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Vincenzo Padula
Persone in Calabria

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POCHE PAROLE AL «CORRIERE DI CALABRIA»

Il «Corriere», che con tutta la sua buona voglia di correre, non esce dalla Sila, ha attaccato il nostro articolo sul brigante Scrivano, menando furiosi ed ingiusti colpi addosso alla Prefettura. Noi non facemmo, e ciò perché non fummo mai avvocati, l'apologia invereconda di verun brigante. Ogni brigante, sia con la giamberga, o senza, si chiami Scrivano, o abbia il Don appiccicato al suo nome di battesimo, ci ha fatto e ci farà sempre orrore; ma un brigante convertito, ma un ribaldo che si ravvede è un sublime spettacolo, e se gli Angioli se ne rallegrano in cielo, come dice la Scrittura, perché vietare al «Bruzio» di rallegrarsene in terra? Noi guardammo nello Scrivano il brigante convertito, che cerca di espiare il passato, che non fugge alla pena, onde la umana giustizia potrà colpirlo, ma studiasi di render mite quella pena con servire alla società ed all'ordine pubblico. Fu un abbietto colpevole, fu un assassino dei piú volgari, dice il «Corriere»; ma se dunque quel colpevole fosse stato un illustre colpevole, un vescovo brigante, un prete brigante, un avvocato brigante, un galantuomo brigante il «Corriere» lo avrebbe assoluto? Noi abbiamo altro gusto; disprezziamo egualmente il ladro di cinque lire, e quegli d'un milione; e non usi a vendere la nostra parola non difendiamo un brigante, sol perché ricco, non calunniamo un brigante sol perché povero. Il «Corriere» parla di fatti, e torna su di nuovo con la fede di perquisizione dello Scrivano; ma i fatti riferiti da noi son dunque baie? Parlammo di Pantusi e Pantusi è ancor vivo, parlammo di concerti tra l'autorità politica e la militare, ed esponemmo le cose, come risultato dalla testimonianza di uomini onesti, e da documenti irrecusabili. Or ci provi il Corriere» che i misfatti segnati nella fede di perquisizione dello Scrivano fossero stati commessi da costui dopo la sua presentazione; ci provi che il mancato omicidio in persona di Pantusi fosse per davvero, ci faccia smentire dall'autorità militare; e noi, dandogli causa vinta, confesseremo di esserci ingannati. Il «Corriere» ha dimenticato che i misfatti addebitati a Scrivano si trovano segnati egualmente nella fede di perquisizione di ciascun brigante. Quando una comitiva misfa, il misfatto si segna sotto il nome di tutti gl'individui, che formano quella comitiva. Or vi ebbe parte lo Scrivano? , nel tempo ch'era anch'egli brigante; no, dopo la presentazione e quando versava tra i briganti in qualità di spia. Questa distinzione era necessaria a farsi, e il Corriere» non l'ha fatta.

Ei monta in furia per aver noi chiamato lo Scrivano il solo (capite, il solo?) di animo nobile, patriottico, nel quale, in tutta la provincia, si fosse incontrata la Prefettura; e il «Corriere» è bugiardo. Quella parentesi è una maligna e bassa insinuazione, e le parole segnate in corsivo da lui non si trovano nel nostro articolo. Dicemmo solo avere la Prefettura fatto appello a tutti gli onesti patrioti, e nessuno averlo secondato. Or ci provi egli il contrario. Nella nostra provincia vi hanno al momento un 25 briganti, e 500 guardiani al servizio dei nostri proprietarii. I 25 briganti e i 500 guardiani s'incontrano ogni giorno in campagna: se i proprietari fossero di accordo fra loro, e secondassero gli sforzi delle autorità politiche e militari, vi potrebbero mai essere briganti fra di noi? Il «Corriere» è tra questi proprietarii onesti e patrioti, e saremmo curiosi di sapere che cosa abbia fatto egli ed essi per la pubblica sicurezza.

