Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Enrico Castelnuovo
Il fallo d'una donna onesta

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

XXX.

 

«Teresa mia.

 

Qual giudizio farete di me? Vi ho oltraggiata oggi due volte; prima cercando usarvi violenza, poi abbandonandovi bruscamente quando non eravate ancora ben rinvenuta dal vostro deliquio. E vedete fatalità! Mentre arrossisco e mi vergogno della mia condotta, sono forse in procinto di recarvi un oltraggio nuovo. Sì, Teresa, non ve lo nego; sono fuggito oggi dalla vostra casa perchè ho creduto scoprire il vero motivo del vostro linguaggio ambiguo, del vostro malessere fisico, del vostro rifiuto d'esser mia moglie; sono fuggito sopraffatto da quel senso del ridicolo che soffoca tanti impulsi generosi, che inspira tante vigliaccherie a noi uomini raffinati e moderni. Ora, o Teresa, ho vinto il nemico. Ignoro, badate bene, se le mie supposizioni siano fondate; ma so che il fallo vostro, già così lealmente confessato, non diventa più grave, se, per un'amara ironia della sorte, esso ebbe conseguenze che altri falli simili non hanno; non più colpevole dovete apparir voi agli occhi degli uomini onesti, ma più degna di compianto, di soccorso, d'affetto. E, appunto per questo, l'offerta ch'io vi feci poche ore addietro e che allora eravate forse in obbligo di respingere, ve la rifaccio adesso che so, o che immagino, il peggio. Accettatela, Teresa. Siate mia moglie. Imponetemi le vostre condizioni. Desiderate lasciar Venezia, l'Italia, l'Europa? Ditelo. Ci trapianteremo lontano, ove gli echi del passato non giungano, ove la quiete nella nostra famiglia non tema insidie. Chi saprà nulla? Chi chiederà nulla? Chi sospetterà nulla? E di me non vi fidate, Teresa? Non mi credete capace di riversar sopra una creatura innocente uscita dalle vostre viscere una parte del mio amore immenso per voi?... Rifletteteci, Teresa. Non rispondete con leggerezza; non lasciatevi accecar dall'orgoglio.... Verrò domani a udir la mia sentenza.... Intanto porto questa lettera io stesso, ma non ho speranza di vedervi; è tardi e forse sarete già coricata. A domani dunque.

Vostro per tutta la vita

 

Mario Vergalli

 

Quantunque gli occhi della Teresa fossero stanchi, e, leggendo, si velassero tratto tratto di lacrime, ella non durò fatica a decifrare il biglietto di Mario, scritto nella nota calligrafia, minuta, ma nitidissima. E finito che l'ebbe, lo baciò e ribaciò con effusione, paragonandolo, suo malgrado, all'epistola frivola, insignificante che la mattina ell'aveva ricevuta da Guido di Reana. Ma non per questo ebbe un dubbio, un'esitanza su ciò che le restava da fare. Ella non agognava ormai che alla pace, e non c'era pace per lei che nella tomba. Come un corpo piegato sull'orlo  del precipizio a poco a poco vi è attratto per lo stesso suo peso, e gli ostacoli, anzichè rallentarne, ne affrettano la caduta, così succedeva alla Teresa Valdengo. S'ell'avesse avuto bisogno d'una spinta, la magnanimità di Vergalli gliel'avrebbe data. In un lampo ell'ebbe la visione del vero; sentì che non poteva respingere, accettare l'offerta dell'amico suo. Respingendola sarebbe stata ingrata e crudele, accettandola avrebbe preparato all'amico e a quelle acerbe delusioni che seguono inevitabilmente i sacrifici troppo superiori alle forze umane.

Ella prese la lettera che aveva già apparecchiata per Mario Vergalli, ne lacerò la sopraccarta e vi aggiunse un poscritto:

«10 e mezzo di sera. Voi avete voluto colmar la misura della vostra indulgenza verso di me. Avete voluto darmi una prova di più del vostro affetto e dell'altezza dell'animo vostro. Grazie, Mario. E perdonatemi se neppure tanta vostra bontà può scuotere la mia risoluzione. In altre condizioni sarei stata orgogliosa di appartenervi; il destino non lo consente. Voi siete un santo e un eroe; ma ricordo d'aver udito dalle vostre labbra che non è lecito chiedere neanche ai santi o agli eroi di esser tali per tutta la vita, e che la natura ha le sue leggi contro cui non val ribellarsi.... No, Mario, credetelo. È meglio per voi, per me, per tutti, che io muoia.... Vi conforti la certezza che il mio ultimo pensiero è per voi.... Ve lo avrei detto or ora, quando ho sentito i vostri passi e la vostra voce nella stanza vicina.... Ma dovevo tacere, dovevo fingermi addormentata... Ve lo dico adesso, e vi mando un bacio di sorella, di sposa, di amante.

