fulvio le nove imagini delle Muse
trasportate dal castello d'Ambracia, consecrolle sotto la tutela del fortissimo
Iddio, accioche l'uno per l'altro potessero aiutarsi, & ornarsi, cioè la
tranquilità delle Muse da Ercole, & la costui virtù dalla voce delle Muse,
Et secondo me si potranno alludere all'indomito vigore, & all'immensa
fatica ch'altri convien ch'adopri per farsi amico delle Muse. Racconta anco
Fulvio Ursino haver veduta una medaglia in argento di Ercole
con la clava a piedi, & con lo spoglio del Leone sul tergo, & una
citara in mano, alludendo come di sopra, e soggiugne il Pighio ch'è gran
congiuntione di natura frà l'hore le parche, & le gratie, le quali tre
volte figlie di Giove costituiscono il sacro Coro delle Muse nel numero
novenario, da certi dissimili quali però ad un ottimo, alla commune utilità de
singulari, & dell'universo alla conservatione con mirabil concento per
vigore della divina legge si riferiscono. Perche quasi amministrando l'ordine
giusto le Parche, & le gratie il decoro noi
conosciamo l'hore tutte queste cose insieme, & insieme la buona qualità,
& l'utile maturanza somministrarci,
e però Homero nell'hinno di Apolline cantò l'hore menar i balli con le gratie,
cioè operar insieme inanzi à Giove, & di queste Aristofane, La terza Irene
bella di Venere, & delle Gratie compagna, & ciò si potrebbe dire
dell'Enciclopedia delle virtù, & della catena delle dottrine, & lo
Scalig. interpreta che si formano perpetue compagne,
& congiunte di sangue delle Gratie, percioche sieno auttori della vita più
delicata, e più elegante, non senza quella voluptà, la quale posta nella
temperation della letitia per la poesia poi si riflette l'anima in se stessa,
& si tragge dal celeste suo ricetto, ciò che di divinità si serba, la qual
parte non vien mai meno, benche di continovo se ne estragga, o attinga, perche
le Gratie, l'allegrezza, le Muse, & la sanità sono affini, il che conferma
l'oraculo dato à Telesilla di vita presso che spenta, che osservasse le Muse,
& ciò fatto fù risanata. Et non solo le Muse cantan l'arme,
ma le aparecchiano, & però belle sono chiamate da Poeti, accioche tratti
dal furore dalle volgari materie per opra de gli Dei, i quali adoprano essi per
ministri à fornire ciò ch'è di mestiero, i quai Poeti di spirito, ò nascono
così come vuol Platone, ò secondo Aristotele, alcuni benche nati in tutto
aversi, & rozzi, & fieri, nondimeno dal detto furore vengon rapiti, il
qual furore dallo stesso Platone, una certa occupation dalle Muse, che
abbattendosi in anima gentile, & insuperabile l'eccita, & l'essagita
per le cantilene, & un'altra maniera di Poesia atta ad ammaestrar il genere
humano, & soggiungne che chi s'accosta alle porte delle Muse senza quel
furore, è uno sciocco, & la Poesia nulla quasi che sia tale che senza trono
di Dio, & d'alcun raggio suo, non possa esser acquistata, col qual nome di
Dio significasi Apolline, & le Muse de i globi, l'anime sendo Giove di Dio,
& Apolline la mente dell'anima mondana, & da Giove Apolline e le Muse,
d'Apollo poi è guidato il Coro delle Muse perche quella mente così come è illustrata
da Giove, così illustra l'anime del mondo, e de globi celesti le menti poetiche
le Muse rapiscono, e stimolano, e i
Poeti inspirati inspirano gli interpreti loro, & da questi sono dotti gli
auditori sendo che per istinto divino gli interpreti detti dalle rapsodie,
espongono le altrui Poesie. Et è di parer Origene, esser alcune spiritali
energie, ò virtù nascoste dette da gli Academici Dei
secondi, ò Demoni, che sieno come maestri, facendo per potestà dell'arbitrio
loro ciò che gli aggrada, onde nasca e derivi fra gli huomini la diversità del
sapere essendo l'Energia inspiratrice della poetica, & dell'altre
discipline, & pur si suol dire senza furore, ò insania non possedersi, ò
acquistarsi. E da simile afflato sono pigliati ancor gli indovini, e' fanciulli ancora per magica arte servitisi de' Demonii
soglion cantar stupende Poesie, & di qui forse hebber origine le Muse, a
Platonici, & Falota, a Sant'Agostino approvata. Et in conformità Tolomeo
dice, che l'anima atta alla cognitione sarà di maggior efficacia nel conoscer
il vero, che quella che fuor di modo havra dato opra à gli studi, e questa tale
si stima incitata dalle stelle, & che da certo apparecchio ne viene ornata in procinto, ò in campo, & per tanto
Steffano, & Pausania raccontano un tratto le Muse essere state provocate
alla pugna dalle Sirene, incitate da Giunone, nella qual zuffa le Sirene
rimaser vinte & perdetter le penne, & però il luogo dalla casa si
chiamò aptera in Candia, e si dicono le Muse essersi fatto corona di queste penne,
il che si può figuratamente dire de mali poeti infesti à boni, come fur sempre,
mà in fine da quegli dotti rimangon vinti. E crede Eustatio esser dette da
Omero le parole alate, perche havendo vinte le Muse; le Sirene per maggior scorno loro volser che si nominassero le parole alate, &
alcuni partendosi dalle favole, danno ciò alla celerità loro, & altri per
l'armonia che constaconsta nelle parole, & consonanza, & altri che à
guisa d'ali feriscan l'aere, & secondo il Ficino da altre Muse sono rapite
altre anime, e secondo che a diverse sfere, e stelle furon attribuite diverse
anime, il che conferma Platone nel Timeo, & di qui nasce diversità de gli
spiriti, & de concetti ne Poeti,
appresso al qual Platone l'occupatione dinota il rapto dell'anima, & la
conversione nella deità delle Muse, cioe piacevole, agile, & da esse
formabile, non rimanendo occupata, non preparata, & divien insuperabile;
perciò dopò esser rapita supera tutte le cose, ne può per alcuna delle
inferiori cose esser vinta, o macchiata, eccita dal sonno i corpi al vigilar
della mente, dalle tenebre della ignoranza alla luce, & dalla morte alla
vita, & dall'oblivion letea alla reminiscenza, o la cognitione delle cose
divine, essagita, stimula, e infiamma a spiegar in versi le cose che contempla,
e presagisce. E però disse il Ficino, che si sprezzano,
e si aviliscon le muse da cui importunamente siegue le orme loro, o ci framette
amor lascivo, & di qui si suol dire secondo me, che 'l coito loro le separa
da Apolline, & di qui la castimonia necessaria. Or quanto all'invention
