Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giovanni Verga
Teatro

IntraText CT - Lettura del testo

  • DAL TUO AL MIO
    • ATTO PRIMO
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

ATTO PRIMO

 

In casa Navarra. Sala arredata all'antica. Usci a destra e a sinistra (quello dell'anticamera in fondo). Mobili vecchi, ma custoditi gelosamente. Ritratti di antenati alle pareti, tipi fra il contadino e il nobiluccio di provincia, in parrucca e spadino, oppure in toga. Girandole rococò agli stipiti degli usci con candele accese. Una bella lumiera di Murano pendente dalla volta.

 

SCENA I

 

Il Barone, dal viso bonario, un po' rustico, reso burbero dalle avversità, sta accendendo le candele della lumiera, salito su di una vecchia seggiola di cucina, in maniche di camicia, ma già in cravattone bianco per la cerimonia. La giubba, di taglio antico, come tutto il suo vestiario, è buttata sul canapè. Sidoro, insaccato in una vecchia livrea, coi calzoni lunghi color nocciola, raso di fresco,ma coi capelli irti ed indocili malgrado l'unto, più arcigno del solito in grazia della solennità, aiuta goffamente il padrone. Nardo e Luciano stanno a guardare dall'uscio in fondo, aspettando.

 

Il Barone (a Sidoro). Così, santo Dio! Ci vuol tanto?

Sidoro (brontolando). Non so. Non ho mai fatto il sacrestano io!

Il Barone. Tu non hai fatto mai nulla!

Nardo. Dunque, signor Barone, cosa facciamo?

Il Barone (senza dargli retta e senza voltarsi). Lo vedi quel che sto facendo.

 

Si ode una scampanellata in anticamera.

 

Chi è? Di già? Santo Dio...

D. Barbara (accorrendo dall'uscio a sinistra, vestita da festa anche lei, tutta scalmanata con un gran vassoio di dolci nelle mani, a Sidoro). Date, date qua, Don Sidoro.

Sidoro (brontolando). Anche Donna Barbara adesso!

Il Barone (a Donna Barbara stizzito). No, no, non è ora dei dolci. Di là, di là in cucina.

 

Donna Barbara rimane col vassoio in mano, in mezzo

alla stanza, senza saper che fare.

 

Lisa (dall'uscio a destra, terminando d'acconciarsi). Sentite che suonano?

D. Barbara (guardando intorno estatica). Che bellezza! Sembra una chiesa...

Il Barone (gridando). Si può sapere chi è, Sidoro?

Sidoro. Vado, vado. Non posso far tutto in una volta!

 

Va a vedere in anticamera, e Donna Barbara posa il

vassoio sulla consolle per corrergli dietro.

 

Nardo (al Barone, senza muoversi). Allora, me ne vo. A me non m'importa...

Il Barone (sempre voltandogli le spalle e seguitando come prima). E neanche a me.

Luciano (colle mani nelle tasche dei calzoni, in aria provocante). Questa è faccenda che si deve accomodare, signor Barone!

Il Barone (voltandosi verso di lui, irritato). Anche Luciano, ora?

 

Cacciandosi le mani in tasca lui pure, ironicamente.

 

Sentiamo come vuole accomodarla, signor capopopolo, padrone mio?

Lisa (correndo a prendere il vestito ch'era buttato sul canapè e aiutando il padre a infilarlo). Presto, papà. Non vi fate trovare così.

Il Barone (strillando verso l'anticamera). Chi è? Sono scappati tutti?

D. Barbara (tornando indietro con due bottiglie di rosolio). Lo speziale: ha mandato il rosolio pel trattamento.

Il Barone (stizzito). E me lo porta qui!

 

A Sidoro che reca anche lui delle bottiglie e va per posarle sulla consolle.

 

Che fai? che fai? Di là vi dico. In cucina, insieme ai dolci del monastero.

D. Barbara (porta via il vassoio ed esce dalla sinistra).

Sidoro. Ho due sole mani. C'è anche questo qui.

 

Dà il conto piegato al padrone.

 

Il garzone è lì che aspetta.

Il Barone (strappandogli il foglio di mano e cacciandoselo in tasca). Domani! Dì che passo io stesso da lui domani. Non ha da comprarsi il pane stasera lo speziale?

 

Voltandosi a un tratto verso di Nardo, infuriato.

 

Ma lasciami stare oggi, Nardo! Non mi far fare la bocca amara anche tu!

 

Altra scampanellata all'uscio. Sidoro va a vedere chi è. Lisa corre a prendere le bottiglie rimaste sulla consolle, mentre il Barone fa per portar via la vecchia seggiola su cui era prima salito.

 

SCENA II

 

La zia Bianca, in fronzoli, festante, accaldata, facendosi vento:

 

Son qua!... La prima!... Che caldo! Che contentezza oggi in casa vostra!

Lisa (correndo ad abbracciarla). Oh! Zia Bianca!

Il Barone. Grazie, grazie, cugina Bianca. Non possiamo dubitare...

D. Bianca (abbracciando Lisa). Cara Lisa!...

 

Poi al Barone.

 

Un matrimonione!... La gente lasciatela parlare. Verrà anche lo zio Marchese?

Il Barone. Sicuro. Perchè non dovrebbe venire?

D. Bianca. Quello che dico io. Certi fumi, al giorno d'oggi, bisogna lasciarli stare. Lui ha pure sposato una maestrina, perchè parlava col squinci e linci... forestiera per giunta!... alla sua età!... Vostra figlia ora è contenta?

