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Enrico Castelnuovo Il fallo d'una donna onesta IntraText CT - Lettura del testo |
XVI.
- Piazza Beccaria, numero cinque - disse la Teresa al fiaccheraio, mettendo il piede sul predellino. Ell'era bianca in viso come una morta, ma risoluta.
Il cameriere dell'albergo, salutando, chiuse lo sportello; la vettura partì.
Lungo la strada, la Teresa Valdengo pensò a ciò che avrebbe detto al dottore, a ciò che il dottore le avrebbe chiesto. Il suo nome, nè il vero nè il finto, ella non aveva bisogno di dirglielo; ma la natura de' suoi disturbi, ma i suoi dubbi, quelli certo non poteva nasconderglieli... se andava da lui appunto per questo. E c'erano tanti particolari ch'egli avrebbe voluto sapere, ch'egli avrebbe avuto il diritto di sapere. Ella non era obbligata a confessar ch'era vedova, ma d'altra parte una donna che vive in condizioni normali non s'avvolge nel mistero per chiarire un fatto così semplice, e se pur crede di dover sentire l'opinione d'un medico, non va in persona a casa di lui... lo chiama a casa sua, e se non è del paese, lo fa venire all'albergo. Onde, senza ch'ella glielo dicesse, egli avrebbe indovinato ch'ella aveva le sue ragioni per agire così... Pazienza!... A ogni modo, egli l'avrebbe creduta una forestiera, una francese, perch'ell'era deliberata di parlargli francese, e confidava che la sua pronuncia perfetta l'avrebbe tratto in inganno. Ma com'era doloroso per lei, per lei franca, schietta, leale, questa necessità di ricorrere a continui sotterfugi!
Il fiacre si fermò, il cocchiere saltò da cassetta.
- Piazza Beccaria? - chiese macchinalmente la Teresa.
- Sissignora, numero cinque - replicò il fiaccheraio. E l'aiutò a scendere. - Aspetto qui?
Ella fece un segno affermativo col capo ed entrò in un portone che aveva due grandi cariatidi ai lati.
Passando per la portineria ella domandò:
- Seconda scala, a destra, primo piano - rispose dal fondo dei suo bugigattolo una voce irrugginita.
La scala, in quella giornata buia, era illuminata da una lampada elettrica. Un tappeto, alquanto logoro, ne copriva gli scalini. Dopo la prima branca, sul pianerottolo, c'era un sedile di velluto cremisi. Al sommo della seconda scala una porta s'aperse, forse per un segnale dato dal basso, e un servitore in livrea accolse rispettosamente la visitatrice e la introdusse in un'anticamera ove alcune donne aspettavano sedute. Nessuna si alzò, ma tutte fissarono con curiosità la nuova arrivata, dal vestito così elegante, dal portamento così signorile. Anch'ella sedette nell'angolo d'un divano e guardò le sue compagne di dolore. Erano quattro in tutte; due parevano popolane, giovani ancora, ma d'una giovinezza sfiorita dalle fatiche e dalle privazioni; d'una terza, incappucciata dalla testa ai piedi, non si avrebbe potuto indovinare nè l'età, nè la condizione; la quarta, all'aspetto, doveva appartenere alla piccola borghesia; mostrava una trentina d'anni, aveva la fisonomia dolce e malinconica di persona avvezza e rassegnata a soffrire; vestiva dimessa, ma non senza un certo decoro.
Si udì, dal di fuori, un rintocco di campanello, e gli occhi di quelle donne aspettanti si volsero tutti verso un uscio laterale, dissimulato da una pesante portiera di stoffa.
Di lì a pochi secondi il cameriere in livrea sollevò la portiera, e tenendosi immobile sulla soglia accennò alla Valdengo. Ella, ch'era l'ultima arrivata, girò gli occhi intorno dubbiosa; le altre mormorarono ostili. Ma il cameriere rinnovò il segno, ed ella si fece innanzi.
- Avanti, avanti - disse l'uomo, senza curarsi delle proteste.
- Perch'è una signora - borbottò stizzosamente la femmina incappucciata.
- S'intende... ungerà la ruota - soggiunsero le due popolane.
Solo la modesta borghese non aperse bocca, ma una lacrima silenziosa le inumidì la pupilla.
La portiera si riabbassò; la Teresa, sempre preceduta dal servo, percorse un andito breve, una delle cui pareti era fatta di cristalli appannati; un altro uscio si aperse ed ella si trovò al cospetto del dottor Boni in persona che la invitò cortesemente a sedere.
Ella lo aveva creduto vecchio e non era; poteva avere tutt'al più cinquant'anni. Aveva statura giusta, fronte spaziosa, barba e capelli appena brizzolati, occhi da miope, grigi, intelligentissimi... Ah quegli occhi quante cose dovevano aver visto, quanti segreti dovevano aver penetrato!
Ritto dinanzi alla sua cliente, egli la interrogava con lo sguardo. Ella, turbatissima in quell'ora decisiva della sua vita, aveva come paralizzata la lingua.
