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Enrico Castelnuovo
Il fallo d'una donna onesta

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XVIII.

 

Erano circa le dieci del mattino. La Teresa, in veste da camera, nel suo salottino verde, sfogliava le lettere e i giornali che la posta aveva portati durante la sua breve assenza e a cui ell'aveva appena data un'occhiata la sera precedente. Già aveva visto subito che fra quelle lettere non ce n'era nè di Mario Vergalli nè di Guido di Reana. Il silenzio di Vergalli la stupiva:  circa a Guido ella pensava con amarezza: - Quello lì ha bell'e dimenticato. - Era ingiusta, perchè il Colombo non toccava terra prima di Porto Said e una lettera scritta di là non poteva ancora esser giunta.

Curva dinanzi alla stufa, la cameriera attizzava silenziosamente il fuoco.

- Non arde? - domandò la signora.

- Ora sì - rispose la Luisa. E alzandosi in piedi, soggiunse: - Comanda altro?

- Nulla... Sì... a proposito... Non occorre dire alla gente della mia gita a Milano... Torno dalla campagna, ecco.

La cameriera chinò il capo: - Come la signora vuole.

In quella si udì una scampanellata alla porta di strada e la Luisa corse a veder chi fosse.

Rientrò di lì a un momento rossa in viso, trafelata: - Signora, signora, c'è il conte Mario.

La Teresa sentì rimescolarsi il sangue. Non se lo aspettava così, senza una riga che lo annunziasse. Nell'eccitamento de' suoi nervi, le parve indiscreto quell'arrivo improvviso, le parve che Vergalli avesse l'aria di voler sorprenderla, di voler togliere il merito della spontaneità alla confessione dolorosa ch'ella si proponeva di fargli.

E il suo cuore si rinchiuse in sè stesso, e quand'egli si precipitò nella stanza, le sue labbra non trovarono che un freddo saluto, le sue mani, le ceree mani dimagrite, ricambiarono mollemente la stretta vigorosa dell'amico, reduce dopo circa tre mesi di lontananza.

- Teresa, che cos'avete? - egli le domandò turbato, più che dalla strana accoglienza, dall'aspetto mutato e sofferente di lei. - Non istate bene?

- Non è niente - ella rispose invitandolo a sedere e abbozzando un languido sorriso. - Mi avete fatto paura.

- Io?

- Siete piombato qui come un fulmine.

Anche a lui si stese una nuvola sulla fronte, ed egli balbettò: - Ma... se vi disturbo...

- Via... che discorsi? - ella riprese trattenendolo con un gesto. - Ditemi piuttosto quando siete arrivato...

- Stanotte... anzi stamattina, alle cinque, da Milano...

- Da Milano? - ella esclamò, pensando che forse egli era in quella città contemporaneamente a lei e che si sarebbero potuti incontrare.

- Sì... Non mi son fermato che tra una corsa e l'altra. Arrivavo dalla via del Gottardo... Vengo dall'Olanda tutto d'un fiato... E vi credevo a Mogliano... L'ultima vostra lettera mi avvisava della vostra partenza per la villa... Tardi partivate quest'anno... Ero deciso di farvi una visita in campagna oggi stesso... Però volli passar prima da casa vostra per sentire se mai foste tornata.

- Sì... sono tornata - ella ripetè, guardando da un'altra parte. Le doleva il nascondergli la sua gita a Milano; ma più la sgomentava il pensiero delle spiegazioni ch'egli le avrebbe chieste. Preferì interrogarlo. - Perchè non mandare una riga?

- Non so.... Fu una risoluzione presa lì per lì.

- In fatti, secondo le vostre lettere dall'Aja, non dovevate essere a Venezia che al 20 del mese.

- Ho anticipato, è vero... Mi s'era cacciata addosso una di quelle impazienze che non si possono frenare. Già ero stato assente più del solito.

- Avete visto molte cose... molti paesi nuovi.