Il Barone. Se non fosse contenta lei...

D. Bianca. Lo so, lo so, Don Mondo. Voi non siete di quelli che vorrebbero far bere l'asino per forza. La Nina poi è così ubbidiente, così giudiziosa!...

Il Barone (giungendo le mani). Per forza, cugina mia! Come si fa, santo Dio? Quell'altro che non aveva niente: qui in casa! lo sapete!

D. Bianca. Sì, sì, lo sa anche lei. Vedete, che s'è persuasa anche lei alla fine... Che volete? ragazzi! S'era messo in testa quell'altro vedendolo per casa... Cugini, è naturale; ma poi ha chinato il capo.

 

Guardando intorno.

 

Bene! Avete fatto le cose bene. La casa è sempre quella: chi sa che trambusto oggi in casa vostra! Vi vedo ancora in faccende.

Lisa. Papà è stato in giro finora.

Il Barone (con un sorriso un po' amaro). Sì, sono andato a spasso!

Nardo. Dunque, me ne posso andare?

Il Barone (voltandosi a lui irritato). Nardo, sei ancora qui?

Nardo (facendo per andarsene). Benedicite; me ne vo...

 

Tornando a un tratto indietro, scaldandosi e gesticolando vivamente.

 

Ma se non possiamo tirare avanti colla paga che abbiamo, vossignoria! Quei quattro soldi che guadagnano i carusi se li mangiano i maestri...

Luciano (interrompendolo bruscamente). Si mangiano le vostre corna, mastro bestia! Quasi i maestri non fossero scontenti anche loro!

Nardo. Dico bene: il dazio, la ricchezza mobile, la tassa sul pelo, con rispetto parlando! Chi possiede anche un misero asinello, deve pagare! Ora poi hanno inventato la legge pei ragazzi che lavorano nelle miniere. Un povero galantuomo non può nemmeno campare sui suoi figliuoli!..

Il Barone (amaramente ironico). Sicuro! Ci campo io!

Nardo (sorridendo goffamente). Eh vossignoria... vi manca il pane e il companatico qui!...

Luciano. Deve accomodarsi questa faccenda delle paghe, signor Barone. Sentite a me, che vi voglio bene.

Il Barone (irritato). Si vede come mi vuoi bene! Mi rendi il bene che ti ho fatto crescendoti orfano in casa mia!

Luciano (rigirando il berretto tra le mani). In casa vostra... Io pure ci ho lavorato in casa vostra... Domando il fatto mio... quello che è giusto.

Il Barone (gli dà un'occhiataccia torva senza rispondere, e poi si rivolge a Nardo investendolo). Nardo mi trovi mille lire che mi servono come il pane? Tutto il giorno che sudo sangue per cercarle...

Nardo (con un sorriso sciocco). Eh... quando le incontro per strada, le mille lire...

Il Barone (prendendo per le spalle lui e Luciano e spingendoli fuori). Allora vattene! Allora vattene! Non mi fate perdere la pazienza!

Lisa (calmandolo). Papà...

D. Bianca. Via, Don Mondo, non vi guastate la festa.

Il Barone (asciugandosi la bocca amara col fazzoletto). Me la guastano! Me la guastano, cugina mia!

D. Bianca. Vediamo la sposa. Nina? Nina? Dov'è, quanto l'abbraccio...

Lisa. Or ora viene, zia.

D. Bianca. Sarà ancora allo specchio. È giusto. La festa è per lei. Verrà anche la tua festa, non temere. Perchè? Cosa vuol dire? Su quella testa, sciocca! Ti mariterai anche tu, non temere!

Lisa (a capo chino, colle ciglia aggrottate). Ma sì! Ma sì! Chi vi dice?...

D. Bianca. Tu devi dire quel che dice tuo padre. Lascia fare a lui che non ci dorme su, poveretto. Hai visto tua sorella? Pareva che finisse il mondo se non sposava suo cugino Lucio; invece tuo padre gliene ha trovato un altro che è cento volte meglio. Pensa invece come sei nata.

Lisa (interrompendola sorridendo, ironica). Per grazia di Dio, lo so!

D. Bianca (accalorandosi). Per grazia di Dio! Sissignora!

 

al Barone:

 

Questa poi non le somiglia a sua sorella.

Il Barone (sorridendo bonariamente). Che volete? È così giovane!

D. Bianca. No, no, è di un'altra pasta.

 

A Lisa:

 

Giacchè Dio ti ha fatto nascere in questo stato, bisogna aver pazienza. Ridi perchè ne ho avuta tanta io?

Lisa (ridendo). No, zia, non rido.

D. Bianca. Non ne son morta, vedi?

 

Vedendo entrare Nina.

 

Oh, Nina.

Nina (abbracciandola). Cara zia!

D. Bianca. Qua, qua, figliuola mia!... Mi sento tutta così...

 

Si asciuga gli occhi.

Lasciati vedere!...

 

Tastando la stoffa del vestito.

 

Questa è roba di fuori?

Il Barone. La roba sì, ma quanto al resto...

D. Bianca. Lo so, lo so. Mani benedette! Mezza dote l'hanno nelle mani le vostre figliuole.

 

A Nina:

 

Che Dio ti benedica! Vedi come gli ridono gli occhi anche a tuo padre, poveretto?...

Il Barone (commosso). Oh, per me... io ci sono avvezzo ai guai... Ma almeno che non abbiano a tribolare anche loro...

 

Nina, senza parlare, ma con le lagrime agli occhi, gli butta le braccia al collo.

