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Enrico Castelnuovo Il fallo d'una donna onesta IntraText CT - Lettura del testo |
XXI.
Vergalli continuò a girar solo per strade poco frequentate, in preda a un'agitazione vivissima. Mai egli avrebbe creduto che un colloquio col barone Venosti Flavi potesse turbarlo così. Quell'uomo mediocre, vanitoso, volgare, mondano, che aveva sempre in bocca le sue relazioni titolate, i suoi príncipi forestieri, quell'uomo che per solito Mario non istava nemmeno a sentire, era riuscito oggi con le sue parole a insinuargli nel sangue un veleno sottile che gli bruciava le vene. Aveva destato in lui gli scrupoli della coscienza, aveva inasprito le smanie della gelosia, lo aveva reso più incerto che mai sulla via da seguire. Partire, e lasciar la Teresa malata, affranta d'animo e di corpo; partire perch'ella morisse senza di lui, o, peggio ancora (sì, peggio, giacchè gli amanti sono profondamente egoisti), perchè stringesse nuove amicizie, perchè, accettando il suggerimento dello zio commendatore, si decidesse a prender marito? Non bastava ch'ell'avesse appartenuto a quel di Reana? Ce n'era in serbo un secondo, uno sposo legittimo? Se almeno, allontanandosi, Mario avesse potuto ignorare! Ma la notizia di quelle nozze lo avrebbe raggiunto ovunque egli fosse, gli sarebbe forse venuta dalla Teresa medesima! Restare invece? Ma era concepibile di restare a Venezia e non andar da lei, e non vederla più che a caso, come una estranea, in compagnia d'altri, col rischio, s'ella si maritava, d'incontrarla per via insieme al consorte?... C'era sì un mezzo termine: quello di restare fingendo d'aver tutto perdonato, tutto dimenticato, e intanto vigilarla come una prigioniera, chiudere ogni spiraglio da cui potesse entrare un soffio d'aria nuova nella sua vita! Ma era una cosa ignobile, era una cosa vile, era il vero modo di guadagnarsi l'odio della persona di cui s'era invocato ardentemente l'amore!... Ah no, questo Mario Vergalli non lo avrebbe mai fatto; piuttosto.... Qui, al punto di fermar la mente sopra una soluzione eroica che lo avrebbe ricondotto ai piedi della Teresa, implorante ancora la grazia di farla sua moglie, egli sentì un impeto di rivolta nel sangue.... No, no, non era da pensarci.... tanto più che, chi sa, a questo forse miravano i discorsi tortuosi e avviluppati di Venosti Flavi.... Sua nipote s'era compromessa, sua nipote non era donna da portare con disinvoltura una così piccola disgrazia.... bisognava cercare un pietoso Cireneo, e se il Cireneo tentennava, farlo decidere eccitando la sua gelosia, agitandogli dinanzi lo spettro di altri pretendenti possibili.... L'idea era degna del barone Venosti, che probabilmente non l'aveva nemmeno comunicata alla Teresa troppo orgogliosa da prestarsi ad un giuoco simile.... Troppo orgogliosa? Tale era certo prima del fallo.... Se non fosse più tale ora? Se fiaccata dalla caduta, si piegasse ad artifizi già ripugnanti alla sua natura?... Ebbene, egli non avrebbe messo a repentaglio la sua dignità, egli, dei vari partiti che gli si offrivano, avrebbe adottato quello che, sebbene doloroso, lo difendeva meglio dalle insidie altrui e dalle debolezze proprie, avrebbe, l'indomani, lasciato Venezia.
Con questo proposito ritornò a casa ch'erano quasi le dieci. Avrebbe detto al cameriere di rifargli subito le valigie e di chiamarlo presto la mattina. Voleva prender la corsa delle dieci per Roma e Napoli. A Napoli si sarebbe imbarcato per l'Egitto.
Ma mentre stava per dar gli ordini i suoi occhi si posarono sopra una lettera ch'era sulla scrivania. Non ebbe bisogno di chiedere chi l'avesse mandata; chiese soltanto con emozione repressa:
- Quand'è venuta?
- Un paio d'ore fa - rispose il servo.
- Desidera nulla?
Mario restò dubbioso un istante; poi disse guardando l'orologio: - Aspettate di là.... Se prima delle dieci e mezzo non vi chiamo, potete coricarvi.
Appena fu solo, Mario Vergalli ruppe con mano tremante la busta ch'esalava il noto profumo di violetta.