Il «Corriere» si mette in quantunque, e vuol dare consigli alla Prefettura. Ciccio mio 28, lasciaci fare. Non ti manca senno: ma che farci? Hai il destino di non essere creduto; fosti consigliere municipale, sei consigliere provinciale; ma benedetta quella tua sola proposta che fosse stata accettata! Dici che ogni l'isolamento si fa maggiore attorno la Prefettura, e t'inganni. Tutto il paese, tutti i buoni, tutti i non larvati amatori del presente ordine di cose sono col Prefetto Guicciardi, tranne i pochi (e tra questi pochi siete voi) che ebbero a lottare con lui, o temono di lottare con lui per la maledetta quistione della Sila. Di qui contro di esso un piccolo partito, la cui opinione non è quella del paese, e che fa al Guicciardi una guerra di piselli, bastantemente ridicola. Si mette a subasta la Difesa Nocella nella Sila; compare all'incanto il solo Berlingieri da Cotrone; il Guicciardi offre il ventesimo di piú, e sapete che dissero i gonzi? Dissero che il Prefetto intendeva farsi proprietario della Sila! Ed è in questa guisa che viene giudicato quell'uomo, che sapendo pur troppo il modo fraudolento, onde procedettero sempre tra noi le subastazioni di vaste proprietà demaniali, si studia d'impedirlo, anche a suo rischio e vergogna di essere manutengolo di nobili e civili furti, come gl'Intendenti d'una volta. E quando vi unite a codesti gonzi, voi parlate contro la vostra coscienza, caro signor Martire, voi fate torto a voi medesimo. Oh no! voi non dovevate negare i fatti da me riferiti, non falsare le mie parole: l'unico punto debole del mio articolo era la questione di convenienza. Doveva la Prefettura valersi d'un braccio d'un brigante presentato? Era qui la questione. Voi credete che non dovesse, credete che bastassero al bisogno le nostre milizie, e v'ingannate. Un chiodo caccia un altro chiodo, dice il proverbio; un cannone non può uccidere un tordo, e cento soldati non possono uccidere un brigante; e il fatto lo mostra. Quattrocento militi assalgono ultimamente a suon di trombe cinque briganti, e questi se la svignano 29! Ma lo Scrivano era un brigante presentato, e, comunque si fosse ravveduto, era sempre un brigante. Ed è vero: ma credete voi che Garibaldi avrebbe fatto l'Italia se a tutti i suoi garibaldini avesse chiesto la fede di perquisizione?

Biasimate il mio zelo soverchio, mi chiamate officioso; ma che significa questa parola? Ho zelo per l'Italia, e me ne glorio; sono officioso verso il presente governo; maledetto dai retrivi, e me ne vanto. Mi vorreste forse reazionario? — Sono officioso verso il Prefetto perché non lo attacco? Potrei mostrarvi di averlo attaccato piú volte; ma attaccarlo sempre per calunniarlo non posso. Se volete, fatelo voi. Pur voi dal primo numero prometteste di mostrare avere la prefettura rovinato la provincia; e ancora non lo avete mostrato. E se lo aveste fatto con prove innegabili in mano, noi avremmo plaudito sinceramente, e gridato piú alto le vostre accuse. Rispetto il Prefetto, perché lo conosco finora uomo probo, e magistrato solerte; mostratemi il contrario, e lo detesterò. Perché dunque mi dite officioso? Se officioso significa uomo che si vende, il venduto siete voi, che preteso usurpatore vi siete fatto il campione degli altri pretesi usurpatori; e il vostro giornale è il giornale della Sila, e non rappresenta nessuna opinione politica, nessuno interesse pubblico, ma un interesse privato; e voi con la pretensione di essere giornalista siete rimasto quel che siete, e che sarete sempre, un avvocato. Eh caro Ciccio, voi avete un interesse a scrivere, ed io nessuno. Chi dunque è officioso? Ma sia pure: se l'essere officioso significa servire, officiosità per officiosità, è mille volte la mia piú nobile, piú generosa della vostra. Io servo non ad un privato, ma ad un uomo pubblico che rappresenta il governo, ed i bisogni dell'intera provincia; mentre voi servite ad uomini privati, che vi pagano, e che rappresentano i bisogni della propria casa, i quali non son quelli dell'Italia.