loro, secondo Virgilio Clio trovò l'historia, Melpomone la Tragedia, Talia la
Comedia, Euterpe la Tibia, ò cornamusa, Terpsicore lo
Salterio, Erato la Geometria, Calliope le lettere, Urania l'Astrologia, &
Polinnia la Retorica. Giovan Filipono Grammatico scrive la poesia esser trovata
di Calliope, & di Clio l'historia, l'arte del piantar di Talia, & le
Tibie di Euterpe, il canto di Melpomone, i balli di
Terpsicore, & le cose nuptiali di Erato, & le coltivation Polinnia,
& di Urania l'Astrologia. Col quale argumento dice egli, hoggi ancora i
chiari inventori diciamo Musici, & le donne Muse,
benche la Musa non si chiami naturale, ne per sé cognitione, mà
dall'institutione acquistata. Mà secondo altri Clio fu madre di Ialemo, & di Imeneo, & si legge nell'historia di Adone haver la
stessa generato di Magnete Lino, il quale si disse esser figlio di Urania. Ma
ritornando a gli attributi Euterpe fu interpretata
gioconda, e preposta alla Dialettica, & altri dilettarsi delle tibie, come
gli espositori di Apollonio Rodio, & si danno a Talia le comedie, &
altri la Geometria, & alcun Greco disse ella esser madre di Palefato, il
quale scrisse della coltivation de gli arbori, & gli stessi espositori
dicono lei inventrice dell'agricoltura,
Melpomene fu detta far meditatione, cioè che'l primo sia volere, secondo
desiderare ciò che tu vuoi, terzo dilettarsene, quarto come dice Placiade, in
star meditando à ciò che desideri. A costei alcuni danno le Cantilene, altri le Tragedie, & altri Greci la Retorica. E
Tersicore fanno dilettarsi delle danze, & che diletti gli ascoltanti per i
beni che derivano dalla dottrina, & alcuni la finsero Citareda dandogli il
Salterio, & alcuni inventrice della disciplina
humana, & di lei Acheloo haver generato le Sirene, benche Servio, &
Fulgentio voglion che di Calliope nascesse, & della stessa Strimone hebbe
Reso, & Marte Bistone, dal quale fu appellata la region Bistonia. Diodoro
chiama Erato amabile, perche i dotti sono amati, & Placiade inventrice de simili, perche doppo la sciencia, & la
memoria, ragione è ben che ritroviamo alcuna cosa simile del nostro. Cornuto la
deriva dall'interrogar, e dal risponder, come convenienti à gli studiosi. Mà
quel verso, Plectra gerens Erato saltat pede carmina vultu, la vuol saltatrice, & alcuni Greci dicono lei esser
inventrice de balli, & altri la Musica. Mà Proclo commentator di Esiodo, gli da la poesia, & la medema si dice madre
di Tamira, che cantò più cose amorose. Gli Arcadi non annoverano Erato fra le
Muse, ma dicono essere stata poetessa, maritata ad Arcade figlio di Calisto,
& haver manifestato gli Oracoli di Pane. Polinnia si nomina dalla lode, ò
dalla molta memoria dice Fulgentio, perche è necessario allo studioso molta
memoria. Cassiodoro trattando della Comedia, dimostra gli huomini poter senza
voce manifestar i lor concetti, dicendo, apunto loquacissime mani, diti
linguaciuti e silentio clamoso. Et questi gesti attribuisce
a Polinnia, & altri Greci la grammatica, & le lettere, ma Plutarco le
historie, sendo ella di molte cose memoria. Alcuni la prepongono alla lira, ma
nel commento di Esiodo alla Geometria, tanta varietà
si trova ne gli scrittori, che vogliono anco lei esser madre contra la volgare
opinione di Tritolemo. Urania dal Cielo
detta Astrologia e celeste, perche gli antichi il mondo intero chiamavan Cielo,
come fan fede Fornuto, & Plinio. Dal Cielo adunque ò perche i dotti sieno
in ogni parte conosciuti, ò perche essa gli erga fin al Cielo, overo che la
gloria, & la sapientia sollevi gli animi alla contemplazione delle celesti
cose, come dice Fulgentio, si crede esser preposta alla Astrologia,
e sua inventrice. Catullo, pensò che Urania fosse madre
d'Imeneo, e Venere appo i Greci si chiama Urania, come raccontano Pausania,
& gli Egittij. Et Eliano, dice che di questa dicono anco esser nato Lino, e
Pausania dice, che innanzi a sacrifici delle Muse, facevano i sacrifici à Lino
quei di Elicone, & ci sono, che vogliono che la
Stella minaciosa, & crudele di Elena si dica Urania, come testifica
Lattantio. Calliope per la soavità del suono, e del canto prima di tutte da
ciascuno è havuta in gran prezzo, onde riceve il nome dalla buona voce, &
Homero la chiama la Dea della voce sonora, &
Esiodo dice, ch'ella siegue i forti fatti de Capitani. Et Fornuto pensa che sia
sopra la Retorica, c'hà forza di persuadere, & di
spignere i popoli, ma altri la prepongono alla poetica, là onde sovente vien
invocata da Poeti, & gli danno anco le lettere. E i commentatori di Esiodo dicono che per ciò Calliope è detta
eccellentissima, & dell'altre maggiore, percioche si dice, che suol dare ad
ogniuno i versi. Aristarco l'interpreta antichissima, dicendo che la poetica è
più vecchia dell'altre discipline, e di honore, &
di tempo: & però da gli antichi theologi è detta massima, e soprana, perche
per lei si significa la concordia de' suoni dell'università delle sfere del
cielo, le quali Platone per tacer gli altri Filosofi, pensò che si movessero
con suono concorde di armonia. Et di Calliope testimoniò Asclepiade, che Apollo
hebbe tre figli, Ialem, Orfeo, Imeneo, e però Martiano & Claudiano appellano Imeneo figlio della Musa, benche Catullo lo stimi
di Urania come dissi. Et altri come dianzi, dicono lui
non di Apollo, ma di Magnete nato, & esser stato amato da Tamira, inventore
di Venere impudica, & Orfeo fecero
di Oeagro figliolo, secondo ch'egli stesso in alcun luogo fa fede. Et leggiamo
anco Cimotone esser nato di Oeagro, & di Calliope.
E di Ialemo riferisce Suida, che fu orfano, &
infelice, & indi nato il proverbio più freddo di Ialemo, come di cosa molto
fredda, flebile, e miserabile, chiamandosi anco il pianto Ialemo. Alcuni
dissero le Sirene esser figlie di Calliope, non di Melpomene, & scrive
Igino Calliope essere stata già eletta giudice da Giove fra Venere, e
Proserpina, desiderando ogn’una per se Adone: & ella
determinò che ciascuna se lo godesse la metà dell'anno, & perciò Venere
sdegnata, diede Orfeo suo figliuolo alle donne Traci che lo squarciassero. Et
secondo Isidoro le Muse vengono dette dal cercare,
perche per esse la ragion de' versi, & la consonanza della voce si cerca,
onde da quelle vien ad esser derivata la Musica detta dottrina di moderatione.