 

T'avrò fatto piangere, figliuola mia... Ti sarò parso un tiranno...

Nina (mettendogli una mano sulla bocca). Zitto, babbo! Non dite così!

D. Bianca. Non dite così. Lo sa anche lei perchè facevate il tiranno. Quello lì che non aveva niente, qui in casa... Basta, ora Nina è contenta.           ,

 

Nina scoppia a piangere fra le sue braccia.

 

Cos'è? cos'è adesso?

Il Barone (quasi colle lagrime agli occhi). Cos'è, figlia mia? Parla! Dillo a tuo padre...

Lisa (asciugandosi gli occhi). Povera Nina!...

D. Bianca (scattando). Ma che povera!... Sarà la prima del paese!... Brava!... È così che incoraggi tua sorella?...

Il Barone (c. s.). Non sei contenta, dì?... Dillo a tuo padre...

Nina (chinandosi a baciargli la mano). Sì, papà... sono contenta.

Il Barone (accarezzandola, affettuoso e commosso tanto da non trovar le parole). Perchè... perchè piangi, dunque? ... Cos'è?...

Nina (asciugandosi gli occhi). È la gioia... è la contentezza... piango per la contentezza.

D. Bianca (abbracciando e baciando Nina). Tè! che voglio dartelo proprio di cuore! La tua povera mamma, lassù, ti benedice, ed è contenta anche lei, vedi!

 

Volgendosi a Lisa che ha ancora il fazzoletto agli occhi.

 

Vi guarda di lassù tutt'e due...

Sidoro (accorrendo, tutto sossopra).. La carrozza!... La carrozza del signor Marchese!...

Il Barone. Lume! Presto, fate lume!

D. Barbara (viene dalla destra, correndo, col lume di cucina).

Il Barone. No! Quello no, bestia!... Sidoro, un lume...

Sidoro. C'è il lume! C'è! Sin nella scala ho acceso il lume.

 

Tornano correndo in anticamera.

 

SCENA III

 

Sidoro (con enfasi, precedendo dall'anticamera il Marchese e la Marchesa). Eccolo qua!... Colla signora Marchesa anche!

Il Barone (andando ad incontrarli, ossequioso). Quanto onore stasera! Quanto onore in casa mia!

Il Marchese (in cravatta bianca, ripicchiato, azzimato, coll'aria affettatamente amabile di gran signore). Che piacere, volete dire! Caro Barone... cuginette care... Che piacere per tutto il parentado! Anche la Marchesa, qui, diceva...

La Marchesa (in gran toletta, incipriata sino agli occhi, dandosi delle grandi arie anche lei e parlando leziosamente). Certo, certo! Non avremmo voluto mancare. Siamo parenti stretti.

 

Presentando un mazzo di fiori a Nina.

 

Cugina cara tante felicitazioni... tantissimi auguri...

Lisa (ammirando i fiori). Come son belli!

Il Barone (a Nina). Vedi, la zia Marchesa ha voluto incomodarsi.

Nina. Grazie.

La Marchesa. Niente, niente, quattro fiori. Li ho fatti venire apposta da Palermo, perchè qui non se ne trovano.

Il Marchese. Che vuoi, mia cara, un piccolo paese...

D. Bianca (ironica). Qui non c'è niente. Vengono tutte di fuori le cose belle!

Il Barone (presentandola). Questa è nostra cugina. Donna Bianca Delisi.

D. Bianca (ruvidamente). La conosco, la conosco!

La Marchesa. Ci vediamo poco perchè mancano le occasioni...

D. Bianca. Eh, abbiamo tanto da fare, ciascuno a casa sua!

La Marchesa (piano a suo marito). È una vera contadina.

D. Bianca. Eh? che dite?

Il Marchese (a tagliar corto con un sorrisetto). Mi dispiace di non vedere i Montalto, che sarebbero parenti stretti anche loro.

Il Barone. Dispiace anche a me. Ma siamo in lite per quel pezzo di terra...

La Marchesa (facendo una smorfia). Brutte cose fra parenti!

D. Bianca (ironicamente alla Marchesa). A me piace che vi scaldate per il parentado come se ci foste nata.

Il Marchese (rivolto alla moglie, colla stessa aria conciliativa di prima). Eh, amica mia...

Il Barone (sorridendo bonariamente anche lui). Quando ce n'è poca, cara cugina, uno tira di qua e l'altro tira di là...

 

Altra scampanellata frettolosa.

 

Il Barone a Sidoro che è rimasto sull'uscio dell'anticamera:

 

E tu che fai, a bocca aperta? Non senti che suonano di nuovo?

Sidoro (brontolando). Sento, sento.

 

Esce.

 

Don Rocco (entra quasi subito, col fiato ai denti, vestito coi suoi migliori abiti di vent'anni fa, asciugandosi il faccione rosso col fazzoletto di colore). Ho visto la carrozza, e sono corso...

 

Si cava i guanti, sbuffando, e li caccia dentro il cappello insieme al fazzoletto.

 

Il Barone. Oh, cugino Rocco! E vostra moglie?

D. Rocco. Malata, malatissima! Vi manda a dire di scusarla. Abbaja come un cane, poveretta, chiusa all'oscuro, figuratevi!

D. Bianca (sorridendo ironica). Il solito mal di capo, si sa.

D. Rocco (scattando). Vorrei vedervi voi! con tanti figliuoli sulle spalle! Non ha il tempo di stare a lisciarsi come voi.

