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Enrico Castelnuovo
Il fallo d'una donna onesta

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XXII.

 

La Teresa era sdraiata sull'ottomana. Al suono del noto passo ella si mise a sedere, annodò rapidamente la vestaglia, si ravviò con la mano i capelli, e un rossore fuggevole si dipinse sulle sue guancie smorte.

- Grazie, Vergalli - ella disse... E lo guardò... Era pallido anche lui, aveva le palpebre gonfie dall'insonnia e dal pianto, e il suo aspetto rivelava una sofferenza assidua e profonda.

Ella riprese, fissandolo con occhi dolci e pietosi: - Vi ho dato un gran dolore, non è vero, amico mio?

Mario Vergalli scosse il capo come chi vuol cacciar da una cura molesta. - Non parliamo del mio dolore.... Avevate ragione. Non posso partire senza avervi rivista.

- Quando partite? - ella chiese.

- Non so.

- Per dove?

- Non so - egli ripetè con voce sorda.

Ella congiunse palma a palma le mani diafane e sottili, ed esclamò: - Per colpa mia!

- Non lo dite.... Forse non ha colpa nessuno....  È il destino.... Dovevo non volere una cosa impossibile.... Allorchè vi proposi d'essere mia moglie e m'avete risposto di no, dovevo avere il coraggio di fare uno strappo e allontanarmi da voi.

Con le pupille fisse a terra, con le mani intrecciate sulle ginocchia, ella mormorava: - Perchè  ho risposto di no?... Perchè?

Mario trasalì. Agitato da affetti contrari, il cuore gli martellava nel petto. Che senso avevano le parole di lei? Si offriva ella adesso, si offriva con le labbra calde del bacio d'un altro? E avrebb'egli accettato l'offerta? Sì, diceva il cuore. No, dicevano l'orgoglio, la vanità, i pregiudizi sociali.

Senza mutare atteggiamento, ella proseguì: - Sciocca che avevo la fisima di non sacrificare la mia libertà! Come se a una donna che non sia una civetta la libertà serva a qualche cosa!... Ho rovinato voi, ho rovinato me irreparabilmente. È vero, per voi sarebbe stato meglio, assai meglio l'allontanarvi. Ma potevo suggerirvelo io, io che del vostro affetto andavo superba, io che nella nostra intimità d'anima e di pensiero provavo la maggior dolcezza della mia vita, io che speravo che potesse durar sempre così?

- Ma non m'amavate - sospirò Vergalli. E soggiunse, cedendo a una suggestione cattiva: - È naturale.... L'amore dev'esser giovine.... almeno da una delle due parti.

Ella sentì la punta, ma non s'offese, ma non protestò. Era rassegnata alle battiture. Sollevando lenta lenta le ciglia, riprese: - L'amore? Ma che cos'è l'amore?... È quella febbre che invade i sensi, che offusca il lume della ragione, che in un attimo accomuna la donna più onesta e più schiva alla più volgar cortigiana, e che lascia dietro di la nausa e il disgusto? O è quel sentimento pieno di soavità che ci fa cara e preziosa la compagnia d'una persona, non per un minuto, non per un'ora, ma in ogni ora, ma in ogni minuto; quel sentimento che esalta, che affina, che nobilita?

Poichè Mario tentennava il capo, ella credette ch'egli negasse. - Non è questo dunque? È quell'altro?... Voi mi amavate... in quella maniera?

- No, no - egli rispose. Quindi, come pentito della finzione, proruppe con impeto: - Eppure sì... Anche in quella maniera... Qual'è l'uomo che, amando, non desidera? Qual'è la donna che tollererebbe di non esser desiderata?... Ma il mio desiderio era velato da tanto rispetto... Solo in un modo ammettevo che poteste esser mia.

- Grazie - ella mormorò a fior di labbro, guardandolo in atto pieno di devozione e di riconoscenza. E soggiunse: - Quale di noi due fu più punito?

Egli lasciò cader la domanda. Soffriva acerbe torture. I discorsi della Teresa avevano inasprito la sua gelosia. Quelle febbri dei sensi le facevano orrore, ma ella confessava d'averle provate e le aveva provate con un suo rivale... Vergalli non pensava in quell'istante a ciò che la Teresa aveva dato a lui solo e ch'ella mostrava di pregiar sopra tutto; pensava a ciò ch'ell'aveva dato all'intruso, al giovinetto cinico e audace al quale era bastato presentarsi per vincere e che ora forse ingannava i lunghi ozi del suo bastimento vantandosi della facil vittoria. Perchè, in verità, di che si vantano gli uomini? Non già di un affetto casto e profondo, ma di quelle ch'esse chiamano le loro buone fortune d'un capriccio soddisfatto, d'una insidia riuscita, d'una violenza coronata dal successo.

- A che giova discutere? - egli sospirò. - Piuttosto... come state? Siete molto pallida ancora.

- È una fissazione la vostra - replicò la Teresa, dominando a fatica l'impazienza che le destava ogni richiesta intorno alla sua salute... - Sto meglio... Ma a forza di volermi ammalata mi farete ammalare davvero.

- Nessuno vi vuole ammalata, Teresa... E non avrete nulla, lo credo... Pur chi vi ha conosciuta fiorente non può non notare una differenza in voi... Anche vostro zio...

