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Vincenzo Padula Persone in Calabria IntraText CT - Lettura del testo |
A
nacque al 1820, e, come vedete, venne alla luce senza capo, e quindi senza cervello; senza petto, e quindi senza cuore. Cacciò dal seno della madre prima la gamba a dritta, ch'era un po' grossa, poi dopo un'ora la gamba a sinistra ch'era un po' sottile; e come cadde a terra gridò A, né poté dire altro, perché (e vi prego, o lettori, di guardarne la figura) il povero A aveva un po' di lingua, sí, ma attaccata alle gambe. Però natura con fornirlo di quelle pertiche parea che gli avesse detto: Cammina! ed A diede il primo passo in qualità di usciere, e condottosi un dí ad eseguire un sequestro presso una graziosa orfanella, pegnorò la cassa e l'armadio, le sedie e le panche, e non restandovi altro in piede che la padrona, sequestrò anche lei. La tolse a moglie, e ponendo la sua piccola pancetta sulla pancia della donna divenne B.
fu pazzo dalla gioia; ma non dicendo altro notte e giorno che be, be, be, si apparecchiò a trasformarsi in pècoro. La moglie era stata da lui sequestrata in mano terza; e quando dopo pochi dí l'antico amante, riccone sfondolato, venne a raggiungerla nel paese, verso sera il sig. B ebbe un dolore di testa. Al mattino nel punto dolente nacque una verruca, la verruca si cangiò in porro, il porro in escrescenza. B dice: — Diamine, che cosa è? — e si addormentò. Ma col favore delle tenebre tutte le cose crescono; l'escrescenza prese la forma di mezzaluna, e B al risvegliarsi si trovò cangiato in C.
fece un rumore del diavolo. Scappò furibondo di casa, brontolando ab, ba, be; ma tornato sul mezzogiorno, trovò un pranzo superbo, e chiuse l'occhio sinistro; tornato da sera, trovò una cena magnifica, e chiuse l'occhio destro, e subito la fortuna, che è cieca, prese a buon volere il nostro filosofo, che per meglio contemplare l'eterne verità s'era privato della vista. Comprò una casa, ed un podere; si forní di catena, di orologio e di occhialino, uscí tronfio in piazza arrotondando enormemente la pancia, e divenne D.
D
consapevole di sua ricchezza si pose sul grande: acquistò la favella e fu creduto un Cicerone, gli si sciolse lo scilinguagnolo e venne ascoltato come un oracolo. Fin allora non avea detto una sillaba, non proferito un giudizio; ma da quel tempo, prese a sputare sentenze a dritta e a manca, a dire, con l'orgoglio di tutti i villani rifatti: È non È; a rispondere alle altrui cerimonie guardandosi con compiacenza: Eh! Eh! Eh!; a tenere il collo mollemente piegato, e la boccuccia socchiusa. Insomma, era privo di bocca, e l'acquistò; avea la lingua incollata, e la sciolse; ne spinse fuori la punta con garbo gentile, e divenne E.
E
pervenuto a questo punto ambí di essere avvocato ed ottenne la laurea. Scrisse sul codice di procedura una F, cioè furto; nel codice civile un'altra F, cioè frode; sul codice penale un'altra F, che significava favore. E rubando a destra e a manca, e mietendo le fortune de' clienti, le sue mani, le sue ugne, i suoi sguardi, le sue parole furono falci, prese lui proprio la figura di falce e divenne F.
però non poteva rubar tanto senza la protezione de' magistrati. La gonnella gli fruttava piú della toga, e sulla sera si cominciò a vedere una processione verso la sua casa. Prima andava il presidente con guanti bianchi; poi il procuratore del re con l'abito trascurato e l'umiltà dei Gesuiti, poi l'Istruttore, successivamente i giudici del collegio, e finalmente il cancelliere, che notava la specifica, chiudendo il cancello, e buona notte. Che è? che non è? chiedevano i vicini. Vi si congiura contro il Borbone, dicevano alcuni; vi si fa una nota di tutti i liberali per impiccarli in una volta, soggiungeano alcuni altri. Ma gli alcuni e gli alcuni altri erano in errore: sul tetto dell'avvocato succedeva una pioggia di aeroliti; ei rinunciava al cristianesimo, e si faceva musulmano; la mezzaluna cresceva sí enormemente, che per pigliarla in mano vi occorreva un manico. Il manico vi si pose, ed F diventò G.
da quel momento si vide aprire un novello orizzonte. La fortuna passa, e ci piglia. Altri piglia pel naso, altri per l'orecchio: beato chi può essere preso per le corna! Il corno è corpo solido, e, stretto una volta nel pugno della fortuna, non vi è pericolo che sgusci. La fortuna adunque passò, prese G pel manico, lo elevò, lo palleggiò, lo lanciò, e lo fe' cadere sopra una sedia. G divenne magistrato, ebbe una sedia, fu sedia, valse quanto l'acca inter litteras, e diventò giudice, cioè sedia semovente, parlante, pensante, cioè H.
allora montò in orgoglio. Disse agli uscieri, una volta suoi colleghi: Chi siete? Ruppe un calamaio di porcellana sul naso rubicondo e bernoccoluto del cancelliere, costrinse gli avvocati a tre ore di anticamera, e li ricevette seduto sul pitale: stette dritto dritto, si fece lungo lungo, e diventò I.
I
dopo il 1848 acquistò una grande importanza. Fece guerra ai peli, per far dispetto alla moglie che gli aveva messo sopra un accento circonflesso; Procida e Ventotene popolò di moltissime barbe e baffi ribelli; denunziò i politici come briganti ed i briganti come politici; si appiccò una lunga coda, e divenne J.