- Si ricomponga, signora - egli disse, sedendole accanto. - Desidera prender qualche cosa? Dell'acqua? Del marsala?
Ella fece segno che non aveva bisogno di nulla. E gli chiese:
Il dottore rispose di sì, pur dubitando, nonostante il correttissimo accento, ch'ella si servisse d'una lingua non sua.
La Teresa intanto, sempre in francese, cominciò a descrivere i disturbi di cui soffriva da alcuni giorni.
Il dottor Boni l'ascoltava con attenzione benevola. Non lo imbarazzava la diagnosi del male di cui gli si esponevano i sintomi. Più difficile gli riusciva invece di farsi un'idea esatta della signora che ricorreva al suo consiglio. Non un'avventuriera, egli sarebbe stato pronto a giurarlo; anzi, secondo tutte le apparenze, una signora molto per bene che aveva qualche forte ragione per nascondere il vero esser suo; perch'ella non era francese, il dottor Boni avrebbe giurato anche questo; era italiana come lui, sebbene non certo milanese, non lombarda... Del resto, con un po' di furberia, gli sarebbe riuscito di scavar terreno. Ma egli era troppo pratico dell'arte sua da non sapere che la discrezione è uno dei requisiti più necessari del medico.
E le prime parole ch'egli le indirizzò quand'ella ebbe finito parvero più ch'altro intese a schermirsi dall'obbligo di pronunziare un responso assoluto.
- Niente di grave, niente che debba impensierirla... Fenomeni transitorî... naturali... Ma, scusi, lei resta assente per un pezzo da casa sua?
- Nossignore.
- Ebbene... quest'assenza io le consiglierei d'abbreviarla ancora... La quiete sarebbe il migliore dei rimedi... La quiete ed il tempo... Il suo medico, che certo la conosce a fondo...
- Mi perdoni - interruppe la Teresa Valdengo, e ormai la sua voce era ferma - io sono venuta da lei per sapere positivamente la causa del malessere che mi turba... Vorrei ch'ella me lo dicesse senza frasi ambigue.
Il dottor Boni chinò il capo rassegnato.
- Allora, mi permetta qualche interrogazione.
- Sono a' suoi ordini.
Chiariti alcuni punti d'indole tecnica, il medico domandò:
- La signora ha già avuto bambini?
Ella ormai sentiva quale sarebbe stato il verdetto, sentiva che tutto quanto era perduto; nondimeno, irrigiditasi in uno sforzo supremo, rispose:
- No... ebbi uno sconcerto pochi mesi, dopo sposata... sedici o diciassett'anni fa...
- Sposata da più di diciassett'anni! - esclamò Boni con sincera meraviglia. Ma capì che il momento non era propizio alla galanteria, e soggiunse: - E... da quel tempo in poi... nulla?
- Nulla.
- Dunque c'era un marito - pensò fra sè il dottore. - Sta a vedere se c'è più.
Indi continuò a voce alta: - In ogni modo son casi che succedono... anche con intervalli più lunghi.
- Sicch'ella è d'opinione?... - riprese la Teresa dopo un breve silenzio.
- Per me non c'è il minimo dubbio - replicò il dottore - a meno ch'ella non mi assicurasse che non può essere.
Ella ebbe un gesto che significava: Può essere.
- Non ha consultato nessuno prima di me? - chiese il dottor Boni proseguendo il suo interrogatorio.
- Nessuno.
- Certo i sintomi l'hanno sorpresa durante il viaggio?
- Appunto.
- Ebbene, quand'ella sarà rimpatriata, il suo medico le ripeterà quello che le ho detto io... Son mali che guariscono da sè... Non c'è che da aspettare... E, almeno in principio, convien evitare ogni movimento eccessivo, evitar le emozioni... Ella mi assicurò che la sua assenza non durerà molto...
- No.
- Nè il ritorno sarà troppo lungo, troppo faticoso?
- No.
Egli non insistette. Disse solamente:
- Se vuole, le ordino un calmante.
- E per quelle insonnie, quelle insonnie terribili?
- Ci va soggetta, mi pare? - chiese il dottore tenendo la penna sospesa fra le dita.
- Da un pezzo... Prendevo il cloralio.
- Posso ordinarle anche quello... in piccola dose... Io non ho simpatia per questi veleni.
Completò la ricetta e gliela porse.
- Grazie - ella disse ripiegando la carta e riponendola in un elegante portamonete. Nello stesso tempo tolse di tasca una busta già preparata e la consegnò al dottor Boni.
Fece per rialzarsi, ma le forze la tradirono, e ricadde sulla sedia. Era livida.
Il medico le fece aspirare una boccetta di sali, la indusse a bevere alcune goccie d'un tonico.
- Non è niente - disse la Teresa passandosi la mano sulla fronte e levandosi in piedi. Le gambe le tremavano; pur si reggeva da sè. E soggiunse: - Sono disturbi inerenti al mio stato, non è vero?
Egli accennò di sì.
A lei errava un sorriso enigmatico sulle labbra esangui.
