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Vincenzo Padula Persone in Calabria IntraText CT - Lettura del testo |
L'uccello che sfiora il fango, e non lo tocca, che batte con l'ale estreme la faccia del lago e non si bagna, che si culla nell'aria, né làsciasi trasportare dal vento, fu immagine in tutti i tempi dell'anima cristiana, che prega, che medita, che pugna con le passioni e le vince. E tutti gli ordini religiosi amarono perciò gli uccelli; e il frate e la monaca fan di loro celle un'uccelliera, educano i canarii, preparano i nidi, e vanno in estasi sante quando li veggono a covare. I fisiologi recherebbero questo fatto ad una deviazione d'istinto, dell'istinto di paternità negli uni, di maternità nell'altre: noi lo rechiamo al bisogno che sentono entrambi di meditare sulla vita degli angioli, che un poeta del Seicento chiamava uccelli celestiali, e di queste due cagioni i lettori faranno la scelta. I Gesuiti furono, al pari degli altri frati, amanti di uccelliere, ma ne vollero due, una a sinistra, l'orfanotrofio delle Vergini, ed una a destra il Monastero di Gesù e Maria. Quanti santi gorgheggi, quanti soavi pispigliamenti, quanti lievi battimenti di ali non beava ciascuno di quei rugiadosi! Il buon Padre dopo aver predicato e detto mirabilia dell'altro mondo entrava nei cameroni; e là d'attorno al gufo nero si affollavano come attorno ad una civetta, tutte le specie di passere, quaglie, cingallegre, capinere, e via dicendo; e che faceano al buon Padre? Le une gli tergeano dalle torose spalle il santissimo sudore; l'altre piegate mollemente, se ne ricevevano tra le ginocchia i beatissimi piedi, e gl'infilavano le calze. E questo è fatto. — Lo raccontava un'ex vergine uscita dall'orfanotrofio, che ignorava tutto, tranne l'arte d'infilare le calze, e che tra le mille massime imparate dai Gesuiti ripeteva sempre questa: Ho mangiato pane e radice. Quello che si fa non si dice. — Noi non seguiremo questa massima infernale e diremo spiattellatamente ai nostri lettori ciò che abbiamo fatto. Abbiamo picchiato nel parlatorio, e siamo entrati nell'uccelliera. Quale spettacolo! Centoventicinque giovanette, lucide, irrequiete, svolazzanti come uccelli contro le gretole della gabbia producevano tali e tante impressioni, che ogni animo benfatto potea sentirsene lieto; e nondimeno noi camminavamo a passi lenti da camerone a camerone, girammo l'occhio sopra quella serie di testoline bionde, nere, castagne, ed un senso di pietà ci strinse il cuore, un pensiero grave di malinconia ci abbassò la fronte. Che ci passava dunque per mente? Eccolo, o lettori.
L'orfanotrofio ha l'annua rendita di novemila novecento, trentacinque docati, e sessantadue grana, vale a dire di quarantaduemila, e duecentoventicinque lire; la quale, abbattendone 540 docati di fondiaria, 87 per pensioni a pro' di privati e delle parrocchie di Cosenza, 37 per legati pii, 18 a beneficio dell'Ospedale Civile in questa città, nove carlini di sussidio annuale all'asilo della Maddalena in Napoli, e 49 per elemosina, rimane di settemila e quattrocento ventuno docato ad uso esclusivo dello stabilimento. Questa rendita è una bella rendita, e pure potrebbe quadruplicarsi. Non che l'amministrazione difetti d'intelligenza e di operosità; essa ha l'una e l'altra cosa; ma è nella natura dei Corpi Morali di percepire poco da ciò che posseggono. Guardate infatti. L'orfanotrofio possiede 4331 moggiata di terreno, delle quali 22 son coverte da gelsi o castagni, 35 servono a pascolo, e tutto il resto è terreno seminatorio. Ebbene! che reddito ne cava? Non piú che mille, cento trentacinque docati, vale a dire 26 grana ed un tornese a moggiata, cioè una lira e 12 centesimi per ogni sette are! L'orfanotrofio possiede dentro Cosenza 53 camere, otto a terreno, e 16 botteghe; e ne ha la rendita di 856 docati, vale a dire di undici carlini all'anno per ogni stanza! Giova ripeterlo: la amministrazione è operosa ed intelligente; ma il male è nella natura delle cose, né può levarsi altrimenti che col mettere a vendita tutti i fondi sí rustici, e sí urbani, e comprarne rendita iscritta sul Gran Libro. Che bei guadagni non farebbe l'orfanotrofio! Che bel prezzo non gli si offrirebbe per la sola Difesa di Nocella, situata nel piú bel punto della Sila, e dell'estensione di 1520 moggiate, e per la quale l'attuale fittuario non paga piú di seicento docati! E al guadagno si unirebbe il risparmio delle spese di amministrazione, le quali sono di 757 docati: spese maggiori del contributo fondiario, spese enormi, chi consideri che esse