Et perche il suono è sensibil cosa, & che nel passato s'imprime, &
abonda nella memoria, però da Poeti sono dette figlie
di Giove, & della memoria, e a proposito tale giudica il Boccacci, che
sendo da Dio ogni scienza, ne bastando per concepirla a pieno l'intenderla, se
non si mandano a memoria le cose intese, & essendo ufficio delle Muse cosi
riposte esprimerle, perciò elle vengano dette figlie di Giove, e vuole che la
memoria per madre ci sia finta di soverchio. Et meno stima quelle esser
derivate da Mois, cioè acqua, come dissero alcuni. Mà
Fulgentio rende un'altra ragione, cioè la voce farsi
da quattro denti, i quali mentre si parla sono percossi dalla lingua, onde se
ne mancherà uno d'essi prima che la voce esca, è necessario, che n'esca un
sibilo, ò fischio appreso da duo labra, come cembali delle parole, che ci danno
la commodità, cosi della risonanza con la lingua, la quale per la curvità da
una certa circonflessione quasi d'archetto forma lo spirito della parola indi
del palato, per la cui concavità si proferisce il suono. Ultimamente perche
siano nove v'aggiunge la fistula della gola, che per lo
sottil canale da l'uscita allo spirito, & anco perche da molti à queste Apollo che suona come conserva
de' concenti; alle suddette cose vi s'aggionge il polmone, che come mantice
riceve, & rende il conceputo. E di tanto vengon
testimoni Anasimandro, e Senofane, Pisandro, & Eusimene Filosofi illustri.
E quanto à nomi allega la ragione il Boccacio,
dicendo, Noi nel vero diciamo le nove Muse essere i modi della dottrina, &
della scienza, la prima è Clio, che è quasi il primo pensiero d'imparare, &
però è detto Clio, cioè cogitatione di ricercar scienza, oltre che anco in
Greco vuol dir fama, che per fama illustrare altri ricerca le scienze. L'altra Euterpe, come sarebbe dilettarsi bene, laonde doppo
il ricercare ne viene il dilettarsi delle scienze. La terza è Melpomene quasi
fermezza di consideratione. La quarta Thalia, cioè
capacità, come che quasi si dica Tithoalia, cioè mettente i germini. La quinta
Polinnia, cioè di molta memoria, perche doppo
l'intelligenza è necessaria la memoria. La sesta Erato, latinamente ritrovante
il simile, perche doppo la scientia, & la memoria, è conveniente ritrovar
alcuna cosa di suo. La settima Tersicore, cioè
dilettante la istruzione, adunque la inventione bisogna che discerna, e
giudichi quello che troverai: Urania è l' ottava cioè celeste, perche doppo il
giudicio tu eleggi quel che hai à dire, & c'hai da sprezzare, sendo che
sceglier l'utile dal contrario, o caduco, è cosa da celeste ingegno. La nona Calliope, cioè di ottima voce, si che tale è
l'ordine loro, Primo la voglia di sapere, secondo dilettarsene, terzo darci
opra, quarto capirlo, quinto ricordarsene, sesto invention di suo simile,
settimo giudicar ciò che trovi, ottavo elleger il giudicato, nono proferir bene
quanto giudicherai.
E ufficio adunque
delle Muse ordinar non solo i tempi delle voci, ma disporre anco l'attioni,
& hanno concesso l'amministration loro a gli
huomini divini, per accrescimento della maestà delle lor lettere. Il Senso del
contrasto loro con le Pieridi, sono in somma i goffi, & ignoranti, che
ardiscono di anteporsi à disciplinali, e disputare con essi,
il che in presenza de' dotti facendosi,
rimangono con la vana sua presuntione come piche, ò gazzuole stimati garruli, e
loquaci. E parendo a gli ignoranti, che dicano molte
cose, ne però sendo alcuna conforme a ragione, ne essi stessi sapendo ciò che
si parlino, sono più tosto come imitatori di voce humana, che d'intelletto
beffati, & da poeti meritamente trasformati in Piche? Che Pireneo poi le volesse imprigionare, credo io non dinotar altro, che alcuni
sciocchi, & gonfi, i quali per ambitione riempiono le camere de libri,
sprezzando, e fuggendo la fatica de gli studi, & a pena riconoscendo le
coperte hanno tuttavia ardire, come se n'havesser cognitione di spacciarsi per
Poeti, & per dotti, & farsi tener per tali da gli idioti. Ma volandosene
le Muse, le quali stimava rinchiuse, e volendo darsi a
volo nelle cose alte, cioè dimostrar di sapere ciò che non sanno, ne cascano
subito a terra dell'honor loro. Il fonte Castalio poi, è quegli altri
consecrati ad esse, inferiscono, che i fonti non solo
con la limpidezza dilettan gli occhi de' riguardanti, ma con certa virtù
nascosta conducon gli ingegni à desio di comporre. Il bosco poscia, e i monti,
la solitudine, & l'orrore tanto amico a Poeti, che non istando bene tra gli
strepiti delle città, o fra le genti roze, il Bosco denso, & opaco, e queto
significa la notte attissima al comporre in conformità di ciò che dice
Quintiliano, e Proclo. Appresso, secondo Mario Equicola sono
nodo, & vincolo delle scienze, & Polinnia la stella rappresenta
di Saturno, attribuendosi la contemplation delle cose altissime. Tersicore è la
sfera di Giove salutare dalla dilettatione che ne siegue detta. Clio è Marte
per l'ardore della gloria. Melpomene è quella in cui il Sol risplende, il quale è anima e concento del mondo; & è di Venere Erato,
per l'amore. Euterpe di Mercurio, per la voluttà ne
gli essercitij Mercuriali. Thalia la Luna rappresenta, per l'humor del quale la
terra verdeggia. Ma secondo alcuni Theologi à gli
Angeli impongono il nome di Calliope, A Serafini Urania, A Cherubini Polinnia,
A Troni Tersicore, Alle Dominationi Clio,
Alle Virtù Melpomone, Alle Potesta Erato. A Prencipati Euterpe. à gl'Arcangeli Talia. Et Esiodo le nomò
Angeli in Greco, Et da Calon buono, & ope voce Calliope, Clein
celebrare vale, unde Clio; Eros Amore, da cui Erato; Thalin, fiorire, &
germinare, & quinci Thalia; Melpomene canto; Terpo diletto, chore chorea,
di due dittioni Tersicore si genera, da Eu bene, & Terpo, & Euterpe
come dissi dianzi si nota; Poly, molto, Ymneo canto, ò laude, il che fa
Polinnia: & anco da Mni memoria: Uranon, cielo diciamo, & Urania
celeste è detta, & Vergini, perche le discipline sono sempre vergini. Et il
monte Parnaso è lor dedicato, perche sendo posto secondo
alcuni nel mezo del mondo, ci viene a rappresentar il nostro cuore, sede
della mente. E dice il Pighio, che 'l novenario numero
loro è perfettissimo, come dal primo dispar, ò casto quadrato, e in tre triadi,
o ternioni fuor di parità dispari, & ogn' un d'essi ternarij, diviso in
altrettante unità, ci rassomiglia, come anco dice Esiodo, il giorno delle Muse
Heliconiadi, & perciò ci dimostra somma perfettione. E secondo Macrobio, i
Theologi antichi per le nove Muse vollero significare i canti Musici delle otto
sfere, & una massima armonia che di tutte ne
risulta, & però Esiodo chiamò l'ottava Musa Urania, perche doppo le sette
vaghe, che sono sopposte, l'ottava sfera sopraposta si chiama per proprio nome
Cielo, & perciò dalla soavità della voce, & del concento chiamò la nona
Calliope, & li diede il vocabolo di universale. Et infino a' rustici dice
lo stesso Macrobio, sanno che le Muse sono il canto del mondo, dette Camene,
quasi Canene dal canto. Et perciò i Teologi approvando che 'l
cielo rendesse armonia accompagnorono i sacrifici con suoni musici, & ne
gli stessi hinni de gli Dei gli davano i merti ne' versi canori per le Strofe,
& Antistofre, accioche per la Strofa, il dritto moto del cielo stellato,
& per l'Antistofra, ci si dinota il diverso ritorno delle stelle erranti.