- Il barone? L'avete visto?

- Sì, iersera.

- M'aveva onorata della sua visita.

- Ne tornava appunto quando c'incontrammo... E anch'egli dice che dovreste curarvi...

- Oh, l'oracolo!

- Non occorre essere oracoli per aver ragione qualche volta... In ogni modo, se non volete badare a lui, badate a me. Datemi retta, chiamate un medico.

- Ecco il solito ritornello!... Quando vi dico che non ho bisogno di medici... Fui un po' indisposta; adesso sto meglio... Del resto, in campagna vidi il dottor Sauri.

Le parole le bruciavano la lingua... Se Mario venisse a scoprire da altra parte il suo viaggio a Milano?

- Ora siete a Venezia - insistè Vergalli. - Permettetemi di mandarvi il medico mio, Dalla Bruna, un ometto di garbo, colto, attento... Ve lo mando oggi stesso... Va bene?

Ella s'oppose recisamente. - Questo poi no... Diavolo!... Come se fossi una bimba... Chiamerò il vostro Dalla Bruna, ci tenete proprio?... lo chiamerò fra alcuni giorni, se non sarò guarita del tutto...

- Voi non confesserete mai di non esser guarita.

Ella parve raccogliersi alquanto; indi riprese: - Ebbene, facciamo così. Di qui a una settimana, se non avrete mutato idea, verrete voi col dottore... Forse non sarete ancora partito, di qui a una settimana...

- Ma... veramente...

- In tal caso sarà pur necessario che vi fidiate di me.

- No, per una settimana resterò.

- Si capisce che non vi fidate - ella soggiunse con dolce rimprovero. Ma con lo sguardo lo ringraziava di rimanere.

Chiuse un istante gli occhi, evocando la scena tragica. Di a una settimana ella sarebbe morta, ed egli piangerebbe presso al suo cadavere.

- A che pensate? - egli chiese, prendendole delicatamente la mano. Un bottone della vestaglia si slacciò; la manica s'aperse e lasciò vedere il polso esile e il principio del braccio nudo. Mario posò la bocca avida su quella pelle candida e delicata sotto cui appariva il fine intreccio delle vene cerulee.

Si scosse ella dalla funebre visione, con moto rapido tirò indietro il braccio e si riabbottonò la manica.

- Quanto vi pesano le mie carezze! - egli disse. E nell'accento ond'egli pronunziò queste parole c'era un misto di collera, d'ironia, di dolore.

Ella non rispose, ma gli occhi le si gonfiarono di lacrime, nella coscienza dell'irreparabile ch'era sorto fra loro. Mai più, se pur ella fosse vissuta, mai più la loro affezione si sarebbe svolta limpida e calma come l'acqua d'un gran fiume che corre tra due rive fiorite; mai più nelle placide sere, seduti l'uno accanto all'altra, avrebbero discorso tranquillamente d'arte, di letteratura, di musica; mai più ell'avrebbe suonato per lui i pezzi ch'egli preferiva. La battaglia, ch'ella lo aveva aiutato a vincere sopra stesso, ricominciava. Poich'egli conosceva il suo fallo, che ragione aveva di rispettarla?

Anche in lui era il vano, angoscioso rimpianto di ciò che non poteva tornare. Egli guardava quella stanza piena dei ricordi del loro affetto, quei libri che avevano sfogliato insieme e tanti dei quali erano stati comperati e offerti da lui, guardava quel cembalo chiuso, quei quaderni di musica di cui egli le aveva voltate le pagine, quelle tappezzerie, quelle stampe, quei mobili, quei gingilli, quei quadri, tutte forme note e care, parlanti al suo cuore un linguaggio domestico. Mai più, esse gli dicevano adesso, mai più.

Ed egli, ribellandosi alla cruda sentenza, era tratto irresistibilmente a pensare all'unico modo per cui il mai più avrebbe potuto mutarsi in sempre. Poichè non c'era altra via: o sposarla o partire.

Pur non ancora osava fare il gran passo. Lo tratteneva l'idea del ridicolo. Che si sarebbe detto di lui? E come avrebbe trionfato Venosti Flavi a vederlo così presto abboccare all'amo!

Per non cedere alla tentazione, Vergalli si accommiatò.

- Quando ci rivedremo? - chiese la Teresa, tendendogli la mano.

- Ma... anche stasera, se credete.

- No... questa sera no... Fin che non mi son rimessa interamente voglio andare a letto presto... Così non vi lagnerete ch'io non mi curi.

- E se venissi col medico? - ripigliò il conte Mario.

- Caro amico, osserviamo i patti... Col medico non vi voglio che di qui a una settimana.

- Come siete ostinata!... Dunque, stasera, niente?...

- No, domani... a qualunque ora... e venite con buone disposizioni.

- Cioè?

Ella si sforzò di celiare. - Intanto venite con una faccia meno scura... E poichè il peggio ce lo siamo detto, venite a parlarmi d'altro... del vostro viaggio, per esempio... Nulla mi avete raccontato del vostro viaggio...

- Oh il mio viaggio!... Io lo abbomino il mio viaggio. Darei dieci anni della mia vita, se me ne restassero tanti, per non averlo fatto.

Ella chinò il capo in silenzio.


 

 

 




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