stanno alla ragione di 1 a 10. Bell'erano le camerate, decenti e forniti i letti, nutrite e piene di salute le fanciulle, e noi dicemmo: Bene! E ci congratulammo col signor Valentini, e con le due direttrici De Simone, brave ed operose signore; ma pensando al piú che potrebbe farsi, raddoppiando (come sarebbe facile) la rendita, desiderammo migliori condizioni, e ponemmo il pié nelle scuole. La maestra è Carmelita Scaletta. È cittadina di Garibaldi; ha ingegno, ha garbo, bontà di metodo e pazienza instancabile. I saggi che ci diedero le alunne nella lettura, nell'aritmetica, nella calligrafia, e nei vari lavori donneschi ci lasciarono pienamente soddisfatti. Ma chiedemmo a noi stessi: «E che avverrà di queste giovinette quando saranno fuori di queste mura?» E subito l'educazione che ricevono ci parve non solo inutile, ma pericolosa. Il loro avvenire sta nel diventare cameriere, o mogli di un artigiano o d'un contadino. Or possono divenire cameriere? No, perché una cameriera, come si vuole in Cosenza e nei nostri paesi, dee saper pettinare e vestire la signora, tagliare e cucire camicie e vesti, dar la salda alla biancheria, fare il caffè, governare la cucina, servire a desco, rimendare le rotture dei panni, e mille altre cose che quelle fanciulle non imparano. Possono divenire buone spose? Neppure; il contadino, e l'artigiano vogliono mogli che aiutino nei lavori, che vaglino il grano, staccino le farine, fabbrichino il pane, governino le galline, la chioccia e il porcello, che filino, che tessano, tingano i loro abiti, e mille altre cose che quelle fanciulle non imparano, né possono imparare; ed anche, imparandole, non eseguirebbero mai; perché ti pare mò che una fanciulla, come quelle, che veste il malakoff, che s'intreccia i capelli alla furiosa, che si educa all'amore del lusso e dell'inezie della moda, possa rassegnarsi all'umile, penosa vita d'una moglie di artigiano, o di contadino? Il destino di quelle giovinette tutti i cosentini lo sanno: la uccelliera si apre e gli avvoltoi divorano gli uccelli. Poveri usignuoli! Coloro che n'escono col nome di cameriere, ad altri servizii sono addette che a quelle di vestire la signora; ed in secolo positivo come il nostro la dote di 40 docati non è tanta che faccia gola ad un artigiano laborioso, o ad un onesto contadino, perché le vogliano a loro spose. Sono artigiani senza lavoro e pieni di vizii, sono contadini o vedovi, o vecchi o miserabili che le uniscono al loro destino per farne un mezzo di turpe ed immorale guadagno, e di tanta corruzione, onde freme ogni anima onesta, son noti mille esempi. E tali riflessioni, che ci passarono allora per mente, ci abbassarono la testa sul petto, e noi guardammo con commiserazione quelle creature, cosí liete, cosí improvvide dell'avvenire, cosí ingenue fra le mura dell'orfanotrofio e, quattro passi lontano da quello, destinate a cadere in un abisso senza fondo. Noi crediamo che l'educazione non debba istillarci idee superiori alla nostra fortuna, procurarci bisogni incapaci di essere soddisfatti coi nostri mezzi ordinari, accostumarci ad un genere di vita contrario alla condizione, che ci aspetta. Noi crediamo che quelle fanciulle debbano imparare un mestiere tale che dia loro di che guadagnarsi onestamente la vita. In Calabria un proverbio dice: Mano pinta, fortuna tinta. La mano che pinge e ricama non guadagna nulla nell'attuale stato delle nostre industrie: la tessitrice guadagna, guadagna la maestra di seta, guadagnano le poche donne che sanno tingere i panni, fabbricare il pane, inamidare la biancheria, preparare confetture ed altro. Vi erano i telai della seta: perché si sono tolti? Noi crediamo che quelle belle fanciulle debbano uscire all'età di 15 anni, sí per dar luogo ad altre, e sí pel loro meglio medesimo. Usciranno come cameriere? E la donna di 15 è piú forte della donna che ha varcato i venti anni: l'una resiste alla seduzione, l'altra cede. Usciranno con la corona di spose? Ed una sposa di 15 anni è capace di ricevere una nuova educazione dal marito, confacentesi alla condizione di entrambi. Il signor Valentini ha molto zelo: molto zelo ha la Carmelita Scaletta, e noi speriamo che questo stabilimento venga migliorato. Costei ci disse che non poteva insegnare alle alunne a dar la salda, perché mancavano le biancherie, e noi perciò preghiamo gl'impiegati, gli ufficiali, e quanti forestieri scapoli vivono in Cosenza di servirsi dell'opera delle povere fanciulle. E se non altro che questo bene verrà dal presente articolo, noi ci chiameremo contenti di averlo scritto.