Da quai due moti il primo hinno in onor de gli Dei
dedicato prese principio, percioche in questa vita ogni anima resta addolcita e vinta dalla musica, perche portò
nel corpo la memoria di quella ch'essa udì in cielo, & però ragionevolmente
ogni anima le s'inchina, sendo che l'anima celeste somministra à tutti i
viventi la vita, & essa dipende da quelle cagioni di musica, delle quali è
interessata. Ne ci è mancato chi le habbia addattate
a' termini dialettici, como lo Scandianese, & altri, dando a Clio le parti
della propositione, & termini suoi, ad Euterpe il termine, &
l'adherenti, à Talia il sillogismo, & le sue parti, à Melpomene quello che
faccia differenti la propositione, l'induttione, & i sillogismi, à
Tersicore la differenza tra sillogismi, con le cose appartenenti, ad Erato quanto
differente sia la dialetica propositione dalla demostrativa, à Polinnia la
conversione delle propositioni de' sillogismi con più altre cose, ad Urania i
modi serbati ne' sillogismi, & à Calliope tutte le figure de' sillogismi
dati a proloquij.
Gli uccelli delle
Muse si dicono esser oltre i Cigni, l'Api, secondo
Varrone. Et la cagione è, che se talhora se ne van
disgiunte, si riducono in uno con plausi, con cembali, & con i canti, Et
così come alle Muse è sacro Helicona, & Olimpo, così a queste la natura
diede i monti floridi, & incolti. Ne ci mancarono
chi gia dicessero Aristeo essere stato pastore delle Muse; perciò che fu il
primo inventore delle Api, & del mele. Et leggiamo anco presso i commenti
di Teocrito, essere stato un certo Comata, il quale faceva delle pecore a
ciascuna delle Muse sacrificio, & però sdegnato, il padrone, lo fece
rinchiuder in un arca, & quasi per beffe lo
raccomandò alle Muse, & doppo alcun tempo havendo aperta l'arca lo ritrovò
vivo, & in essa del mele col quale le Muse l'havean conservato in vita.
Filostrato, & Platone dicono che le cicale
appresero il canto dalle Muse, dicendo Socrate, che le cicale anzi il nascer
delle Muse furon huomini, doppò il nascimento delle quali presero tanto gusto,
& piacere del canto loro, che cantando sempre & però scordatisi del
cibo, imprudentemente perirono. Da quali nacque poi il genere delle cicale, à
cui le Muse dieder in dono, che poscia
non havesser bisogno di alimento, ma sempre digiune
cantino, & dipoi se ne vadano alle Muse à dar lor contezza, qual di esse è
in prezzo a qualunque huomo, & cosi le rendon benigne à mortali, conforme
alla cura che di quelle hebbero; Come sarebbe Erato à gli amanti, A ballerini
Tersicore, A Filosofi Urania, & cosi del rimanente. Columela fa le Sirene
lor compagne, cosi dicendo, Nunc vos Pegasidum comites Acheloidas Oro, &
cosi ancor Pausania, & Socrate gravissimo filosofo ne
sermoni suoi le Muse invocava. E Filone le chiamò latte dell'anima, &
alimento, & Esiodo oblivion de mali, e nelle cure diletto, havendole
generate Giove in nove notti, securum animum in pectoribus habentes ipsis
splendidi chori, & aedes pulcrae, soggiungendo beato chi è amato da loro,
perche n'esce voce dolce: & tanto più i Regi, i quali per lor dono divengon saggi, & giusti, e ritengono i popoli
ragionando, & ne' conviti cantan leggi ottime, e pudici costumi. Platone, e
i Pitagorici, come scrive Strabone, alla Filosofia,
per riverenza loro posero il nome di Musica, & il Mondo, & l'anime
constare di armonia, & il cielo dissero la lira di Dio. Plotino istimando
ciò che tien del musico, opera di Dio, & i doni delle Muse, & di Venere
fur detti Filotesij, cioè cortesi, e gratuiti. Or
secondo il Ficino, Calliope è voce risultante da tutte le voci delle sfere,
Urania del cielo stellato, cosi detta per dignità, Polinnia di Saturno, di
complessione fredda, e secca, Tersicore di Giove, salutifero al coito delli
huomini, Clio di Marte, per la cupidigia di gloria, Melpomene del Sole, come
temperamento ch'egli è di tutto il mondo, Erato di
Venere, per l'amore, Euterpe di Mercurio, per l'honesta dilettatione nelle cose
gravi, Thalia della Luna per la viridità data alle cose con l'humor suo. Apollo
è l'anima, la sua lira, è 'l corpo solare, i quattro
nervi, i quattro monti, annuo, menstruo, diurno, e obliquo; le quattro voci
Reate, Hipate, e Dorioni, Gemini. E quattro sono le triplicità de' segni, da quali vengon le predette quattro qualità de i
tempi, da Calliope fu inspirato Orfeo,
da Urania Museo, da Clio Homero: Pindaro da Polinnia; da Erato Saffo, da
Melpomone Famira; da Tersicore Esiodo; Virgilio da Talia; Ovidio da Euterpe:
& da Febo Lino. Mà la più commune opinione è che sian le Muse
l'anime delle sfere: Urania del Cielo stellifero chiamato Aplane, &
della sua sfera; Polinnia di Saturno; Tersicore di Giove; Clio di Marte;
Melpomene del Sole; Erato di Venere; Euterpe di Mercurio: Thalia della Luna. Le
quali cosi come più si dipartono dal mezzo del mondo, cosi rendon diversi
suoni, sendo che altre sien veloci, altre tarde, & altre di mezzano moto,
cosi è tale creduta la differenza del lor suono, che dal velocissimo &
ordinato moto del cielo e contatto potentissimo nascesse varia e grande melodia secondo i Pitagorici. Sono adunque otto,
& Calliope la nona, come si è detto più su, quasi il concento. Queste sendo
vicine al primo corpo mobile, al quale si crede esser presso la sedia di Dio,
perciò sono dette da Esiodo menar i balli intorno all'altar di Giove. Mà perche
di esse sono varij gli studij, si prendono anco varij
diletti l'anime nostre, che da quelle sfere scesero, secondo i Pitagorici.
