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Enrico Castelnuovo
Il fallo d'una donna onesta

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XIX.

 

Aveva disceso come un ebbro la scala, come un ebbro aveva percorso la strada fino a casa sua; s'era chiuso nel suo studio dicendo al servitore:

- Badate che non ci sono per nessuno.

Ah quel , quel della Teresa gli sonava dentro come un rintocco d'agonia, agitava nel suo animo un tumulto di sensazioni affannose che lo straziavano a gara. Vi sono malattie che portano lo sfacelo del corpo; così vi sono dolori che portano lo sfacelo dell'anima; non c'è parte che non ne resti ferita. Il conte Mario era colpito nel suo amore, nella sua fede, nel suo culto, nella sua vanità, nel suo orgoglio; tutto ciò che gli era più caro e più sacro, tutto quel breve monosillabo aveva scosso dalle fondamenta. Quella donna egli l'aveva adorata dal dì che l'aveva vista; l'aveva rispettata prima come moglie d'un amico, poi, quand'era rimasta vedova, le aveva offerto il suo nome e la sua fortuna; e poich'ella, aliena dal riprender marito, non aveva accolto le sue proposte, egli, povero sciocco, s'era contentato di ciò ch'ella gli dava, un'affezione calma, tranquilla, un'affezione che non ricambia ma permette l'amore. Mai egli aveva tentato di rompere il loro tacito accordo; un giorno solo, singolare atto d'audacia, aveva osato sfiorarle con le labbra i capelli, e dopo averne arrossito come un bambino, ne aveva chiesto perdono come un colpevole. Non doveva bastargli di aspirar la fragranza di quel fiore gentile? Non doveva bastargli di esser l'intimo fra gli amici, poichè a nessuno era concesso di più? Non doveva consolarlo quel pensiero che il Petrarca esprime in versi soavissimi:

 

Presso era 'l tempo dov'amor si scontra

Con castitate, ed agli amanti è dato

Sedersi insieme e dir che loro incontra?

 

Ahi, troppo presto il suo desiderio l'aveva invecchiata! Ecco, il fiore gentile s'era lasciato cogliere! Un ignoto era giunto, un adolescente quasi un fanciullo, e aveva trionfato di quell'austera virtù. Nè ella celava, nè attenuava il suo fallo. Aveva appartenuto a quell'adolescente, a quel fanciullo. Vergalli si dibatteva nelle smanie della gelosia, una folla d'immagini impure gli passava rapidamente dinanzi. La vedeva, l'amica irreprensibile, immacolata, la vedeva in braccio del seduttore; le labbra pudiche, che a lui si erano negate sempre, vibravano sotto i baci del giovinetto, gli occhi dolci, ov'egli non aveva mai sorpreso una fiamma meno che onesta nuotavano nella voluttà, tutta l'armonia della bella persona era turbata da quel delirio dei sensi che ci par così ignobile quando non siamo noi a destarlo... E pensieri anche peggiori torturavano Mario Vergalli. Era quello il primo amante della Valdengo? O non ne aveva avuti degli altri?... Che altri l'avessero insidiata, quest'era certo, ed egli si ricordava di qualcheduno che le aveva fatto una corte assidua, insistente... Ma se gli erano sorti dei dubbi, la Teresa li aveva dissipati così presto! Ed era tanta la fiducia ch'ella riusciva a inspirargli ch'egli non tardava a pentirsi de' suoi sospetti oltraggiosi... E dire che fors'ella mentiva, che forse co' suoi cicisbei si prendeva giuoco di lui, credulo e ingenuo! Vergalli rievocava i nomi e le figure di coloro la cui presenza in casa della Teresa gli aveva dato più ombra. Un tempo era stato Venosti Flavi, lo zio, col suo ghiribizzo di sposarla. Ella ne aveva riso con Mario. - Non isposo voi che mi siete caro e che stimo; vorreste che sposassi mio zio, col quale siamo agli antipodi in tutto? - Dopo s'era atteggiato a pretendente un forestiero, un tedesco, di modi eletti, di rara cultura; a questo era successo un comandante di marina, capitano di fregata, un bell'uomo, parlatore facondo, noto per una giovinezza avventurosa; e anche questo, scapolo impenitente, aveva dichiarato d'esser pronto a convertirsi al matrimonio per amore della simpatica vedovella. Ed ella aveva respinto lui, aveva respinto il tedesco, aveva respinto un pittore di grido, ripetendo sempre a Vergalli: - Non abbiate paura; se mi rimaritassi, sareste voi il prescelto. - E infatti tutti si dileguavano; egli solo le restava vicino come un cane fedele... E adesso un'idea orribile gli si affacciava alla mente sconvolta. Quei galanti, quei vagheggini s'erano dileguati per scoraggiamento o per sazietà? Ella che non li aveva voluti per mariti, aveva accondisceso ad averli per amanti?... Ma a questo punto l'eccesso dell'ingiuria provocò in lui un principio di reazione. O come mai la donna ideale poteva, nella sua fantasia insozzata, trasformarsi in una volgare Messalina? Ella, che oggi era così pronta alla confessione d'un fallo, avrebbe per anni ed anni coperto le sue sregolatezze con la maschera dell'ipocrisia? Ella che oggi portava in viso i segni della vergogna e del rimorso avrebbe saputo in passato serbarsi imperterrita, serena, ridente, come chi non ha neppur peccati di desiderio? E nessuno avrebbe scoperto nulla, nessuno dei felici avrebbe parlato, nessuno fra i tanti ricercatori di scandali avrebbe colto un indizio, slanciato un'accusa?... No, no, il sospetto era turpe ed assurdo. Prima che la cieca fatalità spingesse sulla sua via quell'ufficialetto, quel Guido di Reana, la Teresa non aveva fallito mai; ell'era veramente la creatura nobile ed alta che Mario Vergalli aveva posta in cima de' suoi pensieri, e per amor della quale egli aveva rinunciato alle attrattive della società, alle distrazioni della galanteria, alle gioie della famiglia, a tutto tranne al suo viaggio annuale... Oh se avesse rinunciato anche a quello!... Se l'estate scorsa, anzichè girar per l'Europa, fosse rimasto a Venezia, a consigliarla, a difenderla!... Guido di Reana avrebbe probabilmente avuto la sorte degli altri corteggiatori, ed egli, Vergalli, non avrebbe perduta, irremissibilmente perduta, la sua impareggiabile amica.

