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Enrico Castelnuovo
Il fallo d'una donna onesta

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XXXI.

 

Il salotto della Teresa Valdengo era debolmente rischiarato da un lume  à carcel posato sopra una mensola, e di cui un cappello di cartoncino verde moderava e raccoglieva la luce. In fondo, nell'ombra, con la testa curva sul petto, coi pugni chiusi sotto il mento, sedeva il conte Mario Vergalli, esprimendo nella fisonomia scomposta un dolore che non spera e non vuole conforti. Di tratto in tratto, se un romore veniva dalla camera a sinistra, egli girava il capo lento lento da quella parte, e ne' suoi occhi appariva un'angoscia ancora più intensa, e le sue labbra lasciavano sfuggire un gemito sordo.

Un uscio, non quello della camera a sinistra, si aperse, ed entrò un signore elegante, maturo, in cappello a tuba e soprabito.

- Sempre qui? - egli disse.

L'altro non rispose.

- E contate di restar tutta la notte?

L'interrogato si decise a rompere il silenzio.

- Non lo permettete?

- Io?... Io non ho nulla in contrario.... Passo anch'io la notte in questa casa.... per forza.... E io mi son fatto preparar da dormire.... Ma voi dove dormirete?... Non so proprio se ci sia un letto.... perchè una stanza è occupata dal mio domestico....

- Non ci pensate.... Non dormirò.... Tutt'al più sonnecchierò su una di queste poltrone....

- Son gusti.... Se poteste risuscitarla, capirei.... E, scusate, non avete mangiato oggi?

- Ho preso qui due tazze di brodo.... Mezz'ora  fa il vostro servitore mi ha portato spontaneamente un caffè.... Anzi gli son grato....

Il barone Venosti Flavi, poichè il signore in soprabito non era altri che lui, depose il cappello e i guanti e si avvicinò alla stufa.

- Diamine, è fredda.

- Non ci avevo badato.

- Farò rifonder della legna.

- Non vi disturbate.... Io non soffro il freddo.

- Caro Vergalli - riprese il barone - dal momento che avete l'intenzione di rimanere, non potete star in una Siberia.

Suonò il campanello e ordinò di riaccendere il fuoco.

Quando il servo se ne fu andato, Venosti tirò fuori un dispaccio e lo gettò in un ampio vassoio d'argento ove c'erano altri telegrammi e biglietti.

- Anche la zia di Torino ha telegrafato.... Quella naturalmente non viene.... per la distanza... per l'età.... Avremo invece la gioia delle due cugine a cui avete desiderato che si desse l'annunzio.... Sta a vedere che son loro le eredi.... Dite la verità, voi conoscete su per giù il testamento?...

- Come posso conoscerlo?... Sapevo io forse ch'ella voleva morire? - balbettò Vergalli.

- Non è questo.... Ma se avete tirato fuori i nomi di quelle cugine di cui io ricordavo appena l'esistenza, è segno che la lettera....

- Dio buono! Devo ripetervelo? Nella lettera ci sono delle allusioni che m'han fatto credere opportuno di avvertire quelle signore.... E non eravamo d'accordo? Non si è telegrafato in vostro nome?

- Oh, per me! - ripigliò il barone con un gesto magnanimo. - Non calcolavo certo su quell'eredità, io.... sebbene sia il congiunto più stretto che la povera Teresa avesse.... Mia nipote era padrona di lasciare il suo a chi le piaceva, pur che non avesse lasciato a me tante seccature....

- Non l'ha fatto per divertimento - notò Vergalli.

Ma il barone, ch'era di malumore, proseguì, senza raccoglier l'interruzione:

- E le seccature, sono il meno.... Il peggio è lo scandalo.... uno scandalo di cui sarò un poco la vittima anch'io....

- Voi? - esclamò il conte Mario.