Perche quei che venner dalla Luna, essendo simili à Talia di natura, si
dilettano della Comica lasciva; quei della sfera di Saturno, o di Polinnia,
essendo di secco, e freddo temperamento hanno gran
dovitia di memoria delle cose andate, percioche gli corpi, & gli ingegni,
per lo più si conformano con la natura de' pianeti, & è questa la cagione
della diversità delle professioni, & degl'humori. Zeze stimò niente altro esser le Muse, che cognitione, & quella
forza dell'animo, che intende, conciosia che l'Elicone luogo ad esse dedicato,
sia chiamato dal rivolgimento delle foglie. Credendo dunque, gli antichi, che
tutte le humane cose fossero rette dalla divina mente, & da corpi celesti
in alcun modo, perciò cresero, che ogni eccellenza di arte,
ò facoltà, fosse dono del Sole, & degli altri corpi celesti, già che nel
vero senza l'aiuto divino, la forza humana è debile, e manca; & però
le Muse sono sovente da poeti invocate,
e quelli i quali furon chiamati figliuoli delle Muse, furono di tanto alto
ingegno, che parvero usciti dal cielo, sendo che per altro non possa cader
desiderio Venereo ne' corpi celesti. Donde disse Platone, esser una catena
ferrea con la calamita appesa, à dinotare la congiuntione delle Muse, & lo afflato di esse nei poeti divini, al mover gli affetti.
Et lo stesso in altro luogo le chiamò meretrici, per la dolcezza ch'esse hanno nel tirar à sé gli animi altrui.
Le inventioni di esse nove, come scrive il Pierio, tre toni, pieno,
mezano, & sottile, & altrettanti accenti, acuto, grave, e circonflesso,
& tre parimente i tempi, presente, passato & futuro, che riferendoci
alla Musica, il passato varrà per il longo tempo, partendoci da esso lontano
più ogni giorno, il futuro si piglierà per lo brieve, appressandoglici ogni
hora maggiormente; il presente poi supplirà per la sillaba commune, sendo
natura dello istante tempo, in uno istesso momento congiunger le cose già in
passaggio alle future. Quelli che stabilirono quattro esser le Muse hebber
riguardo alli quattro differenti linguaggi, come invention delle Muse, cioè Sigonica, l'Attica, la Dorica, & l'Eolica. Chi le
fece sette, la lira di sette corde, & la Fistola di sette canne; i sette
climati, & di pari numero Pianeti, e altrettanti vocali.
Mà quei di nove, à Clio l'historia; il piantar à Talia; i matrimonij,, e i balli ad Euterpe; agricoltura à Polinnia;
l'Astrologia ad Urania; e à Calliope la poetica. Et non ci manca chi vada in infinito à ciascuna invenzione prefigendo una Musa,
& l'insegna loro è la lira dice Eusebio. Et Orfeo, & Proclo dicono ch'esse hanno insegnata la religione. Et leggesi presso
Aristofane, dinota per dotto nella cetera l'huom saggio, e gratioso, e per tale
fu tenuto da gli antichi. Et le sacre lettere posero
la cetara per le virtù morali, come che consti
nell'attione, ut in citara tibi confitebor. Et per la fama che ne siegue si
fanno coronate di penne, come Eustatio oltre Pausania
afferma, & per le parole volanti, come
dissero Homero, & Oratio, Et presso di noi per le penne di colomba
inargentate nel salmo, interpretasi il sermon divino, come conferma Adamantio.
Et i Filosofi riferiscono alla divisione dell'aere, che si fa dalla percossa
delle parole, quasi come ali. L'allegoria del Pegaso nato del sangue di Medusa
inferisce, che la virtù troncando il terrore, partorisce fama; percioche il
capo di Medusa dinota terrore, e meraviglia, & la fama subito nata ch'ella è, e che se ne va volando per le bocche delle genti,
fa scaturire il fonte di Parnaso, essendo l'attioni gloriose, argomento, &
materia di scrivere à Poeti; e 'l destrier alato significa la fama, & la
velocità sua. E soggiugne Platone, che tutti gli altri animali non hanno
cognitione dell'ordine, ò disordine de' lor movimenti
à quali fu posto, come regolati il nome di numero, & di concento, ma noi
habbiamo havuto nelle celebrità, ò solennità nostre per compagni i Dei, che il
senso concinno soave, e giocondo ci hanno dato, et i suoni, & la maniera
leggiadra de' balli, e chiamaron dal gaudio i chori, & però conclude che la
prima maniera di eruditione ci provenga per opra delle Muse, & di Apollo,
& esser ignorante, chi non s'intenda de balli di Apollo, & delle Muse.
Ma sendo il mondo tripartito la prima porzione è delle
stelle fisse, la seconda dell'erranti; la terza dell'inferiori cose alla Luna;
tutte queste tra loro facendo concerto per ragion di armonia, & ad ogniuna
è preposta una Musa; alla prima Hypate, ovvero soprana; la seconda Nete, ò
infima; la mezzana Nesen, che contiene, e circonduce, in quanto fece le cose
mortali con gli Dij, le terrene con le celesti, & ciò ne dinota
copertamente Platone, sotto 'l nome delle Parche, Cloto, Atropo, e Lachesi,
percioche all'otto sfere, e al girar loro prepose le Sirene, & le chiamò
figlie della necessità, mà presso à Dei la necessità non intolerabile ne
violenta, perche sendo in ottima città, l'ottimo la legge, cosi la necessità
appò i Dei parte inevitabile, & immutabile, tra perche non soggiace à
mutatione, & sì ch'essi non vogliono, mà egli pose alle Muse il nome di Sirene, quasi nuntie delle cose divine à
gl'inferiori, & l'estrema Musa sortì il luogo presso terra, & l'altre
otto restanti conservano l'armonia delle stelle ferme con le mobili
vicendevolmente, & una che tiene il luogo della Luna, e custodisce
l'intervallo, & lo spatio della terra, a mortali infonde tanto di gratia,
di armonia, & di poesia, ò ritmo; quanto ciascun ne è capace, & insieme
la facoltà civile, & la persuasione, con la quale si sostenta il genere
humano, & la comunanza, & placa, e tranquilla i tumulti degli animi
perturbati. Urania si denomina dal Cielo, sendo probabile, che le celesti cose
non sentan bisogno di molto, ò vario governo, perche
Natura è unica e semplice causa, & già che della vita nostra parte si
trappassi grave, & altra piacevolmente, sono preposte alle cose Calliope,
Clio e Thalia, che c'introduce alla cognitione di Dio, & ci presta aiuto
nelle operationi, & le rimanenti per la debolezza nostra, non disprezzano i
balli, i salti, & le canzoni, con temperamento di ragione, & di armonia,
& con diletto honesto proseguire; alla facoltà civile e regia siede
Calliope: lo studio degli honori vien da Clio essaltato; e Polinnia, all'arte
del imparare, & della memoria è sopraposta. Et però gli
Sicionij appellaron l'una delle tre Muse Polimateia, dal moltiplice studio di
sapere; Euterpe la consideratione della verità ne' naturali, non havendo
lasciato ad alcun altro genere voluttà più pure, ò più belle di queste; &
quanto alle cupidità; Talia l'huomo fiero rende mansueto ne' conviti, e però
quei che ci dimorano, e beono amica, & lietamente diciamo Faliazin, mà non
già quegli, che per il soverchio vino divengon ebbri, o commettono errori;
Erato a congressi amorosi intraviene, si che si facciano a tempo, e con
ragione, & lieva la soverchia mollezza, e i stimoli troppo ardenti, &
che habbiano esito di amicitia, & di fede, non di lascivia, e villania.