- Di nuovo non ho visto che l'Olanda... Ma nei luoghi che conoscevo ho trovato tanti cambiamenti!... Tutto cambia, tutto si trasforma.

- Tutto! - ella sospirò. - Mi discorrerete del vostro viaggio.

- Abbiamo tempo... Ma voi Teresa - riprese Vergalli cercando la mano dell'amica - ma voi, siate sincera, che cos'avete?

- Che cosa debbo avere? - ella ribattè un po' infastidita. - Non è amabile, sapete, il far capire a una signora ch'ella è malandata.

- O che c'entra l'amabilità?... Ci possono esser cerimonie fra noi due?... Anche un cieco s'accorgerebbe che non istate bene.

- Ho avuto un'indisposizione di nessun conto. Adesso sono guarita.

- Sarà - soggiunse il conte Mario tentennando il capo. - Tuttavia...

- Tuttavia - ella disse, fingendo di prender la cosa in celia - non ho l'apparenza fiorente... Eh, caro Vergalli, gli uomini devono essere preparati a queste sorprese sgradevoli dalle donne della mia età... Le lasciano giovani e di lì a un mese le trovano vecchie.

- Vecchia, voi?

- Ho trentott'anni sonati.

Egli si strinse nelle spalle. - Se siete vecchia voi a trent'otto anni, io sarò addirittura decrepito... Gli è che siete pallida, che avete gli occhi pesti, che sembrate stanca, affranta....

- Oh insomma, corvo dalle male nuove, volete finirla? - ella interruppe alzandosi dalla sedia e avvicinandosi alla finestra.

Egli pure si alzò e la seguì, le cinse amorevolmente con un braccio la vita, e poich'ella tentava ritrarsi - Non abbiate paura - le disse. - Dovreste esser persuasa che la mia affezione per voi è altrettanto disinteressata quanto profonda.

La Teresa assentì con un cenno del capo.

- Ebbene, in nome di quest'affezione, io non vi domando oggi che una cosa sola: curate la vostra salute. Dopo la morte del dottor Pozzi, voi siete rimasta senza medico... credo almeno...

- La gran disgrazia!

Vergalli continuò:

- Sceglietene uno di vostra fiducia... Cerchiamo insieme...

- No, no, no - ella rispose reagendo contro la commozione che la vinceva al suono di quella voce così dolce nella sua gravità triste e solenne. Ed ella sentiva che qualunque altra cosa egli le avesse chiesto in quel momento ella gliel'avrebbe accordata. Ma questa no. Non avrebbe chiamato un medico, non avrebbe subito un nuovo interrogatorio umiliante. - Non insistete, Vergalli, non voglio saperne di medici.

E allontanandosi da lui si rimise a sedere.

- Siete strana, Teresa, molto strana... Non vi conoscevo così.

- Non si conosce a fondo nessuno. Non si conosce neanche sè stessi - ella borbottò fra i denti.

- Mi fate tanto male - egli soggiunse. - Torno da un lungo viaggio, corro a questa casa ch'era il mio rifugio, il nido della mia anima, corro dall'amica per la quale avrei dato fin l'ultima stilla del mio sangue, e m'accorgo subito che non ho più nido, che non ho più amica.

La Teresa lo guardò con infinita malinconia.

- Perchè dite questo?

Seduto presso al tavolino, con la faccia nascosta fra le mani, egli, come se le parole di lei non gli fossero giunte all'orecchio, riprese quasi parlando a sè medesimo:

- Oh, non è un colpo improvviso... Già le vostre lettere erano un avvertimento...

- Le mie lettere?... Che vi scrivevo? - ella esclamò sgomentata.

- Non erano le vostre lettere d'una volta - egli replicò - le vostre lettere belle, serene, trasparenti come l'anima vostra, come la vostra fisonomia... Nell'aprirle tremavo... Sentivo che qualcheduno s'era posto fra noi... sentivo che non mi dicevate tutto... Era meglio non dirmi nulla... o dirmi tutto... Già, anche lontano, le indiscrezioni arrivano...