Il Marchese (conciliante). Certo, certo. Quando c'è tanto da fare in una casa...

D. Rocco. Ci vuol l'aiuto di Dio. Voi, cugino Don Mondo, siete stato fortunato. Lo dico con piacere perchè ci ho un po' di merito anch'io.

Il Barone. Grazie... Non possiamo dubitare...

D. Rocco. Non fo per vantarmi. Ma questo matrimonio è come un terno al lotto...

Il Marchese. Oh! Oh!

D. Rocco. Eh, scusate, caro Marchese! Possiamo parlare, qui in famiglia, eh? Le tasse, il governo, le malannate... Siamo tutti d'un colore: io e mio cugino il Barone, qui, a grattare quel po' di zolfo che ci hanno lasciato nella miniera quelli là...

 

Accenna ai ritratti degli antenati.

 

Il Barone. Mi hanno lasciato quel che hanno potuto.

D. Rocco. Quello che non hanno potuto portar via, volete dire. Zitto; parlo così nell'interesse vostro, non per la misera parte che ci ho anch'io nella zolfara. Invece il padre di vostro genero ha portato a casa sua.

Il Marchese (sorridendo con malizia). E come! E come!

D. Rocco. Che uomo quel Rametta! Un naso! Un colpo d'occhio!... Se Don Nunzio Rametta si mette in testa d'avere il cappello del Padre Eterno, ci arriva!

 

Volgendosi a Nina.

 

Tu sei proprio fortunata, cara Nina!

La Marchesa (ridendo). Eh, non sposa mica lui!

D. Rocco. E il figlio meglio del padre. Vedrete! Quando m'accorsi di quel telegrafo colla finestra qui dirimpetto...

Nina (vivamente, facendosi rossa). Io?

D. Rocco. No, tu no; ma non importa. Quando vidi che il figlio di Rametta pigliava fuoco per mia cugina, dissi subito al Barone: Don Mondo, volete far risorgere la vostra casata, eh?... Volete farla risorgere?

 

Calorosamente gesticolando, rivolto al Barone, come parlasse di cosa presente.

 

Il Barone (sorridendo bonariamente). Voglio farla risorgere.

D. Rocco (rimane un istante a bocca aperta, guardando il Barone senza saper che dire e poi gli volta le spalle, alzando le braccia indispettito). Allora... se non si può discorrere nemmeno.

 

Va a sedere in un canto imbronciato.

 

La Marchesa (a Nina osservando l'anello che essa ha in dito). Questo è regalo dello sposo?

Lisa. Sì.

Il Marchese. Bello! Bello!

La Marchesa. Vero regalo d'innamorato. Si capisce!

D. Rocco. E gli orecchini? Sembrano due stelle!

 

Ridendo.

 

Si vede anche allo scuro che mia cugina è fortunata.

Il Marchese. Oh, oh! Io direi invece che è una fortuna per tutti e due gli sposi!

D. Rocco. Certo, sicuro, ma è sempre meglio prendere uno che vi voglia bene a quel modo.

La Marchesa (leziosamente, minacciandolo col ventaglio). Oibò! Che prosa!

D. Bianca (seccata). Oh Dio! non capita a tutti saper fare un matrimonio romanzesco!

La Marchesa (affettando di non darle retta, rivolta al Barone). E i cugini Santoro non verranno? Credevo di trovar qui il bel cuginetto Lucio.

D. Rocco (vivamente, facendo segno di tacere anche con le mani). Sss! Sss!...

D. Bianca (a D. Rocco). Eh! Che diamine!

 

Momento di silenzio imbarazzato di tutti quanti.

 

Nina (che si è fatta prima rossa e poi pallida in viso, ma calma e dignitosa). Non c'è niente da nascondere, Don Rocco.

Lisa (rossa in viso anche lei). Papà ha invitato tutti i parenti. Chi vuol venire la strada la sa.

D. Rocco (cercando di rompere il ghiaccio). Dico che i cugini Santoro sdegneranno d'imparentarsi coi Rametta...

 

Ironico.

 

Loro discendono dalle anche d'Anchise!

Il Marchese (per rimediare anche lui). Saranno andati in campagna... mi par d'aver sentito a dire...

Il Barone. Buon viaggio!... colle anche d'Anchise! Le abbiamo tutti le anche d'Anchise!

La Marchesa (piano nel crocchio delle donne). Sono proprio mortificata! Non vorrei aver messo il dito...

 

sorridendo

 

su qualche piccola ferita...

D. Rocco. Niente, niente, qui non c'è nè morti, nè feriti.

 

SCENA IV

 

Entrano Padre Carmelo, mezzo prete e mezzo contadino, colla barba rasa sino agli occhi, le mani nere, la risata grossolana. Il notaio Zummo, inguantato, cerimonioso, con un soprabitone sino ai piedi. Don Serafino giallo, allampanato, vestito miseramente.

 

P. Carmelo. Deo gratias... Ho trovato la porta aperta... Si vede ch'è festa in chiesa!

D. Rocco. Festa in chiesa e festa in cucina. Siete venuto all'odore, Padre Carmelo?

P. Carmelo. E voi, no? E il notaio Zummo, qui?...

Zummo. Eh? Che cosa? Di che ridete, Don Corvo?

P. Carmelo. Niente, andate avanti.

Zummo. Riveriti. Padroni miei. Ci siamo? Siamo pronti?

Il Barone. Un momento. Abbiate pazienza.

Zummo (cavando l'orologio). Non s'era detto per le nove in punto? Entrate, Don Serafino. Questo è il mio giovane di studio.