 

Teresa

 

Chiuse la lettera in una nuova busta, vi fece la soprascritta, tolse dalla cartella il testamento già suggellato, e il testamento e la lettera portò con nella sua camera e li posò sul piano di marmo del cassettone, in modo che cadessero subito sottocchio a chi entrava.

Macchinalmente, com'ella faceva tutte le sere dopo il suo ritorno in città, la Teresa aperse, l'armadio ch'era nello spogliatoio, e ne prese la bottiglia ov'ell'era andata accumulando le dosi del cloralio, macchinalmente v'aggiunse il contenuto della boccettina che anche oggi stava sul comodino accanto al suo letto. Due dita sole mancavano a riempir la bottiglia; un'altra dose l'avrebbe fatta traboccare. Con un movimento rapido, deciso, la Teresa Valdengo se ne versò un primo bicchiere e lo tracannò tutto d'un fiato; dopo quello un secondo, colmo fino all'orlo, che le costò maggior fatica e le parve ripugnante al palato e allo stomaco.

Ma quand'ella staccò, vuotò, questo secondo bicchiere dal labbro, quando vide dinanzi a , vuota, quella bottiglia di cui aveva visto alzarsi lentamente il livello ogni sera, ella sentì correrle un brivido dalla punta dei piedi alla radice dei capelli. Non era pentimento; era una specie di stupore muto, era la coscienza dell'irrevocabile, era il fantasima della morte che si svolgeva fuor delle nebbie onde la lontananza l'aveva cinto. Come sarebbe venuta la morte? Dolce e lieve, simile al sonno, o piena di spaventi e di strazi?

Vestita com'era, la Teresa si buttò sul letto, chiuse gli occhi, intrecciò le braccia sul seno, aspettando.... Ancora non soffriva.... Oh se si fosse potuta addormentare, addormentare per non svegliarsi!... Ma in breve l'assalse un'inquietudine, una smania febbrile che la costrinse prima a mettersi a sedere, poi a scender dal letto. Aveva la testa in fiamme, il respiro difficile; aveva vertigini, e nausee e sforzi di vomito, contro i quali reagiva vigorosamente, sentendo che il vomito avrebbe distrutta o attenuata l'azione del veleno. Le sue pupille offuscate avevano perduto la netta visione degli oggetti; il pavimento, la vólta, le suppellettili le giravano intorno in ridda fantastica, la fiamma della candela si sminuzzava in cento punti luminosi vagolanti per la stanza. Non poteva giacere e non poteva reggersi in piedi senz'appoggi; errava qua e abbrancandosi ai mobili, ora cadendo spossata sopra una poltrona, sopra un canapè, ora rizzandosi d'improvviso, come per virtù d'una molla. L'ambascia le strappava rotti lamenti, e insieme coi lamenti le uscivano dalla bocca frasi sconnesse, disordinate, confuse, quali sogliono uscire dalla bocca d'un ebbro. Ma in quello sfacelo dell'organismo, della memoria, della ragione, della volontà, una cosa restava presente al suo spirito: ch'ella doveva morire, che non doveva a nessun costo invocar soccorso. E frenava i suoi gemiti, e frenava gli scatti della sua voce, e si studiava di smorzare ogni remore cha potesse tradirla. A poco a poco una sensazione prevalse in lei alle altre, quella d'un'immensa stanchezza. Indi, vinta dalla paura di stramazzar sul pavimento e di esser trovata colà freddo cadavere la mattina, ella raccolse le sue forze, si trascinò di nuovo al letto, che per fortuna era basso, e vi si abbandonò sopra spossata, ingegnandosi di compor la persona in un'attitudine decente. Correvano ancora delle vibrazioni dolorose attraverso al suo corpo, ancora nel bisogno istintivo d'aria la sua testa si agitava  affannosamente sul guanciale ed ella inarcava il collo per sollevarsi; ma un peso enorme, come d'una massa di piombo, la teneva incatenata al suo posto, le inchiodava le braccia, le irrigidiva le gambe. E sempre più densa, più scura si faceva  la nube che le ingombrava gli occhi e la mente. Ella si sentiva sprofondar nel letargo; brandelli d'idee sornuotavano appena nel gran naufragio; immagini vaghe, fuggevoli apparivano, si dissolvevano dinanzi alla moribonda;... un uomo dai capelli grigi, chinato su lei, chiamava disperatamente: «Teresa, Teresa!...»; nella notte luminosa una nave passava in silenzio sotto gli astri del Tropico; ritto sul castello di prua un giovine ufficiale pensava a novelli amori....


 

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License