Finalmente il diletto, o degli occhi, ò dell'udito, & con ragione, o con
affetto, ò pur commune ad ambi l'altre due Melpomene,
e Tersicore temprano in modo, si che l'uno non sia quasi che incanto ma letitia, & l'altro
non prestigio, ò maleficio, ma dilettatione. Et gli Egittij, volendo figurar le
Muse, formaron due diti, e scultovi sette lettere dentro, attestando il Pierio,
che col significato delle sette vocali si suole appo essi esprimer ogni musica,
& delle lettere le nove mute, sono secondo Plutarco à le nove Muse
dedicate. Alcuni vogliono che quattro sole, come se la lingua percuota i
quattro denti contraposti, & in quel gesto presso gli Egittij
le Muse con Apolline era descritto; i denti per le Muse, & la lingua
che gli batte Apolline, quasi che plettro, & perche sien poste nove, ci fà
mestieri di investigare tutta l'effigie della nostra faccia, perche così per
altrettanti instrumenti del viso ce le rappresentarono, cioè, quattro denti,
due labbra, li quali ci servono per cimbali nell'accrescer il suono, poscia il
palato, nella cui concavità si aggrandisce il suono, La fistola della gola, che
somministra lo spirito; & in fine il polmone, che à foggia di mantice eterno,
che riceve lo spirito, & lo rimanda; e finalmente risedendo Febo in mezzo
abbracci il tutto; & tutto ciò rimarria torpido, & inutile, se non si
svegliassero i plettri della lingua sedula, e pronta. La ragion delle quai cose
più diffusamente trattarono Anasimandro, Leofante,
Pisandro & Eusimene. Appresso, quei che seguono la
Teologia di Orfeo affermano, ch'egli hà posto ne gli animi, e globi celesti
doppia possanza, una nel conoscere, & l'altra nel regger, e nel vivificare
il suo globo stesso; percioche nella sfera Lunare chiamò quella Bacco Licnita,
e questa Talia, in quella di Mercurio, quella Bacco Sileno; questa Euterpe in
Venere; questa Lisio Bacco, e quella Erato, nel Sole, questa Bacco Trieterico,
e quella Melpomene, in Marte, questa Bassareo, quelle Clio in Giove, questa
Sebazio, quella Tersicore in Saturno; questa Anfietofone quella Polinnia, nella
ottava sfera; questa Perictonio, quella Urania, ma nell'anima del Mondo la
prima Bacco Eribromo, l'altra Calliope, e però a ciascuna Musa, si dona un cognome
di Bacco, accioche intendiamo le forze delle Muse, del Nettare della divina cognitione esser ebbre,
& le nove Muse, e i nove Bacchi intorno ad uno Apollo, cioè intorno lo
splendore di un Sole invisibili discorrenti, & altrove, con la stessa
divisione di Polesse e Terrena, nominò Plutone quella; e questa Proserpina
nell'acqua; Oceano quella, e questa Teti nell' aria; Giove fulminante, e
Giunone, & nel fuoco Faneta, & Aurora, e in altro luogo attribuisce
loro il temone della sapienza, & l'essalta come inventrici delle solennità
de conviti, & della letitia de versi parimente de canti, & di tutto il
sapere, & come rifugio nell'avversità, & illecebre à gli honori,
tenendoci lontani da gli illeciti diletti. Et Teocrito afferma, non ci esser medicina più opportuna alle fiamme d'amore delle
Muse, dono veramente dolce, e gentile, e datoci per gratia dalli Dei, sol per
riparo dell'infelicità nostre. Et Eustatio per la Musa interpreta la cognitione
dell'anima, come cosa divina, come l'anima stessa, e 'l
simile par che sentisse Homero, parlando della velocità della cognitione, e
sembra che la Musa venga detta dal rintracciare, sendo sentenza de savij, che
la inopia indagatrice sia madre della copia dell'arti, & sentenza di
Platone è sotto il nome delle Muse di intendersi i celesti canti, col quale
argomento vengon dette anco Camene, e queste scender da Giove, sendo egli di
mente di Plotino l'animo di tutto il Mondo. La onde
cantò Virgilio gran Platonico, Principio celum, ac terras, camposque liquentes
lucentemque; globum Lunae, Titaniaque; astra spiritus intus alit, totaque;
infusa per artus mens agitat molem, & magno se corpore miscet, & di quì
si raccoglie che da Giove più volte si è detto spirito, e mente di tutto il
mondo, perciò ch'egli muove, & regge le celesti sfere, i canti musici sotto
il nome delle Muse habbian origine, & più, ab Iove principium Musae, Iovis
omnia plena, & lo dimostra, perche vivendo, e riempiendo di se ogni cosa,
& agitando il Cielo à guisa di una cetara, come disse Alessandro Milesio,
ne risultino quindi gli armonici, & celesti canti. Ma Esiodo dice, che 'l giorno novennario è dedicato alle Muse; sendo sentenza de Greci, che
questo numero sij buono à tutto, & specialmente alle Muse cosi chiamate,
non perche sian d'Elicone, dice il Rodigino, mà perche come si legge nella
Musica di Tolomeo, ci hà un organo detto Elicone, nel quale sono nove corde,
& dalla diversità de lor tuoni fur dette nove Muse. Di contrario parer’ e 'l Giraldi, che l'Elicone monte scosceso, e romito, nel quale
elle guidano le loro danze, che debbiamo intender l'ordine delle cose, che
abbraccia sapientia infinita, sendo che le due cime di esso monte dinotano la
Teologia, & la Fisica, & altri la Tropologia, & l'anagoge. L'Orologi dichiara gloria Clio, piacer del honesto; Euterpe
vaghi, e novi concetti; Talia, soavità di armonia; Melpomene, Tersicore
dilettatione del sapere, Erato l'amore alle scienze; Polinnia il canto de poeti
soavissimo, che gli fà immortali; Urania la felicità celeste che si gode de'
concetti alti, & divini; Calliope la bellezza incredibile della scienza, Et
Platone gli attribuisce il Tripode, sul quale sedendo i Poeti, sien presi da
furore. Et Ausonio le ridusse in altrettanti versi quante elle sono, & vi
aggiunge Apollo, in questa forma, Clio gesta canens &c. Et Lucretio chiama i Poeti compagni delle Muse, & seco proponeva la
pompa loro. E Gifanio testifica di haver veduto una
pittura, con le Muse inanzi in ordine di pompa, e i poeti dietro. Ne giudico io
fuor di proposito, di scriver in questo luogo, come che il Giraldi racconta di
haver veduto l'imagine della poesia dipinta in questo modo, cioè
velata con allegorici sensi, con una mano tenente un globo, a guisa del Mondo,
& con la gonna succinta, & la sopravesta ampia, & ondeggiante, e
ricamata, e dipinta, co 'l pie destro nudo e 'l sinistro calzato di vaga
maniera Sicionia, & davanti à piedi giacevano corone di lauro, di edera, di
mirto, & d'altre frondi inserte, le quali non si davano se non à chi col
sudore, & col valore le valea, & parea che ci si scorgessero alcuni
temerarij, e sfacciati, come hoggidi sono, e sempre furono in gran copia, gli
quali indegnamente rapivano di quelle frondi
e tentavano di farsene alcune roze, & mal composte corone. Ma di
quelle intere, & intatte niuno si poteva dar vanto fuor quelli a' quali
nove fanciulli, che guidavano i balli cari in que'
luoghi, con un giovinetto sbarbato, & di chioma bellissima non havessen