Il Barone (piano a Padre Carmelo, tirandolo in disparte). Niente, eh?

P. Carmelo. Mi dispiace. Sarei venuto a portarvi i denari. Ma è un cane peggio degli altri. Dice che se non ve li presta Rametta, ora che vi è parente, significa che non vi è la cautela sufficiente... Provate a parlargli voi.

 

Indicando il notaio.

 

Zummo. Chi è che s'aspetta ora?

La Marchesa. Lo sposo, nientemeno!

D. Rocco. Mandatelo a chiamare, sta qui di faccia.

Il Barone. Mi dispiace, signori miei. Tarderà perchè suo padre è andato alla miniera a dare un'occhiata.

Il Marchese. È giusto, è giusto.

P. Carmelo (ironico). È giusto. Tanto tempo che Don Nunzio gli faceva l'occhietto alla zolfara! Sin da quando vi lavorava a cottimo...

Il Barone. È andato a vedere per questa benedetta faccenda dell'acqua. Abbiamo l'acqua nella zolfara.

Zummo. Non importa, aspettiamo. Siamo in bella compagnia.

La Marchesa. Grazie, grazie.

D. Bianca (piano alle ragazze). Piglia tutto lei!

Il Barone. Intanto beviamo un bicchierino di qualcosa. Lisa.

Lisa (chiamando). Sidoro? Donna Barbara?

 

Esce a sinistra.

 

Il Marchese. Dicono che per toglier l'acqua ci sono delle macchine adesso.

Il Barone. Sicuro, delle macchine che costano un occhio!

 

Lisa rientra precedendo Sidoro e Donna Barbara che recano i vassoi coi rinfreschi.

 

Qui, qui, metteteli qui. Non si finisce più di spendere. Caro notaio, un bicchierino di rosolio? Posso servirvi io?

Zummo. Tante grazie.

 

Bevendo.

 

Proprio eccellente! Lo speziale s'è fatto onore!

Il Barone (piano). Padre Carmelo vi ha parlato?

Zummo. Figuratevi se mi ha parlato!... Alla salute della sposa!

La Marchesa (a Lisa che le offre del rosolio). Io no. Prego di scusarmi.

Zummo (complimentoso). La signora Marchesa sarà avvezza a chissà che roba!...

Il Barone (piano, tornando ad insistere). Ci vogliono capitali...

Zummo (forte, sviando il discorso). Rametta li ha i capitali...

Il Barone. Certo, certo, ma ha le mani in tante altre imprese!... Però in questa dello zolfo i capitali sono anche sicuri...

 

Più piano.

 

Se avete difficoltà per gl'interessi...

Zummo. No, no. Rametta non vi lascia nell'imbarazzo ora che sta per imparentare con voi.

 

Appoggiando le parole coi cenni del capo.

 

Non gli mancano i denari a Don Nunzio!

P. Carmelo (al Barone ridendo). Li ha cavati nella vostra stessa miniera colle sue mani!...

Zummo. Col suo lavoro. Il lavoro oggi è tutto. .

P. Carmelo. Appunto! Voi fate il presidente dei lavoratori!

Zummo (irritato). E voi che fate?

 

Padre Carmelo gli ride in faccia senza rispondere.

 

Il Marchese (sorridendo al Barone). Sentite? Questo è per voi che non fate nulla!

Nina (con un sorriso pallido). Povero papà!

Il Barone (sforzandosi di sorridere anch'esso). Eh! eh! Appunto dicevo al notaio... Ciascuno sa i guai di casa sua. Ora credono che imparentando con Rametta...

Zummo (mescendosi di nuovo del rosolio, e parlando col bicchiere in mano quasi facesse un brindisi). Don Nunzio Rametta, signori miei, al giorno d'oggi può fare quello che vuole. Certamente egli deve tutto al proprio lavoro: è, come si dice oggi, figlio delle sue opere.

P. Carmelo. Sentite? Vi fa la sua predica anch'esso!

Il Marchese. Ai miei tempi bastava esser figlio di suo padre.

Zummo (riscaldandosi). Specie quando era Marchese, eh?

Il Marchese (collo stesso ironico sorriso). Io non ne ho colpa, caro Don Bastiano.

Zummo. E neppure gli altri ci hanno colpa quelli che nascono senza titoli e senza beni di fortuna. Perciò...

P. Carmelo (ridendo). Vogliono quelli degli altri...

 

Tutti ridono. Zummo rimane un momento sconcertato.

 

Sidoro (dall'anticamera). Viene, viene. Salgono le scale.

Il Barone. Perchè non corri ad aprire, bestia?

Sidoro. Prima dicono portate l'imbasciata... Insomma non si sa come accontentarli!

 

Se ne va brontolando.

 

Zummo. Ebbene, perchè non entra?

D. Bianca. Dobbiamo mandarlo a prendere col baldacchino?

Il Marchese. Avanti! Avanti!

Il Cavaliere (con un soprabitino che sembra preso ad imprestito, conducendo per mano due ragazzi mal vestiti e mal pettinati, si ferma all'uscio un po' imbarazzato, ma sorridente). È permesso? Si può? Mira, o Norma, ai tuoi ginocchi...

Il Marchese (ridendo). Oh, cavaliere! Siete voi lo sposo?

Il Cavaliere. Ah, no! Non ci casco più! Mi bastano questi cari pargoletti!

 

Mostrando i suoi ragazzi.

 

Mira, o Norma, ai tuoi ginocchi... Non ci fu verso di tenere a casa i due più grandicelli, appena sentirono l'odore del trattamento.