L'altro capiva che non erano soltanto disturbi fisici; che, a ogni modo, i disturbi fisici erano inaspriti da una grande angoscia morale. Capiva che la dichiarazione strappatagli da quella povera donna aveva esercitato sopra di lei un'influenza sinistra, sentiva inevitabile un dramma di cui forse egli non avrebbe conosciuto mai i particolari, ma di cui credeva di poter indovinare a un dipresso i personaggi e la tela: due coniugi separati di fatto; un marito pronto a valersi di ogni arma contro la compagna infedele; una moglie impreparata all'onta che le pendeva sul capo; un amante atterrito dalla nuova responsabilità che lo minacciava e impaziente di scuotere un giogo che diveniva troppo pesante; dei figli forse, dei figli legittimi che non avrebbero mai perdonato il fallo materno... Povera, povera donna!... Del resto, che colpa ne aveva lui, il medico? Un suo responso diverso avrebbe mutato la condizione delle cose? Avrebbe impedito alla verità di venire in luce? E, infine, non aveva quella signora voluto saper tutto a ogni costo?
- Ha la carrozza? - egli chiese con sollecitudine.
- Sì, grazie.
- Perchè... posso farla accompagnare - soggiunse il dottore mentre suonava il campanello.
- Oh no, no - -disse pronta la Teresa, agganciandosi un guanto. Abbassò la veletta e s'accommiatò con un inchino.
Tenendo sollevata la portiera, il dottor Boni fece un cenno al domestico. Questi mostrò d'avere inteso e precedette la signora lungo il corridoio e fin giù per le scale.
- Se non c'ero io - susurrò lo strisciante lacchè - -la signora contessa aspetterebbe ancora nell'anticamera. - Il titolo era buttato lì a caso, in omaggio alla massima: Melius abundare quam deficere.
La Valdengo, turbata com'era, sulle prime non capiva.
L'altro si decise a mettere i punti sugl'i.
- Il dottore vuole che si rispetti il turno... La signora contessa era l'ultima arrivata.
- È vero - balbettò la Teresa, e ormai parlava in italiano. - Non era giusto ch'io passassi avanti.
E pensò a quelle donne che avevano diritto di esser ricevute prima di lei e il cui tempo era più prezioso del suo; perchè la loro mancanza dalla casa voleva dire il disordine nella famiglia, la loro mancanza dall'officina voleva dire una giornata di salario perduta. Sempre, sempre le disuguaglianze sociali; persino nella malattia, nella morte, nella vergogna!
- Ma bisogna saper distinguere le persone - riprese il servo con un'aria da cui traspariva la serena coscienza dei propri meriti.
E poich'erano sotto il portone che dava sulla strada, soggiunse: - La signora contessa ha ordinato al suo cocchiere d'attenderla qui? Non vedo nessun legno.
- Ma sì... Dev'essere quel fiacre, dall'altra parte.
- Ah... è un fiacre? - disse l'uomo alquanto sconcertato dalla rivelazione. Egli s'aspettava di veder almeno una carrozza di rimessa.
Intanto il vetturino, ravvisata la Teresa, aveva scosso le briglie sul collo al cavallo.
Fermo che fu davanti al portone, scese di cassetta con l'ombrello aperto.
Il servo del dottore rinnovò i suoi salamelecchi, che divennero più umili e più ossequiosi quando la Valdengo, senza nemmeno guardarlo in faccia, gli ebbe messo in mano un biglietto da cinque lire.
- All'albergo? - domandò il fiaccheraio.
- No, prima al telegrafo.
Parlava come trasognata, con una voce che non le pareva la sua; agiva come un automa serbando la chiara coscienza di due cose sole, avendo chiare nella mente due sole idee: ch'ella era perduta e che doveva morire col suo segreto.
L'ufficio telegrafico era pieno di gente, ed ella fu costretta ad aspettar qualche minuto per scrivere e consegnare un dispaccio diretto alla sua cameriera, con l'annuncio che domani sarebbe arrivata a Venezia verso le sette pomeridiane e con l'ordine a lei e alla cuoca di precederla in città e di farle trovare il desinare pronto e la stufa accesa.
Risalì in vettura e ne discese ancora una volta, davanti a una farmacia. Voleva consegnar ella stessa la ricetta del dottor Boni.
- Se ci dà il suo indirizzo? - le dissero.
- Ci sarebbe da attendere un pezzo?
- Oh no... ci si spiccia in un momento.
- Attendo.
Il garzone di farmacia le additò una sedia. Un medico giovine la fissò con l'occhialino.
Entrarono tre o quattro persone: una donna con un bambino che soffriva d'occhi, un servo gallonato con una chiamata d'urgenza per un dottore, un artigiano che voleva un pezzo di cerotto per un taglio... Tutti guardavano curiosamente quella signora velata.
- Ecco - disse il farmacista porgendole due boccette, involte in due pezzi di carta. E soggiunse: - La ricetta desidera tenerla lei?
- Sì - ella rispose; intascò ogni cosa, pagò, uscì. L'esodo era finito.
Di lì a poco ella si trovava sola nella sua triste camera d'albergo. E pioveva, pioveva sempre.