- S'intende.... Un suicidio in famiglia!... E in quelle condizioni!... Perchè non mi negherete che la nostra diplomazia fa un buco nell'acqua. È ormai il segreto di Pulcinella.... Le serve han fatto capire che se lo immaginavano.... i dottori l'hanno indovinato.... E se pur i giornalisti tengono la loro promessa di tacere, fra una settimana il paese saprà perchè mia nipote si sia tolta la vita.... Ho già sentito certe insinuazioni qua e là....

- Basta, Venosti, basta, per amor del cielo - supplicò Mario Vergalli, a cui ognuna di quelle parole era una stilettata nel cuore. Se le ricordava le reticenze delle donne di servizio, pur così affezionate alla loro padrona da volerla vegliare esse medesime, se le ricordava ieri, quella mattina stessa, al cospetto dei medici, quando la Teresa respirava ancora, benchè non parlasse, non riconoscesse nessuno e fosse ormai agli estremi, E i medici se li ricordava comunicantisi i loro dubbi, spianti, in nome del dovere professionale, il bel corpo adorato ch'egli non aveva potuto difendere dalle curiosità indiscrete. Appunto di questa inefficace tutela egli si rodeva dentro come d'un tradimento alla sua Teresa, e i singhiozzi lungamente rattenuti prorompevano dal suo petto ed echeggiavano nella stanza.

Venosti Flavi assunse le parti di confortatore.

- Coraggio, via, Vergalli.... Le volevate un gran bene, lo capisco, e beata lei se si fosse appoggiata interamente a voi.... Ma, in fine, bisogna farsi una ragione.

- Per me era una santa - gemette il conte.

- Aveva molti buoni numeri, non lo nego - disse il barone commendatore - e mi guardi il cielo dall'esser troppo severo con lei per questo suo fallo, di cui, se non c'erano le conseguenze, non si parlerebbe neanche più.... Pare impossibile, certe disgrazie non accadono che alle donne oneste.... Non è mica giusto il proverbio che chi va al molino s'infarina.... Oh sì!... Ne conosco io di quelle che dovrebbero essere infarinate fin sopra gli occhi, e invece....

Accorgendosi che le sue spiritosità non erano gustate da Mario, il barone mutò argomento.

- Meno male che i preti fanno finta d'ignorare il suicidio, e avremo il funerale religioso.... Questo l'ho ottenuto io....

- Grazie per lei.... Io sarei stato un cattivo negoziatore....

- Diamine! - esclamò Venosti. - Il funerale puramente civile sarebbe un comble.... Della religione si può averne o non averne, ma le forme vogliono essere rispettate.... Sarà per doman l'altro mattina, alle nove.... Mah!... Chi lo avrebbe creduto?... Domani stesso, all'una, verrà qui il pretore per l'apertura del testamento.

Il barone guardò l'orologio, e tentennò il capo con l'aria seccata d'un uomo che vede alterate tutte le sue abitudini.

- Ebbene - egli soggiunse rizzandosi in piedi e raccogliendo i guanti e il cappello - -qui non resta che andare a letto. Ho i giornali della sera. Ne volete uno o due?

Vergalli fece segno di no.

- Buona notte, allora. Qualunque cosa vi occorra non avete che da sonare.... Di là ci sarà sempre qualcheduno alzato. Ho dato anche ordine di non lasciar spegnere il foco in cucina pel caso che quelle donne - e accennò alla camera della nipote - avessero bisogno di un caffè... Ma voi se aveste giudizio andreste a riposare a casa vostra, nel vostro letto.... No?.... Fate come vi piace.... Buona notte.