Un'altra dilucidazione, mio caro Ciccio. Dite che sulla questione silana io mi sia ravveduto, e sia in teramente d'accordo con voi; e non è vero. Mi accordo con voi quanto alla quistione di dritto, e voglio anche io piú di te e piú di tutti che la vertenza silana sia decisa dai Tribunali ordinarii, con l'intervento però del governo qual tutore dei comuni; ma la penso altrimenti, quanto alla questione di fatto e di persone. Per esempio: riguardo a Barletta, io lo credo d'una grande intelligenza; ciò che egli ha fatto prova la sua integrità. La questione della Sila è quistione di milioni e milioni; e il Giudice che ragione al povero, il quale non può pagare, se può tacciarsi d'ignoranza, deve per un altro verso ritenersi ad occhi chiusi come incorruttibile. Ma di questo non piú. Le quistioni di proprietà in Calabria son pericolose, e finiscono a fucilate.

Se poi il Barletta siasi ingannato, la è cosa che non tocca a noi, ma al Parlamento di decidere; ed io, e meco tutti i buoni, altro non vogliono che si faccia presto. Cosí tanti onorevoli signori, che si trovono intruppati tra gli usurpatori, e non sono, usciranno dall'equivoca posizione in cui si trovano; e ciò con vantaggio loro, e con vantaggio di tutti; poiché (e persuadetevene) voi mai e poi mai, finché non sia giuridicamente dileguato il sospetto di essere usurpatore, riuscirete deputato nelle prossime elezioni; ciò è che le nostre popolazioni cominciano ad aver senno politico, e conoscono pur troppo che la vertenza silana, s'è questione di onore per parecchi pretesi usurpatori, è per esse questione di vita, o di morte.

20 aprile 1865.





28 Francesco Martire, direttore del «Corriere di Calabria».



29 Su questo fatto il «Bruzio» aveva pubblicato la seguente notizia, col titolo «Un famoso sbaglio», nel numero del 5 aprile 1865:

«L'ardore entrato nella truppa, dopo l'uccisione di Scrivano e De Lucca, è incredibile; e volendo finirla con Palma, ora che ne hanno le tracce, il giorno 26 marzo tutte le autorità civili e militari del rossanese pensarono di fare un bel colpo, i briganti sono nel bosco Morto presso Mandatoriccio; si mettono sotto le armi 105 bersaglieri, 13 granatieri con due capitani e 3 tenenti, si accozzano 300 guardie nazionali coi loro capitani, si tiene nientedimeno che un consiglio di guerra, e si circonda il bosco con venti impostature. La cattura dei briganti pare inevitabile. Le famiglie dei briganti sono costernate; uomini e donne in Mandatoriccio corrono da chiesa a chiesa facendo dir messe, perché i briganti la scampino. I preti dicono messe, le messe salgono in cielo, e il cielo manda uno spirito di vertigine e di confusione sopra i 440 assalitori. Si levano di lassa bracchi, segugi e mastini, si nelle trombe, e con lo squillo delle trombe e l'uggiolare dei cani si prende a perlustrare il bosco. I briganti erano cinque con una brigantella; si avveggono di trovarsi sotto la schiaccia, e muovono carponi, alla sentita e raccolti. I trombetti li veggono baluginare, e suonano la corsa veloce; i bersaglieri corrono alla caccia; ma con l'aiuto di un vaccaro del sig. Labonia i cinque briganti e la brigantella passano sani e salvi a traverso i 440 armati. Ombra di Annibale, bestia che tu sei, vieni in Calabria ed apprendi dai briganti calabresi a non far piú la buffonata di legare fasci di sarmenti alle corna dei buoi».






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