fatto gratia. Tutto che si comprende sotto tal senso, ch'ella
tenga quella palla in mano, inferisce, che non ci è natione al mondo, Ne cose ò
eterne, ò mortali, che non sian state celebrate. Che habbia poi la veste
interna succinta, tale io penso la cagione, perche quegli c'hanno
scritto le cose di natura, e gravi, hanno adoprato stile breve, e succinto, ma
chi le guerre, amore, i giuochi, e cosi fatte cose, con dire ornato, e vago,
& ampio, il che ci si fa chiaro per l'altra gonna larga, e increspata. L'un de piedi nudo, che ne versi ci sono alcuni piei nudi,
& di niuna eleganza conditi, come i spondei, gli iambici, & altri, ma
de gli altri poi pieni di ogni gratia, d'ogni giocondità, & d'ogni Venere,
quali sono i dattigli, gli anapesti, e i trochei; & le nove fanciulle e 'l
giovane loro, le Muse con Apollo, ò con Bacco, già che l'antichità hebbe amendue
per sovrani al poetico furore. Et quanto à balli, si legge, che gli antichi hebbero le spetie delle danze, applicate a versi loro, &
à poemi, oltre che ci furon tre le maniere delle sceniche saltationi; Tragica,
la Comica, & la Satirica. Mà che si vogliono le corone, quella di lauro si
conviene a Poeti heroici, & vincitori, sendo che per prima si dava
solamente à Capitani, & à gli Imperatori, come quella che non vien percossa
dal fulmine, quella di edera, è però detta poetica,
come piace à Dioscoride, secondo alcuni a Poeti lirici dedicata, ma non d'ogni
fatta di ellera si fanno simil corone, ma sol di spetie nera, co' fiori
vermigli, & le foglie non però nereggianti chiamata Nisia, e Bacchica, e
Dionisia, con gran Corimbi. La corona di mirto si donava à gli scrittori amorosi,
ma quella che di tutte queste insieme era contesta,
detti appo gli antichi Pancarpia, à quello si può attribuire, che in ogni
maniera di poesia, laudabile, e gloriosamente scrisse. Ne
fà luogo di più aperto senso intorno à gli impronti involatori, dandosi assai bene à conoscere
per isciochi dicitori. Opra delle predette è di infiammar i soldati, consolar i
buoni, & accioche gli altri ad essempio loro si movano à ben oprare,
celebrar l'opere virtuose. Et Teocrito cantò, quei che
le Muse riguardano con occhio lieto, non possono in essi
i calici di Circe, come rimedio alle libidini, & perciò favoleggiarono à
suoi tempi, che le Muse adirate di essere stimolate da Venere uccisero Adoni
suo amante, sendo esse già di varij mortali prese di disio, come Calliope di
Oeagro, del quale partorì Orfeo, e Cimotone: Tersicore hebbe Reso di Strimone;
Clio Lino di Magnete, & altre di altri; & in questo modo lo privaron di
vita, havendo allettato con la dolcezza del lor canto, sin che Marte convertito
in Cinghiale, overo il Cinghiale mandato da esso il percosse; mà però i più le
hebbero per Vergini sempre. E 'l primo fra tutti
Platone, e Socrate, in tanto che in tutti i ragionamenti suoi, cosi grave
filosofo come egli era, solea invocarle sempre, & non tacerò in materia
della purità, e castità loro un bellissimo Epigramma.
Ad Musas
Venus haec dabo amori tela puellae.
In vos vel Venerem
praecipue colite.
Ad Venerem
Musae Marti licet ista moneris,
Ad
nos non didicit, iste volare puer.
Callimaco fece i Cigni uccelli delle Muse, & Cirra fu lor
consecrato.
Il numero novenario
è lor dedicato, come quello, ch'è prima del primo
dispare, ò casso quadrato, & fuor di parità dispartito, dividendosi in tre
egualmente dispari, & vi s'arroge, formato dall'unità del cubo, &
dell'ottonario, & da due triangoli, ternario, & senario, de' quali è
ogniun perfetto. Alcuni rendon la cagione, perche tre sono i generi del canto,
diatono, cromatico, & enarmonico. Et i Delfi le
acconciano però alla musica armonica, mà i più antichi sendo che tutte le
scienze, & l'arti, che constano di eloquenza, ò di ragione versino in tre
generi, filosofico, matematico, & oratorio, le fecero dono di trè Dei, da lor detti Muse, poscia
diffondendosi quelle facoltà, le ripartirono nelle parti, & ad ogn'una di
quelle assegnarono tre parti, pure la Matematica in Aritmetica, Musica, e
Geometria, la Filosofia nella Logica, nelle virtù morali, & nella
contemplation di natura, o fisica, L'Oratoria la demostrativa, la deliberativa,
& la giudiciale. Et perciò giudicando niente esser privo
di Dio, & della Musa presidente, con buona ragione le Muse riconobbero,
cosi come il novenario si partisce in tre ternarij, ciascun de quali si divide
in tre unità, cosi è commune, & unico, dell'orationi il dritto circa il
vero, & si communica à tre, & ognun d'essi in singulari, ad ogn'un de
quali toccò la sua Musa favorevole, & ornata di quella facoltà, mà
principalmente alla poesia. Perche le cose che vengon dette
in versi, si tengon meglio a mente, & ci si scolpiscono meglio nell'animo,
il che rifferisce tuttavia Aristotele a' numeri, co' quali vengon i versi
misurati. Adunque non senza gratia sogliono aggradir i Poeti, & però si
finge che Pitho Flessanima dà lor à bere di un certo liquore delle Gratie. Ma
più alto con Platone facendoci l'imitatione dell'armonia celeste, quella cioè ch'è nella eterna di Dio mente, la una de moti
dell'ordine, & de i concenti, de gl'orbi celesti, e questa duplice, altri
nelle voci numerose, & altri ne suoni de gli stormenti, & questi sono
volgari, & di poco pondo. Altri con più grave, & saldo giudicio,
imitatori della divina armonia, i sensi della ragione interna, e le notioni
indrizzano ne' piedi e numeri de' versi, i quali
ispirati di nume divino spargono versi eccellentissimi, sendo efficacissima imitatrice
della divina armonia la poesia, e quel ch'è proprio di questa, quell'anco con
numeri di moti, & delle voci, esprime gravissimi, e delfici sensi, si che
non solamente aggradisca all'udito, ma di più apporti alla mente cibo
suavissimo, e simile alla celeste ambrosia, e perciò si accosta più oltre alla
divinità. E questo furor nasce dalle Muse, onde dalle Muse, cioè
da celesti numi, e canti concitati gli huomini divini, seguendo quelli i modi
poetici contemplano, e perciò disse, che
à ciascuna sfera era preposta una Sirena, perche Siren in Greco vien a dire à
Dio cantante. E i Theologi antichi fecero delle otto sfere i canti, le Muse,
& una la massima l'armonia che si forma à questo
partito; poesia procede dal divin furore, il furor dalle Muse, & le Muse da
Giove derivarono. Vi s'aggiugne che l'anima, e 'l
corpo di certa natural proportione si conformano insieme, e parimente le parti
dell'anima, e quelle del corpo fra di loro, la qual consonanza anche gli
armoniosi circuiti de gli humori, & delle febbri, et i moti de i polsi par
che imitino la consonanza delle parti dell'anima, secondo Platone, &
Aristotele, e 'l Ficino. La Musica grave, conserva, e ristora, sendo che la
Musica risani cosi l'anima, come il corpo; come affermarono Democrito, e Teofrasto.