Gli occhi di lui si fissavano sopra una fotografia della Valdengo ch'egli teneva sempre sul suo tavolino. Era una fotografia di due anni addietro, e negl'intendimenti della Teresa doveva esser l'ultima ch'ella si sarebbe fatta fare prima d'avere i capelli bianchi... Invece, in ottobre, cedendo alle istanze di Guido, era tornata dal fotografo... ma, questo, Vergalli non lo sapeva. Il ritratto che egli aveva davanti a sè non gli era mai parso così bello... Oh la fronte limpida e onesta! Oh la bocca incantevole e sorridente in cui si maritavano insieme arguzia e bontà!... Dunque d'ora innanzi quella bocca, quella fronte, quello sguardo, egli doveva contentarsi di vederli così, nella fredda effigie fotografica; mai più li avrebbe visti rischiarati dalla luce interiore dell'anima, mai più avrebbe udito la cara voce soave... Se pure gli avvenimenti irreparabili non avessero alzato una barriera fra lui e la Teresa, se pur egli avesse potuto impor silenzio al suo risentimento, al suo orgoglio, alla sua dignità, come osar di comparirle dinanzi dopo averla lasciata in sì brusca maniera, senza attendere, senza chiedere una spiegazione?... S'egli avesse atteso, se avesse chiesto, chi sa che cosa ella gli avrebbe detto?... Perchè ella forse non era che una vittima, vittima di qualche violenza o di qualche insidia, e a lui non toccava di condannarla ma di vendicarla... Vendicarla? E come? Doveva correr sulle traccie di quel don Giovanni minuscolo viaggiante nei mari d'Oriente? O spedirgli fino in China o nel Giappone un cartello di sfida? Follie! Con che titolo si sarebbe fatto paladino della Valdengo?... Ma sapere almeno, sapere i particolari del triste dramma!... Certo sol che avesse voluto sobbillare la servitù gli sarebbe stato facile raccogliere una larga messe d'informazioni... Figuriamoci se una cameriera, se una cuoca non s'accorge delle tresche della padrona!... Ma questo mezzo ripugnava troppo a Vergalli... E con disgusto anche maggiore egli pensava alle allusioni velate dei falsi amici, ai pettegolezzi del club, ai conforti ipocriti che gli sarebbe toccato subire... Ah no! Mille volte meglio lasciar Venezia per sempre, andar lontano... Ma dove?... C'era un posto al mondo ove il suo dolore non l'avrebbe seguito?

Si picchiò all'uscio.

- Chi è? - gridò irosamente Vergalli. - Non ricevo nessuno.

- Ero io - rispose il domestico senza entrare. - Venivo a sentire se vuole il lume, se debbo rifonder legna nella stufa... e se pranza a casa... perchè... non c'è nulla.

Il conte Mario si ricordò allora soltanto che dopo il caffè della mattina non aveva preso neppure un bicchier d'acqua, allora soltanto avvertì che la stanza era quasi buia e quasi fredda.

- Pranzerò fuori - egli disse. - Accendete una candela nella mia camera.

Per solito il primo giorno ch'egli tornava da un viaggio, se la Teresa era a Venezia, egli desinava da lei; oggi egli cercò un restaurant di secondo ordine, e sedette a una tavola in disparte. Non aveva fame, ma era sfinito, e si sforzò di mangiar un boccone e di ingoiare un bicchiere di vino.

Pagato il conto, uscì senza uno scopo, senza una meta, deciso soltanto a evitar le vie frequentate, a non metter piede in piazza San Marco ove si sarebbe imbattuto in qualche conoscente.

Ma la precauzione gli giovò poco, che all'angolo d'una calle sentì mettersi una mano sulla spalla e chiamarsi a nome:

- Vergalli, o Vergalli!


 

 

 




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