Di nuovo Mario Vergalli era solo; solo nel salottino della Teresa. Dio, Dio! E non più tardi di ieri ell'era lì, seduta accanto a lui, ed egli la rivedeva nel suo pensiero, così dolce, così triste, così sofferente. Ed egli aveva osato esser brutale nel linguaggio e nei modi con la poveretta; aveva potuto lasciarsi trasportar dall'ira, dalla gelosia, dal cieco impulso dei sensi! Mai, mai egli dimenticherebbe quelle parole ch'ell'aveva  pronunziate con voce fioca e tremante, le ultime quasi ch'egli aveva udito da lei: «Voi, Mario, voi mi costringereste a chiamar la mia cameriera?...» Poco dopo, ell'era svenuta; la gente di servizio era accorsa; a lui s'era squarciata una benda dagli occhi, ed egli era fuggito via come un pazzo.... Non per questo ella s'era data la morte; pur quella era stata forse l'ultima goccia che aveva fatto traboccare il vaso.... E perchè aveva egli indugiato tanto a tornare? Troppo tardi il suo biglietto era giunto nelle mani della Teresa, troppo tardi per ricompor l'equilibrio nella mente sconvolta, e per ritrarla dal passo disperato.... E perchè, iersera, venendo da lei, non aveva egli insistito per entrar nella camera, per svegliarla, s'ella dormiva, per parlarle a ogni costo?... Un amante giovine non avrebbe esitato.... Oh triste, triste la saviezza dei vecchi!

E a che ora aveva ella bevuto il veleno? Certo dopo le 10 e mezzo, ch'era l'ora indicata in cima del suo poscritto, ma certo anche prima di mezzanotte, stando al giudizio dei medici che l'avevano vista fra le otto e mezza e le 9, e avevano trovata già completa la paralisi cerebrale.... Ahi, ahi, egli pure l'aveva vista contemporaneamente a loro, chiamato a casa Valdengo da un appello pressante. Giaceva ella supina, nella sua vestaglia di lana che la copriva fino ai piedi, con la testa arrovesciata sul guanciale, coi bei capelli castani sciolti in parte e ricadenti sugli omeri, con gli occhi aperti, vitrei, senza sguardo. Sulla fronte, sulle guancie, agli orecchi, alle mani, apparivano delle chiazze rossastre, il petto ansava, un rantolo usciva dalla bocca semichiusa.

- Teresa! - egli aveva gridato, stringendo nelle sue quelle mani già quasi fredde - -Teresa, Teresa! - Ma non un muscolo del caro viso s'era contratto, non un lampo d'intelligenza era passato sulle pupille immobili....

- Almeno non soffre più - affermavano i medici.... Verso le dieci era spirata.

Placida era stata l'agonia, placida la morte; ma chi sa quanto ell'aveva patito in principio, allorchè la coscienza non era spenta e l'organismo vigoroso lottava per la propria conservazione? Questo i medici non s'attentavano di negare; dicevano solo: - Non sarà stato per molto tempo. - O chi li misura gli istanti del dolore?... Dio, Dio! E forse s'era pentita, forse aveva invocato aiuto, forse coi pronti soccorsi sarebbe stata salvata!... Nessuno l'aveva intesa, nessuno!

Sciagura all'infame ch'era stato cagione di tutto! Potesse la sua nave sfasciarsi, potess'egli, lontano alla patria, alla madre, esser ingoiato dall'onde, esser fatto a brani dai pesci.

Ecco, circa un mese addietro egli portava in giro per quelle stanze la sua figura scialba di damerino, la sua vanità soddisfatta, sedeva su quei mobili, susurrava nell'orecchio della Teresa le parole insidiatrici, stendeva la mano all'impure carezze.... Come s'era ella lasciata prendere al laccio?

Era per Vergalli un troppo intollerabile strazio il fermarsi su questo pensiero, ed egli cercava, quasi balsamo alla ferita, la lettera ultima della Teresa, quella lettera piena d'ineffabile tenerezza ovv'ella confidava a lui i suoi desiderii più intimi, e a lui chiedeva perdono, e lui proclamava il migliore de' suoi amici.... La cercava, la tirava fuori della busta sgualcita, e benchè, in quella luce fievole e incerta, i suoi occhi annebbiati non riuscissero a decifrarne una riga, solo a vederla, solo a palparla, sentiva nell'anima  un'amara dolcezza. Era sua, ben sua, la donna che, sull'orlo della tomba, gli aveva scritto così.

