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Vincenzo Padula Persone in Calabria IntraText CT - Lettura del testo |
È degna di osservazione l'efficacia che posseggono i mesi delle varie stagioni sul corpo, e sulla mente umana. Maggio è il mese dei fiori, delle rose, e degli amori degli uccelli. Carmine Vigna detenuto nel Castello videsi sotto ai piedi i campi fioriti, udí il canto delle capinere, e delle rose in gonna che lavano le biancherie nel Busento, e disse: — Voglio esser libero come gli uccelli. — E gli uccelli gli prestarono le ali, e Carmine Vigna il giorno due scappò. È un avvertimento ai Carcerieri di raddoppiare la vigilanza nel mese di maggio.
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In maggio la piazza sorride: i carciofi, le fave, i piselli, le lattughe, gli asparagi presentano mille tentazioni; né mai quanto allora il denaro è necessario. Giuseppe Ruffo da Marano pensa a provvedersene, ed ecco il partito che piglia. Sa che il prete Santelli ha ricevuto una manna dal Cielo, una pingue eredità, e verso il tocco s'introduce nella costui famiglia col pretesto di chiedere un ago con un capo di seta per cucirsi un bottone. L'ebbe ed uscí e sull'uscire vedendo nel cortiletto un uscio aperto vi s'introduce e si nasconde dietro una botte. Il ladro aspettava ivi la notte col fine, il vede ognuno, di cucirsi i bottoni. Ma il Santelli avea detto una brava messa la mattina, e il ladro fu scoperto. E questo sia avvertimento a ciascuno di chiuder bene la porta nelle sere di maggio, e non prestare a nessuno né ago, né filo.
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In maggio gli alberi e gli uomini ripigliano le vere loro sembianze, gli uni le frondi che perdettero, gli altri il nome che durante l'inverno si cambiarono. Al 1847 un tal Nicola Basciolino uccide Vincenzo Gaudio in Cosenza, e seppe condur sí bene il fatto suo che sfuggí alle ricerche della Giustizia. Prende il nome di Agnolillo, e questo Agnolillo di nuova specie con le mani tinte di sangue passeggiava impunemente per Cosenza. Ma ruba una lima ad un falegname, viene colto dalle Guardie di Pubblica Sicurezza, ed Agnolillo si trova essere Basciolino. E ciò sia d'avviso alle nostre brave guardie, le quali (se guarderanno bene in volto ogni uomo che passa) troveranno in maggio i ladri che invano cercarono in gennaro.
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Maggio è il mese di Maria; e poiché nel Credo dei contadini Francesco secondo è fratello di Gesú Cristo, si prega Maria per affrettare il ritorno del Borbone. E questo ritorno parve cosí possibile, cosí certo, cosí vicino ad un ubriaco, che il dí 9 nel largo innanzi alla posta prese a gridare: Viva Francesco II. Ma le Guardie di Pubblica Sicurezza Pietro Manfredi, Bajoletti e Tregrossi gli furono addosso, e lo arrestarono. E ciò sia di avvertimento al governo di essere energico soprattutto nel mese degli asini.
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Finalmente maggio è il mese dell'amore; il rosignuolo canta i piú teneri versi alla rosa, il vecchio diventa giovine, il giovine pazzo, il cuore raddoppia i palpiti, e gli occhi non veggiono altro che fiamme. Un prete di Mangone di 51 anno ne sente gli effetti, e procura di pigliarsi ai servigi una tal Santelli di 24 anni, che trovasi serva in casa di D. Francesco Tucci. Ai preti S. Pietro ha lasciato le ancille; e l'ancella Santelli avea oltracciò il nome di Maddalena. Il prete dice alla Maddalena: — Tu verrai con me —; e Maddalena gli risponde: — Dammi un paio di fioccaglie —. E il prete diè fioccaglie, diè anella, diè tutto, e ciò fu la sua rovina. Maddalena va alla fontana con le fioccaglie, un lustrascarpe la vede ben fornita, e le dice: Ti sposerò. Ogni donna si precipita dal settimo piano alla parola matrimonio, e l'ingrata, l'infedele, l'assassina Maddalena scorda il suo prete. Or che fa costui? Il prete casalino maneggia non il moschetto, ma la scure; se ne affila una, se la mette sotto il braccio, viene in Cosenza, s'introduce in casa Tucci, e dice alla Maddalena: — Mettiti in punto, e via con me —. La donna spaventata ne manda una parola al Lustrascarpe, e le Guardie di Pubblica Sicurezza chiamate da costui arrestano il prete. — Oh cattivo prete! — diranno qui i lettori. Ma, o miei buoni amici, siate giusti: la colpa è del mese di maggio.
