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Vincenzo Padula
Persone in Calabria

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L'OSTRACISMO DEI PORCI

Il Calabrese nasce tra i porci e le porcelle. Questi, che insieme ai ghiri, sono i soli animali privilegiati di avere attorno al corpo uno strato di grasso, sono in sommo pregio tra noi; e fu un frate calabrese colui che disse: «Se il porco avesse l'ali sarebbe simile all'angelo GabrielePerlustrate i nostri paesi; lasciate da parte i tre o quattro edifici di nobile apparenza; visitate l'uno appo l'altro quei bugigattoli, dove stivate, pigiate, affumicate albergano le famiglie del popolo, e sempre e da per tutto il medesimo spettacolo di miseria attristerà gli occhi vostri. A destra dell'uscio un asino che sgretola il suo fieno, poi un focolare senza fuoco, senza pentola, con un gatto soriano accoccolato sulla cenere, poi di fronte una finestra priva di vetri e d'impannata, con orciuoli e scodelle sul davanzale; poi a sinistra un fetido pagliericcio, e sotto quel pagliericcio, che chiamasi letto, un truogo, e presso al truogo un porco, e razzolanti qua e colà galli, galline e pulcini, che beccano ciò che cade dalla bocca dell'asino, e la crusca rimasta appiastricciata sul grifo del porco; e quando il bimbo che sta sul letto vagisce, il porco grugnisce, il gatto miagola, l'asino raglia, la gallina schiamazza e la donna di casa con la granata in mano strepita anche essa inseguendo il gallo, che svolazzando ha fracassato l'orciuolo, voi da quel baccano, da quel tramestio vi formerete l'idea dello inferno. Ebbene! in questo inferno nasce l'infelice Calabrese, che venuto ai venti anni piglia il mestiero del brigante, e finisce di vivere come l'animale, con cui fu educato. Il porco in Calabria dorme sotto il letto, scorrazza per le vie, si conduce a passeggiare per le piazze, spinge il grifo nei caffè, si ferma innanzi alle bettole per raccogliere le bucce di lupini e di castagne che gli buttano i bevitori, e, quando bene gli pare, entra in chiesa a sentire la predica. Invano la polizia medica, invano l'igiene, invano la civiltà si provarono tra noi di mettere i porci cittadini al bando: i porci ebbero il loro giudizio, si posero sotto il patrocinio di S. Antonio, e furono amnistiati; e nel tempo medesimo il popolo protestò, e con ragione. Si posero sotto il patrocinio di S. Antonio, e la cosa avvenne cosí. S. Antonio Abate ebbe a virtú speciale la purità; e per esprimere il suo amoroso fuoco verso Dio, e il calpestare che fece le oscene dilettanze de' sensi, i primi pittori lo dipinsero con del fuoco in mano, e con un porco sotto i piedi. Ora i frati diedero al volgo ad intendere che S. Antonio fosse in sua vita stato porcaro, e perciò tenero protettore dei porci e della porcheria. Che cosa pensasse in cielo S. Antonio al vedersi onorato da questo titolo, io non lo so: questo so bene che in Napoli, dove nessuno può tenere porci, i soli monaci antoniani hanno il diritto di fare di notte passeggiare i loro, che sono trecento come gli eroi delle Termopile. In Calabria i Cappuccini ed i Riformati facendo profitto della omonimia di S. Antonio Abate e di S. Antonio di Padova, attribuirono al Santo delle tredici grazie la protezione dei sordidi animali, che cosí, non ostante la polizia, trionfarono, e in attestato di gratitudine alla protezione di S. Antonio aggiunsero nel loro testamento un codicillo a favore dei monaci, lasciando a questi una metà del loro capo, ed un pentolino di grasso. Ecco perché appressandosi la stagione del porcocidio, si veggono i nostri frati condursi da uscio ad uscio lasciando cinque pentolini di creta alla donna calabrese, che li bacia per devozione, ed al fraticello che torna indi a 15 giorni, ne restituisce uno solo, ma pieno di strutto.

Togliere la cittadinanza ai porci non si può. Dei nostri cento paesi, novantasette non hanno né macelli, né beccai; e se gli hanno, il villano è s í povero che deve rimettere al tempo del porcocidio il desiderio di mangiarsi un po' di carne fresca; e finché quel tempo non viene, oh con che tenerezza non guarda il suo maialetto! Memore del consiglio della nonna:

Fa di comprarti un porco d'un carlino,

Ma fa ch'ei trovi poi lo truogo pieno 2.

comprò nel mercato di Cosenza una porcellina corta e raccolta. Poi ricordando l'adagio: Gallina e porcello, Per lo becco pare bello 3, le raccolse e notte bucce di cetriuoli e di cocomeri. Poi udí il proverbio: A chi porco non ha la sorte è ria; Ei vede la salsiccia e la desia 4, e il poveraccio cacciandole il mignolo nell'orecchia e grattandola le disse: Ingrassa, ingrassa! Quando muori, qual piede mi lassi?, ed andò in estasi quando l'animale stendendosi per terra, e sprangandogli un piccolo ed amoroso calcio parve rispondergli: Ti lascio questo pregiutto. Ascoltò la canzone: Val meglio crescer porci, e non figliuoli, Ché uccidi il porco e 'l muso ti consoli 5, e, visto il figlio a mangiarsi un pugno di castagne, gliele tolse, e buttolle alla bestia. Una sera la moglie gli disse: Titta, essa è randagia. Ed egli per levarle il vezzo di dilungarsi dall'abitato questo incantesimo: Le tagliò un fuscello sulla lunghezza della coda, le svelse sette setole dal collo, e setole e fuscello nascose sotto il truogo. Poi la bestia infermò, ed ei fu piangendo dal piú vecchio vicino, ch'Esculapio dei porci si tolse di tasca con un fare solenne una lesina ed una radice di elleboro, erba che noi diciamo radicchia, e fatto un foro nell'orecchia della porcella vi cacciò dentro l'elleboro pronunziando a voce sommessa:

Radicchia beneditta,

'Nterra sei nata, ma in cielo sei scritta;

ti voglio arradicchiari

Dentro trecento sessantasei mali.

Poi la bestia guarí; ed indi ad un mese avendo Marta detto a Titta: «Essa è pregna», marito e moglie entrarono nella Chiesa dei Cappuccini, e pregarono cosí:

Madonna mia,

Fammi figliar la frisinghella mia,

E sanamente,

Felicemente

Partorisse sette porcelli,

Quattro chirilli, e tre frisinghelle;

E a dispetto del demonio,

Una intendo portarne a Sant'Antonio.

È favola questa? No: è storia, la qual prova che la miseria è madre della superstizione e dell'ignoranza. Ma notate bellezza di vocaboli! Chirillo, voce greca, significa porcellino; frisinghella (degna di entrare nella Crusca, che manca di parola equivalente) si dice alla femmina del porco, che, o è tale da non essere pregna, o è pregna per la prima volta. Or se le frisinghelle son degne di entrare nell'Accademia della Crusca, perché dovrebbero espellersi dai nostri paesi? Tra noi l'uomo del popolo, a rompersi tutto il l'arco della schiena, è molto se guadagna una lira, e la sua donna 25 centesimi; e stante questa spaventevole miseria, effetto di mancanza di lavoro e di arti, unica industria a quei disgraziati è d'allevare un porco, prendersi dal benestante la frisinghella, e con esso dividerne i frutti; e non è certo un bel garbo pei nostri Sindaci dai calzoni di segovia, e dagli stivaletti di vitellino incerato, fare un diavoleto addosso a' porci a nome della nettezza del paese. Si pensi prima alla nettezza, e pulitezza di vestire degli abitanti, e poi quella del paese verrà da sé. Ora come ora il nostro popolo non ha calzoni tali, a cui sia danno irreparabile una zaffata di pillacchera che vi schizzi il porco dal suo brago. Esso è stracciato, cencioso e scalzo come un Apostolo, cencioso e scalzo come Sant'Antonio, e se somiglia a Sant'Antonio, gli si lascino i suoi porci.

Chi dando a questi l'ostracismo crede di consultare alla nettezza dell'abitato sconosce la Calabria. Sul rompere dell'alba d'un giorno estivo mettetevi per entro alle viuzze dei nostri meschini paesi, e ditemi un po': Che vedete? Su gli usci a destra ed a sinistra, mentre le stelle tramontano, e il cielo arrossisce vi verranno agli occhi stupefatti delle figure bianche. Paiono una, due, tre lune cadute dal firmamento e non son lune; spettri avvolti in lenzuola di neve, e non son spettri; fate che meditino un incantesimo, e non son fate. Chi sono dunque? Son donne. Saltarono nude dal letto, si chiamarono dietro il porcello, e fanno (Signorine, perdonate!) e fanno le occorrenze accanto all'uscio di casa! Or quando i nostri Comuni mancano di chiaviche e fogne, e barbieri, sarti, calzolai e muratori, pria di mettersi al lavoro, si dispongono in fila, a giorno fatto, verso le ultime case del paese, e con la pipa in bocca, e con la gravità filosofica dei Cinici fanno ciò che il Galateo vieta di nominare, non è un'impertinenza bandire l'ostracismo ai porci, che, fogne e chiaviche animate, lungi dal creare immondezze, le distruggono? Noi vorremmo che in ciascuno Comune si costruisse una Cloaca massima da un capo all'altro del paese; poi si obbligassero i proprietarii delle case a costruire a spese loro altrettanti condotti, che mettessero in quella, ed insieme non si lasciasse che altri fabbrichi un novello edifizio senza fornirlo di fogna. Fatte le fogne di pietra, cessa la necessità delle fogne vive, che sono i porci; e allora i padroni o dovrebbero tenerli legati in casa, o associarli sotto la guardia di un uomo, che di giorno li menerebbe a pascere in contado, come si fa in Svizzera delle vacche. Ma finché questi provvedimenti non saranno presi, noi non toglieremo al nostro misero popolo l'industria dei porci, ci opporremo al loro ostracismo, e ripeteremo col Monaco: Se il porco avesse l'ali, sarebbe un Angelo Gabriele.

4 maggio 1864




2 Pigliati nu purciellu 'e nu carrinu,

E falli ajjiari u scifitiellu chinu.



3 Gallina e purciellu

Pe' lu pizzu pari biellu.



4 Amaru chi lu puorcu nun s'ammazza,

Ca' i bidi e li desiddera i sazizzi.



5 Miegliu è crìsciari u puorcu ca nu figliu;

Puru l'ammazzi, e ti n'unti lu mussu.






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