Amico mio - gli scriveva la Teresa, - Probabilmente riparto, mi dicevate oggi nel lasciarmi. Non oso cercar di rimovervi dalla vostra idea, non voglio discuterla. Può darsi che abbiate ragione; può darsi che, dopo quanto è successo, la vostra risoluzione sia la più savia. Ma in nome dell'affetto che mi avete portato e che meritava migliore ricambio, vi supplico, Mario, prima della vostra partenza, di passare un'altra volta, un'ultima volta, da me.... Passate domani a qualunque ora vi piaccia. Sarò sempre in casa e non ci sarò che per voi. Non temete di nulla. Non voglio che vedervi, non voglio che domandarvi perdono d'aver spezzata la vostra esistenza.... Per colpevole ch'io vi sembri, esaudite questa preghiera suprema. V'aspetto, Mario.
Così ella scriveva, e Mario Vergalli, divorando le poche righe di cui la commozione aveva resi incerti e confusi i caratteri, sentiva fondersi la sua collera in una grande tenerezza, in una grande pietà. Povera e buona Teresa, che non sapeva se non accusare sè stessa e chieder perdono agli altri! E quest'era la donna ch'egli insozzava co' suoi sospetti, ch'egli, un momento prima, aveva creduto capace di bassi artifizi, ella che, spontanea, confessava il suo unico fallo, e non aveva una parola acerba pel vile abbandono dell'amico di quasi vent'anni? Ma, in verità, che diritto aveva Vergalli d'essere inesorabile con lei? Che diritto hanno gli uomini d'imporre al sesso più debole un'austerità di costumi ch'essi non si sognano di avere? Egli, Vergalli, il giudice inflessibile, dacchè conosceva la Teresa Valdengo, non aveva nulla a rimproverarsi? Sicuro.... per gli uomini la cosa è diversa;... ciò ch'essi dànno non importa il sacrifizio della loro dignità.... Eppure.... eppure questa disuguaglianza, che la natura ha iniziata, non fu ingigantita artificialmente dalle ipocrisie sociali, quelle ipocrisie medesime che tutto permettono e assolvono tutti, maschi e femmine, sol che si salvino le apparenze? Ah che mondo di tristi e codardi! Ecco, la Teresa Valdengo, libera, padrona delle sue azioni, era umiliata, reietta per un istante di oblio, mentre intorno a lei si pompeggiavano inchinate, invidiate le mogli adultere, le ragazze corrotte, le avventuriere che non furono mai nè ragazze nè mogli.... E a quante non aveva anch'egli in gioventù, schivo e sdegnoso com'era, a quante non aveva baciato la mano; a quante non aveva offerto il braccio per condurle trionfalmente in mezzo alla folla pigiata negli eleganti salotti!... Ah valeva proprio la pena di essersi emancipato a poco a poco dalle menzogne convenzionali, valeva la pena di far professione di filosofia per non trovare in sè che la severità del fariseo nel giorno in cui più sarebbe occorsa la equanimità dello stoico!...
Ohimè, questa equanimità calma e serena Mario Vergalli la invocava senza frutto. Egli amava troppo per poter essere equanime. Nella lunga notte insonne egli fu continuamente palleggiato da pensieri diversi. Ora tornava all'idea di partire, di partir subito, senza veder la Teresa, tutt'al più accommiatandosene con un bigliettino per iscusarsi s'evitava un colloquio che li avrebbe fatti soffrire tutti e due, per dirle ch'egli non le serbava rancore, per assicurarla che dovunque egli andasse l'avrebbe rammentata con dolcezza; ora invece la sua titubanza gli pareva un delitto e affrettava col desiderio il momento di poter essere ai piedi dell'amica; e avrebbe voluto balzar dal letto e correre sotto le finestre di lei e gridare: - Teresa, Teresa, son qui umiliato, contrito, pronto a morire per voi. - E intanto egli, l'uomo forte, egli giunto ormai all'età in cui si quetano le passioni, singhiozzava, gemeva, inzuppava di lacrime il capezzale. Quando la mattina si alzò e si guardò nello specchio, aveva la fisonomia sfatta, scomposta. - Oh, il bel damerino! - egli disse fra sè, contraendo le labbra a un sorriso doloroso. E, involontariamente, il suo pensiero corse all'altro, all'altro che aveva poco più di vent'anni e co' suoi vent'anni aveva trionfato. O giovinezza, giovinezza! Come presumere di gareggiar teco? Tu hai l'ali che volano, hai la luce che splende, hai la fiamma che brucia....