, come vedete, era un magnifico codino, ed ebbe una medaglia. Ma la venuta di Garibaldi in Sicilia gli produsse una colica di quattro giorni: toltosi dal letto, pensò ai casi suoi, concepí un disegno meraviglioso, e si pose a tavolino. Francesco Il era ancora in Napoli; il ministero novello era un minotauro; e J disse parlando a se stesso: Se in questo momento fossi destituito, sarei salvato. Falsifica dunque il carattere, e firmando il memoriale con altro nome denunzia se stesso al ministero borbonico. Si accusava in quel foglio come liberale, e protettore dei liberali, e si aggiungeva che J odiava il Borbone, perché tutti gl'impiegati di quello aveano conosciuto troppo da vicino la moglie di lui. Alla vista di tanto coraggio, Pisistrato arrossi di sé nella tomba: egli si era ferito nel corpo per impadronirsi di Atene, e J si feriva nell'onore per salvare l'impiego. Ma questo disegno che riuscí a molti dei suoi colleghi non riuscí a lui. J fu destituito dal nuovo governo, tornò allo stato quo, alla figura originaria di A, senza lingua, di un A rovesciato e con le gambe aperte, cioè di L.
destituito fu consolato nella solitudine dal ritorno del figlio, che codino al par del padre aveva avuto anch'egli il medesimo destino. L figlio alla vista del padre si raddrizzò; L padre alla vista del figlio si levò in piedi. Incontro solenne! Entrambi gli L, sorgendo, fecero la figura di A A. Entrambi gli A senza lingua non parlarono, non sospirarono, ma guardandosi l'un l'altro piansero. Poi si avvicinarono lentamente, si unirono e formarono M.
infelice coppia visse tutto il 1862 oscura e maledetta nella cenere del focolare domestico, in compagnia di due gatti. L'anno appresso tenne consiglio, e il padre disse: «Io seguirò ad essere borbonico, ed entrerò nel comitato». «Ed io — soggiunse il figlio — andrò a raggiungere Garibaldi in Aspromonte: saremo sotto due bandiere, e, checché segua, ci salveremo l'un l'altro». M allora si divise in due parti: l'una piegata a sud, l'altra a nord, e prese la figura di N.
N
coppia meno infelice di prima, si fermò in Napoli. Il figlio si guadagnò la stima del partito di azione, e per non rimanersi inoperoso tolse moglie. Costei, ai cui occhi libertini solo parea un eroe, era furiosamente ancora del partito di azione; ma come vide che della formola mazziniana il marito possedeva solo la prima parte e non già la seconda, pensò ai casi suoi. Mirabile accordo di avvenimenti! N padre riceveva nel medesimo tempo il medesimo affronto: entrambi erano divenuti C; entrambi piansero, si versarono, per consolarsi, l'uno in grembo all'altro, le due mezzelune, si baciarono e divennero O.
O
padre e O figlio erano inconsolabili. L'unico, ma continuo accento di dolore che sfuggiva dalla loro bocca era Oh! Oh! Oh! Si separarono dalle infedeli consorti; e se congiunti a queste erano due B, tostoché poi se ne separarono, diventarono P.
padre e P figlio non vollero piú d'un mese per riconoscere la loro follia. Studiando Hegel, conobbero che la realtà delle cose non è l'essere, ma il diventare; osservarono che il marito di una donna infedele diventa marito ogni giorno; e si richiamarono le ripudiate. Allora sedettero pubblicamente sulle loro corna e divennero Q.
diedero feste a furia. Conobbero il piú fruttuoso e facile mestiero esser quello di mestatore politico; apersero le soscrizioni ora per una spada a Garibaldi, ora per soccorsi ai Veneti, e ai Polacchi; istituirono associazioni patriottiche, e il padre ne fu sempre il presidente, il figlio ne fu sempre cassiere. Il denaro piovea. Gridarono sciocco, immorale, imbecille il governo; gonfiarono la bocca, spinsero fuori un palmo di lingua, si dissero repubblicani, e diventarono R.
padre ed R figlio si conducono in Torino, e mutano maniere. Volano da officio ad officio, da ministro a ministro, piaggiano, gridano, minacciano, carezzano, strisciano come due serpi, e diventano S.
Gli S
: strisciando si raddrizzarono, tornarono ad essere L: si presentano ritti dinanzi al ministro; questi pone sopra loro il braccio, e li cangia in T.
I T
diventano due ceste, due panieri, due sacchi dove cadono tutti i favori del governo, prendono la figura di U.
padre ed U figlio ricevono due ministeriali che li nominano... E si guardano stupefatti. Poi ridono fragorosamente: «Viva l'Italia! Viva la Repubblica! Viva l'Impostura!» Si abbracciano teneramente, e diventano X.
padre, come si ebbe rimesso dalla sua emozione, disse ad X figlio: «Apprendi una massima immortale, diabolica, ma unica che sia utile: Prima di avere un impiego sii dell'opinione di oggi; salito nell'impiego sii dell'opinione di domani». Il figlio approvò il precetto paterno; entrambi ebbero gl'impieghi, rivolsero la faccia a due apposti partiti e diventarono
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O lettori e lettrici, sapreste voi dirmi dove si trovano attualmente codeste due facce in Zeta?
Di questa bizzarria del «Bruzio» quale è la verità che sta in fondo? Non è una, ma due.
1. Nessun uomo privo di merito può in un governo bene ordinato andare da A a Z, senza passare per le lettere intermedie.
2. Piaga del regno d'Italia è che il piú degl'impiegati sono facce di zeta.