 

Ai ragazzi, sgranando gli occhi:

 

Sedete là, e non toccate niente, se non ve lo dicono!...

 

Al cugino:

 

Scusate, caro cugino!

Il Barone. Anzi! Anzi! Doveva venire anche la cugina Donna Orsola!... Ci avrebbe fatto tanto piacere anche vostra moglie...

Il Cavaliere. No! No! Bastano questi!

 

Accennando ai suoi figliuoletti.

 

Poi a Nina che prende per mano i ragazzi:

 

Non gli date confidenza o fanno sacco e fuoco!

 

Al Barone:

 

Mia moglie dovete scusarla...

D. Bianca (ridendo). Avrà il mal di capo anch'essa!

D. Rocco (irritato). Peccato! Avrebbe dovuto venire ad ammirare il vostro bell'abito a coda!

Lisa (ai ragazzi). Venite con me, venite.

Il Cavaliere. Chi s'aspetta? Non siamo pronti?

Zummo (ridendo). S'aspetta lo sposo, che aspetta suo padre.

Il Cavaliere (ridendo anche lui). Papà deve condurlo per mano, come i miei cari pargoletti?

D. Rocco. Che c'è da ridere? Perchè è un ragazzo sottomesso, ubbidiente?...

Zummo (cavando l'orologio). Sì, sì, ma son quasi le dieci.

Il Barone (imbarazzato). Non so cosa dire... proprio... non so che dire... Di qui alla miniera non c'è poi tanto... Luciano ch'era qui poco fa deve aver visto Don Nunzio alla zolfara.

D. Rocco. Mandate a chiamare Luciano.

Il BARONE (gridando verso l'anticamera). Sidoro? Che fai? Muoviti! Vedi se Luciano è ancora laggiù in piazza.

Nina (imbarazzata). Loro signori scuseranno...

D. Bianca. Niente, niente...

La Marchesa. Stiamo benissimo.

Il Marchese. Stiamo benone. Non vi affannate, cugino.

 

Pausa.

 

Lisa. È qui. È qui.

Il Barone (correndo all'uscio dell'anticamera). Ah! Luciano!... Finalmente!...

 

SCENA V

 

Luciano. Sono qua, signor Barone.

Il Barone (agitato). E Don Nunzio? Hai visto Don Nunzio Rametta alla zolfara?

Luciano. Sissignore. Figuratevi!

Il Barone. Che fa? Perchè non viene?

Luciano. Che ne so io? Quello è un uomo che non lo dice il fatto suo. La gente sprecava il fiato a dirgli le sue ragioni... Già ve l'abbiamo cantato anche a vossignoria...

Il Barone (impaziente). Cos'ha detto? Perchè non viene?

Luciano. Niente diceva. Badava all'acqua che ha inondata la galleria nuova.

Il Barone (turbato). Ancora dell'acqua, santo Dio!

Luciano. Un fiume, signor Barone. Si porta via la gente come fili di paglia...

Nina (sbigottita). Almeno non ci furono altre disgrazie?

Luciano. No, Donna Nina. Io solo, per miracolo... Stavo per lasciarvi la pelle.

Nina (giungendo le mani). Sia lodato Dio!

Il Barone (pallido e smarrito fregandosi le mani). Davvero sia lodato!

Il Marchese. Non vi perdete d'animo cugino, che alle volte, il diavolo non è cosi brutto... L'acqua si può togliere. Ci sono delle macchine apposta.

P. Carmelo. Allora cosa vi serve Don Nunzio coi suoi denari?

 

Si ode una scampanellata.

 

Il Barone (premuroso, correndo verso l'uscio). È qui, è qui! Fatelo entrare.

 

Si trova sull'uscio faccia a faccia con Donna Barbara.

 

D. Barbara. Quello dei gelati. Dice se è ora pel trattamento?

Il Cavaliere (correndo ai suoi ragazzi per chetarli). Un momento! Aspettate un momento!

Il Barone (confuso, rivolto a Luciano). Tu cosa dicevi? Non è tornato a casa sua Don Nunzio?

Luciano. Sissignore. È rimontato a cavallo e se n'è andato senza fiatare.

Sidoro. Vado a chiamarlo?

 

Tutti tacciono e si guardano l'un l'altro imbarazzati.

 

Nina (pallidissima). No!... no!...

Lisa (fermandolo). Non c'è bisogno, se vuol venire...

Il Marchese. Verrà, verrà. Siamo galantuomini, che diavolo!

La Marchesa (sorridendo leziosamente). Stavolta sarà il figlio che condurrà per mano papà.

D. Bianca (a Barbara che è rimasta sull'uscio ad aspettare). Più tardi, più tardi. Non vedete cosa c'è adesso?

Zummo. Intanto che si fa?

Il Barone (agitato). Non capisco... Vorrei andare a vedere.

 

Fa per andare.

 

Nina (fermandolo). No, papà! Voi, no!

D. Rocco (premuroso). È vero, non conviene. Piuttosto vado io...

Lisa. Che bisogno c'è? Non lo sa che stiamo aspettando?

Zummo (cavando l'orologio). Sono le dieci e mezza passate.

Il Barone (mortificato). Signori miei... vi domando scusa.

Il Marchese. Niente, niente. Però non è questa la maniera di trattare, Don Nunzio!

D. Rocco. Mettiamoci ne' suoi panni.

Il Marchese. Non è questa la maniera. Almeno si manda a dire.