- Quali indiscrezioni? - ella balbettò con un filo di voce. Capiva che la sua domanda era sciocca, ipocrita quasi, capiva che la confessione schietta, sincera, era la sola degna di lei... e pur nell'istante decisivo gliene mancava il coraggio.

- Oh! - fec'egli, alzando lentamente gli occhi in cui tremolava una lacrima - gli amici zelanti non mancano mai... nemmeno a chi vive solo e sdegnoso.

Vergalli raccolse tutte le sue forze per un'interrogazione suprema.

- Dite la verità, Teresa, quell'ufficiale l'avete amato?

Dio, Dio, che momento terribile per la Teresa!... E che poteva ella rispondere, ella che, prima e dopo della partenza di Guido di Reana, aveva invano rivolto un'identica domanda a sè stessa? Era amore quello che l'aveva spinta in braccio di Guido?... E se non erano amore quei baci, quelle carezze ricambiate, che cos'erano mai? Come scusare se non con l'amore quell'assoluto abbandono di sè?

Ella taceva.

- Oh! - proseguì Vergalli nell'angoscia di quel silenzio rivelatore. - Io dicevo: Il mondo è tanto cattivo... è così pronto a giudicar dalle apparenze... Li avranno visti insieme;... egli, come accade sempre alla sua età, le avrà fatto la corte; ella, trattandosi d'un ragazzo, avrà preso la cosa in ischerzo, e la gente, che trova una voluttà perversa a straziar le migliori riputazioni, si sarà affrettata a concludere: Ah finalmente, anche lei, la irreprensibile, la purissima, anche lei ha un'amante... Questo io mi dicevo.... E dicevo anche: Ne rideremo insieme...

- Per carità, Vergali!, basta così - ella supplicò. Troppo soffriva, troppo soffrivano tutti e due.

- No che non basta - egli ribattè, cedendo a quella tendenza fatale che hanno gli uomini di tormentar le proprie ferite. E sia che volesse vuotare il calice sino alla feccia, sia che gli balenasse ancora un pallido raggio di speranza, soggiunse insidiosamente: - Del resto non sarà stato che un romanzetto sentimentale. Giudiziosa come siete, non avrete dato il vostro cuore a un fanciullo in modo da non poterlo riprendere.

Un sorriso amaro le sfiorò le labbra.

- Oh, il mio cuore! - ella mormorò. - So molto io dov'è il mio cuore!... C'è poi il cuore?

- Oh Teresa, Teresa, che linguaggio tenete?... C'è dunque di peggio?... Siete stata... sua?

Prima ch'egli potesse meravigliarsi seco medesimo d'aver tanto osato, ella, a voce bassa ma ferma, aveva risposto: - Sì.

La brutalità dell'inchiesta non l'aveva offesa. Quasi avrebbe ringraziato Vergalli d'aver trovato la formula che consentiva a lei di liberarsi con un monosillabo solo dal peso intollerabile che l'opprimeva.

Egli represse un gemito e dovette tenersi forte al piano della seggiola. Era come se avesse ricevuto una mazzata sul capo.

Due volte si provò a parlare e non gli venne fatto di articolare una sillaba. Due volte cercò i cari occhi fissi ostinatamente al suolo. Alla fine si alzò lento lento, prese il cappello che aveva deposto sopra un mobile e barcollando si avviò verso l'uscio.

- Ve ne andate? - ella susurrò ansiosamente.

Egli accennò di sì.

- E tornerete... Quando?

- Non so... Probabilmente riparto.

- Ripartite?

- Che devo fare?

- Non senz'avermi risalutata, spero... Arrivederci, Mario.

- Addio.

Ella fu a un punto di balzar dalla sedia, di corrergli dietro, di richiamarlo; ma le forze la tradirono. Non potè che esclamare: - Dio mio, Dio mio!

Vergalli era ormai fuori della stanza, scendeva come un ebbro la scala, non poteva udirla.


 

 

 




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