E Pitagora, Empedocle, & Asclepiade han fatto
prova, ò con la cosa stessa dimostrarono. La prima Musica consta nella ragione,
la seconda nella fantasia, la terza nel ragionamento, questa siegue il canto, e
'l canto il moto de i diti nel suono, e 'l suono il
movimento di tutto il corpo nel ballo, e ne' gimnastici essercitij. Vediamo adunque la musica animale per i gradi esser didutta à tutti
i membri del corpo, la quale gli Oratori, i Poeti, i Pittori, gli Scoltori,
& gli Architetti imitano. E Pitagora, e
Platonici, Aristosseno, e Mercurio Trismegisto tanto l'anima, quanto il corpo
del Mondo, & di qualunque animale di Musica dissero constar, e conservarsi.
E le sacre lettere de gli Hebrei dicono, che Dio dispose il tutto col numero, e
'l pondo, e la misura. E volle Platone, e Mercurio,
che la Musica fosse à noi da Dio concessa, à domar il
corpo, à temprar l'animo, & a Dio lodare. Perche sendo il canto, & il
suono derivato dal pensier della mente, e del impeto
della fantasia, & dall'affetto del cuore, come disse il Ficino, &
insieme con l'aere spezzato, e temperato percuota lo spirito aereo del
auditore, che è nodo dell'anima, & del corpo, facilmente move la fantasia,
e imprime il cuore, e penetra nella più interna sede della mente, ferma anco
gli humori del corpo, e le membra muove.
Il che fece chiaro Timoteo in Alessandro il grande, mosso à furore, e
tranquillato con l'istesso suono; e di Empedocle i
miracoli, & di Pitagora, i quali raffrenavano con la Musica più grave
l'ira, l'impeto, e la libidine in un momento, & insieme gli animi languidi
eccitavano; cosi come si narra di Orfeo, di Anfione, & di Arione. Tutta
volta ricordandosi, che più ragionevole è, che i moti dell'animo sian più
consonanti che le voci, sendo molto diforme, &
lontano dalle Muse quel Musico, che oprando lira, e voce concorde, la mente sia
dissonante, e precipitosa. Or quanto à Febo, egli significa Mondo, e purgato,
& Apollo dona lo stesso alla mente, che 'l Sole al
corpo, illuminandola, riscaldandola, purgandola, e temperandola, & il furor
poetico ci insegnò Platone perciò provenirci, & inalzar la mente sopra la
natura humana, e quasi che transferirci in Dio. E questa chiamò egli
illustratione dell'anima ragionevole, per la quale Dio la stessa anima
dall'alto al basso caduta, dal fondo alle superne cose
l'attragge, e loca à se vicina. E quel moto igneo del lume divino, che col suo
caldo concita le menti, nominarono Apolline, & di quì disse Plutarco, che
dal Tripode Delfico, pel sen di Temide risplendeva un
lume splendidissimo in Parnaso, col quale per legge divina tutto quel
habitacolo delle Muse vien dalla cognitione verace delle divine, & humane
cose illustrato, & lo istesso volle inferire Homero, pur di Temide
ragionando. Fu ancor detto Apollo Musico, & Citaredo, & Capitano questo
per la consideratione, e l'operare, e quegli perche
percuota con ornamento, e con decoro ciascuna parte del Mondo, non si scorgendo
alcuna sua dissonanza nella natura delle cose, ma conducendo i tempi fra di
loro con mirabil simmetria, in somma, quasi che numerosamente conservando gli
animali, & le voci, essendo egli de gli altri corpi il suono, &
inducendo per se siccità, accioche con più espedita maniera pervenga
all'orecchio la voce sonora. Laonde è stimato duce, e custode delle Muse, e
detto scherzator con esso loro. Et Orfeo lasciò ne
gli hinni suoi Apolline con le corde canore, cioè coi moti, & le forze sue
temprar il tutto, & con la grave voce ch'egli chiamò hypate il verno, co ‘l
acuta, cioè Neate l'Estate, con Dorioni, cioè le mezzane voci la Primavera, e
l'Autunno produrre. E ci soggiunge Proclo, che Apollo Musagete, quasi che
conduttier delle Muse, è l'unità all'armonia nell'universo, e questo e 'l coro delle Muse di tutto il numero novenario, da quali due
tutto il mondo con nodo indissolubile vien allegato. E Macrobio dice che però
egli vien figurato con lira di sette corde in mano, perche tanti sono i cieli
de pianeti, & movendosi con quella proportione più confacentesi a ciascuno
rendono soavissima armonia, la quale è dinotata per la
lira in sua mano. Percioche dimorando il Sole in mezzo à tutti, à tutti ancor
da legge, si che vanno e più e meno tardi, conforme al
vigore che ricevono da lui, Onde lo stesso disse altrove, Apollo quasi duce, e
prence di tutti gli altri giri, o sfere. Et perche i Poeti tutti han giudicato
Febo duce delle Muse, & di tutte le scienze, di esse
disse il Ficino, però se ci accade pensiero profondo, e alto, facciasi quando
egli è nella più alta parte del Cielo, & se le Muse hanno a cercarsi
cerchinsi nelle hore stesse, sotto la sua scorta. Et ben à gran ragione, perche
havendo, secondo i Platonici Iddio fabricato, o
formato il Mondo, con infinita providenza, & arte, accioch'egli dimostrasse
più chiaramente l'autor suo, in ogni sfera ci locò animali, i quali non solo
rappresentassero un coltissimo tempio, mà di continuo cantassero le lodi del
sommo opifice. E l'istesso volle che l'humane menti, poste nel mezzo facessero,
e questa è poi quella danza delle Muse, che con imperio di Apollo
canta, risuona, e balla, & Orfeo disse ch'egli temprava il Cielo tutto con
la cetera. Or questo Apollo non è altro che Dio sommo,
il quale fu detto dal gran Pitagora universale.
IL FINE.
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