D. Rocco. Cosa mandava a dire? La bella notizia che mandava a dire!

P. Carmelo. È una porcheria. Diciamo la cosa com'è.

D. Barbara (accorrendo premurosa). Don Nunzio! Don Nunzio Rametta!

Il Barone (andandogli incontro). Benvenuto!... Caro Don Nunzio.

 

SCENA VI

 

Rametta (entra col viso lungo un palmo, ancora vestito com'è andato alla miniera, cogli scarponi grossi e la cacciatora). Carissimo Barone... signori miei... Lasciatemi sedere. Ho le gambe rotte.

Il Barone. Sedetevi, accomodatevi... Sidoro, un bicchierino di rosolio, qui, a Don Nunzio...

Rametta. No, no; ci vuol altro!

D. Bianca. Spiegatevi, Don Nunzio. Finite di tenerci sulla corda!

Rametta (guardando la gente in viso, or questo or quello, e fingendo di scaldarsi man mano). Sembrano sciocchezze, eh? Sembrano chiacchiere di donnicciuole?... Quando si dice la jettatura!...

Il Barone (in grande agitazione). Spiegatevi. Parlate chiaro.

Rametta. Cosa volete che vi dica? Se mi fate cavar sangue, non vi esce una goccia!

Il Cavaliere. Guardate cosa capita!

Il Marchese. Caro Don Nunzio, non è questa la maniera di tirar il fiato alla gente.

Rametta. È colpa mia, eh? Adesso è colpa mia se casca la casa?

Zummo. Don Serafino, avete capito? Noi possiamo levar l'incomodo.

Rametta. Mi dispiace per voi, caro notaio.

P. Carmelo. Ma infine si può sapere?

Rametta. Cosa volete sapere voi che non c'entrate?

La Marchesa (a Rametta). Guardi in che stato è quella povera ragazza.

 

Accennando a Nina.

 

Nina. No! no!

Rametta. E mio figlio?

 

Picchiandosi il petto.

 

Son padre anch'io! Lo sa Dio cosa c'è qui dentro!

 

A Sidoro:

 

Ma che rosolio, un bicchier d'acqua.

Il Barone (disfatto). Sidoro, un bicchier d'acqua... Io no, non posso.

Rametta. Avete ragione. A voi è capitata questa.

Il Barone. Scusate... Scusatemi tutti, signori miei...

 

Cade a sedere affranto.

 

Il Marchese. Permettete, caro Don Nunzio; ma l'affare dell'acqua poi si sapeva.

Rametta. Si sapeva e non si sapeva. Andate a vedere adesso!

Luciano. Un mare. Ci si affoga!

Rametta. Parla tu, Luciano, che c'eri.

Il Barone (sconvolto). Vado subito... appena giorno...

Rametta. Fate bene. È affar vostro.

Luciano. Dev'essere stata un'altra frana. Ieri ancora ci si poteva arrischiare nella miniera... Un uomo risoluto... Ma oggi, appena entrai nella galleria nuova...

 

Sorridendo ma senza spavalderia.

 

Sapete che non ho paura di niente...

Rametta. È vivo per miracolo.

Lisa. Luciano, un bicchierino di rosolio?

 

Mescendoglielo.

 

Luciano. Grazie, Donna Lisetta. A quello non si dice di no.

 

Beve.

 

Nina (sbigottita). Non andate, papà! Non andate!

Il Barone. Ormai... Sarebbe meglio che non tornassi più dalla zolfara!

D. Bianca (sgridandolo). Ma che dite? Un padre di famiglia!...

Luciano. Non andate, signor Barone. Conosco la miniera. Mio padre vi lasciò la pelle.

Rametta. La conosce da ragazzo. Ora vi guadagna quasi tre lire al giorno.

Luciano. Un altro po', oggi facevo una bella giornata!

Rametta. E non sono mai contenti, vedete?

Luciano. Vossignoria siete contento perchè ci avete guadagnato altro che tre lire al giorno!

Rametta (riscaldandosi). Vi fanno i conti in tasca! Un altro po' vogliono fare a metà col padrone, vedete!

Il Marchese (ironico). Eh, caro Don Nunzio, allorchè eravate col piccone in mano anche voi...

P. Carmelo (sogghignando in faccia a Rametta). Ora è un altro paio di maniche. Quando il villano è sul fico non conosce nè parente nè amico!

D. Bianca (a Luciano). Basta. Ve ne potete andare.

 

Luciano esce.

 

Zummo. Allora, dico io, possiamo levar l'incomodo?

Il Marchese. Ma come? Per un po' d'acqua?...

Rametta. Eh, se avete dei denari da buttarci in quel pozzo...

D. Rocco. A voi non mancano i mezzi.

Rametta. Sicuro, se la zolfara fosse mia!

Il Barone. È come se fosse vostra.

Rametta (tornando a sedere, con un sorrisetto bonario). Quand'è così...

 

A Zummo:

 

Non vi movete. Abbiamo qui il notaio. In due parole ci aggiustiamo.

Il Barone. Come, ci aggiustiamo?

Rametta. Fate donazione della miniera a vostra figlia, e al resto penso io.

D. Bianca. Sentite questa, ora!

D. Rocco (ridendo). Cioè, cioè... Salvo il diritto dei terzi! Non vorrete togliermi anche la piccola rata che ci ho pure nella zolfara, per ringraziarmi della senseria!

Il Barone. E all'altra figlia poi cosa rimane?

Rametta. A me lo domandate?