Crudele ironia! Era sua unicamente perchè era morta.

In queste alternative di dolore pacato e di spasimo delirante Mario Vergalli passò gran parte della notte. Tre volte egli s'accostò all'uscio della camera della Teresa, vinto dal bisogno di dar un estremo saluto alla diletta estinta, tre volte gli mancò il coraggio e la forza d'entrare.

Appunto dopo il terzo inutile tentativo egli s'era lasciato ricader sulla sedia velandosi la faccia col fazzoletto, quando la Luisa, che insieme con la cuoca vegliava la sua padrona, spinse adagio adagio i battenti dell'uscio, e sporgendo la testa disse:

- È lei, signor conte?

Egli trasalì.

- Che c'è?

La Luisa, anch'ella pallida e sfatta, s'avanzò di alcuni passi e soggiunse:

- In una saccoccia della vestaglia della povera signora.... quella che aveva addosso e in cui vuol essere seppellita.... abbiamo trovato una carta....

- Qual carta? - balbettò Vergalli.

- Questa.

- Date....

- Mi pare - riprese la cameriera - il biglietto che abbiamo posato iersera qui sulla scrivania....

- Il mio biglietto! - esclamò il conte strappandoglielo dalle mani.

Era quello veramente, e Mario non tardò a riconoscerlo. Stette in dubbio un istante; poi, con una subitanea risoluzione, disse, riconsegnandolo alla Luisa:

- Rimettetelo dov'era.

- Nella saccoccia della vestaglia?

- Sì.... sarà sotterrato con lei.

Non si portava ella sotterra il suo cuore? Non si sarebbe egli augurato di scender con lei nella fossa?

- Come desidera - rispose la Luisa. E s'avviò a capo chino, divorando le sue lacrime, ma giunta che fu sulla soglia non potè a meno di voltarsi indietro, e in forma di timido invito chiese a Vergalli: - Non vuole?...

Egli taceva, combattuto fra il sì e il no, con gli occhi immobili, fissi verso l'uscio semichiuso da cui veniva un chiarore giallastro di faci e un odor greve d'incenso bruciato.

La cameriera seguitò a voce bassa, quasi con aria di mistero: - È pronta....

E poichè il conte non capiva ella spiegò:

- L'abbiamo vestita.... Domattina alle dieci devono metterla nella bara.

- Oh!... Così presto? - fece Mario torcendosi le mani.

L'idea ch'egli non l'avrebbe vista mai più ebbe ragione delle sue ultime ripugnanze.... Strascicando i piedi, appoggiandosi ai mobili, egli entrò nella camera mortuaria....

Oscillavano in un vapore fumoso le fiamme dei ceri, s'agitavano in un movimento ritmico le tende calate sulle finestre aperte.... Nella bianca vestaglia, con le braccia in croce, ell'era distesa sul letto.... Ma era lei, era proprio lei? Era quella la Teresa che Mario aveva amata, la Teresa che anche la mattina, nell'agonia, conservava pur qualche traccia della sua bellezza gentile?... Oh come pronta e terribile era stata l'opera dissolvitrice!

Non resse egli allo strazio; appena sfiorò con un bacio quelle mani più fredde del marmo, e s'allontanò singhiozzando....

Provava un bisogno irresistibile d'essere all'aperto,  di respirar l'aria libera, e senza chiamar nessuno uscì nell'andito, staccò dalle gruccie il cappello e il soprabito, scese a tentoni la scala e si trovò fuori della porta, sulla Riva degli Schiavoni. Era notte ancora, i lampioni del gaz erano tutti accesi, ma le stelle si scoloravano in cielo e l'alba doveva esser vicina. Mario Vergalli errava senza meta, malfermo sulle gambe, borbottando un nome adorato: Teresa Teresa!

Due popolani che lo videro in quello stato s'urtarono coi gomiti, e uno disse all'altro:

- Anche i signori prendono le loro sbornie.

 

FINE.

 




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