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In maggio si dà la caccia alle tortori ed alle quaglie; e le quaglie e le tortori passano in schiere cosí numerose per Rossano e Cariati, che n'è venuto il proverbio: Non vi sono uccelli nati che non passino in Cariati. Ma tutto si muta in natura, e quest'anno invece di tortori e quaglie è succeduto un passaggio di codini. A capo della schiera era un tal Giovanni Marino Falco, scorridore in origine di campagna, poi commesso di dogana sotto il Borbone, e finalmente destituito dall'attuale governo. Il Marino or fa un anno spariva da Rossano, si conduceva in Roma, da Roma volava in Madrid, e da Madrid in Rossano. Ma era allora il mese di febbraio ultimo; la tortore Marino trovò neve, e sparí di nuovo. Dove andò? Ognuno l'ignora. Ma comparso maggio con le sue belle giornate vestite di rose, la tortore spiccò il volo di nuovo, e Rossano immediatamente diè principio alla caccia. La caccia delle tortori in Rossano sí fa cosí. Si sceglie una buona ragnaia in campagna, si piglia un quadrato ampio a sufficienza con reti affilettate ben bene, ed uno dei cacciatori vi si pianta in mezzo ed aspetta. Passano quaglie? Ei fischia col quagliere. Passano tortori? Ei lancia in alto, sí che ricada a piombo, un ciottolo ingessato. La tortore, che va innanzi, ingannata da quel coso bianco che sembra nel cadere una delle sue compagne, si precipita dentro l'insidioso quadrato, e con essa tutta la schiera. All'istante gli altri cacciatori che stan fuori del quadrato arramatano gli alberi, battono le mani, levano grida, e le tortori sbigottite volano dai lati, danno nelle ragne, e si dibattono invano nei loro ritrovi. Questa volta i cacciatori furono il Procuratore del re Francesco D'Agostino, e l'Istruttore Giuseppe De Feo. Tendono le reti, e il giorno 10 fanno una magnifica presa. Prendono Giovanni Marino Falco, ed i seguaci di lui notaio Gaetano Branca, Giuseppe Branca, Michelangiolo Monticelli, Tommaso Catalano, Gaetano Abrigata Mascione, Andrea Nicastro caffettiere e Giuseppe Bernardo Costantino. È stata una magnifica caccia; per due giorni i borbonici non si pettinarono la coda, e gli amici del governo d'Italia, ch'erano di soverchio avviliti, ebbero una soddisfazione. E ciò serva di avvertimento, ed i liberati stiano sull'avviso, perché in maggio passano le tortorelle.
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Un altro uccello non del genere tortora, ma del genere avvoltoio cadeva ferito di palla il dí 11 nell'agro di Longobucco. L'avvoltoio era nato in Celico, si chiamava Giovanni Marinaro, ed era parte della compagnia del brigante Acri. I nostri lettori sanno che il paese di Acri, paese onesto di onesti lavoratori, si irritò fieramente che il suo nome si portasse da un brigante, e però per dar la caccia al vergognoso omonimo organizzò una squadriglia comandata da Raffaele Viteritti, e questa il giorno 11 accompagnata da quattro bravi carabinieri l'assalí, e gli uccise il predetto Giovanni Marinaro.
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In Cosenza il giorno 12 era per seguire un brutto caso. Giuseppe Rizzo è un bettoliere di 22 anni ammogliato ad una Francesca Scuola, che ne ha 17. La Francesca è un po' belloccia, e si trova in stato interessante. Il caldo, i profumi del vino ed i fumi della gelosia travolsero l'intelletto del bettoliere. La mattina si mostrò di cattivo umore, batté fieramente la moglie, ed uscí. Tornò, caricò a palla una pistola, se la pose in tasca, ed uscí di nuovo. Tornò sulle sette della sera, e mentre la Francesca era a sedere sull'uscio di via in crocchio con le vicine, il cattivaccio le scarica la pistola alle spalle. Ogni donna gravida ha due anime, e il colpo andò fallito. La misera svenne, e mentre le vicine le prodigavano le cure piú affettuose, il vice Brigadiere Pucher stese le angeliche mani sul marito che la dava a gambe.