D. Bianca (a Rametta in tono di rimprovero). Insomma, vi siete messo in testa di spogliarli del tutto?

Rametta. Ah! se sono venuto qui per farmi insultare...

Lisa (indignata). Ma dategli tutto quello che vuole e finiamola!

Nina (colla voce rotta dall'emozione, fermando Rametta col gesto della mano tremante). Aspettate... prima d'andarvene... Giacchè questo matrimonio non si può fare... Giacché non c'è la volontà di Dio...

 

Fissando il padre colle lagrime agli occhi quasi a domandargli

perdono, quasi soffocata.

 

Papà... Avrei fatto il mio dovere... da buona figlia... da cristiana... Giacché il Signore non ha voluto...

Il Barone (commosso anche lui, abbracciandola). Figlia mia!...

Nina (togliendosi l'anello e gli orecchini). Questi sono i regalucci che avevo avuto da vostro figlio...

D. Rocco (interrompendola) No, noi... Che fate?... Non precipitiamo!...

Nina. Dovrei restituirli a lui...

 

Facendosi rossa e chinando il viso umiliata.

 

Ma giacchè non è venuto... Giacchè non ha creduto di dover venire...

D. Rocco (insistendo c. s.). Non precipitiamo. Quello è un ragazzo.

P. Carmelo (ridendogli in faccia). Lasciatelo crescere. Sapete come disse quel sagrestano che gli era caduto un gran cristo di marmo sulla testa, e aveva paura anche del piccolo crocefisso che voleva fargli baciare il confessore in punto di morte?... Lasciatelo crescere che fa peggio dell'altro.

 

Se ne va sbattendo l'uscio.

 

Nina (porgendo anelli ed orecchini a Rametta). Glieli darete voi. Ditegli che se abbiamo avuto il danno nella zolfara, non è giusto che ci perda qualcosa anche lui.

Lisa (fremente). Sì, sì, Nina!

Rametta. Piccolezze... non importa. Capisco che non volete restare in obbligo...

 

Li intasca.

 

Mi dispiace.

Zummo. Ho capito. Possiamo levare l'incomodo.

Rametta (scattando contro il notaio). Mi dispiace, caro notaio. Quante volte volete sentirlo?

Zummo (alzando la voce anche lui). Io voglio sentire chi paga la carta bollata, almeno!

Rametta. Chi ve l'ha ordinata la carta bollata?

Il Marchese (ridendo, ironico). È giusto. È giusto anche questo.

Il Barone. È giusto. Sono stato io; pagherò... sono galantuomo.

Zummo. Siamo tutti galantuomini, quando possiamo. Sentite, Don Serafino, cosa vi dice il signor Barone? Tornate domani.

 

A Sidoro che gli offre del rosolio.

 

No, grazie, non ho più sete.

 

Esce con Don Serafino.

 

Rametta. Chi volete che abbia sete? Abbiamo tutti la bocca amara.

Il Cavaliere. È vero! È vero!... Permettete.

 

Empiendo le tasche di dolci ai figliuoletti.

 

Loro ragazzi non capiscono niente. Buona notte. Mi dispiace proprio!...

 

Ai ragazzi:

 

Ringraziate, maleducati. Dite buona sera a tutti.

 

Escono.

 

Rametta (ossequioso, accomiatandosi). Signor Barone!... Padroni miei!...

 

A Nina:

 

I regalucci che ebbe mio figlio vi saranno restituiti puntualmente.

Nina (rigida come una morta, colle lagrime impietrate nell'orbita). No... non ha nulla da restituirmi vostro figlio... Non mi può restituire ciò che ho perduto per lui, ciò che gli ho sacrificato!... Più della zolfara, più della ricchezza, più del pane che mi assicurava... Assai, assai, assai più!

 

Colla voce rotta dai singhiozzi e celandosi il viso tra le mani.

 

Lo dico qui dinnanzi a tutti... senza arrossire... Lo sanno tutti che ho dovuto strapparmi di qua!...

 

Colle mani contratte sul petto.

 

Che ho dovuto prendere il mio cuore a forza... con queste mani... e gliel'offrivo a vostro figlio... lealmente, onestamente... pregando Dio di farmi dimenticare... di farmi perdonare da un altro!...

 

Si butta piangendo nelle braccia del padre.

 

Perdonatemi! perdonatemi anche voi!...

Il Barone (commosso, stringendola tra le braccia). Tu piuttosto!... Tu!...

Lisa (col fazzoletto agli occhi a Nina). Taci! Taci!

D. Bianca. Lasciala dire che se lo merita!

Rametta. Meno male che avete parlato a tempo!

Il Marchese (prendendo Rametta per le spalle e spingendolo fuori). Andatevene ora, galantuomo! Andatevene!

D. Rocco. Se siete tutti pazzi in questa casa!... Io me ne lavo le mani e me ne vo.

 

Esce dietro Rametta.

 

D. Bianca (sputando dietro a tutti e due). Ppù! Pppù!

La Marchesa. Io sono strabiliata! Che gente! Che gentaglia, padre e figlio!... Diceva bene il canonico!

 

Accomiatandosi da Nina.

 

Cara cugina, mi congratulo che l'avete scappata bella!

Il Marchese. Certo, certo, l'abbiamo scappata bella!

 

Esce colla moglie.

 

Nina (piangendo fra le braccia del padre). Papà mio! Povero papà mio!

Sidoro. Posso spegnere, signor Barone?

Il Barone (intontito). Che vuoi?... Spegni... Fa quello che vuoi...

 

TELA




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License