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Modesto Rastrelli Fatti attinenti all'Inquisizione e sua istoria generale e particolare di Toscana IntraText CT - Lettura del testo |
PIETRO LEOPOLDO ec. ec.
Sapendo Noi esser’ un preciso dovere inseparabile dalla Sovranità il far’ uso dei mezzi, che ci somministra la Potestà Suprema per mantenere e difendere la Nostra Santa Religione nella sua purità, ci siamo determinati a ponderare con la debita maturità i diritti del Tribunale del Sant’Ufizio, ed i provvedimenti ordinati in diversi tempi nei nostri felicissimi Stati per contenere i suoi Ministri dentro quei limiti, che sono prescritti dal vero zelo, e dall’esempio dei primi secoli della Chiesa, nei quali anzichè la punizione, si cercava con la mansuetudine, e la carità ricondurre nel seno della Santa Fede chiunque aveva la disgrazia di traviare.
Abbiamo dovuto rilevare, che se la Chiesa dopo dodici secoli credè espediente di sospendere in qualche parte questa santa dolcezza, e creare dei Tribunali con Leggi di non più usato rigore, quali non potevano convenire ai Vescovi, dalla cui giurisdizione furono per ciò separate le Cause di Fede, vi potè essere costretta da cagioni affatto straordinarie, e dalla infelicità dei tempi.
Cessate queste cagioni, le quali potevano persuadere a tollerare un male per riparo ad un male maggiore, la maggior parte dei Governi ha provveduto alla pubblica quiete con l’abolizione del Tribunale del S. Ufizio, o con la moderazione delle sue leggi, e della sua costituzione.
Relativamente ad ogni altro provvedimento ci troviamo nel dovere di riconoscere la massima prudenza, ed efficacia in quello che piacque al Nostro Augustissimo Genitore di gloriosa memoria di stabilire nel 1745., dal qual tempo più non si sono provate in Toscana le irregolarità, e le prepotenze degl’Inquisitori non rare in avanti.
Ma riflettendo che i Tribunali del S. Ufizio sono ormai inutili nel GranDucato, che i soli Vescovi hanno ricevuto da Dio il Sacro Deposito della Fede, che fa ad essi un torto il dividere con altri la porzione più gelosa della loro potestà, e che essi saranno tanto più impegnati ad usarne con la maggior vigilanza quando siano soli a risponderne a Dio, ed al Sovrano.
Perciò abbiamo determinato di abolire intieramente, come di fatto con la pienezza della Nostra Suprema, ed assoluta Potestà, abolischiamo, ed annulliamo nei Nostri felicissimi Stati il Tribunale dell’Inquisizione, Ordinando.
I. Che contemporaneamente alla pubblicazione del presente Regio Editto cessino negli Inquisitori, e loro Cancellieri, nei Vicarj Foranei, ed in qualunque altro Ministro del S. Ufizio tutte le facoltà, l’esercizio delle quali è a Noi piaciuto di tollerare fin’ ora.
II. Che tolta immediatamente, e demolita sopra le Porte esterne dei quartieri degli Inquisitori di Firenze, Siena, e Pisa; ogni e qualunque iscrizione, titolo, o altro contrassegno denotante esservi stata una volta la sede dell’Inquisizione, si incorporino i detti quartieri, e si includano nella clausura dei rispettivi Conventi, sicchè ai medesimi non possa aversi accesso d’altronde che dalla porta comune agli altri Religiosi.
III. Che dal Magistrato Supremo in Firenze, dall’Auditore del Governo in Siena, e dagli Auditori Vicarj in Pisa, e Livorno si prenda in nome Nostro il possesso di tutti i Beni mobili, ed immobili del S. Ufizio.
IV. Che debbano immediatamente gli Inquisitori, e qualunque altro Ministro, o Vicario Foraneo, per quanto temono la Nostra Reale indignazione, consegnare ai rispettivi Vescovi gli Archivi, gli Atti, e Processi, e qualunque altro foglio, che in qualunque modo appartenga al loro abolito Ministero, ritirandone il debito riscontro, quale saranno solleciti di rimettere all’Auditore Segretario del Regio Diritto.
V. Che i Fondi, e le Rendite che ha possedute, o sono state assegnate in Toscana al S. Ufizio siano attribuite ed erogate in sussidio delle Parrocchie bisognose di resarcimenti, o di aumento di congrua.
VI. Che sia intieramente reintegrato l’Episcopato dell’usurpata cognizione delle Cause di Fede, e le Processure delle medesime non debbano in quanto alla forma, ed alla sostanza in minima parte differire da quella, che di ragione si osserva in tutte le altre cause Ecclesiastiche criminali.
Vogliamo confidare, siccome confidiamo, che i Vescovi si faranno spontaneamente una legge di rendersi presente, che talvolta lo strepito di un Processo, e di una Condanna produce più scandalo di un’errore passeggiero; che molto più giovano all’emenda del reo, ed all’edificazione degli altri le ammonizioni, le esortazioni, e tutto ciò che saprà loro suggerire quella pastorale moderazione, e carità, che anche per esempio degli altri, sono in dovere di professare; ma qualora le circostanze dei casi esigessero, che si proceda al rigore, e che sia fatto uso del braccio secolare, sempre che a Noi faranno costare della sperimentata insufficienza dei mezzi indicati di sopra, Ci crederemo in obbligo di accordarlo.
Tale è la Nostra volontà, la quale comandiamo, che sia inviolabilmente osservata, derogando con la pienezza della Nostra Sovrana Potestà a qualunque Legge, Ordine, Consuetudine, e Privilegio in qualunque modo contrario alle presenti nostre disposizioni.
Dato li 5. Luglio 1782.